Consiglio di Stato Sez. IV n. 1122 del 11 febbraio 2025
Urbanistica.Potestà urbanistica del Comune

La potestà urbanistica del Comune è volta a regolare il futuro sviluppo del territorio, ma non incide sulla legittimità degli organismi edilizi già esistenti che, a suo tempo, siano stati legittimamente realizzati (nei cui confronti, se del caso, può attivarsi la ben diversa potestà espropriativa). Un cespite legittimamente preesistente (ossia edificato nel rispetto della normativa sull’uso del territorio all’epoca vigente) non può, dunque, essere interessato da successive modifiche della disciplina urbanistica. Ciò, per vero, da un lato risponde al generale (e fondamentale) principio della certezza del diritto, dall’altro, a ben vedere, è in linea con la ratio stessa del potere urbanistico. Questo, infatti, è volto a garantire l’ordinato sviluppo del territorio: se si ammettesse che un Piano urbanistico possa (non solo disporre per il futuro, ma anche) stravolgere l’attuale assetto dell’edificato, rendendolo illegittimo, si stabilirebbe, implicitamente, la precarietà della pianificazione stessa, sempre soggetta a cambiamenti e ripensamenti ex tunc, ciò che ne svuoterebbe la stessa funzione (e, verosimilmente, si porrebbe in frontale tensione con valori costituzionali quale, per quanto qui di interesse, la libera iniziativa economica privata). Oltretutto, la potestà urbanistica non vive isolatamente, ma in un contesto in cui intervengono anche altri poteri, che essa non può obliterare e su cui non prevale gerarchicamente (nella specie, il potere autorizzatorio regionale in ordine alla costruzione ed esercizio di impianti produttivi).

Pubblicato il 11/02/2025

N. 01122/2025REG.PROV.COLL.

N. 07114/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7114 del 2022, proposto dalla società -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi Paccione, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Grumo Appula, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Gallo, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
la Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Anna Bucci, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la Delegazione Romana della Regione Puglia in Roma, via Barberini n. 36;
la Città Metropolitana di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

nei confronti

delle società -OMISSIS- S.a.s. e -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Grumo Appula e della Regione Puglia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2024 il Cons. Luca Lamberti e viste le conclusioni delle parti come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. La vicenda di causa può essere sintetizzata come segue.

Con deliberazione della Giunta provinciale di Bari n. 424 del 4 settembre 2000, integrata dalla successiva determinazione del competente dirigente provinciale n. 91 del 21 agosto 2001, la Provincia di Bari accoglieva l’istanza della società -OMISSIS- s.p.a., dante causa dell’odierna appellante, per il rilascio dell’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di fertilizzanti biologici, trasformazione di prodotti agricoli in compost e attività florovivaistica in serra.

Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per la Puglia (connotato da R.G. n. -OMISSIS-), il Comune di Grumo Appula impugnava la menzionata delibera di Giunta, chiedendone l’annullamento sulla scorta dell’assunta incompatibilità urbanistica dell’intervento.

Il T.a.r., con la sentenza n. -OMISSIS-, rigettava il ricorso.

La sentenza passava in giudicato, dopo che l’appello del Comune di Grumo Appula veniva dichiarato irricevibile per tardività dal Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS-.

Nelle more, il G.I.P. del Tribunale di Bari, con decreto del 28 ottobre 2004, aveva disposto il sequestro preventivo dell’intera area di sedime e dell’impianto ivi in costruzione, contestando all’amministratore unico ed ai soci dell’odierna appellante (frattanto subentrata nella titolarità del cespite) l’illecita trasformazione urbanistica, con modificazione dell’assetto del territorio rispetto alla prevista destinazione agricola.

Nel 2017 il procedimento penale nell’ambito del quale era stato disposto il sequestro veniva definito con sentenza della Corte di appello di assoluzione “perché il fatto non sussiste”.

A seguito del conseguente dissequestro dei suoli e delle costruzioni realizzate, l’odierna appellante otteneva dalla Regione Puglia l’autorizzazione al completamento tecnologico dell’impianto, giusta determinazione dirigenziale n. 3 del 17 gennaio 2018.

Nelle more, il Comune di Grumo Appula adottava il nuovo Piano Urbanistico Generale - PUG.

L’odierna appellante impugnava avanti al T.a.r. per la Puglia con due distinti ricorsi (uno con rito ottemperanza, connotato da R.G. -OMISSIS- e poi integrato da motivi aggiunti, l’altro con rito ordinario, connotato da R.G. -OMISSIS-) siffatta delibera di adozione del PUG, nella parte in cui – in tesi – negava la compatibilità urbanistica del detto impianto rispetto alla disciplina propria della zona di insediamento: tale disposizione, infatti, sarebbe stata contrastante col giudicato formatosi inter partes (il riferimento è alla sentenza del T.a.r. per la Puglia n. -OMISSIS-) .

Il T.a.r., riuniti i due ricorsi, con la sentenza n. -OMISSIS- li dichiarava inammissibili.

In particolare:

a) il ricorso n. -OMISSIS- veniva dichiarato inammissibile perché:

- “il giudicato del quale la ricorrente chiede l’esecuzione oggettivamente non è in sé ottemperabile. La pronuncia di rigetto non può essere portata a esecuzione in sede di ottemperanza poiché essa lascia invariato l'assetto giuridico dei rapporti precedente alla proposizione del giudizio, mantenendo fermi gli effetti del provvedimento impugnato con il ricorso non accolto; pertanto, rispetto a questo tipo di pronunce non si pone alcun obbligo di ottemperanza della P.A., dato che esse nulla aggiungono e nulla tolgono rispetto all'assetto precedente dei rapporti”;

- “il ricorso … è inammissibile anche sotto il profilo del difetto di interesse, atteso che l’autorizzazione provinciale al progetto della ricorrente risale all’anno 2001 ed è decaduta per la mancata realizzazione dell’opera”, non rilevando in senso contrario la circostanza che, nelle more del giudizio, “la Regione Puglia, con il provvedimento dirigenziale n. 3 del 17.1.2018, ha rilasciato a -OMISSIS- S.r.l., l’A.i.a. (Autorizzazione integrata ambientale), coordinata con la V.i.a. (Valutazione d’impatto ambientale), per il completamento tecnologico dell’impianto”, posto che “questa sopravvenienza non vale a reintegrare ex post la posizione d’interesse ad agire che, com’è noto, deve sussistere sin dal momento della proposizione del ricorso”;

a1) anche i motivi aggiunti (con cui era stata impugnata “la delibera del Consiglio comunale n. 63 del 6 ottobre 2017, recante esame osservazioni al P.U.G, … limitatamente alla parte afferente alla disciplina urbanistica del sito”) venivano dichiarati inammissibili, posto che le censure con esso formulate “sono generiche, tutte riferibili a una presunta violazione del giudicato che, per le ragioni già esposte, non può ritenersi sussistente né ammissibile”; ad ogni buon conto, il T.a.r. osservava che “si tratta di censure infondate nel merito, poiché il fatto che l’impianto sia già esistente non comporta, ex se, la compatibilità urbanistica dell’intervento di ampliamento proposto”;

b) il ricorso n. -OMISSIS- veniva dichiarato inammissibile perché:

- “Il P.U.G., quale strumento di pianificazione del territorio comunale, a rigore non può <<affermare l’illegittimità urbanistica ed edilizia>> di un impianto già esistente. Ad ogni buon conto, sta di fatto che, a tutt’oggi, il P.U.G. del Comune di Grumo Appula non è ancora definitivamente approvato, né tanto meno vigente ed efficace”.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. -OMISSIS-, accoglieva l’appello della società -OMISSIS- e rimetteva le due cause riunite al Giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., poiché il T.a.r. avrebbe adottato una decisione c.d. “a sorpresa”, definendo in rito i ricorsi e i motivi aggiunti sulla base di questioni rilevate d’ufficio, senza previamente sollecitare, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a.., il necessario contraddittorio.

La -OMISSIS- riassumeva il giudizio innanzi al T.a.r., svolgendo altresì, in entrambi i giudizi, motivi aggiunti avverso la sopravvenuta delibera del Consiglio comunale di Grumo Appula n. 35 del 6 luglio 2021, recante l’approvazione definitiva del Piano Urbanistico Generale, limitatamente alla parte in cui tale atto, in asserita violazione del giudicato formatosi inter partes con la sentenza del T.A.R. Puglia n. -OMISSIS-, conterrebbe disposizioni che affermano l’incompatibilità urbanistica dell’impianto.

2. Con la sentenza in questa sede impugnata, il T.a.r., a seguito di contraddittorio sul punto, dichiarava inammissibili i due ricorsi riuniti, facendo integrale rinvio per la motivazione alle “condivisibili argomentazioni esplicitate nella sentenza di questo T.A.R. n. -OMISSIS-”.

La dichiarazione di inammissibilità veniva riferita anche ai motivi aggiunti “per difetto originario di interesse”, perché, contrariamente agli assunti della ricorrente (secondo cui “il nuovo PUG approvato in via definitiva renderebbe retroattivamente incompatibile l’impianto <<esistente>> di -OMISSIS- con la nuova destinazione dell’area in esame - i.e. verde agricolo”), “dalla corretta lettura delle norme tecniche di esecuzione allegate al nuovo PUG di cui alla gravata delibera di Consiglio comunale n. 35/2021 … emerge chiaramente come gli impianti <<esistenti>> sono destinati a permanere nell’area per cui è causa attualmente destinata a verde pubblico”.

Il riferimento del Tar è, in particolare, all’art. 46, punto 13.4, delle NTA del PUG, a tenore del quale “Per gli edifici esistenti nelle aree VA alla data di adozione del P.U.G., in contrasto con la destinazione funzionale e con le prescrizioni delle presenti norme, sono ammessi esclusivamente interventi di straordinaria manutenzione, nonché la realizzazione di mense, spogliatoi, servizi igienici e impianti di depurazione”.

Da tale disposizione, il T.a.r. trae la conclusione che “gli impianti <<esistenti>> (come quello di -OMISSIS-) possano continuare a insistere nell’area de qua e che sugli stessi sono ammissibili per il futuro unicamente gli <<interventi di straordinaria manutenzione, nonché la realizzazione di mense, spogliatoi, servizi igienici e impianti di depurazione>>. Pertanto, è palese come la disposizione in esame non incida in nulla sull’impianto della -OMISSIS- da considerarsi <<esistente>> alla data di adozione del nuovo PUG e quindi detta previsione urbanistica non può considerarsi per nulla lesiva rispetto alla posizione giuridica azionata dalla medesima ricorrente -OMISSIS- con i nuovi motivi aggiunti”.

Del resto, aggiunge il T.a.r., “che l’impianto per cui è causa si debba valutare come <<esistente>> (alla data di adozione del P.U.G.) può considerarsi dato acquisito in forza di quanto condivisibilmente evidenziato da questo Tribunale con la sentenza di rigetto n. 1122/2021 resa nei separati giudizi riuniti r.g. n. 397/2018, r.g. n. 398/2018 e r.g. n. 434/2018 concernenti l’impugnazione da parte di vari soggetti dell’autorizzazione integrata ambientale rilasciata in favore di -OMISSIS- s.r.l. di cui alla determina regionale n. 3/2018 (si vedano i punti IV.7, V.2.3, V.2.9 e V.3 della motivazione della citata sentenza). Detta sentenza è stata successivamente confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1040/2022 ove al punto 22.2.1 si precisa che <<la sopravvenuta modifica dello strumento urbanistico non può infatti esplicare alcuna incidenza retroattiva sull’autorizzazione rilasciata dalla Regione, il cui contenuto ed efficacia sono tipizzati ex lege>>”.

3. La -OMISSIS- propone appello, censurando la sentenza per le seguenti argomentazioni:

- in rito, la pronuncia gravata sarebbe sostanzialmente priva di motivazione, limitandosi a fare integrale rinvio alla precedente pronuncia del medesimo Tribunale n. -OMISSIS-, le cui affermazioni, oltretutto, “sono in gran parte contraddette e letteralmente capovolte dallo stesso Tar Bari con la successiva sentenza inter partes n. 1122 del 01.07.2021 … confermata dal Consiglio di Stato, Sezione Quarta, con la sentenza n. 1040 del 14.02.2022”;

- nel merito, vi sarebbe stata, da parte del Comune, la violazione del giudicato già lamentata in primo grado, atteso che “la sentenza del Tar Bari n. -OMISSIS- … che copre il dedotto e deducibile … ha definitivamente sancito la piena compatibilità dell’intervento edilizio con la destinazione funzionale di zona”; del resto, in termini conformi si sarebbe espresso lo stesso T.a.r. nella menzionata sentenza n. 1122 del 2021, ove si aggiunge che “la regola dell’irretroattività dei provvedimenti amministrativi costituisce espressione del principio di legalità e dell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, in forza della quale è precluso all’amministrazione incidere negativamente e con effetto ex ante sulla sfera giuridica dei destinatari”;

- il richiamo per relationem operato dalla sentenza impugnata alla precedente pronuncia n. -OMISSIS- sarebbe, oltretutto, erroneo poiché, nel corso del giudizio di rinvio, era intervenuta l’approvazione del PUG (nella sentenza n. 605 si sosteneva, tra l’altro, che “Ad ogni buon conto, sta di fatto che, a tutt’oggi, il P.U.G. del Comune di Grumo Appula non è ancora definitivamente approvato, né tanto meno vigente ed efficace”);

- le disposizioni urbanistiche recate dal PUG, oramai definitivamente approvato con la delibera impugnata con motivi aggiunti nel corso del giudizio di rinvio, lederebbero effettivamente l’interesse dell’appellante, perché “individuano l’impianto -OMISSIS- come non compatibile per destinazione d’uso urbanistica nella zona” e, comunque, ammettendo esclusivamente “interventi di straordinaria manutenzione, nonché la realizzazione di mense, spogliatoi, servizi igienici e impianti di depurazione … limitano l’esercizio dell’attività di impresa”.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Grumo Appula e la Regione Puglia; la Regione, in particolare, ha sostenuto che:

- “il PUG non ha accertato retroattivamente la incompatibilità urbanistica dell’impianto, posto che non rientra tra le funzioni ed i contenuti dello strumento di pianificazione del territorio comunale affermare l’illegittimità urbanistica ed edilizia di un impianto”;

- “il PUG comunale non ha prodotto effetti retroattivi”;

- “l’approvazione del PUG, pur nei termini contestati, non risulta allo stato aver comportato ex se il ritiro di eventuali atti autorizzativi ed abilitativi dell’intervento, in precedenza emanati, anzi ha determinato la conferma delle attività e degli opifici esistenti, pur allocati in zone destinate a verde agricolo”;

- “tutte le censure avverse, apparentemente articolate e complesse, ma per vero ripetitive di un equivoco di fondo, si basano sull’errato presupposto secondo cui il PUG avrebbe, a dire dell’appellante, affermato l’illegittimità urbanistica ed edilizia dell’impianto esistente”;

- oltretutto, “la richiamata sentenza n. 1040/2022 di codesto Ecc.mo Consiglio al punto 22.2.1 chiaramente ed esplicitamente precisa che <<la sopravvenuta modifica dello strumento urbanistico non può infatti esplicare alcuna incidenza retroattiva sull’autorizzazione rilasciata dalla Regione, il cui contenuto ed efficacia sono tipizzati ex lege>>”.

Dopo che l’istanza cautelare formulata nell’atto di appello veniva rinunciata, il ricorso è stato trattato ed introitato in decisione alla pubblica udienza del 19 dicembre 2024, in vista della quale le parti hanno versato in atti difese scritte.

La Regione, in particolare, ha sostenuto che “ove il Comune non adempia all’obbligo meramente strumentale e materiale di adeguare la cartografia del PUG alla situazione di fatto e diritto dello stabilimento di compostaggio in discorso, al limite, basterebbe promuovere una - senz’altro più pertinente ed efficace - azione contra silentium, invece che un ricorso impugnatorio avverso uno strumento urbanistico che, si ripete, in alcun modo risulta lesivo per l’appellante … Invero, il nuovo PUG non ha mai inciso sull’esistenza dell’impianto di compostaggio de quo, ricompreso tra gli impianti esistenti che sono fatti salvi dalle rilevanti NTA dello strumento, né sui titoli già rilasciati, come vieppiù confermato dalla sentenza n. 1040/2022 di codesto Ecc.mo Consiglio”.

4. La sentenza impugnata merita conferma.

Il Collegio, preliminarmente, osserva che:

- con la sentenza n. 2277 del 6 marzo 2023, questo Consiglio ha dichiarato inammissibile il ricorso in revocazione svolto dal Comune di Grumo Appula avverso la sentenza del Consiglio stesso n. 1040 del 14 febbraio 2022, citata dal T.a.r. nella sentenza in questa sede impugnata;

- con determinazione dirigenziale regionale n. 203 dell’11 settembre 2023, è stata rilasciata all’appellante autorizzazione unica, ai sensi del d.lgs. n. 387 del 2003, alla realizzazione ed esercizio in situ di un impianto di produzione di biometano avanzato da digestione anaerobica, con annesso punto di consegna/riconsegna.

5. Venendo al merito, il Collegio osserva, anzitutto, che la sentenza impugnata non è viziata per il mero fatto di richiamare un precedente: siffatta modalità di esplicazione dell’iter decisionale del Giudice è, infatti, espressamente ammessa e normata nell’art. 88, comma 2, lett. d), seconda parte, c.p.a..

Tale modus procedendi, peraltro, è conforme al superiore principio di “sinteticità” prescritto, in via generale, dal codice quale regola per la redazione degli atti da parte del Giudice e delle parti (art. 3, comma 2, c.p.a.) e dal più specifico (e incisivo) dovere di “concisione” stabilito per la confezione della motivazione della sentenza (art. 88, comma 2, lett. d, prima parte, c.p.a.)

E’ vero che la motivazione con cui la sentenza ha respinto il ricorso si esaurisce effettivamente nel solo richiamo al precedente (“Preliminarmente, va confermata la riunione dei ricorsi r.g. n. -OMISSIS- disposta in precedenza con ordinanza collegiale n. -OMISSIS-, stante l’evidente connessione soggettiva e oggettiva sussistente tra i due giudizi. Va, inoltre, confermata all’esito del contraddittorio sviluppatosi dopo la riassunzione dei due giudizi la declaratoria di inammissibilità sulla base delle condivisibili argomentazioni esplicitate nella sentenza di questo T.A.R. n. -OMISSIS-”).

Ciò, però, va contestualizzato: il “precedente” era stato cassato dal Consiglio di Stato per ragioni di procedura: la mancata previa sollecitazione del contraddittorio delle parti sui profili di rito su cui si fonda la decisione stessa.

Nel giudizio di rinvio il T.a.r., all’esito del contraddittorio, non ha ritenuto di ravvisare ragioni per discostarsi da quanto a suo tempo già diffusamente argomentato.

Nella specie, dunque, il rinvio non vive per così dire “nel vuoto”, ma si pone in linea di continuità con uno sviluppo processuale completo in cui il contraddittorio delle parti non ha determinato il Giudice a modificare la propria iniziale posizione, cui dunque si è interamente riportato, confermandola in toto.

6. Né il richiamo è viziato perché riferito ad una sentenza (la n. -OMISSIS-) le cui argomentazioni sarebbero “in gran parte contraddette e letteralmente capovolte dallo stesso Tar Bari con la successiva sentenza inter partes n. 1122 del 01.07.2021 … confermata dal Consiglio di Stato, Sezione Quarta, con la sentenza n. 1040 del 14.02.2022”.

Sul punto, basti osservare quanto segue.

La sentenza n. 1122 del 2021 definiva tre ricorsi riuniti proposti da vari soggetti privati avverso la determinazione dirigenziale n. 3 del 2018 che, all’esito del dissequestro dell’impianto, rilasciava all’odierna appellante autorizzazione integrata ambientale - AIA per la “produzione di compost proveniente dal trattamento aerobico di rifiuti biodegradabili”.

Per quanto qui di interesse, la sentenza:

- qualifica l’impianto come “esistente” (oltre che “di pubblica utilità”) ai fini della pianificazione regionale in tema di rifiuti, in quanto “munito di VIA del 1999 e di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio del 2000”;

- aggiunge che classificazione come “esistente” dell’impianto è disposta anche nel “Piano Territoriale Tematico del Paesaggio della Regione Puglia, approvato con D.P.G.R. n. 176 del 16.02.2015”;

- esclude, pertanto, più volte che si tratti di un “nuovo impianto”;

- precisa che, poiché “la regola dell’irretroattività dei provvedimenti amministrativi costituisce espressione del principio di legalità e dell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, in forza della quale è precluso all'Amministrazione di incidere unilateralmente e con effetto ex ante sulla sfera giuridica dei destinatari”, il Piano per il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, approvato nel 2016, non può “imporre vincoli retroattivi su un impianto esistente”;

- similmente, quanto alla disciplina urbanistica comunale, prende sì atto che (allora) il PUG non era ancora stato approvato ma, comunque, precisa che “la pretesa del Comune di Grumo Appula di inibire con il nuovo P.U.G. l’effettività giuridica a stabilimenti muniti di tutte le autorizzazioni di legge” contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale (“la giurisprudenza ha ripetutamente evidenziato che la regola dell’irretroattività dei provvedimenti amministrativi costituisce espressione del principio di legalità e dell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, in forza della quale è precluso all'amministrazione incidere unilateralmente e con effetto ex ante sulla sfera giuridica dei destinatari”) e, oltretutto, “viola il giudicato formatosi inter partes sulla sentenza del T.a.r. Puglia Bari n. -OMISSIS- che così si esprime circa la compatibilità urbanistica dell’opificio -OMISSIS-: <<Va disatteso anche il settimo motivo di ricorso, incentrato sulla presunta mancata considerazione dell’incompatibilità dell’intervento con la destinazione urbanistica dell’area ... Ed invero … il parere del Comitato Tecnico Provinciale del 24.1.2000, recepito dalla deliberazione provinciale nr. 424/00, appare sufficientemente motivato in ordine all’insussistenza di contrasto tra il progetto e la destinazione agricola imposta all’area de qua: è appena il caso di rammentare che una siffatta tipizzazione non comporta di per sé la preclusione a qualunque tipo di intervento, e neanche è funzionale solo ed unicamente alla tutela dell’attività agricola, essendo piuttosto da ricondursi all’esigenza di un equilibrato e bilanciato sviluppo del tessuto urbano. Tanto premesso, risulta esente da censure la valutazione dell’Amministrazione resistente che, anche sulla base della pianificazione regionale già approvata che prevedeva in loco un ulteriore impianto di compostaggio, ha ritenuto il progetto non incompatibile con la destinazione urbanistica dell’area”.

7. La sentenza è stata confermata in appello con la sentenza n. 1040 del 2022 (il giudizio di revocazione avverso la quale è stato, da ultimo, dichiarato inammissibile), con la quale, per quanto qui di interesse, questo Consiglio ha ribadito la natura “esistente” dell’impianto ed ha precisato che “la sopravvenuta modifica dello strumento urbanistico non può esplicare alcuna incidenza retroattiva sull’autorizzazione rilasciata dalla Regione, il cui contenuto ed efficacia sono tipizzati ex lege”.

Quest’ultima affermazione è dirimente nel presente giudizio.

Invero, è centrale il rilievo per cui la potestà urbanistica del Comune è volta a regolare il futuro sviluppo del territorio, ma non incide sulla legittimità degli organismi edilizi già esistenti che, a suo tempo, siano stati legittimamente realizzati (nei cui confronti, se del caso, può attivarsi la ben diversa potestà espropriativa).

Un cespite legittimamente preesistente (ossia edificato nel rispetto della normativa sull’uso del territorio all’epoca vigente) non può, dunque, essere interessato da successive modifiche della disciplina urbanistica.

Ciò, per vero, da un lato risponde al generale (e fondamentale) principio della certezza del diritto, dall’altro, a ben vedere, è in linea con la ratio stessa del potere urbanistico.

Questo, infatti, è volto a garantire l’ordinato sviluppo del territorio: se si ammettesse che un Piano urbanistico possa (non solo disporre per il futuro, ma anche) stravolgere l’attuale assetto dell’edificato, rendendolo illegittimo, si stabilirebbe, implicitamente, la precarietà della pianificazione stessa, sempre soggetta a cambiamenti e ripensamenti ex tunc, ciò che ne svuoterebbe la stessa funzione (e, verosimilmente, si porrebbe in frontale tensione con valori costituzionali quale, per quanto qui di interesse, la libera iniziativa economica privata).

Oltretutto, la potestà urbanistica non vive isolatamente, ma in un contesto in cui intervengono anche altri poteri, che essa non può obliterare e su cui non prevale gerarchicamente (nella specie, il potere autorizzatorio regionale in ordine alla costruzione ed esercizio di impianti produttivi).

Tale conclusione di sistema è, per vero, confermata dallo stesso PUG, laddove (art. 46, punto 13.4, delle NTA) stabilisce che “Per gli edifici esistenti nelle aree VA alla data di adozione del P.U.G., in contrasto con la destinazione funzionale e con le prescrizioni delle presenti norme, sono ammessi esclusivamente interventi di straordinaria manutenzione, nonché la realizzazione di mense, spogliatoi, servizi igienici e impianti di depurazione”.

Tale locuzione, in base ad una piana esegesi letterale, non può che significare che la modificazione della destinazione di zona (a quanto consta, da area agricola a verde pubblico) non incide sugli “edifici esistenti” (tra cui quello di causa), il cui legittimo statuto urbanistico ed edilizio non è, dunque, interessato dalla modifica pianificatoria.

Tale conclusione conferma l’inammissibilità del ricorso dell’odierna appellante, interamente incentrato su una prospettazione difensiva giuridicamente erronea, in quanto riveniente da un presupposto (la lesività della sopravvenuta modifica pianificatoria) in realtà inesistente.

Non vi è, pertanto, materia (recte, interesse) né per agire in ottemperanza (non vi è lesione del giudicato, perché il sopravvenuto PUG non incide sulle prerogative dominicali ed imprenditoriali dell’appellante, come riconosciute in sede amministrativa prima e giurisdizionale poi), né per agire in annullamento.

Su quest’ultimo profilo occorre, inoltre, rilevare che il PUG (recte, l’atto sopravvenuto di definitiva approvazione del PUG) non solo non lede la posizione giuridica dell’appellante, posto che non ne rende urbanisticamente illegittimo l’impianto, ma, oltretutto, consente “interventi di straordinaria manutenzione, nonché la realizzazione di mense, spogliatoi, servizi igienici e impianti di depurazione”.

L’attuale disciplina urbanistica, dunque, non solo non impone la (né, comunque, prelude alla) “espulsione” dell’impianto, ma ne consente altresì le opere di (ordinaria e) straordinaria amministrazione, nonché l’edificazione ex novo di strutture edilizie ancillari, quali “mense, spogliatoi, servizi igienici e impianti di depurazione”.

Vi è, in definitiva, una piena salvaguardia non solo della situazione proprietaria e imprenditoriale attuale dell’appellante, ma anche delle esigenze e delle prospettive future.

E’, viceversa, estraneo alla materia del contendere il possibile, futuro ampliamento dell’impianto (non altrimenti può interpretarsi la locuzione dell’appellante secondo cui il PUG “limita l’esercizio dell’attività di impresa”).

Sul punto, è pacifico che:

- il Comune, nell’esercizio della propria ampia discrezionalità pianificatoria, ha la facoltà di modificare, per il futuro, la destinazione urbanistica di una zona, anche restringendone le facoltà d’uso;

- l’aspettativa edificatoria di ogni privato è soggetta alla disciplina urbanistica vigente al momento della formulazione della relativa istanza;

- in linea generale, l’interesse al ricorso sorge a fronte di un attuale diniego su una specifica domanda, non già, per così dire, in prevenzione;

- quanto, in particolare, alla materia del governo del territorio, la contestazione delle scelte pianificatorie impone, da parte dell’interessato, una dettagliata, puntuale e specifica indicazione delle ragioni di (assunta) illegittimità.

8. Per le esposte ragioni, pertanto, l’appello va respinto.

9. Le spese del grado possono essere compensate, alla luce della complessità e risalenza della complessiva vicenda contenziosa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta, per le ragioni di cui in parte motiva.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Lopilato, Presidente FF

Luca Lamberti, Consigliere, Estensore

Luca Monteferrante, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere