Consiglio di Stato Sez.VI n. 6012 del 23 agosto 2021
Urbanistica.Ultrattività residuale dei piani particolareggiati decaduti per decorso del tempo

L'art. 17, comma 3, l. 17 agosto 1942, n. 1150, che disciplina la c.d. ultrattività residuale dei piani particolareggiati decaduti per decorso del tempo ha la duplice funzione di precludere - per un verso - la proroga sine die di piani attuativi mai avviati (o rimasti inattuati o quasi del tutto inattuati) ed ormai scaduti (e presumibilmente obsoleti in quanto non più conformi alle mutate esigenze urbanistiche), e di salvare - per altro verso - le opere già realizzate, consentendo comunque (al fine di evitare un “danno urbanistico/ambientale” maggiore rispetto a quello cagionato dalla visione della incompiutezza delle opere) il completamento urbanistico delle aree nelle quali la pianificazione sia stata correttamente avviata, consentendo, cioè, la ultimazione delle opere di urbanizzazione in corso e la ordinata edificazione, in conformità agli indici praticati nella zona secondo le disposizioni del piano stesso


Pubblicato il 23/08/2021

N. 06012/2021REG.PROV.COLL.

N. 01742/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1742 del 2019, proposto dal Comune di Scafati, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Raffaele Marciano, domiciliato presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale Bultrini in Roma, via Germanico, n. 172;

contro

la società La Regina di San Marzano di Antonio Romano S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Brancaccio e Alberto La Gloria, domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo dei suindicati difensori in Roma, via Taranto, n. 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sez. II, 11 gennaio 2019 n. 71, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio della società La Regina di San Marzano di Antonio Romano S.p.a. e i documenti prodotti;

Vista l’ordinanza della Sezione 1 aprile 2019 n. 1699 con la quale è stata respinta l’istanza cautelare proposta dalla parte appellante;

Esaminate le memorie difensive, anche di replica e le note depositate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 10 giugno 2021 (svolta nel rispetto del Protocollo d’intesa sottoscritto in data 15 settembre 2020 tra il Presidente del Consiglio di Stato e le rappresentanze delle Avvocature avvalendosi di collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28 e dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. Stefano Toschei e uditi, per le parti gli avvocati Raffaele Marciano, Antonio Brancaccio e Alberto La Gloria, in collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello n. R.g. 1742/2019 il Comune di Scafati ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sez. II, 11 gennaio 2019 n. 71, con la quale è stato accolto il ricorso (R.g. n. 1061/2018), anche con motivi aggiunti, a suo tempo proposto dalla società La Regina di San Marzano di Antonio Romano S.p.a. ai fini dell’annullamento del provvedimento di diniego assunto sull’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 380 prot. 30585 del 5 giugno 2018.

2. – La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:

- la società La Regina di San Marzano di Antonio Romano S.p.a. svolge l’attività di lavorazione, trasformazione e confezionamento del pomodoro San Marzano, in un’area di sua proprietà nel Comune di Scafati;

- la predetta società aveva chiesto al Comune di Scafati l’accertamento di conformità, presentando istanza, in data 6 novembre 2015, ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380/2001, con riferimento ad alcune opere edilizie realizzate nel perimetro dello stabilimento industriale;

- il comune negava il rilascio del titolo edilizio in sanatoria, con provvedimento prot. 30585 del 5 giugno 2018, di talché la società proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, ritenendo detto provvedimento di diniego illegittimo e formulando due tipologie di censure aventi quale bersaglio la contestata (quanto insussistente) violazione dell’indice o rapporto di copertura previsto per la zona D3 del vigente P.R.G. (ove insiste la maggior parte dello stabilimento produttivo) e dell’indice o rapporto di copertura che si applicherebbe per la zona D4 dello stesso P.R.G. (posta immediatamente a confine con la zona D3 e ove insiste, senza soluzione di continuità, una minima parte dello stesso stabilimento);

- proposto il ricorso introduttivo la società arricchiva il quadro contestatorio con un ricorso recante motivi aggiunti e censurando il ridetto provvedimento di diniego con riferimento alle singole opere oggetto dell’originaria istanza di accertamento di conformità (e delle successive integrazioni documentali presentate nel corso del procedimento);

- il TAR per la Campania accoglieva il ricorso proposto dalla società;

- nello specifico il giudice di primo grado, con riferimento ai motivi di gravame proposti dalla società con il ricorso introduttivo ed attinenti (il primo) alle opere edificate nella zona D3, con riferimento alle quali si sostiene che il comune avrebbe errato a computare, nella superficie occupata dall'impresa, anche la superficie sfruttata da una serie di opere, che invece sarebbero da non calcolare e (il secondo) alle opere edificate nella zona D4, rispetto alle quali si lamenta la qualificazione dell’area come “zona bianca”, dovendosi, per contro, applicare, secondo la società ricorrente, gli stessi “(...) parametri urbanistici previsti per la confinante zona D3 in ragione dell'assoluta prossimità fisica delle due zone (...)”, ha accolto il primo motivo perché andavano escluse dal computo della superficie occupata “le superfici riguardanti opere (…) evidentemente strumentali e serventi rispetto all'attività espletata” e ha accolto il secondo in quanto, nella specie, non vi è alcun elemento che militi per l’applicazione all’area in questione del regime di “zona bianca” di cui all’art. 9 d.P.R. 380/2001.

L’accoglimento del ricorso da parte del giudice di primo grado e l’annullamento dell’atto di diniego di accertamento di conformità, hanno indotto il Comune di Scafati a proporre l’appello qui in decisione.

3. – Il comune appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado e la reiezione del ricorso (sia introduttivo che recante motivi aggiunti), in quella sede proposto, in quanto il primo giudice sarebbe incorso in errore nel considerare fondate le censure in quella sede dedotte dalla società ricorrente. In particolare il comune appellante traccia le seguenti traiettorie contestative:

- in primo luogo, sostiene il Comune di Scafati, il giudice di primo grado non ha mai attribuito alcuna considerazione alle motivazioni condensate nei punti di cui all’istruttoria tecnica redatta dagli uffici comunali sull’istanza di permesso di costruire in sanatoria (in risposta alle osservazioni presentate dalla società appellata al cospetto sia della comunicazione di avvio del procedimento di diniego sia del provvedimento definitivo di diniego), con ciò errando perché, assegnando rilievo agli elementi tecnico-giuridici acquisiti e resi noti dagli uffici istruttori, non avrebbe errato nella corretta applicazione delle norme previste dagli strumenti edilizi comunali inerenti al rapporto di copertura previsto per la zona D3 del PRG vigente del Comune di Scafati e al rapporto di copertura che si applicherebbe per la zona D4 del medesimo PRG;

- se il giudice di primo grado avesse considerato tali indicazioni avrebbe potuto agevolmente percepire che l’appellata società, per il calcolo della superficie coperta in zona D3, riteneva che lo strumento urbanistico prevedesse un rapporto di copertura pari al 50% della superficie fondiaria, sebbene tale previsione non è contemplata dal PRG approvato nel 1998, suggerendo inoltre, altrettanto impropriamente, che la superficie coperta in zona D3 fosse pari a mq. 7,927,85 e, dunque, minore di mq. 7.944,02 e che rappresentava il 50% dell'intera superficie fondiaria di mq. 15.888,05, escludendo di fatto dal calcolo la superficie di 1.068,69 adibita a tettoia, pensilina, struttura retrattile, locali di sgombero e stoccaggio;

- nella realtà, invece, per effetto della introduzione della l.r. Campania 27 aprile 1998, n. 7 (modificativa della l.r. Campania 20 marzo 1982, n. 14) il legislatore regionale ha voluto regolamentare la nuova edificazione all'interno delle aree produttive, introducendo un nuovo limite massimo del rapporto di copertura pari a 1:2 (50%). In tal modo il rapporto di copertura è stato inteso come quello costituito dal rapporto massimo tra la superficie coperta (intesa quale proiezione sul piano orizzontale delle superfici lorde coperte di tutti gli edifici presenti nell’area produttiva) e la superficie fondiaria del lotto;

- si presenta ulteriormente errata la sentenza qui oggetto di appello nella parte in cui esclude la qualificazione di “zona bianca” all’area ricadente in zona D4. Il TAR non ha infatti considerato che “alcune opere abusive effettuate dall’appellata società, erano state ritenute non conformi agli strumenti urbanistici e alle leggi in vigore al momento della loro realizzazione - avvenuta prima della decadenza (07.06.2003) del vincolo quinquennale - e che quindi le stesse erano realizzate in assenza di piano particolareggiato redatto ed approvato dall’Ente comunale, così come previsto dall’art. 55 della NTA del PRG vigente” (così, testualmente, a pag. 11 dell’atto di appello). Posto che il predetto art. 55 disciplina, in primo luogo, gli interventi del Piano insediamenti produttivi (approvato ed efficace) di Via S. Antonio Abate, ricadenti in zona D4 e che esso, in secondo luogo, per le altre sottozone D4, (come quella in questione e per le altre analoghe esterne al Pip di via S’Antonio Abate), consente la formazione dei Pip attuativi, secondo i medesimi parametri urbanistico edilizi del Pip già adottato (e, nel contempo, approvato), solo dopo il conseguimento documentato della condizione di esaurimento di tale Pip, ne deriva, ad ulteriore legittimo ostacolo al rilascio del richiesto accertamento di conformità, che l’area in questione, non inclusa nel Pip di via Sant’Antonio e dunque sprovvista di piano attuativo, soggiace alla disciplina delle cosiddette “zone bianche” e pertanto sottoposta al regime dell’art. 9 d.P.R. 380/2001, senza che assuma alcun rilievo la decadenza quinquennale dei vincoli sulle aree, non essendo detti vincoli stati oggetto di provvedimento reiterativo, così determinandosi l’applicazione in detta area del regime di “zona bianca”.

4. – Si è costituita in giudizio la società La Regina di San Marzano di Antonio Romano S.p.a. contestando analiticamente le avverse prospettazioni e confermando la illegittimità del provvedimento adottato, nella specie, dal Comune di Scafati, per come ha correttamente colto, in primo grado, il Tribunale amministrativo regionale.

La società appellata chiedeva, quindi, la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.

Con ordinanza del 1 aprile 2019 n. 1699 la Sezione respingeva l’istanza cautelare proposta dalla parte appellante

In prossimità dell’udienza fissata per il merito le parti hanno presentato memorie, anche di replica e note d’udienza, confermando le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali.

5. – Ad avviso del Collegio i motivi di appello dedotti dal comune appellante non possono trovare accoglimento per le ragioni che qui di seguito verranno illustrate (tenuto conto che il successivo rilascio del titolo in sanatoria da parte del Comune di Scafati, con provvedimento 31 luglio 2019 n. 24, non assume alcuna influenza sul presente processo, essendo stato espressamente adottato “sotto condizione” legata all’esito del presente giudizio).

6. – E’ indispensabile, a parere del Collegio, avviare lo scrutinio del presente contenzioso dall’approfondito esame del provvedimento di diniego di accertamento di conformità gravato in primo grado (provvedimento prot. 30585 del 5 giugno 2018) nel quale, sostanzialmente, il rilascio del titolo in sanatoria veniva negato dal Comune di Scafati, all’esito di una complessa istruttoria, per due ordini di ragioni:

- il mancato rispetto dell'indice di edificabilità, per quanto concerne le opere ricadenti in zona D3;

- il mancato rispetto dell'indice di edificabilità, per quanto concerne le opere ricadenti in zona D4, calcolato, quest'ultimo, facendo applicazione dell'art. 9 d.P.R. 380/2001 e qualificando, dunque, l'area come “zona bianca”, per la sopravvenuta scadenza del Pip.

Dalla lettura degli atti processuali si può affermare che entrambe le parti in controversia convengono sul fatto che:

- per effetto dell’entrata in vigore della l.r. Campania. n. 7/1998 che ha modificato la precedente l.r. Campania n. 14/1982 introducendo un maggiore rapporto di copertura per le aree destinate ad impianti produttivi (nella misura di 1:2 ovvero del 50% della superficie fondiaria), definito espressamente “premiale” dal comune appellante (cfr. pag. 7 dell’atto di appello), il Consiglio comunale di Scafati, con deliberazione n. 74 del 24 giugno 1998, ha espressamente recepito il nuovo indice di copertura legale (50%) per le zone produttive, ivi compresa la zona D3, in conformità all’inderogabile norma regionale;

- non a caso nel provvedimento impugnato in primo grado il responsabile del Settore V del Comune di Scafati ha attestato che la superficie coperta assentibile è pari al 50% della complessiva superficie fondiaria del lotto;

- ne deriva che, per il vigente P.R.G. del Comune di Scafati, in zona D3 l’edificazione è consentita nel rispetto del rapporto di copertura del 50% della superficie fondiaria.

Ma è su questo punto che sorge la divergenza di opinioni:

- mentre per la società appellata il rapporto di copertura è indicato senza che sia stabilita alcuna altra limitazione, con la conseguenza che per gli impianti o gli stabilimenti industriali è consentita la realizzazione di una superficie produttiva coperta pari esattamente alla metà dell’estensione del lotto di proprietà ricadente in zona D3, ma senza tenere conto, nel calcolo, la superficie di 1.068,69 adibita a tettoia, pensilina, struttura retrattile, locali di sgombero e stoccaggio, visto che l’art. 4 delle NTA prevede la possibilità di realizzare superfici coperte per le attività a servizio delle attività svolte nell’ordine della stessa superficie coperta , alla luce della espansione dell’indice di copertura introdotto dalla l.r. Campania n. 7/1998 fino ad 1: 2 (50%);

- per il comune appellante, al contrario, il rapporto di copertura va inteso come quello costituito dal rapporto massimo tra la superficie coperta - intesa quale proiezione sul piano orizzontale delle superfici lorde coperte di tutti gli edifici presenti nell’area produttiva - e la superficie fondiaria del lotto, con la conseguenza che “le superfici funzionali (i depositi, i locali tecnici, etc.), di oltre mq.500 coperti ove risultano anche allocati macchinari costituenti parte di un’articolata catena di produzione, strutture di dimensioni superiori a 1.000,00 mq, definite provvisionali, ma destinate allo stoccaggio del prodotto finito, non possono essere scomputate da calcolo della superficie coperta così come riportato nel provvedimento di diniego” (così, testualmente, a pag. 7 dell’atto di appello)

7. – Va osservato che l’art. 4 delle NTA al vigente PRG del Comune di Scafati, nello specificare il metodo di computo dell’indice di edificabilità, puntualizza che “Negli edifici con destinazioni non residenziali, dal computo della S.U. sono esclusi le pensiline, gli spazi di parcheggio, i locali di sgombero e di deposito a servizio delle attività svolte, nonché la centrale termica, elettrica, di condizionamento ed ogni altro impianto tecnologico necessario al miglioramento delle condizioni del lavoro e dell'ambiente, comunque per una superficie non eccedente la superficie coperta (S.C.)”.

Tale previsione dunque conferma la tesi della società appellata, per come fatta propria anche dal giudice di primo grado e sconfessa il fondamento di quanto viene indicato dal comune, nel provvedimento di diniego impugnato, allorquando gli uffici segnalano che “le superfici coperte destinate a protezione delle materie prime e dei prodotti finiti (strutture retrattili) e degli impianti e dei macchinari industriali (...) concorrono (...) alla determinazione dell'indice di copertura (...)”. Da ciò deriva la conseguenza che per effetto dello scomputo delle aree occupate dalle opere funzionali (vale a dire quelle opere destinate a “protezione delle materie prime e dei prodotti finiti (strutture retrattili) e degli impianti e dei macchinari industriali”), l'indice di superficie utilizzabile non risulta ancora essere stato pienamente sfruttato dalla società odierna appellata e ciò in quanto l'ulteriore superficie di mq 1.068,69 (nella quale si trovano “le tettoie, le pensiline, la struttura retrattile e temporanea, i locali di sgombero e di deposito”) non va sottratta alla superficie utilizzata di mq. 7.927,95 individuata dal comune quale misura dell’occupazione e, dunque, non sarebbe stato raggiunto il 50% sfruttabile indicato dallo stesso comune in mq. 7.279,02.

In ragione della suddetta previsione generale dell’art. 4 delle NTA, anche la previsione dell’art. 53 delle stesse NTA, disciplinante gli interventi nelle sottozone D3, deve tenere conto della predetta previsione e quindi essere interpretato in modo osmotico rispetto alla regola definita nel ridetto art. 4.

8. – Quanto agli interventi ricadenti in zona D4 va rammentato che l’art. 55 del NTA del Comune di Scafati, nelle sottozone D4, ha subordinato l'attuazione del PRG alla preventiva formazione del piano per gli insediamenti produttivi che, nella specie è stato predisposto ed è successivamente decaduto, con cessazione della sua efficacia (quale piano attuativo), cui consegue la decadenza dei vincoli espropriativi di zona, con riespansione dello jus aedificandi secondo le previsioni dettate dallo strumento urbanistico.

L'art. 17, comma 3, l. 17 agosto 1942, n. 1150, che disciplina la c.d. ultrattività residuale dei piani particolareggiati decaduti per decorso del tempo, infatti, stabilisce che “decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato, questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione”, soggiungendo che resta “fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso”.

La costante interpretazione giurisprudenziale di tale norma ha condotto, in una ottica costituzionalmente orientata, a chiarire che l'intervenuta decadenza del piano (per il decorso del tempo fissato ex lege per la sua attuazione) non determina automaticamente l'inedificabilità delle aree oggetto della pianificazione ed il conseguente blocco di ogni attività nella zona, dovendosi ritenere consentito il completamento delle opere di urbanizzazione in corso di realizzazione e l’edificazione, in conformità alle prescrizioni urbanistiche di zona (cioè secondo gli indici di edificabilità praticati secondo il piano) nelle aree già lottizzate e dotate delle opere di urbanizzazione (cfr.. tra le molte, Cons. giust. reg. Sicilia 18 novembre 2019 n. 974).

L’evidente ragione di tutto ciò riposa nell’esigenza dievitare che l'assetto urbanistico della zona resti, a causa della decadenza del Pip, in uno stato di permanente disordine e che la pianificazione resti parzialmente inattuata e l'edificazione incompleta (o incompiuta) rispetto alle previsioni.

Il citato art. 17, quindi, ha la duplice funzione di precludere - per un verso - la proroga sine die di piani attuativi mai avviati (o rimasti inattuati o quasi del tutto inattuati) ed ormai scaduti (e presumibilmente obsoleti in quanto non più conformi alle mutate esigenze urbanistiche), e di salvare - per altro verso - le opere già realizzate, consentendo comunque (al fine di evitare un “danno urbanistico/ambientale” maggiore rispetto a quello cagionato dalla visione della incompiutezza delle opere) il completamento urbanistico delle aree nelle quali la pianificazione sia stata correttamente avviata, consentendo, cioè, la ultimazione delle opere di urbanizzazione in corso e la ordinata edificazione, in conformità agli indici praticati nella zona secondo le disposizioni del piano stesso (cfr., in tal senso e in un caso che riguardava proprio interventi in zona D4 del Comune di Scafati, Cons. Stato, Sez. IV, 14 aprile 2020 n. 2390).

Posto dunque che è lo stesso Comune di Scafati a segnalare che le opere (o la maggior parte di esse) erano già presenti durante la vigenza del Pip decaduto, pare evidente che trovi applicazione la suindicata previsione normativa così come interpretata dalla costante giurisprudenza.

8. - L’infondatezza dei motivi di appello, per come si è sopra chiarito, conduce alla reiezione del mezzo di gravame proposto dal Comune appellante e alla conferma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sez. II, 11 gennaio 2019 n. 71, con la quale è stato accolto il ricorso (R.g. n. 1061/2018) proposto in primo grado.

Le spese del presente grado di giudizio, per il principio della soccombenza processuale, di cui all’art. 91 c.p.c., per come richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., vanno imputate a carico del Comune di Scafati ed in favore della società appellata, liquidandosi complessivamente le stesse nella misura di € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 1742/2019), come indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sez. II, 11 gennaio 2019 n. 71, con la quale è stato accolto il ricorso (R.g. n. 1061/2018) proposto in primo grado.

Condanna il Comune di Scafati, in persona del Sindaco pro tempore, a rifondere le spese di giudizio del grado di appello in favore della società La Regina di San Marzano di Antonio Romano S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, che liquida nella misura complessiva di € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 10 giugno 2021 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Hadrian Simonetti, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore