Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 673, del 12 febbraio 2014
Urbanistica.Contrasto tra indicazioni grafiche e prescrizioni normative del P.R.G.

In caso di contrasto tra le indicazioni grafiche e le prescrizioni normative del P.R.G., sono queste ultime a prevalere, in quanto in sede d’interpretazione degli strumenti urbanistici le risultanze grafiche possono chiarire e completare quanto è normativamente stabilito nel testo, ma non sovrapporsi o negare quanto risulta da questo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 00673/2014REG.PROV.COLL.

N. 02350/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 2350 del 2010, proposto dai signori Vito Nicola LOSAVIO e Leonarda CASTELLANA, rappresentati e difesi dall’avv. Nicolò de Marco, con domicilio eletto presso l’avv. Sandro de Marco in Roma, via Cassiodoro, 1/a,

contro

- il COMUNE DI PUTIGNANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Gagaliardi La Gala, con domicilio eletto presso l’avv. Eugenio Gagliano in Roma, via G. Pitré, 13; 
- la REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro tempore, non costituita;

nei confronti di

- signori Vito Giovanni NARDONE, Massimo MANGINI, Manuela PICCARRETA e Margherita NARDONE, rappresentati e difesi dall’avv. Gennaro Notarnicola, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2; 
- signori Eleonora Maria Pia PUGLIESE, Giuseppe Amalia PUGLIESE, Giovanna CASTELLANA e Marta MANSUETO, rappresentati e difesi dagli avv.ti Teresa Dentamaro e Giovanni Albanese, con domicilio eletto presso l’avv. Margherita De Nittis in Roma, via Telegono, 31/B; 
- signor Michele LOGLISCI, non costituito;

per l’annullamento e/o la riforma,

previa sospensione dell’efficacia,

della sentenza del T.A.R. della Puglia, Sezione Seconda, nr. 2641/09, depositata il 6 novembre 2009 nel ricorso nr. 400/2009 proposto per l’annullamento: 1) della delibera del Consiglio Comunale nr. 97 del 9 dicembre 2008, in pubblicazione fino al 24 dicembre 2008, avente a oggetto “Piano di lottizzazione del comarto PL\a della zona C3\1 esame osservazione opposizione, approvazione definitiva”, nonché di ogni altro atto connesso presupposto o consequenziale, con particolare riferimento al parere, recepito nella delibera impugnata, del Dirigente della III Ripartizione Tecnica prot. 44076 del 3 novembre 2008, col quale è stato espresso parere sfavorevole all’istanza del ricorrente rivolta alla inclusione nel P.d.l. dell’area di proprietà; 2) ove occorra e limitatamente agli interessi del ricorrente, della delibera della Giunta Regionale della Puglia nr. 677 del 26 giugno 2000 di approvazione definitiva del P.R.G. del Comune di Putignano, nelle norme tecniche di attuazione, se interpretate ai fini dell’esclusione dell’area di proprietà dalla zona C3\1, perché vincolate a zona B3-B4 (verde privato), nonché di ogni altro atto connesso presupposto o consequenziale, ancorché non noto, con particolare riferimento, ove occorra, alle presupposte delibere di C.C. nr. 45/03 e 66/07.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Putignano e degli appellati in epigrafe meglio indicati, nonché l’appello incidentale proposto dagli appellati signori Giovanni Vito Nardone e altri;

Viste le memorie prodotte dagli appellanti (in date 19 e 28 novembre 2013), dal Comune di Putignano (in data 29 novembre 2013), dagli appellati signori Giovanni Vito Nardone e altri (in date 9 aprile 2010, 19 e 29 novembre 2013) e dagli appellati signori Eleonora Maria Pia Pugliese e altri (in data 29 novembre 2013) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2013, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi:

- l’avv. Sandro de Marco, su delega dell’avv. Nicolò de Marco, per gli appellanti;

- l’avv. Vito Aurelio Pappalepore, su delega dell’avvocato Franco Gagliardi La Gala, per il Comune di Putignano;

- l’avv. Notarnicola per gli appellanti signor Giovanni Vito Nardone e altri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

I signori Vito Nicola Losavio e Leonarda Castellana hanno impugnato, chiedendone la riforma previa sospensiva, la sentenza con la quale il T.A.R. della Puglia ha dichiarato irricevibili il ricorso e i motivi aggiunti con i quali essi avevano impugnato una delibera del Consiglio Comunale di Putignano recante l’approvazione definitiva di un Piano di lottizzazione, nonché i retrostanti atti di approvazione del P.R.G. comunale e del c.d. “Piano Quadro” successivamente approvato ai sensi dell’art. 67 delle N.T.A., nella parte relativa alla mancata inclusione nel detto Piano di lottizzazione di aree di loro proprietà, già ricomprese nel comparto interessato sulla scorta del previgente Programma di fabbricazione.

A sostegno dell’appello, gli istanti hanno dedotto i seguenti motivi:

1) violazione del giusto procedimento; illegittimità derivata; eccesso di potere per difetto del presupposto; violazione e falsa applicazione delle prescrizioni della delibera di Giunta Regionale nr. 677 del 2000 di approvazione definitiva del P.R.G.; violazione dell’art. 21 della legge regionale 31 maggio 1980, nr. 56; eccesso di potere per illogicità, difetto assoluto di motivazione (stante l’erroneità della declaratoria di tardività dell’impugnazione della approvazione definitiva del P.R.G., con conseguente riproposizione delle doglianze al riguardo articolate);

2) violazione e falsa applicazione dei principi in tema di impugnabilità degli atti amministrativi (con riguardo alla declaratoria di tardività dell’impugnazione della delibera approvativa del “Piano Quadro”);

3) violazione e falsa applicazione del P.R.G. di Putignano; violazione e falsa applicazione degli artt. 53 e 54 delle N.T.A. del P.R.G. di Putignano; eccesso di potere per disparità di trattamento; erroneità e illegittimità della sentenza per omessa pronuncia su motivo di ricorso (con riferimento alla ritenuta incompatibilità fra la tipizzazione delle aree a zone B3 e B4 e la loro auspicata inclusione nel comparto de quo);

4) eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta; eccesso di potere per disparità di trattamento; violazione e falsa applicazione delle norme sulla formazione del P.R.G. e sul dimensionamento delle zone residenziali (essendo comunque in termini i ricorrenti per impugnare il P.R.G., in considerazione della carenza di una sua immediata lesività e tenuto conto che lo stesso T.A.R., nella sentenza qui appellata, aveva ravvisato la nullità della delibera di approvazione del “Piano Quadro” per mancanza della necessaria approvazione regionale);

5) violazione dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, nr. 241 (stante la mancata trasmissione ai ricorrenti del preavviso di rigetto).

Il Comune di Putignano, ritualmente costituitosi, si è opposto all’accoglimento dell’appello ed ha altresì eccepito l’inammissibilità dell’impugnazione, per difetto di interesse.

Si sono altresì costituiti gli appellati signori Giovanni Vito Nardone, Margherita Nardone, Massimo Mangini e Manuela Piccarreta, controinteressati in primo grado siccome proprietari di aree incluse nel Piano di lottizzazione, i quali a loro volta si sono argomentatamente opposti all’accoglimento dell’appello, chiedendo la conferma della sentenza impugnata; costoro hanno inoltre proposto appello incidentale avverso la medesima sentenza del T.A.R. pugliese, con riguardo alla parte in cui è stata affermata la nullità della delibera approvativa del “Piano Quadro”, assumendo la carenza del potere del T.A.R. di dichiarare tale nullità, una volta constatata la irricevibilità del ricorso e dei motivi aggiunti, e comunque l’insussistenza della divisata nullità.

Si sono costituiti, ancora, i signori Eleonora Maria Pia Pugliese, Giuseppe Amalia Pugliese, Giovanna Castellana e Marta Mansueto, anch’essi titolari di suoli ricadenti nel comparto interessato dalla lottizzazione, i quali hanno a loro volta argomentato a sostegno dell’infondatezza del gravame, eccependo altresì in rito l’improcedibilità del ricorso di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio.

Alla camera di consiglio del 19 aprile 2010, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.

Di poi, le parti hanno tutte affidato ad apposite memorie l’ulteriore svolgimento delle rispettive tesi.

Da ultimo, all’udienza del 20 dicembre 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Gli odierni appellati, signori Vito Nicola Losavio e Leonarda Castellana, hanno instaurato il presente giudizio per dolersi della mancata inclusione di loro suoli, siti nel territorio del Comune di Putignano, all’interno del perimetro del Piano di lottizzazione relativo al comparto 15 della zona C3/1, approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione nr. 97 del 9 dicembre 2008.

Ai fini di una migliore comprensione delle statuizioni che seguiranno, giova premettere una sintetica ricostruzione della vicenda, amministrativa e processuale, per cui è causa.

1.1. Il suolo in proprietà dei ricorrenti, nell’ambito del Programma di fabbricazione vigente fino al 2000, ricadeva in zona C3/1 all’interno del comparto PL15, con edificazione subordinata alla previa predisposizione di Piano di lottizzazione.

Nel nuovo P.R.G. adottato nel 1989, la destinazione dell’area è stata però modificata, venendo inclusa in zona B3 (quanto all’edificio ivi esistente) e B4 (quanto al giardino adiacente), con zonizzazione a “Parchi e giardini di interesse ambientale” e vincolo di inedificabilità.

Tuttavia, l’iter di formazione dello strumento urbanistico generale ha subito complesse vicissitudini, in quanto la Regione Puglia ha dapprima fatto oggetto di obiezioni, e quindi non approvato, le scelte comunali che andavano a modificare la destinazione di tutte le aree già qualificate C3 di espansione, e pertanto nella deliberazione di Giunta Regionale nr. 677 del 26 giugno 2000, di approvazione del P.R.G., questa parte del nuovo strumento è stata stralciata con la seguente precisazione: “...per quanto riguarda le zone omogenee C1, C2, C3-1, e C3-2, si confermano le previsioni di P.F. e successive varianti vigenti, nei limiti, perimetrazioni e strumentazione attuativa vigente, nonché i P.L. 8, 9, 10, (...) il PL12, e i P.L. 13, 14, 15, 16 e 17”.

1.2. Successivamente, è intervenuto il c.d. “Piano Quadro” approvato, ai sensi dell’art. 67 delle N.T.A. del P.R.G., con la deliberazione consiliare nr. 45 del 30 settembre 2003, nell’ambito del quale si è proceduto a nuova perimetrazione dei comparti inclusi nella zona C3/1 e, per quanto qui interessa, il comparto PL15 è stato rinominato PL/A.

1.3. Ancor più di recente, su iniziativa di altri soggetti proprietari di aree ricomprese nel comparto, è stato avviato l’iter formativo del Piano di lottizzazione, culminato nella deliberazione consiliare nr. 97 del 9 dicembre 2008, di approvazione definitiva di detto Piano.

Nell’ambito di tale procedimento, gli odierni appellanti hanno chiesto di vedere incluso il loro suolo nel perimetro del Piano di lottizzazione, istanza respinta dall’Amministrazione su conforme parere dell’Ufficio Tecnico Comunale.

1.4. Col ricorso introduttivo del presente giudizio, poi integrato da motivi aggiunti, gli istanti hanno impugnato la delibera da ultimo richiamata, lamentando l’illegittima esclusione dei suoli in loro proprietà dal perimetro del Piano di lottizzazione approvato; solo in via subordinata, l’impugnativa è stata estesa anche agli atti approvativi del P.R.G. e del “Piano Quadro”, per l’ipotesi che si ritenesse che già con questi ultimi fosse avvenuta la variazione del perimetro del comparto (all’epoca) denominato PL15.

1.5. Con la sentenza qui appellata il T.A.R. della Puglia, sul presupposto che effettivamente la modifica coinvolgente i suoli di proprietà dei ricorrenti dovesse farsi risalire al P.R.G. approvato nel 2000, ha dichiarato il ricorso irricevibile per tardività.

Tuttavia, nella parte conclusiva della motivazione della sentenza impugnata, il primo giudice ha evidenziato la nullità della delibera nr. 43 del 2003, di approvazione del “Piano Quadro”, a cagione della sua mancata trasmissione alla Regione Puglia per la necessaria approvazione.

2. Tutto ciò premesso, in ordine logico va data priorità all’esame dell’appello incidentale presentato da alcuni controinteressati in primo grado (signori Giovanni Vito Nardone e altri) avverso la statuizione da ultimo richiamata.

2.1. Tale priorità logica discende dalla constatazione che buona parte delle censure articolate dagli appellanti principali trae spunto proprio dalla detta affermazione di nullità (come, ad esempio, allorché si assume l’erroneità della declaratoria di irricevibilità in parte qua, non essendo l’azione di nullità – come noto – assoggettata al termine decadenziale dell’azione impugnatoria): di modo che, ove le parti appellate avessero omesso di gravare in via incidentale tale capo di decisione, considerandolo un mero obiter dictum come oggi assume la difesa comunale, è agevole supporre che sarebbe stata loro ex adverso opposta la formazione del giudicato sul punto.

2.2. Orbene, in proposito può prescindersi dall’approfondimento della questione – pure evocata da parte appellante incidentale – se una tale declaratoria di nullità sia consentita o meno al giudice che definisce il giudizio, come nella specie, con pronuncia di mero rito, in quanto l’impugnazione incidentale risulta fondata nel merito.

Infatti, quand’anche si ritenesse che nella fattispecie l’approvazione del “Piano Quadro” necessitasse di approvazione regionale, secondo il comune schema degli strumenti urbanistici incentrato sulla formazione da parte del Comune e sulla successiva approvazione da parte della Regione, non può in alcun modo sostenersi che l’omissione di tale secondo passaggio ne avrebbe determinato la nullità.

Al riguardo, è sufficiente richiamare l’art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, nr. 241, che ha codificato nei seguenti termini le ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo, ribadendone il carattere tassativo: “...È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.

Con riguardo alla fattispecie che occupa, è agevole rilevare che nessuna norma di settore prevede espressamente la nullità del piano, o di sua variante, che non siano assistiti da approvazione regionale, né detta fattispecie rientra fra le altre ipotesi generali contemplate dalla norma testé citata: non in quella di difetto assoluto di attribuzione, essendo pacifico che rientri tra le potestà del Comune l’approvazione degli strumenti urbanistici (potendo al più assumersi l’insufficienza del solo apporto comunale ad una piena formazione dell’atto); non in quella della carenza di un elemento essenziale, tale non potendo qualificarsi l’approvazione regionale, che integra un apporto ab externo all’attività provvedimentale del Comune, senza condizionarne i contenuti se non in specifiche ipotesi contemplate dalla legge.

Pertanto, l’eventuale carenza dell’approvazione regionale, nei casi in cui è necessaria per legge, è suscettibile di integrare una mera illegittimità dello strumento urbanistico, e non certo una sua nullità.

Col che, risulta ultroneo anche l’esame dell’ulteriore questione – sollevata dalle parti odierne appellate – se il “Piano Quadro” necessitasse sempre di approvazione regionale, ovvero, essendo questa richiesta per i soli casi in cui comporti variante al P.R.G., nella specie si ricadesse in questa specifica ipotesi.

2.3. S’impone pertanto l’accoglimento dell’appello incidentale, con le conseguenze che saranno appresso esposte in sede di delibazione dell’appello principale.

3. Passando dunque all’esame dell’impugnazione principale, occorre preliminarmente esaminare le eccezioni di inammissibilità e improcedibilità qui riproposte dalle parti appellate, in quanto la loro eventuale fondatezza avrebbe carattere assorbente dell’esame delle censure di merito articolate dagli appellanti.

3.1. Innanzi tutto, il Comune di Putignano eccepisce l’inammissibilità dell’originaria impugnazione per difetto di interesse in capo agli istanti, i quali non ricaverebbero alcuna utilità da un ipotetico accoglimento delle proprie domande: infatti, si osserva che anche anteriormente all’adozione degli atti censurati la proprietà degli istanti era gravata da vincolo di inedificabilità, di modo che nulla potrebbe mai mutare sotto tale profilo.

L’eccezione non può essere accolta, potendo un interesse giuridicamente apprezzabile fondarsi – come assumono sul punto gli appellanti – anche sulla sola pretesa di essere inclusi nel Piano di lottizzazione, al fine di condividere con gli altri proprietari di suoli ricadenti nel comparto gli svantaggi connessi al regime urbanistico dei suoli de quo (oltre che i vantaggi eventualmente derivanti ad altri suoli dal diverso regime urbanistico cui essi sono stati assoggettati).

3.2. Un ulteriore gruppo di appellati (signori Eleonora Maria Pia Pugliese ed altri) ha eccepito l’improcedibilità dell’impugnazione originaria a causa della mancata corretta integrazione del contraddittorio: infatti, con ordinanza nr. 66 del 2009 il T.A.R. aveva disposto tale integrazione mediante evocazione in giudizio dei proprietari proponenti il Piano di lottizzazione, ed in relazione ad una delle particelle interessate i ricorrenti avrebbero notificato l’ordine a uno solo dei due comproprietari, pretermettendo il secondo.

L’eccezione è inammissibile, in quanto l’omesso o inesatto adempimento dell’ordine del giudice, quand’anche sussistente, si sarebbe tradotto in un vizio della sentenza da far valere, secondo i comuni principi (art. 161 cod. proc. civ., da considerarsi applicabile anche al processo amministrativo), con apposito motivo di appello incidentale: ciò che gli odierni appellanti non hanno fatto.

4. Nel merito, l’appello principale è infondato e va conseguentemente respinto.

5. Ed invero, la questione centrale da affrontare, per quanto qui interessa, è quella dell’individuazione del momento temporale (e quindi dello specifico provvedimento) in cui si è avuta la modifica della perimetrazione del comparto originariamente denominato PL15, interessante il suolo in proprietà degli appellanti nel senso di escluderlo dal comparto medesimo.

5.1. Il primo giudice ha ritenuto che tale variazione fosse da far risalire al P.R.G. comunale approvato nel 2000, nell’ambito del quale al suolo in questione fu attribuita la destinazione B3 e B4 in luogo dell’originaria C3/1, e conseguentemente che l’impugnazione dovesse qualificarsi tardiva rispetto a tale atto, nel quale già si sarebbe concretizzata la lesione lamentata dagli istanti nel presente giudizio.

In contrario, parte appellante assume che detta lesione sarebbe discesa non già direttamente dalla delibera di approvazione del P.R.G. ma dagli atti successivi, ovvero da un’interpretazione dello strumento generale esplicitata dal Comune solo in occasione degli atti successivi; in ogni caso, vi sarebbe stata una situazione di incertezza e ambiguità della disciplina urbanistica di riferimento, tale da giustificare che la lesione al suolo in proprietà dei ricorrenti si manifestasse solo in occasione degli atti adottati dal Comune nel 2008, allorché essi chiesero e non ottennero che il loro suolo fosse incluso nel comparto su cui è stato poi approvato il Piano di lottizzazione.

A sostegno dell’assunto, gli appellanti propongono una pluralità di argomenti:

a) un argomento testuale, basato sul già richiamato tenore della delibera regionale di approvazione del P.R.G., laddove si stabiliva che “...per quanto riguarda le zone omogenee C1, C2, C3-1, e C3-2, si confermano le previsioni di P.F. e successive varianti vigenti, nei limiti, perimetrazioni e strumentazione attuativa vigente, nonché i P.L. 8, 9, 10, (...) il PL12, e i P.L. 13, 14, 15, 16 e 17”;

b) un argomento “grafico”, fondato sul rilievo che nella cartografia allegata al P.R.G. approvato nel 2000 il suolo in proprietà degli istanti continuava a essere inserito nel comparto PL15, venendone poi escluso solo nella tavola allegata alla successiva delibera nr. 45/2003 di approvazione del “Piano Quadro”;

c) un argomento logico e di chiusura, secondo cui in ogni caso la tipizzazione dei suoli de quibus in zone B3 e B4 non sarebbe stata ex se incompatibile con il permanere della loro inclusione nel comparto, di modo che anche la modifica della destinazione urbanistica delle aree non era tale da evidenziarne la lesività sotto tale specifico profilo.

5.2. Gli argomenti così riassunti non persuadono la Sezione.

5.3. Ed invero, va anzi tutto sottolineato come, nell’ambito di una disciplina urbanistica – quella riveniente dalla più volte citata delibera nr. 677/2000 – non certo brillante sul piano della chiarezza e completezza, fra i pochi dati certi evincibili vi sono, da un lato, la nuova destinazione impressa ai suoli in proprietà dei ricorrenti, e, per altro verso, che lo stralcio delle nuove prescrizioni urbanistiche comunali conseguente all’intervento della Regione non ha coinvolto anche i medesimi suoli, restandone estranee proprio le aree a nuova destinazione B3 e B4: ciò si ricava in primo luogo dalla medesima delibera innanzi citata, laddove, di seguito al passo già testualmente riportato, si legge altresì: “...Per quanto riguarda le nuove previsioni di aree tipo B2, C2 e C3, le stesse si stralciano e si confermano le previsioni di PF e successive varianti vigenti, nella zonizzazione nei limiti perimetrazioni ed eventuale strumentazione attuativa vigente” (senza indicare, quindi, anche le aree tipizzate a B3 e B4).

Quanto sopra appare confermato dalla lettura degli artt. 54 e 55 delle N.T.A., laddove la “Villa Lo Savio” e i “Giardini della villa Lo Savio” sono testualmente inclusi, rispettivamente, in zona B3 e B4 con previsione di vincolo di inedificabilità.

Ed è appena il caso di precisare che resta estraneo al presente giudizio il tema del carattere espropriativo o meno di tale vincolo, dal momento che gli istanti non si sono doluti di tale connotazione, ma sempre e solo della mancata inclusione dell’area nel comparto PL15.

5.4. Con riguardo, poi, agli specifici argomenti addotti da parte appellante a sostegno della propria tesi, nessuno di essi appare decisivo.

Quanto all’argomento testuale, in disparte l’oggettiva scarsa perspicuità della complessiva disciplina su cui già si è richiamata l’attenzione, i dati certi più sopra richiamati (modifica della destinazione dei suoli per cui è causa e loro mancata inclusione nello stralcio operato dalla Regione in riferimento ad altre aree) inducono a propendere per un’interpretazione delle clausole invocate nel senso che la “conferma” delle perimetrazioni esistenti nella strumentazione previgente valesse per le sole aree nelle quali la Regione non avesse condiviso le innovative scelte comunali, e quindi tale da non escludere affatto che la conferma della ridetta destinazione B3 e B4 delle aree degli istanti ne implicasse anche l’esclusione dal perimetro del comparto in cui erano originariamente ricomprese.

In tal modo, risulta ridimensionato anche il secondo argomento di parte appellante, ben potendo il mancato adeguamento della cartografia allegata al P.R.G. essere attribuito a mera svista del pianificatore, sì da rendere del tutto pertinente il richiamo fatto dal primo giudice al noto indirizzo per cui, in caso di contrasto tra le indicazioni grafiche e le prescrizioni normative del P.R.G., sono queste ultime a prevalere, in quanto in sede d’interpretazione degli strumenti urbanistici le risultanze grafiche possono chiarire e completare quanto è normativamente stabilito nel testo, ma non sovrapporsi o negare quanto risulta da questo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 aprile 2013, nr. 2158; Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2003, nr. 4734; Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2000, nr. 4462; id., 5 giugno 1998, nr. 917; Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 1995, nr. 724).

Infine, quanto al terzo argomento, gli appellanti si dilungano alquanto nell’esposizione della propria tesi secondo cui l’inclusione di suoli in un comparto destinato a essere edificato mediante Piano di lottizzazione non sarebbe incompatibile con una differenziazione della destinazione di specifiche aree all’interno del comparto, ivi comprese destinazioni comportanti un’inedificabilità pressoché assoluta (come è, nel caso che occupa, per le destinazioni B3 e B4).

Tuttavia, quand’anche una tale tesi potesse sostenersi in via astratta, è quanto meno discutibile che ciò possa essersi verificato nel caso che qui interessa: al riguardo, infatti, non può prescindersi anche dal richiamo agli artt. 63 e 67 delle N.T.A., i quali introducevano per i comparti da lottizzare il requisito che questi riguardassero “maglie” di territorio omogenee; di conseguenza, qualora si fosse inteso derogare a tale criterio generale, inserendo all’interno di un comparto un suolo “eccentrico” rispetto a tale omogeneità di destinazione, sarebbe stato ragionevole attendersi una motivazione specifica a sostegno della scelta, motivazione che – è quasi superfluo rilevarlo – non si rinviene in alcun modo nel caso di specie.

5.5. La conferma delle conclusioni sopra raggiunte si può cogliere, ad avviso della Sezione, attraverso una più attenta considerazione delle fattispecie, rispetto alle quali parte appellante lamenta una disparità di trattamento, nelle quali invece sarebbe stata confermata l’inclusione all’interno dei comparti di aree assoggettate a nuova destinazione diversa da quella originaria di espansone (zona C).

Infatti:

- per quanto attiene alle altre aree tipizzate a zone B3 e B4, risulta documentato in atti che il P.R.G. ne aveva espressamente prevista l’inclusione in zona A2, assoggettata a edificabilità previo strumento attuativo, sulla base di loro specifiche e peculiari caratteristiche: ciò che connota tale fattispecie di evidenti profili di diversità rispetto a quella interessante gli odierni appellanti, in moda da rendere palesemente inconferente la censura di disparità di trattamento;

- quanto alla vicenda definita dallo stesso T.A.R. della Puglia con la sentenza nr. 5043 del 24 novembre 2005 (anch’essa richiamata dagli appellanti quale precedente favorevole alle proprie tesi), è sufficiente leggere tale sentenza per rendersi conto che in quel caso, a seguito di apposita verificazione, emerse che all’esclusione del suolo dei ricorrenti dal perimetro del comparto si era effettivamente proceduto solo col “Piano Quadro”, e non in sede di pianificazione generale, sicché l’accoglimento delle doglianze attoree discese innanzi tutto dalla violazione delle prescrizioni urbanistiche vigenti in occasione di tale variante.

6. Ma, al di là dei rilievi fin qui svolti, quand’anche – e il rilievo è dirimente – si aderisse all’impostazione degli appellanti secondo cui il P.R.G. era oggettivamente incerto e ambiguo, e comunque non immediatamente lesivo, sotto il profilo dell’inclusione o meno dei suoli in questione nel comparto PL15, in ogni caso non potrebbe che concludersi che all’esclusione si sia pervenuti con la ricordata delibera nr. 45 del 2003, di approvazione del “Piano Quadro”: ciò che non farebbe venir meno la declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado, essendo l’impugnazione tardiva anche rispetto a tale delibera, rispetto alla quale la successiva approvazione del Piano di lottizzazione si poneva quale atto meramente esecutivo di scelte pianificatorie compiute a monte.

Infatti, una volta concluso – come evidenziato al precedente punto 2 – che anche l’eventuale carenza di approvazione regionale ad un’ipotizzata variante urbanistica introdotta in sede di formazione del “Piano Quadro” non è causa di nullità, ma integra un mero vizio di illegittimità del provvedimento, ne discende che questo avrebbe dovuto essere impugnato nell’ordinario termine di decadenza dalla sua pubblicazione, ciò che non è avvenuto.

A nulla vale, sul punto, richiamare la già citata sentenza del T.A.R. pugliese nr. 5043 del 2005, essendo questa afferente a vicenda nella quale all’annullamento del “Piano Quadro” si pervenne certamente proprio a seguito di tempestiva impugnazione di quest’ultimo da parte dei proprietari interessati.

7. Le considerazioni che precedono disvelano l’infondatezza dei primi quattro motivi di gravame, con i quali parte appellante ha riproposto le proprie censure sostanziali avverso gli atti impugnati, criticando la declaratoria di irricevibilità del primo giudice.

8. Privo di pregio, infine, risulta anche il quinto motivo d’appello, con il quale gli istanti hanno reiterato la doglianza di violazione dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, nr. 241, non essendo stato loro notificato il preavviso di rigetto prima della reiezione della loro istanza intesa ad ottenere l’inclusione dei loro suoli nel comparto in corso di lottizzazione.

È fuori luogo, infatti, il richiamo alla detta disposizione la quale, nel riferirsi ai soli procedimenti a istanza di parte, fa chiaro riferimento alle ipotesi così tipizzate dalla legge, e non certo a qualunque vicenda in cui la p.a. si trovi a dover rispondere a un’istanza proposta da soggetti interessati a un qualsivoglia provvedimento; nel caso di specie, il procedimento di lottizzazione era stato avviato su istanza non degli odierni appellanti, ma di altri proprietari interessati, e ad esso gli odierni appellanti si erano limitati a partecipare, intervenendovi con la divisata richiesta di inclusione dei loro suoli: di modo che non può dirsi che l’Amministrazione, prima di approvare il Piano di lottizzazione, fosse tenuta a notificare un preavviso di rigetto di tale istanza.

9. In conclusione, s’impone la reiezione dell’appello principale e il contestuale accoglimento dell’appello incidentale, con conseguente conferma della sentenza impugnata, ancorché con motivazione parzialmente diversa quanto al profilo dell’affermata nullità della delibera nr. 45 del 2003.

10. La peculiarità della vicenda esaminata, anche per le questioni sostanziali e processuali provocate dalla pronuncia appellata, giustifica l’integrale compensazione delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello incidentale e respinge l’appello principale e, per l’effetto, conferma con diversa motivazione la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/02/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)