Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 894, del 13 febbraio 2013
Urbanistica.Il condono edilizio è uno strumento eccezionale e temporaneo

Il condono edilizio è uno strumento eccezionale e temporaneo giustificato essenzialmente da contingenti e straordinarie ragioni finanziarie, infatti, la gestione del territorio sulla base di una necessaria programmazione sarebbe certamente compromessa sul piano della ragionevolezza da una ciclica o ricorrente possibilità di condono-sanatoria con conseguente convinzione di impunità, tanto più che l'abusivismo edilizio comporta effetti permanenti (qualora non segua la demolizione o la rimessa in pristino), di modo che il semplice pagamento di oblazione non restaura mai l'ordine giuridico violato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00894/2013REG.PROV.COLL.

N. 04647/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4647 del 2012, proposto da: 
De Riso Giuseppina e Somma Matteo, rappresentati e difesi dall’avvocato Carlo Sarro, con domicilio eletto presso Carlo Sarro in Roma, via della Scrofa, 14;

contro

Comune di Santa Maria La Carità, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza 13 gennaio 2012, n. 163 del Tribunale amministrativo regionale della Campania, Napoli, Sezione VII.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato Molinaro per delega dell’avvocato Sarro.



FATTO e DIRITTO

1.– I signori De Riso Giuseppina e Somma Matteo, proprietari di un fabbricato sito in Santa Maria La Carità, hanno realizzato un locale artigianale a piano terra, con annesso deposito attrezzi e una abitazione al primo piano, con locale deposito al secondo piano.

Gli stessi hanno presentato – ai sensi dell’art. 32 decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici) – domanda di condono edilizio, versando, nel termine previsto, la prima rata pari nella misura minima stabilita dalla legge (euro 1.700,00 per l’oblazione ed euro 500,00 per gli oneri concessori). In data 27 aprile 2006 hanno, tardivamente, versato la seconda e terza rata: la sig.ra de Riso ha versato euro 18.900,00 per l’oblazione ed euro 10.830,00 per gli oneri concessori; il sig. Somma euro 22.3000,00 per l’oblazione ed euro 8.3000,00 per gli oneri concessori.

Con provvedimento del 21 luglio 2010, n. 65 il Dirigente del III Settore urbanistica del Comune ha rigettato entrambe le domande rilevando: l’errato calcolo, come pertinenziale, della superficie del deposito attrezzi; l’inesatto versamento della prima rata di oblazione e degli oneri concessori; il tardivo pagamento della seconda e terza rata degli oneri concessori; il tardivo pagamento della seconda e terza rata dell’oblazione.

Le parti, sopra indicate, hanno impugnato tale provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania, Napoli, Sez. VII.

Con ricorso per motivi aggiunti hanno impugnato, nel corso del giudizio, la disposizione dirigenziale 14 dicembre 2010, n. 104, con cui è stata ingiunta la demolizione delle opere abusivamente realizzate.

1.1.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 13 gennaio 2012, n. 163, ha rigettato il ricorso, ritenendo infondato il motivo con il quale è stata contestata la rilevanza del pagamento tardivo della seconda e terza rata dell’oblazione e dichiarando assorbiti i motivi di ricorso con i quali sono state contestate anche le altre ragioni poste a base del diniego di condono.

2.– I ricorrenti in primo grado hanno proposto appello per i motivi indicati nei successivi punti.

2.1.– Con il primo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui si è ritenuto che dovessero considerarsi perentori i termini per il pagamento della seconda e terza rata dell’oblazione in mancanza di una espressa qualificazione legislativa in tale senso. La natura ordinatoria dei termini sarebbe, inoltre, conforme allo scopo perseguito dal legislatore che è quello di ottenere l’acquisizione di una entrata economica straordinaria. Con il quarto e quinto motivo si contesta la motivazione della decisione impugnata nella parte in cui, da lato, desume la natura perentoria del termine dal contenuto dell’art. 39, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), dall’altro, ritiene che non sarebbe stato versato in maniera esatta l’importo relativo alla prima rata.

I motivi non sono fondati.

In via preliminare, deve rilevarsi che il condono edilizio è uno strumento eccezionale e temporaneo giustificato essenzialmente da contingenti e straordinarie ragioni finanziarie: infatti «la gestione del territorio sulla base di una necessaria programmazione sarebbe certamente compromessa sul piano della ragionevolezza da una ciclica o ricorrente possibilità di condono-sanatoria con conseguente convinzione di impunità, tanto più che l'abusivismo edilizio comporta effetti permanenti (qualora non segua la demolizione o la rimessa in pristino), di modo che il semplice pagamento di oblazione non restaura mai l'ordine giuridico violato» (Corte cost. n. 416 del 1995 ). Ne consegue che è possibile ottenere il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria soltanto quando ricorrono i rigorosi presupposti previsti dalla legge di disciplina del singolo condono.

Nel caso che rileva in questa sede, l’art. 32, comma 32, del d.-l. n. 269 del 2003 prevede che: «la domanda relativa alla definizione dell’illecito edilizio, con l’attestazione del pagamento dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, è presentata al comune competente, a pena di decadenza, tra l’11 novembre 2004 e il 10 dicembre 2004[…]».

L’Allegato 1 al predetto decreto-legge n. 269 del 2003, oltre a fissare una misura minima di pagamento della prima rata, stabilisce che la seconda rata deve essere corrisposta entro il 31 maggio 2005 e la terza entro il successivo 30 settembre.

L’art. 32, comma 37, del d.-l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla l.24 novembre 2003, n. 326, dispone che «Se nei termini previsti l’oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e all’articolo 48 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380» e, dunque, alla sanzione della demolizione.

La norma ora richiamata, come correttamente ritenuto dal primo giudice, prevede un termine perentorio per il pagamento dell’intera oblazione.

La natura perentoria del termine può, invero, essere sancita dal legislatore sia mediante una espressa qualificazione sia mediante la previsione di una sanzione conseguente al mancato rispetto del termine stesso. Nel caso in esame la norma stabilisce chiaramente che se l’oblazione non è stata interamente versata le costruzioni abusivamente realizzate sono assoggettate alla sanzione della demolizione. L’immediata operatività del rimedio sanzionatorio esclude, pertanto, la possibilità di un adempimento tardivo. Questa interpretazione è anche coerente con la natura del condono: è possibile ottenere una deroga al rispetto delle norme di disciplina dell’assetto del territorio esclusivamente nel caso in cui, entro un arco temporale definito, si realizzano tutte le condizioni rigorosamente prescritte dal legislatore. Se si consentisse, in assenza di una norma specifica di autorizzazione, la dilazione del pagamento si violerebbero i valori sottesi alla programmazione del territorio senza ottenere nell’immediato quelle risorse finanziarie che legittimano temporaneamente la deroga al rispetto di norme imperative.

Nemmeno, per pervenire a una diversa conclusione, può bastare il richiamo alla circolare del Ministero dei lavori pubblici del 6 febbraio 1982, n. 142, nella parte in cui ha ritenuto che i termini per il versamento delle rate dell’oblazione, compresa la prima, devono ritenersi ordinatori. Ciò in quanto le circolari, per la loro natura di atti amministrativi generali, non possono avere un contenuto contrastante con quanto previsto dalla legge.

In conclusione, il tardivo pagamento della seconda e terza rata conduce alle conclusioni sin qui esposte: non assume, pertanto, rilievo, per il loro contenuto, l’esame degli altri due motivi di appello.

2.2.– Con un secondo motivo si assume che la sentenza impugnata avrebbe ingiustificatamente equiparato la posizione di chi omette completamente di pagare l’oblazione a quella di chi effettua un pagamento tardivo. Del resto, si aggiunge, lo stesso art. 40 della legge n. 47 del 1985, richiamato dall’art. 32, comma 37, del d.-l. n. 269 del 2003, prevede la sanzione della demolizione soltanto nel caso in cui non viene presentata nei termini la domanda o la stessa è dolosamente infedele.

Si assume, inoltre, che qualora si ritenga che l’equiparazione sopra indicata sia imposta dalla normativa di disciplina del settore la stessa sarebbe contraria a Costituzione. In particolare, sarebbe violato l’art. 3 Cost. «in quanto soggetti che versano in situazioni completamente diverse […] subirebbero il medesimo trattamento loto sensu sanzionatorio». Si aggiunge che «per quanto concerne il profilo penale dell’estinzione dei reati edilizi, sussiste la violazione del principio generale del favor rei: infatti, a fronte di uno spontaneo versamento integrale dell’oblazione, benché tardivo, il privato dovrebbe beneficiare del trattamento più favorevole (ossia l’estinzione dei reati), anziché subire le medesime conseguenze sanzionatorie di colui il quale, viceversa, ha completamente omesso di pagare gli importi dovuti». Si assume anche la violazione degli artt. 10, 117 della Costituzione, nonché dell’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dell’art. 15, comma 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1996.

Il motivo non è fondato.

Il legislatore, con l’art. 32, comma 37, del d.-l. n. 269 del 2003, non ha operato una ingiustificata equiparazione tra chi omette di pagare e chi invece paga in ritardo ma si è limitato a stabilire un termine di natura perentoria. Le parti che entro quel termine non adempiono all’obbligazione in esame perdono il diritto di ottenere la sanatoria. In altri termini, il legislatore ha voluto assegnare valenza essenziale ai tempi di pagamento con la conseguenza di riteneretanquam non esset i versamenti effettuati dopo le date indicate. Il che implica che tutti i soggetti che non rispettano quel termine si trovano nella medesima situazione e ricevono lo stesso trattamento giuridico e cioè l’applicazione della sanzione della demolizione. La norma, pertanto, si sottrae alla censura di violazione dell’art. 3 della Costituzione. In questa prospettiva, risulta giustificata anche l’applicazione delle stesse sanzioni penali per tutti coloro che non eseguono tempestivamente il pagamento dell’oblazione. Il generico richiamo agli altri parametri costituzionali nonché alle fonti di diritto internazionale impedisce al Collegio una loro trattazione nel merito.

Le conclusioni sin qui raggiunte non sono contestabili alla luce del diverso regime previsto dall’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in quanto il richiamo ad esso operato dall’art. 32, comma 37, del d.-l. n. 269 del 2003 è limitato all’applicazione della sola sanzione e non anche ai presupposti della sanzione stessa.

2.3.– Con un terzo motivo si assume che l’art. 1, comma 9, della legge 27 febbraio 1997, n. 449, nel modificare l’art. 1, comma 40, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha previsto, tra l’altro, che il mancato pagamento dell’oblazione nei termini previsti dall’art. 39, comma 5, della legge n. 724 del 1994 comporta l’applicazione dell’interesse legale annuo sulle somme dovute, da corrispondere entro sessanta giorni dalla data di notifica da parte dei Comuni dell’obbligo di pagamento. Ne consegue che l’art. 32, comma 37, del d.l. n. 269 del 2003, riproducendo la stessa disposizione contenuta nell’art. 39, comma 5, della legge n. 724 del 1994, dovrebbe soggiacere alla medesima disciplina.

Il motivo non è fondato.

La normativa sopra riportata si applica esclusivamente alle domande di condono presentate ai sensi del citato art. 39, comma 5, della legge n. 724 del 1994. Non è, pertanto, possibile, alla luce di quanto esposto in ordine alla natura dell’istituto in esame, estendere i precetti in essa contenuti alla diversa procedura di condono disciplinata dal d.l. n. 269 del 2003. Il fatto, anzi, che sia stata necessaria la previsione di una norma specifica significa che, in assenza di essa, la conseguenza sarebbe stata l’impossibilità del pagamento tardivo con corresponsione degli interessi. In definitiva, la circostanza che il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, abbia contemplato un meccanismo che autorizza l’adempimento oltre i termini previsti in relazione al condono di cui alla legge n. 724 del 1994 non significa che, in assenza di una analoga previsione, lo stesso meccanismo debba operare per il diverso condono disciplinato dal d.l. n. 269 del 2003.

2.4.– Con un sesto motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondata la censura di irragionevolezza, illogicità e sproporzione dei provvedimenti impugnati. Si deduce, infatti, che è fortemente pregiudizievole della posizione dei privati e non rispondente all’interesse pubblico la sanzione della demolizione in presenza di un mero ritardo nel pagamento dell’obbligazione.

Il motivo non è fondato.

La normativa attributiva del potere all’amministrazione, come più volte rilevato, è chiara nell’imporre il pagamento nei termini previsti dell’intera oblazione, con la conseguenza che il potere amministrativo deve ritenersi vincolato. Non è, pertanto, consentito all’autorità comunale svolgere valutazioni diverse da quelle contemplate dalla norma di disciplina del procedimento di condono.

2.5.– Con altro motivo si assume la violazione dell’art. 35, comma 14, della legge n. 47 del 1985, che impone al Sindaco, in presenza di un pagamento tardivo, di richiedere il versamento della somma residua.

Il motivo non è fondato.

La norma richiamata dispone che «il Sindaco, esaminata la domanda di concessione, previ necessari accertamenti, invita, ove lo ritenga necessario, l’interessato a produrre un’ulteriore documentazione; quindi determina in via definitiva l’importo dell’oblazione e rilascia la concessione […]».

Tale norma prevede soltanto la possibilità di una integrazione documentale senza consentire la regolarizzazione successiva della posizione debitoria in presenza di un’altra norma (l’art. 32, comma 37, del d.-l. n. 269 del 2003) che qualifica espressamente, mediante indicazione della sanzione, come perentori i termini di pagamento.

2.6.– Con l’ottavo motivo si deduce che sarebbe illegittima, per le ragioni sin qui esposte, anche l’ordinanza di demolizione.

Il motivo non è fondato.

Una volta ritenuto valido il provvedimento amministrativo di rigetto delle domande di condono, è legittima, ai sensi del più volte citato art. 32, comma 37, l’applicazione della conseguente sanzione della demolizione.

2.7.– Con il nono motivo si assume l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione per la mancata indicazione e identificazione dell’area che, in caso di inottemperanza, sarebbe acquisita al patrimonio comunale.

Il motivo non è fondato.

L’art. 32 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) prevede, al comma 2, che l’ordine di demolizione deve indicare l’area che viene acquisita. Il terzo comma dello stesso art. 32 dispone che «Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune».

La chiara distinzione tra atto di demolizione e atto di acquisizione implica che l’omessa indicazione nell’ordinanza di demolizione dell’area non costituisce motivo di invalidità dell’atto, in quanto la posizione del destinatario del provvedimento è tutelata dall’esistenza di un successivo e autonomo provvedimento acquisitivo (Cons. Stato, IV, 26 settembre 2008, n. 4659).

3.– L’infondatezza dei motivi di appello sin qui riportati esime la Sezione dal valutare anche i motivi non esaminati dal primo giudice e riproposti con l’atto di impugnazione.

4.– In mancanza di costituzione della parte intimata non occorre pronunciarsi in ordine alle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/02/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)