Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2824 del 9 giugno 2015
Urbanistica.Realizzazione di un complesso turistico in variante

La procedura attivata era in realtà diretta essenzialmente ed in prima battuta ad ottenere una variante al PRG compatibile con la natura e qualità dell’intervento progettato. La determinazione sugli aspetti tecnico ambientale costituiva semplicemente proposta di variante e non titolo unico per la realizzazione dell’intervento edilizio. Era ed è ragionevole, pertanto, postergare la verifica dei requisiti tecnici al momento del rilascio del titolo. Considerazioni ispirate alla medesima ratio possono farsi per l’autorizzazione ambientale. Essa doveva intendersi quale avente ad oggetto la compatibilità ambientale della variante urbanistica, e non dei singoli edifici o delle singole opere infrastrutturali progettate sulle aree oggetto di variante. Ciò non toglie che, ove sussista un vincolo paesaggistico originario o sopravvenuto, occorrerà, in sede di rilascio del titolo - oltre alla verifica dei requisiti tecnici delle costruzioni, della quale si è anzidetto - anche l’acquisizione della specifica autorizzazione di cui all’art. 146 del dlgs 42/2004. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02824/2015REG.PROV.COLL.

N. 00896/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 896 del 2014, proposto da: 
Eco S.r.l., in p.l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Eugenio Picozza, Annalisa Di Giovanni, con domicilio eletto presso Eugenio Picozza in Roma, via di San Basilio, 61; 

contro

Comune di Villa San Giovanni, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Rosario Infantino, con domicilio eletto presso Natale Carbone in Roma, via Germanico, 172; 
Comune di Reggio di Calabria, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Mario De Tommasi, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2; 
Luigi Maria Leonida Sorrenti, Massimo Gaetano Morgante, Associazione Ethos Onlus, non costituiti in giudizio;

nei confronti di

Italia Nostra, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00397/2013, resa tra le parti, concernente realizzazione di un complesso turistico in variante allo strumento urbanistico- risarcimento danni.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Villa San Giovanni e del Comune di Reggio di Calabria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2015 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Di Giovanni, Picozza, Infantino e Giuseppe Mescia (su delega di De Tommasi);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La Eco srl è proprietaria di un’area sita nel territorio del Comune di Villa San Giovanni e destinata a zona agricola.

Essa, in data 27 dicembre 2005, presentava istanza allo Sportello unico per le attività produttive di Reggio Calabria (competente ad esaminare anche le istanze riguardanti il territorio del Comune Villa San Giovanni), al fine di realizzare un complesso turistico-alberghiero meglio descritto negli atti di causa; l’apposita conferenza di servizi si esprimeva nella seduta del 6 aprile 2006, tenutasi ai sensi degli articoli 4 e 5 del D.P.R. n. 447 del 1998; il Consiglio comunale approvava con atto n. 16 del 17 maggio 2006 la c.d. “delibera di impulso” ai sensi dell’art. 14 della LR 29/2002; seguiva il procedimento presso la conferenza dei servizi tenuta a cura dello Sportello Unico del Comune di Reggio Calabria, che si concludeva il 28 settembre 2006. A tale conclusione non seguiva alcuna attività del Comune di Villa, e la parte odierna ricorrente adiva il TAR proponendo ricorso ex art. 21 bis l. 241/90 avverso il silenzio, accolto con sentenza n. 1255 del 2007. Proposto appello avverso tale sentenza da parte del Comune di Villa, il relativo giudizio si concludeva con decisione n. 2409 del 2008 del Consiglio di Stato, che dichiarava la cessazione della materia del contendere, poiché il consiglio comunale di Villa San Giovanni aveva emesso la delibera n. 40 del 22 dicembre 2007, di rigetto delle proposte di variante al piano regolatore, sospendendo ogni effetto della precedente delibera n. 18 del 2006. Parte ricorrente impugnava tali ultimi atti con ricorso n. 101 del 2008, che il TAR accoglieva in parte con sentenza n. 276 del 2008, annullando gli atti impugnati. Anche tale sentenza veniva appellata, sia dal Comune di Villa San Giovanni che dalla ricorrente in via incidentale. L’appello veniva risolto dal Consiglio di Stato con decisione di conferma della sentenza appellata, con diversa motivazione. Il Consiglio di Stato in particolare statuiva circa la necessità di far precedere alla deliberazione conclusiva del procedimento di autorizzazione in variante del progetto della ricorrente un corretto procedimento partecipato, al fine di operare una ponderazione degli opposti interessi (sentenza n. 2184/2009). In seguito, commissariato l’Ente per avvenute dimissioni dei Consiglieri comunali, il Commissario, nel frattempo insediatosi, adottava la deliberazione nr. 32 del 09.07.2009, con la quale si dava “avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 legge 241/90 in pedissequo ossequio alla sentenza del Consiglio di Stato n. 7483/2008”; la società Eco srl presentava il 13.08.2009 con prot. n. 14956 istanza finalizzata ad ottenere l’approvazione in via definitiva del progetto in variante al PRG del Comune di Villa San Giovanni per l’insediamento turistico prospettato. Il 30.08.2009, con nota prot. n. 19689, il Commissario Straordinario del Comune di Villa San Giovanni, comunicava ex art. 10 bis L. n. 241/90 il preavviso di rigetto dell’istanza; seguiva la Deliberazione n. 75 del 18.12.2009 con la quale si disponeva il non accoglimento della “pratica -Eco srl comportante variante al PRG vigente”.

Avverso tali atti proponeva ricorso la società Eco srl.

Il TAR, con sentenza n. 672/2011 - rilevato che nel procedimento di cui agli artt. 4 e 5 del DPR 447/1998, v’è una componente relativa alla fattibilità tecnico ambientale dell’iniziativa progettata di competenza della Conferenza di servizi (preceduta, in forza della legislazione regionale, da una deliberazione di mero “impulso” da parte del locale Consiglio comunale), ed un’altra componente invece riservata alla finale deliberazione del Consiglio Comunale, concernente l’apprezzamento degli interessi pubblici e privati in ordine alla opportunità di approvazione del progetto da realizzarsi in variante allo strumento urbanistico – annullava il diniego di approvazione della variante, statuendo che le eventuali ragioni ostative non potessero essere meramente politiche, ma dovessero trovare una motivazione proporzionale al grado di affidamento ingenerato dall’evoluzione del procedimento e dagli apprezzamenti già a suo tempo espressi nella primigenia delibera di impulso.

In questi termini – le eventuali ragioni ostative suscettibili di sorreggere un diniego del progetto, a seguito di una favorevole delibera consiliare di impulso e di un altrettanto favorevole istruttoria in Conferenza dei servizi – ad avviso del TAR - non avrebbero potuto che ricondursi “o ad una mutata condizione dei luoghi o delle previsioni progettuali di sviluppo del territorio (ossia delle scelte collettive di sviluppo che devono confluire nella pianificazione territoriale, come ad esempio la individuazione sopravvenuta all’indizione del procedimento di zone di insediamenti turistici o produttivi, a seconda dei casi), o ad una fortemente motivata esigenza di tutela dello “status quo”, sorretta da ragioni tali da superare, in vista di un (tecnicamente sempre possibile) ripensamento, le analisi di interesse che sono state formulate dal Consiglio comunale all’inizio della procedura in esame, oppure, infine, da vizi e carenze del progetto non rilevate o erroneamente apprezzate in sede di istruttoria tecnica (quest’ultimo caso, peraltro, sarebbe per lo più il frutto della doverosa funzione di controllo finale della legittimità del procedimento istruttorio che è immanente nei doveri e nelle responsabilità dell’organo deliberante; può trovare applicazione, nel caso in esame, alla questione del rischio idrogeologico di cui si legge nel preavviso di rigetto ed in ordine alla quale si veda meglio infra)”.

Da ciò deriva – nell’iter logico argomentativo seguito dal TAR – “l’obbligo per il Consiglio Comunale di statuire sulla progettazione a conclusione del procedimento, nel rispetto delle modalità più avanti indicate.

Ai sensi dell’art. 34, lett. “c” del cpa, a tutela delle situazioni giuridiche dedotte in giudizio, va dunque prescritto quanto segue.

a) dall’annullamento nei termini e per i motivi che si sono indicati, deriva l’obbligo del Consiglio Comunale di Villa San Giovanni di provvedere sulla istanza di parte ricorrente ed a ciò il Comune provvederà entro quarantacinque giorni dalla comunicazione della presente sentenza o sua notifica a cura di parte, nel rispetto delle garanzie di partecipazione del privato al procedimento;

b) la motivazione della deliberazione dovrà espressamente considerare l’interesse pubblico e quello privato della parte ricorrente secondo i seguenti parametri sui quali dovrà sussistere pronuncia espressa e ponderata (con esclusione, in caso di rigetto, di qualsiasi formula apodittica meramente assertiva):

b1) interesse pubblico all’occupazione;

b2) interesse pubblico allo sviluppo (anche in termini di indotto);

b3) interesse generale alla fruizione dell’area, nella prospettiva delle previsioni di governo del territorio complessivamente intese (ovvero esistenza di ulteriori finalità di gestione dell’area in relazione al comprensorio più vasto, o di modalità di realizzazione di investimenti diversi da quello prospettato, oppure sopravvenuta disponibilità di aree idonee all’insediamento turistico);

b4) comparazione costi-benefici in termini di eventuali costi del diniego (in termini di possibilità e stima di un eventuale risarcimento del danno e/o di una prosecuzione della lite) e benefici relativamente ai proventi per la realizzazione del progetto (come gli oneri di urbanizzazione e così via)”.

A seguito della sentenza, i cui fondamentali passaggi sono stati sopra riportati, il Consiglio Comunale di Villa San Giovanni, con deliberazione n.11 del 7.02.2012, approvava il progetto, assumendo di essersi attenuta alle prescrizioni imposte dal TAR con sentenza 672/2011.

Tale delibera era impugnata da alcuni consiglieri di minoranza e dall’associazione ambientalista Italia Nostra onlus, sulla base delle sotto indicate censure:

(I) Violazione dell’art. 5 comma 3 del DPR 357/97 come modificato dall’art. 6 comma 3 del DPR 120/03. Violazione della Legge regionale n.10 del 2003. Violazione dell’obbligo di effettuare la Valutazione di Incidenza – Contraddittorietà di atti amministrativi;

(II) Violazione delle prescrizioni dettate dalla sentenza del TAR di Reggio Calabria n. 672/2011;

(III) Violazione dell’art.14 lett d) L.R. 19/2002;

(IV) Violazione del DPR 447/1998 e del DPR 160/2010 - Violazione del DPR 160/2010 per mancata rinnovazione dell’attività istruttoria;

(V) Violazione del D.M. 14.02.2008,

(VI) Violazione del D.L. 13 maggio 2011 n. 70.

Il TAR, con sentenza n. 397/2013, dopo aver risolto le questioni preliminari poste dalla ECO srl circa la legittimazione a ricorrere in capo ai consiglieri comunali di opposizione, ed alle associazioni ambientaliste, ha affrontato il merito della vicenda contenziosa e, in accoglimento dei motivi di gravame IV, V e VI, proposti da Italia Nostra - con i quali veniva essenzialmente lamentato un deficit di istruttoria e di motivazione - accertava l'illegittimità del procedimento di approvazione in variante semplificata dell'investimento della società ECO Srl, essendosi concluso in un contesto normativa di tipo tecnico modificato rispetto a quello vigente allorché si era tenuta e conclusa la conferenza dei servizi che costituisce il presupposto della deliberazione consiliare impugnata.

Ne derivava, ad avviso del TAR, “l'illegittimità della deliberazione impugnata per difetto di motivazione e di istruttoria, così come dedotto dalla Associazione ambientalista ricorrente, non avendo l'Autorità emanante verificato la validità attuale dell'istruttoria ai fini del rispetto della normativa tecnica sopravvenuta (come il Decreto Legislativo del 09/04/2008 n.81 "Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro", espressamente richiamato quale requisito da verificare a cura del SUAP dalla normativa di riferimento ex art. 5, comma l, del DPR 447/98 e ss.mm.ii; la normativa in tema di prevenzione antincendi - ovvero il parere dei Vigili del Fuoco- ex DPR 151120 Il; il Decreto del Ministro delle Infrastrutture del 14 gennaio 2008, con il quale sono state emanate le "Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni", normativa che, appunto, sostituisce il D.M. 11/03/1988, al quale ultimo avevano fatto riferimento i pareri resi nella Conferenza dei servizi, sostituito a decorrere dall’ l luglio 2009 come da circolare N. 617 del 2 febbraio 2009 del Ministero delle Infrastrutture; e così via)”.

Veniva, altresì, considerata fondata la censura con la quale la ricorrente faceva valere l'illegittimità del procedimento e della deliberazione impugnata, per essere scaduta l'autorizzazione paesaggistica.

Quale effetto conformativo delle statuizioni annullatorie, il TAR precisava che, fermo restando la delibera d'impulso che è tutt'ora in vigore, il procedimento di fronte allo Sportello Unico avrebbe dovuto essere ripetuto allo scopo di consentire ad ogni Amministrazione responsabile di accertare l'attuale validità dei pareri e dei nulla osta comunque denominati già espressi o acquisiti, nonché rinnovare l'autorizzazione paesaggistica. In particolare ha sancito “l 'obbligo per il Comune di Villa San Giovanni di provvedere nuovamente sull'istanza della controinteressata, previo rinnovo del procedimento della variante semplificata tramite lo Sportello Unico istituito presso il Comune di Reggio Calabria, cui il Comune di Villa San Giovanni ha aderito, che andrà svolto nel rispetto della normativa sopravvenuta, mediante nuova convocazione della Conferenza dei servizi e nel rispetto delle norme di cui al DPR n. 16012010 (con particolare rifèrimento all’art. 8), allo scopo di verificare l'attuale compatibilità del progetto della contro interessata rispetto al quadro normativa oggi in vigore".

Avverso la sentenza ha interposto appello Eco srl.. A supporto del gravame deduce:

1. Violazione del giudicato. Con la precedente sentenza 672/2011 il TAR non si era limitato ad annullare il diniego ma aveva condannato il Comune all’adozione di specifiche misure idonee a tutelare la situazione giuridica dedotta in giudizio: fra queste misure non v’era la rinnovazione dell’istruttoria (del resto, se vi fosse stata – aggiunge l’appellante - il ricorso di Eco srl sarebbe stato dichiarato improcedibile per difetto di interesse). La valutazione del giudice nell’attuale giudizio avrebbe conseguentemente dovuto incentrarsi sulla verifica del rispetto delle prescrizioni date e non estendersi alla supervisione di tutto il procedimento. I terzi che avessero voluto contestare l’insufficienza o inidoneità delle prescrizioni avrebbero dovuto appellare la sentenza o proporre opposizione di terzo, non essendo ammissibile la proposizione di una domanda d’annullamento come se si trattasse di atto totalmente nuovo. Decidendo per come ha fatto, il TAR avrebbe sostanzialmente rimesso in termini i ricorrenti atteggiandosi quale puro controllore della legalità.

In ogni caso, al TAR sarebbe sfuggito che la proposta di intervento era espressamente qualificata quale progetto preliminare finalizzato all’approvazione di una modifica della destinazione urbanistica dell’area, e non un piano particolareggiato. Da ciò deriverebbe che i pareri tecnici avrebbero dovuto esser chiesti in un secondo momento, in sede di progettazione esecutiva.

2. Extrapetizione. Italia nostra non avrebbe contestato l’integrale mancato rinnovo dell’istruttoria, e comunque il giudice di prime cure sarebbe andato ben oltre le censure, ergendosi ad ufficioso controllore della legittimità.

3. Errata applicazione del dlgs 81/2008, dPR 151/2011, DM infrastrutture 14/1/2008, art. 146 del dlgs 42/2004; violazione dei principi generali in materia urbanistica. Il carattere preliminare della progettazione era tale da non richiedere un’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del dlgs 42/2004, ma un parere sulla modificabilità della destinazione di zona. In ogni caso il parere sarebbe stato riconfermato in data 14/5/2007, data della convocazione della nuova conferenza di servizio nella quale sono stati riconfermati tutti i pareri. A tacere del fatto che il rinnovo della dichiarazione di conclusione favorevole della conferenza di servizi implicherebbe anche, ai sensi dell’art. 14 ter comma 6 bis della l. 241/90, sostituzione del parere paesaggistico. Per quanto concerne gli altri pareri tecnici (vigili del fuoco, norme tecniche, verifiche in ordine alle strade d’accesso, etc.) il giudice di prime cure non avrebbe considerato che la fase svoltasi era finalizzata all’ottenimento della variante urbanistica (modifica della destinazione del suolo), e che, ottenuta la variante, l’istante avrebbe comunque attivato l’ulteriore fase procedimentale tesa al rilascio del titolo edilizio

4. In via subordinata, richiesta di disapplicazione dell’art. 8 del dPR 160/2010 nei termini in cui interpretato dal TAR Calabria, con conseguente ultroneità della finale deliberazione del Consiglio comunale.

5. L’appellante domanda infine il risarcimento del danno da ritardo imputabile al SUAP, ai componenti della conferenza di servizio ed al Comune di Villa San Giovanni, come da perizia che allega.

- Nel giudizio si è costituito il Comune di Villa San Giovanni. Eccepisce l’inammissibilità della domanda risarcitoria, formulata per la prima volta in appello. L’inammissibilità sussisterebbe anche per violazione del giudicato, essendo stato il risarcimento già domandato nel pregresso giudizio conclusosi con l’accoglimento della domanda demolitoria, ma con rigetto di quella risarcitoria stante la mancata certezza della spettanza del “bene della vita” richiesto. In ogni caso, infondatezza della domanda per insussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità.

- Si è costituito anche il Comune di Reggio Calabria, il quale, nel condividere i motivi d’appello, precisa che ciò non può valere per la domanda risarcitoria, palesemente inammissibile.

- La causa è stata trattenuta in decisione previa discussione alla pubblica udienza del 21 aprile 2015.

DIRITTO

L’appello è fondato nei termini che seguono.

La vicenda amministrativa non può che essere esaminata in chiave diacronica, atteso il lungo e travagliato sviluppo giudiziario che l’ha caratterizzata successivamente al formale atto di avvio del procedimento (27/12/2005), costituito da una domanda di “variante al PRG” per la realizzazione di una struttura turistico ricettiva in aera agricola.

Dopo il preliminare impulso da parte del Consiglio Comunale di Villa San Giovanni (adempimento previsto specificatamente dalla normativa calabrese, in addizione allo schema minimo contemplato dal dPR 447/98) e la favorevole conclusione della fase istruttoria di natura tecnico ambientale in conferenza di servizi presso il SUAP di Reggio Calabria (cui il Comune di Villa era aggregato), il contenzioso ha riguardato: 1) l’obbligo di concludere il complesso procedimento con la delibera consiliare di approvazione della variante (sent. TAR, n. 1255 del 2007.); 2) la legittimità della delibera finalmente adottata dal Consiglio comunale di Villa, di tenore reiettivo (sent. Cons. Stato, n. 2184/2009) ; 3) ancora la legittimità della nuova delibera reiettiva adottata dal Commissario straordinario, a seguito dell’annullamento giurisdizionale della pregressa reiezione (TAR, n. 672/2011).

In sostanza, già nel 2011, a distanza di circa sei anni dall’inizio del procedimento, v’era una situazione in cui l’istruttoria tecnica era da tempo ultimata, ma il Consiglio comunale di Villa non era ancora riuscito ad esprimere una valida e legittima decisione a chiusura del complesso procedimento di variante.

Solo nel 2012, in esecuzione di una condanna con la quale il TAR Calabria, ex art. 34 comm1 lett. c del c.p.a., lo condannava a rideterminarsi in considerazione ed alla luce del contemperamento di alcuni determinati e specifici profili espressamente indicati (interesse pubblico all’occupazione; interesse pubblico allo sviluppo anche in termini di indotto; interesse generale alla fruizione dell’area, nella prospettiva delle previsioni di governo del territorio complessivamente intese; comparazione costi-benefici in termini di eventuali costi del diniego), il Comune di Villa San Giovanni chiudeva il procedimento dando satisfattiva risposta alla società istante.

Sino a quella data il contenzioso ha sempre e soltanto interessato la deliberazione conclusiva di variante e mai la favorevole conclusione della conferenza sugli aspetti tecnico ambientali. Anche la sentenza impositiva degli obblighi ex art. 34 comma1 lett. c del c.p.a., nonostante non contenesse, fra i criteri da osservare, anche quello di un aggiornamento dell’istruttoria tecnica o di una verifica dell’attualità dell’istruttoria tecnica in relazione alle norme tecniche sopravvenute, non è mai stata oggetto di gravame.

Sennonché, rec sicstantibus, una volta approvata la variante nei termini richiesti dall’appellante ed imposti dal TAR a mezzo della condanna, ex art. 34 comm1 lett. c del c.p.a., alcuni soggetti terzi controinteressati (consiglieri di minoranza e Italia Nostra onlus) hanno da ultimo censurato l’epilogo deliberativo come se fosse la prima ed unica manifestazione di volontà, stigmatizzandone, tra l’altro genericamente, la non attualità dell’istruttoria già favorevolmente da tempo conclusasi, rispetto alla normativa tecnica sopravvenuta, nonché l’inefficacia dell’autorizzazione ambientale per scadenza del termine quinquennale.

Il TAR, sulla base della ricostruzione dell’intero e complesso procedimento - quale prodotto di una fase interna avente ad oggetto la fattibilità tecnico ambientale di competenza SUAP, e di una esterna e conclusiva di spettanza dell’organo assembleare - ha ritenuto ancora possibile, nonostante la descritta evoluzione giudiziaria, il sindacato della fase tecnica interna, rispetto alle norme vigenti al momento della definizione dell’ultimo e conclusivo segmento del procedimento.

Se per un verso ciò costituisce corretta applicazione dei principi generali in ordine al rapporto tra ius superveniens e progressione del procedimento, nondimeno esso suona quale gravemente penalizzante e beffardo per l’istante, il quale, nonostante sia stato costretto ad esperire una fitta serie di iniziative giudiziarie poi coltivate con successo - in cui non è mai stata messa in discussione, nemmeno dall’amministrazione l’avvenuta favorevole conclusione della prima fase “tecnica” - si è visto poi opporre, in funzione e con effetto demolitorio, l’alea della sopravvenienza normativa, tra l’altro vertente - non già, come sarebbe comprensibile e non infrequente, sull’an dell’iniziativa rispetto alle mutate previsioni pianificatorie, ma - sui requisiti prettamente tecnici del progettato intervento.

Né la sussistenza di tali requisiti potrebbe considerarsi un “errore istruttorio” compiuto dalla Conferenza, suscettibile di essere rilevato dal Consiglio comunale in sede di variante (talché la mancata rilevazione possa assurgere a vizio di legittimità della deliberazione stessa), atteso che: 1) la sentenza n. 672/2011 si era conclusa con la specifica enucleazione dei fattori da considerare in sede di riedizione del potere da parte del Consiglio comunale, tra i quali non figurava la verifica dell’attualità dell’istruttoria; 2) non di errore istruttorio si sarebbe comunque trattato, ma di mancato aggiornamento del quadro istruttorio rispetto alla normativa tecnica sopravvenuta in un tempo in cui ormai la risposta dell’amministrazione, in un contesto non patologico, avrebbe dovuto già concretizzarsi; 3) si trattava comunque di normativa tecnica rilevante ai fini della concreta realizzazione della struttura turistico ricettiva, ma non ai fini del vaglio discrezionale della mera richiesta di modifica della destinazione di zona in cui era ricompresa l’area oggetto di intervento.

Su tale ultima circostanza l’appellante insiste molto. La censura è fatta propria anche dal Comune di Reggio, sede di SUAP. Entrambi evidenziano che il progetto era poco più che un preliminare privo del grado dettaglio edilizio ed urbanistico sufficiente e necessario ad ottenere un titolo a costruire.

La procedura attivata era in realtà diretta essenzialmente ed in prima battuta ad ottenere una variante al PRG compatibile con la natura e qualità dell’intervento progettato, fermo restando che, ove mai ci fosse stato bisogno di un aggiornamento sugli adempimenti del testo unico sulla sicurezza sul lavoro (dlgs 81/2008), sulla normativa in tema di prevenzione antincendi (dPR 151/2011, sulle nuove norme tecniche di costruzione (DM 14/01/2008), lo stesso si sarebbe potuto e dovuto effettuare in un secondo momento, all’atto della presentazione da parte di Eco s.r.l. del progetto di dettaglio dell’iniziativa, redatto in forma di piano particolareggiato di esecuzione di iniziativa privato (cd Piano di lottizzazione turistico).

Del resto, a mente del vecchio art. 5 comma 2 del dPR 447/98, norma in vigenza del quale il responsabile SUAP ha convocato e concluso la conferenza di servizi, “qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale, tenuto conto delle osservazioni, proposte e opposizioni formulate dagli aventi titolo ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si pronuncia definitivamente entro sessanta giorni il consiglio comunale. Non è richiesta l’approvazione della Regione, le cui attribuzioni sono fatte salve dall’art.14, comma 3-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Dunque la determinazione sugli aspetti tecnico ambientale costituiva semplicemente proposta di variante e non titolo unico per la realizzazione dell’intervento edilizio. Era ed è ragionevole, pertanto, postergare la verifica dei requisiti tecnici al momento del rilascio del titolo.

Considerazioni ispirate alla medesima ratio possono farsi per l’autorizzazione ambientale. Essa, come del resto sottolineato dallo stesso appellante, doveva intendersi quale avente ad oggetto la compatibilità ambientale della variante urbanistica, e non dei singoli edifici o delle singole opere infrastrutturali progettate sulle aree oggetto di variante.

Ciò non toglie che, ove sussista un vincolo paesaggistico originario o sopravvenuto, occorrerà, in sede di rilascio del titolo - oltre alla verifica dei requisiti tecnici delle costruzioni, della quale si è anzidetto - anche l’acquisizione della specifica autorizzazione di cui all’art. 146 del dlgs 42/2004.

In conclusione, l’appello è in questa parte accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza di prime cure, gli originari ricorsi sono respinti, alla luce e secondo quanto sino ad ora chiarito.

E’ invece palesemente inammissibile la domanda risarcitoria. Essa, come concordemente evidenziato dagli enti resistenti, costituisce domanda avanzata per la prima volta in appello, in aperta e stridente violazione del perentorio divieto di cui all’art.104 c.p.a.

Le questioni appena esaminate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso

Avuto riguardo all’esito ed alla complessità delle questioni, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte. Per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, respinge i ricorsi di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/06/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)