Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4927, del 8 ottobre 2013
Urbanistica.Pianificazione urbanistica.

In sede di pianificazione urbanistica il Comune è titolare di potere discrezionale potendo imprimere al proprio territorio destinazioni coerenti con l’attuazione dei principi costituzionali, cui è riconducibile detta materia. Tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04927/2013REG.PROV.COLL.

N. 09948/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9948 del 2005, proposto da: 
Spitoni Francesco Nerone Gianni,, Nerone Maria Dolores, Evangelista Emanuela, Di Nicola Gino, Lombardi Antonietta , Antonini Francesco, Sisti Sergio, rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Campagnola, Monica Galano, con domicilio eletto presso Antonio Campagnola in Roma, via Lutezia N. 8;

contro

Regione Lazio; 
Comune di Mentana, Comune di Fonte Nuova, rappresentati e difesi dall'avv. Roberto Venettoni, con domicilio eletto presso Roberto Venettoni in Roma, via Cesare Fracassini 18;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 10343/2004, resa tra le parti, concernente variante p.r.g.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Pierfrancesco Palatucci su delega di Antonio Campagnola;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con l’appello in esame, i signori Francesco Spitoni e gli altri indicati in epigrafe impugnano la sentenza 6 ottobre 2004 n. 10343, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I, ha rigettato il loro ricorso, proposto avverso la delibera della Giunta Regionale del Lazio n. 1383/1996, di approvazione di una variante generale al PRG di Mentana.

La sentenza impugnata afferma, in particolare:

- ai fini della variante al PRG di Mentana è stato acquisito il parere del Genio Civile, ed esso è favorevole;

- il mutamento di destinazione urbanistica della zona in cui ricadono i terreni dei ricorrenti – da produttivo-artigianale ad agricola – non contrasta con precedenti determinazioni del Comune, posto che nel vigente PRG fin dal 1980 tale era la destinazione dei terreni, e a questa destinazione i suoli erano stati ricondotti dalla delibera n. 56/1993 del Commissario Prefettizio di Mentana (mentre una precedente variante del 1987 non era mai stata approvata dalla Regione);

- “la decisione di concentrare gli insediamenti produttivi in un’unica località anzichè in tre piccoli nuclei sparsi per l’intero territorio (all’evidente fine di limitare i costi di urbanizzazione e di non interrompere, se non per lo stretto necessario, la omogeneità del territorio), costituisce una scelta di politica urbanistica non sindacabile dai privati, né comunque dal giudice in sede di giurisdizione di legittimità”;

- non rileva il fatto che la parte ricorrente “avesse avanzato un’istanza volta ad ottenere che la destinazione dell’area fosse mutata in residenziale e che l’amministrazione l’abbia presa in considerazione (dando incarico ad un professionista di effettuare, al riguardo, uno studio di fattibilità)”. Da ciò non sorge nessuna legittima aspettativa né “l’amministrazione si è autovincolata in alcun senso;

- ai fini della pianificazione urbanistica, non vi era bisogno di alcuna specifica motivazione, posto che l’originaria destinazione delle aree era già “agricola”, e l’amministrazione ha comunque fornito congrua motivazione sulle proprie scelte urbanistiche.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desunti dalle pagg. 4 – 10 ric.):

error in iudicando, in quanto:

a) nel corso dell’iter procedimentale (v. pag. 4 app.), “tra adozione ed approvazione della variante al PRG vi è stato un radicale mutamento di indirizzo da parte dell’amministrazione comunale; un cambiamento che, date le prevedibili e rilevantissime conseguenze sua sull’assetto del territorio, sia sugli interessi dei proprietari delle aree coinvolte, necessitava di una approfondita disamina in ordine alle problematiche sottese e delle ragioni fondanti”;

b) quanto al mutamento di destinazione da produttivo-artigianale a residenziale, il fatto stesso che l’amministrazione abbia accolto la proposta presentata dai proprietari ed affidato l’incarico ad un professionista “costitiiscono elementi qualificanti, con certezza, il riconoscimento di una vocazione di quelle aree tutt’altro che agricola nonché di un interesse dell’amministrazione comunale alla valutazione dei requisiti e degli effetti di un eventuale mutamento di destinazione urbanistica”. Né l’amministrazione ha specificamente motivato in ordine al mutamento del proprio intendimento.

I Comuni di Mentana e di Fonte Nuova (successivamente istituito) si sono costituiti in giudizio, ed hanno concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Gli appellanti fondano le loro doglianze avverso la sentenza pronunciata dal giudice di I grado, essenzialmente su profili di difetto e/o insufficienza di motivazione, sia in quanto la “restituzione” dei terreni di loro proprietà ad una originaria destinazione agricola avrebbe dovuto essere puntualmente motivata; sia in quanto, alla luce degli atti adottati e volti ad una possibile attribuzione a tali terreni di una destinazione edificatoria, si sarebbe ingenerato un legittimo affidamento nei proprietari in ordine ad una diversa e più conveniente destinazione.

I motivi di appello non risultano fondati e non possono, quindi, trovare accoglimento.

Come è noto, costituisce giurisprudenza costante del giudice amministrativo: che in sede di pianificazione urbanistica, il Comune è titolare di potere discrezionale in sede di pianificazione urbanistica, potendo imprimere al proprio territorio destinazioni coerenti con l’attuazione dei principi costituzionali, cui è riconducibile detta materia.

Secondo questa Sezione (sent. 10 maggio 2012 n. 2710), tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati.

Allo stesso tempo, il potere di pianificazione urbanistica, a maggior ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, dovendo la pubblica amministrazione – come ribadito dalla costante giurisprudenza del giudice amministrativo – dare conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti.

Occorre ulteriormente precisare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478), così come, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione.

Occorre, infatti, ribadire che le scelte urbanistiche (in particolare, in sede di variante) richiedono puntuale motivazione esclusivamente ove incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative (specie edificatorie) dei privati proprietari, in conseguenza non soltanto di statuizioni di pronunce giurisdizionali passate in giudicato, ma anche di accordi con l'ente locale ed in particolare di convenzioni di lottizzazione divenute operative. A fronte di aspettative di mero fatto, le scelte di natura tanto ambientale quanto urbanistica rimesse all'Amministrazione nell'interesse generale, infatti, sono di regola sufficientemente motivate con l'indicazione dei profili generali e dei criteri che hanno sorretto la previsione, senza necessità di una motivazione puntuale e "mirata" (Cons. Stato, sez. IV. n. 5478/2008 cit.).

In ogni caso, non possono sorgere aspettative “legittime” da mere interlocuzioni procedimentali dell’amministrazione, ovvero, nel caso di specie, per il solo fatto che l’Ente abbia preso in considerazione una istanza di privati (tendente ad una possibile nuova destinazione dei loro terreni a scopo edificatorio), commissionando a tal fine uno studio di fattibilità).

Tale circostanza non solo non è di per sé idonea a far sorgere aspettative, costituendo mera evidenziazione di “apertura partecipativa” dell’amministrazione nei confronti dei privati, ma non dimostra affatto – come invece sostenuto nel caso di specie dagli appellanti – “il riconoscimento di una vocazione di quelle aree tutt’altro che agricola”, proprio perché l’amministrazione ha disposto un approfondimento istruttorio. Né, infine, da ciò possono sorgere obblighi di particolare motivazione in ordine a scelte pianificatorie di tipo diverso effettuate dall’amministrazione.

Quanto alla disposta destinazione agricola delle aree, rispetto ad una diversa destinazione di tipo “produttivo – artigianale”, anche in questo caso il Collegio – condividendo la pronuncia impugnata – ritiene che non sussistono ragioni tali da obbligare l’Ente ad una distinta e puntuale motivazione, essendosi l’amministrazione limitata, in definitiva, pur nell’ambito di un procedimento complesso ed annoso, a riconfermare una originaria destinazione dei suoli.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Spitoni Francesco ed altri, come indicati in epigrafe (n. 9948/2005 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Gaetano Trotta, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)