Cass. Sez. III n. 45425 del 11 dicembre 2024 (CC 27 nov 2024)
Pres. Ramacci Est. Noviello Ric. Vanacore
Urbanistica.Diritto all'abitazione ed esecuzione ordine di demolizione di immobile abusivo
Il diritto all'abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all'art. 8 CEDU, non è tutelato in termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l'ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell'ambiente, che giustificano, secondo i criteri della necessità, sufficienza e proporzionalità, l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistente del territorio. L'autorità giudiziaria, nel dare esecuzione all'ordine di demolizione di un immobile abusivo costituente l'unica abitazione familiare, è tenuta a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, e della Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, a condizione che chi intenda avvalersene si faccia carico di allegare, in modo puntuale, i fatti addotti a sostegno del suo rispetto. Tali fatti non possono dipendere dalla inerzia del ricorrente ovvero dalla volontà sua o del destinatario dell'ordine, non potendo il condannato lucrare sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza, posto che l'ingiunzione a demolire trova causa proprio dalla sua inerzia.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Napoli quale giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta di revoca dell’ordine di demolizione avanzata nell’interesse di Vanacore Maria e Maresca Mario
2. Avverso la predetta ordinanza Vanacore Maria e Maresca Mario mediante il difensore hanno proposto, con sei motivi, ricorso per cassazione.
3. Con il primo deducono vizi di violazione di legge e vizi di motivazione. Lamentano la violazione del principio di proporzionalità a fronte delle precarie condizioni socio - economiche e di salute dei ricorrenti. Tanto anche alla luce delle ridotte dimensioni dell'immobile da demolire. Vi sarebbe una totale assenza di valutazione circa la documentazione inerente le condizioni sopra indicate dei ricorrenti e si aggiunge, in particolare, che la Corte non avrebbe esaminato la situazione di fatto e quindi rilevato l'impossibilità di realizzare altrove, rispetto all'immobile abusivo, la cucina funzionale all'appartamento dei ricorrenti.
4. Con il secondo motivo deducono l'incompetenza della Corte di appello di Napoli ex articolo 665 numero 2 codice di rito quale giudice dell'esecuzione chiamato a dare esecuzione in ordine all'ordine di demolizione impartito. In tale quadro, vi sarebbe anche l'incompetenza della Procura generale di Napoli ad emettere l'ingiunzione a demolire nei confronti degli odierni ricorrenti, la quale invece spetterebbe alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata, essendo quest'ultimo il primo giudice che ha emesso sentenza.
5. Con il terzo motivo deducono la nullità dell'ordine di ingiunzione per omessa notifica dello stesso al difensore di fiducia dei ricorrenti, ai sensi dell'articolo 655 comma 5 codice di procedura civile.
6. Con il quarto motivo si rappresenta l'intervenuta prescrizione dell'ordine di demolizione quale sanzione accessoria.
7. Con il quinto motivo deducono la carenza di legittimazione passiva, rispetto all'ordine in questione, degli attuali ricorrenti, ad eseguire la demolizione, attesa l'intervenuta acquisizione al patrimonio dell'immobile in favore del Comune di Vico Equense: la demolizione dovrebbe esclusivamente realizzarsi da parte del sindaco. Si rappresenta, altresì, l'intervenuta domanda di condono dell'immobile che avrebbe impedito l'esecuzione dell'ordine di demolizione in assenza del previo esame della correlata istanza amministrativa. Si rappresenta l'opportunità della sospensione della demolizione sussistendo elementi per cui l’istanza di condono potrebbe essere esaminata in tempi ragionevoli con l'adozione di provvedimenti inconciliabili con l'ordine di demolizione. Si aggiunge che essendo intervenuta condanna anche alla luce della normativa antisismica, sarebbe competente ad emettere l'ordine di demolizione la Regione Campania ovvero il Genio civile cui la sentenza revocabile doveva essere comunicata. Da qui la conferma dell'incompetenza dell'autorità giudiziaria ad eseguire la demolizione che spetterebbe appunto alla Regione o al Genio civile
8. Infine, con il sesto motivo si lamenta la mancata applicazione dell'articolo 34 del testo unico dell'edilizia sul rilievo per cui la demolizione non potrebbe avvenire senza pregiudizio della parte edilizia legittima.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.I motivi di ricorso formulati possono essere esaminati nel quadro della mancata considerazione del principio generale per cui è necessario confrontarsi, in occasione della presentazione di un ricorso in Cassazione, con gli argomenti sviluppati nella sentenza o decisione impugnata, non essendo ammissibile la mera reiterazione delle doglianze già proposte e argomentatamente confutate, trascurando ogni valutazione delle ragioni formulate nel provvedimento impugnato. Invero, tutte le questioni dedotte e sopra riassunte sono state attentamente esaminate dalla Corte di appello e congruamente motivate, senza che i ricorrenti abbiano mostrato di farsi carico di tali ragioni sviluppando motivazioni che ne tengano conto e che le superino o cerchino si superarle adeguatamente.
Tale è il caso del primo motivo, in tema di violazione del principio di proporzionalità, esclusa con validissime argomentazioni in fatto e diritto che non possono che essere condivise, e riconducibili al generale indirizzo di legittimità per cui, da una parte, il diritto all'abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all'art. 8 CEDU, non è tutelato in termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l'ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell'ambiente, che giustificano, secondo i criteri della necessità, sufficienza e proporzionalità, l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistente del territorio. (Fattispecie relativa all'impugnazione del provvedimento demolitorio di un vano accessorio edificato abusivamente, la cui stessa natura, secondo la Corte, esclude che possa prospettarsi una necessità abitativa idonea a precluderne l'esecuzione). (Sez. 3 - n. 48021 del 11/09/2019 Rv. 277994 – 01); dall’altra l'Autorità giudiziaria, nel dare esecuzione all'ordine di demolizione di un immobile abusivo costituente l'unica abitazione familiare, è tenuta a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, e della Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, a condizione che chi intenda avvalersene si faccia carico di allegare, in modo puntuale, i fatti addotti a sostegno del suo rispetto. Tali fatti non possono dipendere dalla inerzia del ricorrente ovvero dalla volontà sua o del destinatario dell'ordine, non potendo il condannato lucrare sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza, posto che l'ingiunzione a demolire trova causa proprio dalla sua inerzia. (Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023) Rv. 284627 – 01). Quanto alla negazione della possibilità, rilevata invece dalla corte di appello, di procedere ad una diversa ubicazione della cucina all’interno della parte legittima dell’immobile, così da poter a maggior ragione procedere alla demolizione, senza alcun tipo di pregiudizio opponibile all’interesse al ripristino del territorio violato, le contrarie osservazioni difensive integrano una mera rivalutazione del merito della vicenda che, come noto, è inammissibile in questa sede.
Del tutto congrua e ad essa si rimanda, è la motivazione (pag. 2) con cui si respinge la doglianza di cui al secondo motivo, posta la competenza della Corte di appello quale giudice dell’esecuzione a fronte della intervenuta modifica, con la sua sentenza irrevocabile, del giudizio di comparazione tra le circostanze del reato.
Eguali considerazioni devono formularsi in ordine al terzo motivo sulla nullità dell'ordine di ingiunzione a demolire del Pubblico Ministero, per omessa notifica dello stesso al difensore di fiducia dei ricorrenti, ai sensi dell'articolo 655 comma 5 codice di procedura civile, in ragione della correttamente affermata irrilevanza di tale adempimento come statuito già da questa Corte ( pag. 2 della motivazione della sentenza impugnata).
Si conferma il rigetto della asserita intervenuta prescrizione, di cui al quarto motivo, dell’ordine di demolizione: l'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna ha carattere reale, con effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l'autore dell'abuso, con la conseguenza che non può ricondursi alla nozione convenzionale di "pena" nel senso elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetto a prescrizione (Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023 Rv. 284627 – 01; Sez. 3, n. 3979 del 21/09/2018, dep. 2019, Rv. 275850 - 02; Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Rv. 267977 - 01; Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Rv. 265540 - 01; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Rv. 264736 - 01; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011, Rv. 250336 - 01). Tale ultima impostazione è stata di recente confermata dalla Corte Edu (Corte EDU Sezione I 12 settembre 2024 Longo c/ Italia Application no. 35780/18) che ha precisato che sebbene l'ordine di demolizione sia stato emesso in ambito penale, il suo scopo deve ritenersi ripristinatorio – riportare il sito al suo stato precedente – e non punitivo. Dato ciò, non vi sarebbe alcuna "pena" ai sensi dell'articolo 7 della Convenzione (nessuna pena senza legge) e l'ordine di demolizione non poteva e non può essere soggetto a prescrizione. In tal senso è utile anche richiamare quanto osservato dalla Corte Costituzionale (sentenza dell’8 luglio 2021, n. 146) con riferimento alla confisca lottizzatoria, la quale ha statuito, secondo un principio estensibile anche al caso in esame atteso che si tratta di rimedio ispirato anche esso, come la demolizione, a finalità ripristinatorie, che “la natura amministrativa della sanzione in esame non è di per sé incompatibile con il fatto che essa debba essere irrogata nel rispetto di quanto prevede l’art. 7 CEDU per le sanzioni di natura punitiva, considerato che ciò corrisponde alla necessità di salvaguardare l’effettività delle garanzie convenzionali e i connessi profili sostanziali di tutela”.
In altri termini, e nell’ambito di un inevitabile discorso di sistema, l’ordine di demolizione si inserisce in un complesso articolato normativo di ripristino del territorio, in precedenza accennato, comprensivo della confisca, costruito dal legislatore nella sua ormai riaffermata discrezionalità (cfr. sentenza Corte Cost. citata) e sviluppato con varietà di iniziative tutte comunque dirette alla funzione di riassetto del territorio e della legalità urbanistica violata, rispetto al quale la stretta correlazione, sul piano funzionale, dei due predetti rimedi, non può che portare a riconoscere ad entrambi il carattere di misure amministrative ripristinatorie e non di pena.
In ordine al quinto motivo, sulla carenza di legittimazione passiva a demolire, è corretta la motivazione della corte, cui si oppone nuovamente una censura che mostra di non tenerne conto, nonostante peraltro il noto principio per cui, in tema di reati edilizi, dopo l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, qualora il consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, il condannato può chiedere la revoca dell'ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all'esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell'abuso. (Sez. 3 - n. 7399 del 13/11/2019 (dep. 25/02/2020 ) Rv. 278090 – 01). Inoltre si è anche precisato che il trasferimento al patrimonio comunale della proprietà dell'immobile abusivo, automaticamente conseguente alla scadenza del termine di novanta giorni fissato per l'ottemperanza all'ordinanza sindacale di demolizione, non costituisce impedimento giuridico a che il privato responsabile esegua l'ordine di demolizione impartitogli dal giudice con la sentenza di condanna, salvo che l'autorità comunale abbia dichiarato l'esistenza di interessi pubblici prevalenti rispetto a quello del ripristino dell'assetto urbanistico violato (Sez. 3, n. 4962 del 28/11/2007 Rv. 238803 – 01).
Quanto alla dedotta presentazione di una istanza di condono, la censura è anche essa del tutto lontana dal considerare, misurandosi con essa, la articolata motivazione del collegio di secondo grado, per cui, innanzitutto e con rilievo dirimente, si è osservato che l’immobile non è condonabile, stante la presenza in area vincolata, né si sono fornite adeguate allegazioni sull’esito o almeno sulle ragioni di una rapida e imminente e positiva decisione. A tale ultimo riguardo si rammenta, per completezza, che la Corte di cassazione (tra le altre Sez. 3, n. 31031 del 20/05/2016) Rv. 267413 – 01) ha affermato che, in tema di esecuzione penale, non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un provvedimento giurisdizionale favorevole, ma solo un onere di allegazione, cioè un dovere di prospettare e di indicare (specificamente) al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si basa, incombendo poi alla autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti (Sez. 5, n. 4692 del 14/11/2000, Sciuto, Rv. 219253). Tale onere è stato disatteso tuttavia dal ricorrente, come evidenziato dalla corte, perché non si è fatto carico di allegare alcun concreto elemento dal quale il Giudice dell'esecuzione avesse potuto desumere che la domanda di condono fosse definibile in tempi brevi - posto che erano trascorsi oltre venti anni dalla data di presentazione della istanza di condono del 2004 - in maniera che il collegio di merito avesse potuto dare corso ad una istruttoria diretta ad accertare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare: a) il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento; b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell'esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento (Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014, Russo, Rv. 261212).
Quanto alla tesi per cui, essendo intervenuta condanna anche per violazione della normativa antisismica, sarebbe competente ad emettere l'ordine di demolizione la Regione Campania ovvero il Genio civile cui la sentenza revocabile doveva essere comunicata, da una parte si tratta di un motivo che appare nuovo, non essendo citato nel riepilogo, incontestato, dei motivi di censura. Dall’altra si tratta di un richiamo ad un ordine di demolizione che semplicemente si aggiunge, nei suoi fondamenti giuridici, a quello ex art. 31 del DPR 380/01, in assenza di qualsiasi norma che ne sancisca un carattere assorbente (rispetto all’ordine ex art. 31 cit.) e di prevalenza gerarchica.
Riguardo al sesto motivo con cui si lamenta la mancata applicazione dell'articolo 34 del testo unico dell'edilizia sul rilievo per cui la demolizione non potrebbe avvenire senza pregiudizio della parte edilizia legittima, anche in tal caso la censura manca di specificità estrinseca, non misurandosi con le congrue motivazioni di rigetto della corte di appello sia in diritto, stante l’inconferenza del richiamo al predetto articolo siccome inerente al diverso caso di difformità parziale dell’abuso, sia in fatto, attesa la emersa possibilità, non confutata adeguatamente, di procedere comunque alla demolizione senza pregiudizio di altre parti edilizie legittime. In proposito, si ribadisce quanto affermato all’inizio di questo complessivo paragrafo: i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l'atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
2. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024.