Consiglio di Stato, Sez. IV, n.3101, del 5 giugno 2013
Urbanistica.Interesse a ricorrere contro rilascio concessione edilizia

E’ pacifico fin da giurisprudenza risalente, che certamente sussiste l’interesse per il vicino che riceve una lesione per diminuzioni di luce, di aria, di visuale o di insolazione, in quanto portatore di un interesse giuridicamente tutelato ad insorgere contro il rilascio di una concessione edilizia anzi, è portatore di interesse anche chi, confinante o vicino, denunzia il deterioramento della zona dal punto di vista urbanistico o il danno derivante da un aumento dell'addensamento edilizio. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03101/2013REG.PROV.COLL.

N. 06589/2012 REG.RIC.

N. 06618/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6589 del 2012, proposto da: 
Costruzioni Crescente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luigi Carpagnano, Giuseppe Tempesta, Francesco Muscatello, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria N. 2;

contro

Angela Doronzo, rappresentata e difesa dagli avv. Barbara Roefaro, Massimo Ferrini, con domicilio eletto presso Angela Gemma in Roma, via Sabotino, 22; Anna Lisa Bonacaro, rappresentata e difesa dall'avv. Barbara Roefaro, con domicilio eletto presso Angela Gemma in Roma, via Sabotino, 22;

nei confronti di

Comune di Barletta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Domenico Cuocci Martorano, Isabella Palmiotti, con domicilio eletto presso Benito Panariti in Roma, via Celimontana N. 38;




sul ricorso numero di registro generale 6618 del 2012, proposto da: 
Comune di Barletta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Isabella Palmiotti, Domenico Cuocci Martorano, con domicilio eletto presso Benito Panariti in Roma, via Celimontana, 38;

contro

Angela Doronzo, rappresentata e difesa dagli avv.ti Barbara Roefaro, Massimo Ferrini, con domicilio eletto presso Angela Gemma in Roma, via Sabotino, 22; Anna Lisa Bonacaro, rappresentata e difesa dall'avv. Barbara Roefaro, con domicilio eletto presso Angela Gemma in Roma, via Sabotino, 22;

nei confronti di

Costruzioni Crescente Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma, sia quanto al ricorso n. 6589 del 2012 che quanto al ricorso n. 6618 del 2012,

della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari: Sezione III n. 1213/2012, resa tra le parti, concernente il permesso di costruire n.37 del 2011 rilasciato a Costruzioni Crescente srl;



Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Angela Doronzo e di Anna Lisa Bonacaro e di Comune di Barletta e di Angela Doronzo e di Anna Lisa Bonacaro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2013 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Tempesta, Muscatello, Ruggiero, per delega degli Avvocati Ferrini e Roefaro, e Palmiotti e Ruggiero, sempre per delega degli Avvocati Ferrini e Roefaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con ricorso proposto in prime cure le attuali appellate, Doronzo Angela e Bonacaro Anna Lisa, agivano per l’annullamento del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Barletta alla Cr. Costruzioni s.r.l. per un edificio destinato ad abitazioni e box auto da realizzarsi, previa demolizione dell'immobile esistente, su suolo confinante con la loro proprietà.

Le ricorrenti avevano dapprima chiesto al Comune l'annullamento in autotutela del permesso di impugnato, con esito negativo avendo l'ente confermato la conformità dell'atto alla normativa urbanistica-edilizia vigente. Successivamente avevano quindi azionato il rimedio giurisdizionale, deducendo i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto svariati profili.

In particolare, invocavano la regola prevista per la zona interessata (zona "B1", zona edificata a nord della ferrovia, sottozona "B1.4") e cioè l'art. 2.19 delle N.T.A. del vigente P.R.G., secondo la quale, per le nuove costruzioni, devono essere rispettati i seguenti parametri: distanza dall'asse della strada maggiore di m. 9, altezza inferiore a m. 27, altezza inferiore a 2/3 della larghezza della strada.

Tale ultimo parametro non era rispettato nella fattispecie, in quanto si trattava di permesso di costruire che contemplava un edificio alto m. 24 a fronte di una larghezza della strada esistente di m. 10,80 (pari a m. 9,00 di distanza dell'edificio dall'asse stradale + m. 1,80 di distanza dall'asse all'edificio frontistante), che consentirebbe secondo la norma citata un'altezza massima di m. 16,20; inoltre tutti gli edifici circostanti presentano altezza inferiore a m. 16,20, con conseguente illegittimità del permesso anche rispetto al limite posto dall'art. 8 d.m. 1444/68.

L'edificazione dell'altezza prevista privava le ricorrenti dell'irradiamento solare per tutte le ore del giorno, con declassamento e riduzione di valore dell'edificio di loro proprietà.

Il giudice di primo grado, con l’appellata sentenza, dopo avere rigettato le eccezioni preliminari di nullità della notifica (asserita per assenza del timbro di vidimazione, secondo il giudice adito sanabile per conseguimento dello scopo) e di tardività del ricorso (rigettata perché il termine non può essere fatto decorrere dalla conoscenza del progetto ma dalla effettiva conoscenza del provvedimento lesivo), accoglieva il ricorso, ritenendo sussistente la violazione del su menzionato art. 2.19 delle N.T.A. del Comune di Barletta, per il quale l'altezza massima dei nuovi edifici deve corrispondere a 3/2 della larghezza della strada esistente ed effettiva e non già rispetto a quella astrattamente possibile per la zona interessata.

Avverso tale sentenza viene proposto dalla società Costruzioni Crescente srl ricorso in appello r.g.n.6589 del 2012, con il quale si deducono i seguenti motivi: 1) l’inesistenza della notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancanza del requisito essenziale del timbro di vidimazione; 2) la irricevibilità del ricorso originario per tardività, essendo stato presentato il ricorso in data 2 aprile 2011 mentre la piena conoscenza del progetto da parte delle originarie ricorrenti risaliva al 31 gennaio 2011, che avevano acquisito tutta la documentazione già il 12 e il 25 gennaio 2011 (e tale profilo, prima facie, era stato condiviso in sede cautelare dal primo giudice, con ordinanza confermata in appello); 3) l’inammissibilità per difetto di interesse, non essendo sufficiente, ai fini della sussistenza della vicinitas e della lesione, la mera asserzione del minor irradiamento sulle unità immobiliari di proprietà delle ricorrenti originarie, che tra l’altro distano ben 25 metri di distanza dal suolo interessato dall’intervento; 4) nel merito, si contesta la interpretazione che alle norme tecniche di attuazione su richiamate ha fornito il primo giudice, sostenendo che il rapporto di 2 a 3 (2/3) tra larghezza stradale e altezza consentita non è già rispetto a quella esistente, come ha ritenuto la sentenza, ma rispetto a quella prevista come possibile e cioè metri 18, con conseguente legittimità di una altezza di metri ventisette; si sostiene inoltre la erroneità di avere misurato la larghezza esistente fra via Frà Dionisio per metri 10,80 “quale sommatoria tra mt.9 di distanza tra l’asse della strada e l’erigendo edificio e mt 1,80 di distanza tra l’asse della strada e le costruzioni esistenti”.

Si sono costituite le appellate Doronzo e Bonacaro, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Con altro ricorso (r.g.n.6618 del 2012), sempre proposto avverso la stessa sentenza, ha proposto appello il Comune di Barletta, deducendo i seguenti motivi di appello: 1) irricevibilità del ricorso originario; 2) erroneità della sentenza per erronea applicazione della su indicata norma tecnica di attuazione da parte del primo giudice, sostenendo l’errore di calcolo della larghezza della strada per soli metri 10,80.

Anche in tale giudizio si sono costituite le appellate Doronzo Angela e Bonacaro Anna Lisa, deducendo la infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

Nelle ulteriori memorie e memorie di replica le parti costituite hanno ribadito le difese e conclusioni iniziali.

Con ordinanza n.6653 del 2012 la Sezione alla udienza del 18 dicembre 2012 ordinava al Comune di chiarire i seguenti punti con documentata relazione: quale sia l’altezza degli edifici che affacciano sula strada interessata dal permesso di costruire in questione; a quale epoca risalga la disposizione di cui all’art. 2.19 delle NTA al PRG comunale e quale fosse lo stato dei luoghi della strada suindicata al momento in cui essa entrò in vigore.

Il Comune di Barletta ha provveduto al deposito di tale relazione, unitamente ad adeguata documentazione, inviandola alla segreteria della sezione.

Alla udienza pubblica del 7 maggio 2012 le due cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1. In primo luogo deve disporsi la riunione obbligatoria delle due cause, trattandosi di appelli proposti avverso la stessa sentenza ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. Con il primo motivo di appello, contenuto in vero nel solo primo appello, si deduce la inesistenza della notificazione del ricorso di primo grado, in quanto mancherebbe il requisito essenziale del timbro di vidimazione posto dall’ufficio postale ai sensi della legge n.53 del 1994 sulla notificazione a mezzo posta.

Il motivo è infondato.

Come ha bene rilevato il primo giudice, l’assenza del timbro di vidimazione richiesto dall’art. 3 l.n.53 del 1994 sulla copia del ricorso consegnata è sanzionata da nullità rilevabile di ufficio dall’art. 11 della stessa legge, essendo lo stesso preposto a garantire l’identità tra l’originale dell’atto da notificare e la copia notificata, dovendo il timbro essere apposto dall’ufficio postale sui due atti.

In mancanza di contestazione della parte destinataria interessata con riferimento al contenuto del ricorso che le viene notificato, deve ritenersi, secondo il principio generale di cui all’art. 156 c.p.c. per il principio del raggiungimento dello scopo, che la nullità sia sanata dalla regolare costituzione della parte destinataria dell’atto notificato.

La notifica priva dei requisiti prescritti va considerata nulla e non inesistente, con la conseguenza che, anche se riscontrata, è sanata dalla rituale e tempestiva costituzione dell'intimato e, quindi, dall'accertato raggiungimento dello scopo della notificazione stessa (così Cassazione civile sez. III, 22 giugno 2001 n. 8592).

3. Va rigettato anche il motivo di appello (posto da entrambi gli appelli) con cui viene sostenuta la tardività e irricevibilità del ricorso originario.

Nella specie era avvenuto che: in data 31 gennaio 2011 le interessate, poi ricorrenti, avevano inviato al Comune una missiva, dichiarandosi a conoscenza, per tramite del loro legale, del progetto posto a base della richiesta di permesso; il permesso di costruire era stato rilasciato in data 27 gennaio 2011; in data 2 aprile 2011 il ricorso era stato spedito per la notifica.

Il motivo è infondato.

Al di là della generale considerazione secondo cui, in materia di impugnativa di titoli edilizi abilitativi da parte di terzi, il termine decorre dalla piena conoscenza della lesività dell’intervento (tra tante, si veda Consiglio Stato sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4015, secondo cui tranne i casi di anteriore e piena conoscenza dell'atto, il termine di impugnazione della concessione di costruzione decorre dal momento in cui è percepibile la lesività dell'opera realizzata), deve ritenersi che, anche a desumere la piena lesività già dalla conoscenza del contenuto dell’atto lesivo, bene ha fatto il primo giudice a ritenere che la decorrenza poteva aversi soltanto dalla piena e completa conoscenza dell’atto di permesso lesivo, non potendosi invece essa conoscenza farsi retroagire dal momento della conoscenza del mero progetto, allegato come tale all’istanza presentata.

Infatti, è evidente che la piena conoscenza del progetto, per un permesso ancora da emanare, non può essere equiparata alla conoscenza dell’atto impugnato (successivo) che ben potrebbe essere emesso con prescrizioni o a seguito di modifiche.

In generale, comunque, in base agli ordinari criteri di riparto dell'onere della prova, ex art. 2697 c.c., la dimostrazione della tardività del ricorso e, quindi, della pregressa piena conoscenza degli elementi essenziali dell'atto in capo al destinatario, deve essere fornita da chi eccepisce la tardività dell'impugnazione (così, da ultimo, tra tante, Consiglio di Stato sez. IV, 19 dicembre 2012 n. 6557).

Se quindi in genere la conoscenza effettiva e completa del titolo edilizio da parte del terzo si verifica di regola con l'ultimazione dei lavori di costruzione dell'immobile, e non solo con il loro inizio, a maggior ragione non può equipararsi la conoscenza del progetto presentato alla già avvenuta conoscenza del permesso che sarà rilasciato in seguito.

Una cosa è la conoscenza della documentazione allegata alla istanza; ben altra cosa è la conoscenza del contenuto del provvedimento lesivo, una volta emanato, e delle sue modalità di esecuzione.

4. Va rigettato anche l’altro motivo di appello, contenuto nel primo dei due appelli, con il quale si lamenta la inammissibilità del ricorso originario per difetto di interesse da parte delle ricorrenti, in quanto le medesime non avrebbero ricevuto una effettiva lesione dalla costruzione assentita.

Se è vero che il solo richiamo al criterio della vicinitas, idoneo come tale a supportare la legittimazione, non è in grado di esaurire ogni aspetto attinente alla sussistenza dell’interesse concreto alla impugnazione, costituito dalla lesione effettiva e documentata da parte del titolare, nella specie le ricorrenti originarie, odierne appellate, avevano lamentato un minore irradiamento solare delle loro abitazioni, diminuzione del valore degli immobili, maggiore consumo di energia elettrica e termica e altro.

Tale doglianza è sufficiente a radicare l’interesse ad agire.

E’ pacifico fin da giurisprudenza risalente (si veda già Consiglio Stato sez. V, 11 luglio 1980, n. 696) che certamente sussiste l’interesse per il vicino che riceve una lesione per diminuzioni di luce, di aria, di visuale o di insolazione, in quanto portatore di un interesse giuridicamente tutelato ad insorgere contro il rilascio di una concessione edilizia; (così anche Consiglio Stato sez. V, 15 dicembre 1986, n. 643); anzi, è portatore di interesse anche chi, confinante o vicino, denunzia il deterioramento della zona dal punto di vista urbanistico o il danno derivante da un aumento dell'addensamento edilizio.

5.Con entrambi gli appelli, si contesta il ragionamento che ha effettuato il primo giudice, che ha ravvisato la violazione della su menzionata disposizione di cui all’art. 2.19 delle NTA.

Il motivo è infondato.

La norma infatti prevede che debbano essere rispettati tre parametri: la distanza dall'asse della strada, DAS, di m. 9; l'altezza inferiore a 27 m.; l'altezza inferiore a 3/2 della larghezza della strada (LS).

Gli appellanti, la società costruttrice e il Comune di Barletta, sostengono che dovrebbe farsi riferimento, quanto al secondo parametro (larghezza della strada, rispetto a cui l’altezza non può essere oltre i tre mezzi) al limite massimo previsto dal PRG e cioè diciotto metri. Ne conseguirebbe un limite di altezza massima di ventisette metri, che risulterebbe quindi rispettato dall’edificio in questione, che misura circa ventiquattro metri di altezza.

La tesi sostenuta dal primo giudice è, ad opinione del Collegio, la più corretta.

Infatti, la tesi sostenuta negli appelli porterebbe a rendere inutile il terzo limite, del rapporto tra larghezza e altezza, in quanto, se la regola tecnica avesse voluto far riferimento al solo limite massimo di diciotto metri, avrebbe potuto conseguentemente già indicare dal principio il limite massimo di ventisette metri, come d’altronde fatto in relazione ad altre misure, laddove si è già voluto indicare una misura ben definita (per esempio, limite massimo di altezza e DAS, di 27 metri e 9 metri).

Si vuol dire, cioè, che se la larghezza massima considerata fosse quella prevista dal PRG di diciotto metri, tutti gli edifici della zona considerata potrebbero issarsi fino a metri ventisette, in coincidenza del secondo parametro e sarebbe del tutto inutile e superfluo il terzo parametro (del rapporto tra larghezza e altezza).

Tale ultimo parametro assume una sua ragione solo ritenendo che la larghezza della strada da prendere come riferimento sia quella esistente, in modo che, oltre al parametro dell'altezza massima di m. 27, sussista anche un limite di altezza massima proporzionato alla larghezza effettiva della strada e, quindi, alla distanza tra gli edifici.

La ratio della regola è di far sì che sussista anche un ulteriore limite di altezza in relazione alla larghezza effettiva della strada, in modo che non si creino, con le nuove costruzioni, zone meno illuminate ed umide.

Pertanto, nella individuazione del parametro per l’applicazione delle misure massime consentite deve darsi prevalenza alla misura della strada esistente o comunque a quella inferiore tra l’esistente e il previsto.

La prova evidente che tale sia la funzione della regola tecnica del rapporto tra larghezza della strada e altezza consentita dell’edificio emerge anche dalla relazione presentata dal Comune.

Infatti, da essa si evince (seconda pagina) che l’altezza massima degli edifici della via interessata varia da quindici metri a diciotto metri, mentre soltanto nell’isolato (nel resto dell’isolato) esistono edifici di venticinque metri; inoltre, specifica poi la relazione, in alcuni altri isolati esistono edifici la cui altezza varia dai venticinque metri ai ventotto metri.

Pertanto, se ne ricava che gli edifici di quella strada (Via Frà Dionisio) sono tutti di gran lunga di altezza inferiore (dai 15 ai 18 metri) rispetto ai ventiquattro metri dell’edificio oggetto di controversia.

In ordine alle modalità di calcolo, esso deriva dal computo della larghezza della strada esistente, che è di m. 10,80, come sommatoria tra i metri 9 di distanza tra l'asse della strada e l'erigendo edificio e m. 1,80 di distanza tra l'asse della strada e le costruzioni esistenti.

Dal calcolo, i tre mezzi di metri 10,80 risultano essere 16 metri e 20 e quindi una misura ben inferiore rispetto ai ventiquattro metri dell’assentito e realizzato.

6. Sulla base delle sopra esposte considerazioni, gli appelli vanno entrambi rigettati, con conseguente conferma della appellata sentenza.

Sussistono giustificati motivi, in considerazione della particolarità della controversia, per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposto, li rigetta, confermando l’appellata sentenza.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)