Consiglio di Stato Sez. IV, n. 4925, del 8 ottobre 2013
Urbanistica.Illegittimità edificazione di molto superiore a quella che il PUC prevede in zona F.

E’ illegittimo il permesso di costruire concesso ad una struttura privata, non in regime di convenzionamento con il sistema pubblico sanitario e/o di assistenza, con cui si è consentita una edificazione di molto superiore a quella che il PUC prevede in zona F. Un corretto rapporto tra destinazione urbanistica da imprimere ai suoli e utilizzazione a fini edilizi dei suoli medesimi, non può essere la mera necessità di rendere possibile la edificazione di un immobile a determinare un mutamento della destinazione urbanistica dei suoli, dovendo essere, al contrario, le esigenze di interesse pubblico ad una diversa destinazione del suolo (tale da richiedere la variante) a consentire, in momento successivo, l’utilizzo di un determinato terreno a scopi edilizi coerenti con le finalità urbanistiche individuate dall’Ente titolare della potestà di pianificazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

N. 04925/2013REG.PROV.COLL.

N. 06870/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6870 del 2011, proposto da: 
Allegra Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Cocchi, Guido Anastasio Pugliese, con domicilio eletto presso Guido Anastasio Pugliese in Roma, via Giangiacomo Porro, 26;

contro

Condominio via Montallegro 40 e 42, Claudio Brichetto, Maria Salluzzo, Daniela Brovedani, Antonello Gamaleri, Caterina Bardi, Giovanna Pinasco, Astghig Sara Uluhogian, rappresentati e difesi dall'avv. Mario Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso Mario Alberto Quaglia in Roma, via G. Carducci, 4;

nei confronti di

Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Pafundi, Maria Paola Pessagno, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, 14/4 Sc.A; 
Conferenza dei Servizi Presso Comune di Genova Per L'Approvazione in Variante al Puc, Mediterranea delle Acque Spa, Azienda Servizi Territoriale Sistema Strade Genova Spa (Aster); Provincia di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Roberto Giovanetti, Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, 14 - A4;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 01053/2011, resa tra le parti, concernente PERMESSO DI COSTRUIRE – MCP .



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Condominio via Montallegro 40 e 42, Claudio Brichetto, Maria Salluzzo, Daniela Brovedani, Antonello Gamaleri, Caterina Bardi, Giovanna Pinasco, Astghig Sara Uluhogian, nonchè di Comune di Genova e di Provincia di Genova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Luigi Cocchi, Mario Alberto Quaglia e Gabriele Pafundi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con l’appello in esame, la società Allegra s.r.l. impugna la sentenza 5 luglio 2011 n. 1053, con la quale il TAR per la Liguria, sez. I, in accoglimento del ricorso proposto dal Condominio di Via Montallegro 40 ed altri singoli condomini, ha annullato una pluralità di atti e, in particolare, il permesso di costruire 25 ottobre 2010 n. 1145.

Tale permesso, rilasciato dal Comune di Genova in favore della società appellante, è finalizzato alla realizzazione di un polo di eccellenza per la cura e la salute dell’anziano, presso il civico 46 di via Montallegro.

La sentenza impugnata afferma, in particolare:

- “se in sede di adozione del PUC l’amministrazione è libera di effettuare le scelte che crede, non così in occasione di una variante puntuale laddove gli obblighi di coerenza e razionalità rispetto alla disciplina esistente appaiono maggiormente stringenti, pena la successiva sconfessione delle scelte operate con lo strumento urbanistico”;

- nel caso di specie, si è realizzata una struttura privata in una zona destinata a servizi con un indice di utilizzabilità insediativa doppio rispetto a quello vigente nella zona FF, e ciò senza alcuna istruttoria, “essendosi l’amministrazione acriticamente riferita alle dichiarazioni dei presentatori del progetto senza minimamente svolgere alcun approfondimento per verificare la fondatezza di quanto dagli stessi dichiarato” (e cioè che “la dimensione dell’edificio in progetto è determinata dalle specifiche caratteristiche che la struttura deve possedere per consentire l’integrazione di tutte le funzioni e i servizi previsti”);

- i parere resi ai fini della edificazione da parte della direzione mobilità e da parte del consiglio municipale sono stati emessi sul presupposto della realizzazione di una struttura sanitaria socio-assistenziale in regime di convenzionamento (e quindi nell’ambito della delibera del Consiglio comunale di Genova n. 11/2004, che prevede espressamente la possibilità per i privati di realizzare tali strutture in aree destinate a servizi), mentre successivamente tale finalità è stata esclusa;

- il parere reso dalla direzione mobilità non considera che “la struttura realizzanda . . . importa un aggravio notevole sulla viabilità”, a fronte di una via di accesso (via Montallegro) non particolarmente ampia.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desunti dalle pagg. 9 – 16 ric.):

a) error in iudicando, poiché il Comune “non ha approvato una variante relativa alla zona FF”, ma “ha ritenuto di stralciare l’area dalla zona FF, modificandola ed istituendo . . . un ambito a disciplina speciale . . . in funzione della peculiarità delle esigenze urbanistiche postulate dalla nuova struttura ritenuta complessivamente ammissibile”. Si tratta dunque di un nuovo ambito “in cui i parametri sono (ex novo) fissati sulla base di una verifica di compatibilità tra le esigenze funzionali della nuova struttura e la disciplina normativa (e cioè con il DM 1444/1968 e/o con le norme regionali) o tecnica”;

b) error in iudicando, poiché la modifica della destinazione dell’edificio (in regime di convenzionamento o meno) riguarda “esclusivamente profili di natura gestionale”, di modo che sono stati riacquisiti soltanto i parerei inerenti a tale aspetto “tenuto conto che ai fini urbanistici la modifica del sistema gestorio non assumeva alcuna rilevanza”;

c) error in iudicando, poiché, quanto alla ritenuta insufficienza della viabilità esistente, non si è tenuto conto del fatto che “nel procedimento erano stati acquisiti i pareri dei servizi comunali competenti “che si erano espressi sulla base dell’esame del progetto in senso favorevole, dettando alcune prescrizioni per il migliore inserimento della struttura”.



2. Avverso la sentenza n. 1053/2011 del TAR Liguria, dopo una prima memoria di costituzione, ha proposto appello incidentale anche il Comune di Genova, che ha proposto i seguenti motivi di impugnazione:

a1) ultrapetizione, travisamento dei fatti; motivazione insufficiente ed erronea; violazione di legge (art. 14 l. n. 2421/1990; art. 59 l. reg. Liguria n. 36/1997; art. 18 l. reg. Liguria n. 9/1999); ciò in quanto, innanzi tutto, nel motivo proposto “non vi è traccia di quella cesura tra localizzazione del nuovo volume . . . e misura dell’indice di utilizzazione insediativa”. Inoltre, se è vero che l’indice applicato all’intervento è prossimo a 1mq/1mq “ed è dunque superiore a quello che il PUC ammette in zona F per edifici destinati a servizi in regime di convenzione, è altrettanto vero che la stessa norma non pone limiti dimensionali alla realizzazione di nuovi edifici destinati a servizi pubblici ed avrebbe dunque ammesso senza necessità di variante alcuna la realizzazione del volume in esame, ove lo stesso fosse stato destinato a pubblico servizio”. Nel caso di specie, “il nuovo fabbricato, quanto ad indice di fabbricabilità, ingombro planimetrico, altezze, volumetria e tipologia costruttiva risulta del tutto analogo agli edifici limitrofi”;

b1) travisamento dei fatti; erroneità ed illogicità della motivazione sotto altro profilo; ciò in quanto “sono state nuovamente acquisite le valutazioni delle strutture per le quali le modalità di gestione del servizio avrebbero potuto avere rilievo”, mentre non è stato acquisita una nuova valutazione da parte della direzione mobilità “in quanto il nuovo modello di gestione non avrebbe potuto in alcun modo incidere sulla valutazione favorevole già espressa”;

c1) erroneità ed insufficienza della motivazione sotto ulteriore profilo, poiché risulta valutata in modo espresso “la circostanza che l’ambito in questione sia dotato di un sistema infrastrutturale esistente che garantisce un’adeguata accessibilità carrabile all’area”.



3. Si sono costituiti in giudizio i Condomini di via Montallegro 40 e 42 ed i condomini Antonello Gamaleri, Maria Salluzzo, Claudio Brichetto, Daniela Brovedani, Caterina Bardi, Giovanna Pinasco, Astghig Sara Uluhogian, che hanno comunque concluso per il rigetto degli appelli, stante la loro infondatezza (v., in particolare, memoria del 11 gennaio 2012).

Più in particolare, con memoria del 24 agosto 2011 gli appellati hanno altresì proposto appello incidentale, riproponendo i motivi di ricorso assorbiti e/o non esaminati in I grado (v. pagg. 2 – 30 memoria).

Si è costituita in giudizio la Provincia di Genova, che, con memoria depositata il 29 dicembre 2011, ha precisato di aderire al ricorso in appello proposto dalla soc. Allegra, chiedendo la riforma della sentenza impugnata.

Con ordinanza 31 agosto 2011 n. 3812, questo Consiglio di Stato ha rigettato la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’udienza di trattazione la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

4. Gli appelli proposti dalla soc. Allegra e dal Comune di Genova sono infondati e devono essere, pertanto, respinti, con conseguente conferma della sentenza impugnata, per le ragioni d seguito esposte.

Il punto centrale della presente controversia è costituito dalla legittimità del permesso di costruire concesso ad una struttura privata, non in regime di convenzionamento con il sistema pubblico sanitario e/o di assistenza, e destinato a “polo di eccellenza per la cura e la salute dell’anziano, presso il civico 46 di via Montallegro”, posto che con tale permesso di costruire (e con la variante “strettamente connessa all’approvazione del progetto in sede conferenziale”: v. pag. 8 app. Comune di Genova), si è consentita una edificazione di molto superiore – con un indice 1 mq/1mq – a quella che il PUC prevede in zona F.

Il Collegio deve preliminarmente evidenziare l’infondatezza del primo motivo di appello del Comune di Genova (sub a1 dell’esposizione in fatto), nella parte in cui si evidenzia un vizio di ultrapetizione della sentenza, dato che nel motivo proposto con il ricorso instaurativo del giudizio di I grado, secondo l’appellante incidentale, “non vi è traccia di quella cesura tra localizzazione del nuovo volume . . . e misura dell’indice di utilizzazione insediativa”.

Orbene, il Collegio rileva come, con i motivi in esame, i ricorrenti hanno diffusamente argomentato – così chiaramente evidenziando il “punto di doglianza” rispetto agli atti amministrativi impugnati – in tema di difetto di istruttoria e di motivazione, con riferimento alla necessità e congruità di una variante adottata in relazione alla approvazione di un progetto volto alla realizzazione di una struttura privata in zona dallo strumento urbanistico destinata a servizi

A fronte di ciò, rientra nei poteri del giudice, in corretta applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 Cpc, e secondo evidenti ragioni di continenza, verificare se la denunciata illegittimità di un atto amministrativo (con riferimento alle sintomatiche figure di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione) non si evidenzi anche alla luce di quanto in concreto disposto e che – con riferimento al caso di specie – evidenzia una “differenza” (non supportata, appunto, da congrua istruttoria e motivazione) con quanto in via generale e precedentemente previsto dallo strumento urbanistico per la zona in questione.

Ciò è quanto emerge dal percorso argomentativo della sentenza impugnata, con riferimento al primo (e centrale) profilo di accoglimento del ricorso instaurativo del giudizio di I grado. Dal che consegue l’infondatezza del primo motivo di appello proposto dal Comune di Genova, con riferimento al prospettato (e non sussistente) vizio di ultrapetizione della sentenza appellata.



4. Quanto alla concreta disciplina impressa dal Comune di Genova alla zona cui inerisce il progetto per la realizzazione dell’immobile privato, alla legittimità (o meno) di tale variante e del permesso di costruire rilasciato, occorre ricordare che, come è noto, ai sensi dell’art. 7 della l. 17 agosto 1942 n. 1150, il Comune disciplina, con il Piano regolatore generale, l’assetto urbanistico dell’intero territorio comunale, in particolare prevedendo “la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona”.

Le previsioni del Piano, come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare (da ultimo, sez. IV, 9 luglio 2011 n. 4134), “servono a conformare l’edificazione futura e non anche le costruzioni esistenti al momento dell’entrata in vigore del Piano o di una sua variante” (Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2009 n. 4009), ciò facendo con prescrizioni tendenzialmente a tempo indeterminato, in quanto conformative delle destinazioni dei suoli (Cons. Stato, sez. II, 18 giugno 2008 n. 982).

L’art. 41-quinquies, comma 8, della l. n. 1150/1942 prevede che “in tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici, o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi”; e ciò (comma 9) “per zone territoriali omogenee”

A tali fini, l’art. 2 D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, prevede:

“Sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:

A ) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestino carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

B ) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A ): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq.

C ) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l'edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B );

D ) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;

E ) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C );

F ) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale”.

Il successivo art. 7 del D.M:, prevede, in particolare, che nelle zone E, la massima densità fondiaria prescritta è pari a mc. 0,03 per mq.

Pur in presenza di aperture giurisprudenziali, tali da escludere sia una applicazione rigida della cd. “zonizzazione”, di cui al D.M. n. 1444/1968, sia la stessa denominazione delle zone prescritta dal D.M., ciò che resta ferma è, per un verso, la necessità di disciplinare le destinazioni del territorio comunale per il tramite della pianificazione; per altro verso, il “discrimine” della identificazione delle zone del territorio comunale in relazione alla loro suscettività ad essere utilizzate o meno per la futura edificazione.

Si intende affermare che, se è possibile che il Comune disciplini il proprio territorio in modo difforme dalla disciplina statale sopra richiamata, è altrettanto evidente che:

- in primo luogo, tale diversa disciplina non deve presentarsi incongrua rispetto alla destinazione impressa all’area proprio sulla base delle zonizzazioni disciplinate, attribuendo ad una zona caratteristiche proprie di una zona diversa, in tal modo incidendo sulla tipicità delle stesse;

- in secondo luogo, qualora ciò avvenga in sede di variante allo stesso strumento urbanistico generale, tanto richiede una puntuale e diffusa motivazione (ovviamente preceduta da congrua istruttoria) in ordine alla necessità stessa di individuare una particolare e definita zona di terreno come “avulsa” dalla zonizzazione complessiva delle aree limitrofe, in altre parole occorre indicare le caratteristiche di fatto che impongono una diversa destinazione del suolo e le ragioni di pubblico interesse che determinano la adozione della variante, oltre alla necessaria individuazione della possibilità di una zona specifica che abbia “diversa destinazione”, in un contesto in via generale e diversamente “zonizzato”.

In sostanza, in un corretto rapporto tra destinazione urbanistica da imprimere ai suoli e utilizzazione a fini edilizi dei suoli medesimi, non può essere la mera necessità di rendere possibile la edificazione di un immobile a determinare un mutamento della destinazione urbanistica dei suoli, dovendo essere, al contrario, le esigenze di interesse pubblico ad una diversa destinazione del suolo (tale da richiedere la variante) a consentire, in momento successivo, l’utilizzo di un determinato terreno a scopi edilizi coerenti con le finalità urbanistiche individuate dall’Ente titolare della potestà di pianificazione.

In tale contesto, la individuazione di indici che si distaccano da quanto previsto, in via generale, per la zona considerata, deve essere oggetto di ulteriore considerazione (e dunque di puntuale istruttoria e motivazione) da parte della Pubblica Amministrazione, in modo tale da rendere intellegibile le ragioni di pubblico interesse che sorreggono la diversa previsione.



5. Nel caso di specie, la sentenza appellata ha condivisibilmente rilevato che “se in sede di adozione del PUC l’amministrazione è libera di effettuare le scelte che crede, non così in occasione di una variante puntuale laddove gli obblighi di coerenza e razionalità rispetto alla disciplina esistente appaiono maggiormente stringenti, pena la successiva sconfessione delle scelte operate con lo strumento urbanistico”.

In effetti, in un’area destinata a servizi, si è – per il tramite degli atti amministrativi adottati – assentita la realizzazione di una struttura privata, con una utilizzazione della superficie secondo un indice (circa 1mq/1mq) distinto e superiore rispetto a quello previsto per la zona F per edifici destinati a servizi in regime di convenzione (come ammesso dallo stesso appellante Comune di Genova: v. pag. 7 app.).

Il difetto di istruttoria e di motivazione, dunque, riguarda:

- in primo luogo, la stessa assentibilità (quanto alle ragioni di pubblico interesse che la sorreggono) di un intervento privato in zona destinata a servizi (e ciò in riferimento sia alla adozione di variante, sia alla approvazione del progetto);

- in secondo luogo, la previsione di un indice specifico, conseguente alla predefinizione di una struttura da realizzare e non alla meditata (e motivata) pianificazione urbanistica del territorio

Secondo questa Sezione (sent. 10 maggio 2012 n. 2710, medio tempore pubblicata), il potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati.

Allo stesso tempo, il potere di pianificazione urbanistica, a maggior ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, dovendo la pubblica amministrazione – come ribadito dalla costante giurisprudenza del giudice amministrativo – dare conto, sia pure di norma con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti.

Tanto non è dato riscontrare nel caso di specie, dove il progetto da realizzare è ex se la ragione di adozione della variante, senza una chiara ed esaustiva motivazione in ordine ai profili di pubblico interesse che spingono all’ulteriore esercizio di poteri pianificatori, rispetto allo strumento urbanistico vigente.

Le considerazioni sinora svolte (e che sorreggono la reiezione dei motivi di appello principale sub a) e di quelli dell’appello incidentale sub a1) dell’esposizione in fatto) non mutano laddove, come sostenuto dall’appellante soc. Allegra, l’intendimento dell’amministrazione sia stato quello di istituire un “ambito speciale” (v. pag. 10 appello), dovendo anche in questo caso l’amministrazione soggiacere ad obblighi di istruttoria e di motivazione che, al contrario, non risultano nel caso di specie adempiuti.



6. Il rigetto dei predetti motivi di appello (sub a) e sub a1) dell’esposizione in fatto) comporta la conferma della sentenza impugnata in relazione al motivo principale (tra quelli scrutinati dal I giudice) del ricorso instaurativo del giudizio di I grado, l’accoglimento del quale è ex se sufficiente a sorreggere la pronuncia di annullamento degli atti impugnati.

Ciò esime il Collegio, stante l’evidente difetto di interesse, dall’esaminare i restanti motivi proposti con l’appello principale e con l’appello incidentale.

Infine, il rigetto dell’appello principale e dell’appello incidentale proposto dal Comune di Genova determina la declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale proposto dagli appellati Condominio di via Montallegro 40 e 42 ed altri, per difetto di interesse.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Allegra s.r.l. (n. 6870/2011 r.g.):

a) rigetta l’appello principale;

b) rigetta l’appello incidentale proposto dal Comune di Genova;

c) dichiara inammissibile l’appello incidentale proposto dagli appellati;

d) per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;

e) compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Gaetano Trotta, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)