Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2432, del 6 maggio 2013
Urbanistica.Reiterazione vincoli

Costituiscono vincoli soggetti a decadenza solo quelli preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificazione, e che dunque svuotino il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio. Tali non sono, tra gli altri, le previsioni di un piano regolatore che destinano un’area a “verde pubblico attrezzato, trattandosi di vincoli conformativi della proprietà, in quanto inquadrabili nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, che incidono su una generalità di beni, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui questi ricadono. La decadenza del vincolo non esclude che l’amministrazione, mediante il ricorso al procedimento per l’adozione delle varianti agli strumenti urbanistici, possa reiterare i vincoli preordinati all’espropriazione, fornendo congrua motivazione in ordine alla persistenza delle ragioni di interesse pubblico che sorreggono la predetta reiterazione, così da escludere un contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

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02432/2013REG.PROV.COLL.

N. 01737/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1737 del 2005, proposto da: 
Fascetti Paola, Fascetti Fabio, Fascetti Stefano; rappresentati e difesi dall'avv. Roberto Righi, con domicilio eletto presso Roberto Righi in Roma, via G.Carducci, 4;

contro

Comune di Pisa, rappresentato e difeso dall'avv. Gloria Lazzeri, con domicilio eletto presso Benito Piero Panariti in Roma, via Celimontana, 38;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 06047/2004, resa tra le parti, concernente REITERAZ.VINCOLO INEDIFICABILITA' TERRENO IN AMBITO RESIDENZ.CONSERV.-RIS.DANNO



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Gabriele Pafundi in sostituzione di Roberto Righi.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con l’appello in esame, i signori Paola, Fabio e Stefano Fascetti impugnano la sentenza 24 novembre 2004 n. 6047, con la quale il TAR per la Toscana, sez. I, ha rigettato il loro ricorso proposto avverso la delibera 28 luglio 2001 n. 43, con la quale il Consiglio Comunale di Pisa ha approvato il nuovo Regolamento Urbanistico, precisamente nella parte in cui assegna al terreno di loro proprietà una destinazione di tipo “C1bA”, qualificandolo come ambito residenziale di conservazione”.

I ricorrenti, nel corso del procedimento di adozione del regolamento urbanistico, avevano invece chiesto che la loro area fosse più opportunamente classificata come “Q3D” (assetti urbani suscettibili di nuova edificazione).

La sentenza impugnata innanzi tutto evidenzia che l’area di proprietà Fascetti, nella vigenza del precedente PRG, “risultava gravata da un vincolo di destinazione (servizi di quartiere 1s) che di fatto impediva ai proprietari qualsivoglia possibilità di utilizzo ai fini edificatori, siccome vincolata al solo insediamento di chiese ed istituzioni parrocchiali”, destinazione conservata fino all’adozione del Piano strutturale in data 10 luglio 1999, che la classificava come “area prevalentemente residenziale, regolamentata dalla scheda UTOE n. 7 del Piano strutturale”. In ultimo, dal regolamento urbanistico del 2001 l’area era classificata come “ambito residenziale di conservazione”.

La sentenza – richiamata la discrezionalità delle scelte operate dall’amministrazione in sede di pianificazione - afferma, in particolare, la piena coerenza del Regolamento urbanistico con il Piano strutturale, posto che il primo, il quale “deve realizzare le scelte operatve, di dettaglio e quelle affidate a successivi strumenti urbanistici attuativi”, ha inteso valorizzare l’ambito di Cisanello, località in cui il terreno oggetto della controversia è ubicato.

Peraltro, rileva la sentenza, “nell’ambito C1b sono ammessi alcuni interventi edilizi quali la manutenzione straordinaria, la ristrutturazione edilizia e la demolizione e ricostruzione”.

Inoltre, secondo il I giudice, non vi era obbligo di esaminare le osservazioni dei ricorrenti, presentate fuori termine.

Avverso la decisione impugnata, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando; violazione e/o falsa applicazione l. reg. Toscana n. 5/1995; contraddittorietà e/o apoditticità della motivazione; poiché, nel caso di specie, “il regolamento urbanistico non si è limitato a realizzare le scelte operative di dettaglio, bensì è giunto ad imprimere una nuova qualificazione all’area di proprietà del ricorrente, in deroga a quanto previsto dal Piano strutturale”. Né rilevano le limitate possibilità di interventi edilizi, posto che si “viene di fatto a negare in nuce la possibilità di realizzare nuovi interventi edificatori, possibilità, invece, espressamente riconosciuta dal Piano strutturale”. Peraltro, “la razionalizzazione dell’area de quo non può realizzarsi consentendo solo alcuni interventi edilizi piuttosto che altri, bensì subordinando ogni intervento al rispetto delle caratteristiche, ancora ravvisabili, che hanno contraddistinto, originariamente, gli interventi sull’area in esame, e in ogni caso prevedendo una edificabilità organica, unitaria e coerentemente distribuita su tutto il territorio, a cui il Piano strutturale ha riconosciuto vocazione edificatoria”;

b) error in iudicando; violazione e/o falsa applicazione art. 2 l. n. 1187/1968; eccesso di potere sotto il profilo dell’ingiustizia manifesta; poiché si è proceduto ad una sostanziale reiterazione di vincoli urbanistici in violazione di legge, ipotesi che si verifica sia nel caso di reiterazione di vincoli a contenuto espropriativo, sia nel caso di vincoli che comportano una limitazione delle possibilità edificatorie. Nel caso di specie, “la rielaborazione integrale del piano regolatore è intervenuta a distanza di oltre 30 anni dalla avvenuta decadenza del vincolo”, con reiterazione di vincoli, in violazione della l. n. 1187/1968 e “in assenza di congrua motivazione, con adeguata comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, e della previsione di un equo indennizzo”. Peraltro, “il vincolo apposto sui terreni dei signori Fascetti è . . . preordinato all’esproprio per la realizzazione di verde pubblico attrezzato e incidente solo su quel terreno”.

Gli appellanti reiterano, inoltre, la domanda di condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno, derivante dalla illegittima reiterazione di vincoli oltre i limiti temporali ex art. 2 l. n. 1187/1968..

Si è costituito in giudizio il Comune di Pisa.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Il Collegio deve innanzi tutto ricordare che le scelte di natura urbanistica rimesse all'Amministrazione nell'interesse generale sono di regola sufficientemente motivate con l'indicazione dei profili generali e dei criteri che hanno sorretto la previsione, senza necessità di una motivazione puntuale e "mirata" (Cons. Stato, sez. IV. 3 novembre 2008 n. 5478).

Le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale.

Tanto premesso, il Collegio rileva – in ciò condividendo le conclusioni alle quali è pervenuta la sentenza impugnata – che, nel caso di specie, per un verso le scelte operate dal Comune non appaiono né irragionevoli, né prive di motivazione, nei limiti in cui questa è necessaria in sede di pianificazione generale del territorio; per altro verso, non sussiste la lamentata contraddizione tra Piano strutturale e Regolamento edilizio.

Infatti, la indicazione offerta dal Piano strutturale all’ambito in cui è situata l’area dei ricorrenti, quale “area prevalentemente residenziale” non sorregge di per sé una destinazione a “nuova” edificazione dell’area in questione, posto che – come si legge in sentenza e come confermato dagli stessi appellanti (v. pag. 11 app.), tale area risulta composta da unità edilizie “le cui originarie caratteristiche morfologiche, pure ancora riconoscibili nel loro tratto essenziale, sono state variamente e profondamente alterate e contraddette . . . attraverso nuove edificazioni in termini difforrmi dalle regole conformative originarie”.

Appare, quindi, del tutto coerente con le finalità indicate dal Piano strutturale, di razionalizzazione dell’area di Cisanello, la individuazione di tali aree in un “ambito residenziale di conservazione”, al cui interno, pur senza consentire nuove costruzioni, si prevede la possibilità di non secondari interventi edilizi sull’esistente, quali la manutenzione straordinaria, la ristrutturazione edilizia, la demolizione e ricostruzione.

D’altra parte, gli appellanti, pur dolendosi delle previsioni del Regolamento, non indicano in base a quale specifica e cogente indicazione del Piano strutturale l’area di loro proprietà avrebbe dovuto essere classificata non tanto come meramente “residenziale”, bensì come di completamento e/o sviluppo edilizio, in modo tale da consentire nuove edificazioni.

Per le ragioni esposte, il primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto) deve essere rigettato.



3. Altrettanto infondato è il secondo motivo di appello (sub b) dell’esposizione in fatto), con il quale, assunta una intervenuta reiterazione di vincolo, si lamenta una violazione dell’art. 2 l. n. 1187/1968 ed il difetto di motivazione della disposta reiterazione (oltre all’omessa previsione di indennizzo).

Come è noto, la vicenda dei vincoli preordinati all’espropriazione, contenuti nel piano regolatore generale ovvero in altri strumenti urbanistici prende le mosse dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale riconobbe illegittima la disciplina recata dalla legge urbanistica (l. 17 agosto 1942 n. 1150), che prevedeva la possibilità di imporre alla proprietà privata, in sede di pianificazione, vincoli preordinati all' espropriazione, senza alcun limite temporale e senza indennizzo (Corte Cost., 29 maggio 1968 n. 55).

A seguito di tale decisione, il legislatore intervenne con la legge 19 novembre 1968 n. 1187, il cui art. 2 ha provveduto a fissare in cinque anni il periodo entro cui detti vincoli devono, a pena di decadenza, tradursi in piani esecutivi o, comunque, deve avviarsi in modo certo il procedimento espropriativo.

Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. V, 3 gennaio 2001 n. 3; sez. IV, 17 aprile 2003 n. 2015 e 22 giugno 2004 n. 4426), costituiscono vincoli soggetti a decadenza solo quelli preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificazione, e che dunque svuotino il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio.

Tali non sono, tra gli altri, le previsioni di un piano regolatore che destinano un’area a “verde pubblico attrezzato, trattandosi di vincoli conformativi della proprietà, in quanto inquadrabili nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, che incidono su una generalità di beni, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui questi ricadono (Cons. Stato, sez. IV, 19 marzo 2008 n. 1095; sez. IV, 12 maggio 2010 n. 2843).

La decadenza del vincolo non esclude che l’amministrazione, mediante il ricorso al procedimento per l’adozione delle varianti agli strumenti urbanistici, possa reiterare i vincoli preordinati all’espropriazione, fornendo congrua motivazione in ordine alla persistenza delle ragioni di interesse pubblico che sorreggono la predetta reiterazione (Cons. Stato, sez. IV, 24 settembre 1997 n. 1013 e 22 giugno 2004 n. 4397), così da escludere un contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti.

Si è, in particolare, affermato quanto all'adeguatezza della motivazione, che, se in linea di principio può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni, in occasione di una prima reiterazione, quando il rinnovato vincolo sia a sua volta decaduto, è necessario che la motivazione dimostri che l'autorità amministrativa abbia provveduto ad una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, esponendo le ragioni (riguardanti il rispetto degli standard, le esigenze della spesa, ovvero specifici accadimenti riguardanti le precedenti fasi procedimentali) che inducano ad escludere profili di eccesso di potere e ad ammetterne l'attuale sussistenza dell'interesse pubblico (Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2008 n. 4765).

La Corte Costituzionale (sent. 20 maggio 1999 n. 179, indirizzo successivamente riconfermato con sent. 18 dicembre 2001 n. 411) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 7, numeri 2, 3 e 4, e 40 l. n. 1150/1942 e 2, primo comma, della legge n. 1187/1968 “nella parte in cui consente alla “amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità, senza la previsione di indennizzo”.

Secondo la Corte, “la reiterazione in via amministrativa dei vincoli decaduti (preordinati all’espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo) . . . non sono fenomeni di per sé inammissibili dal punto di vista costituzionale”, ma tale fenomeno assume aspetti patologici allorchè vi sia una indefinita reiterazione dei vincoli o una loro proroga sine die, o quando il limite temporale sia indeterminato.

In presenza delle suddette situazioni patologiche, sorge obbligo di indennizzo che “opera una volta superato il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge (periodo di franchigia)”. In altre parole, la permanenza del vincolo oltre i termini previsti, e senza alcun inizio serio dell’espropriazione, “non può essere dissociato . . . dalla previsione di un indennizzo”.

Orbene, alla luce delle considerazioni svolte, ritiene il Collegio che nel caso di specie, la misura di pianificazione che ha coinvolto le aree di proprietà degli appellanti non costituisce né un “vincolo preordinato all’espropriazione”, né un vincolo “con carattere sostanzialmente espropriativo”, integrando invece tale misura un’ipotesi di conformazione del diritto di proprietà che, lungi dall’incidere sul medesimo, consente anche l’esercizio di talune possibilità edificatorie, sia pure connesse alla preesistenza di volumi già edificati.

L’accertata infondatezza dei motivi con i quali si è prospettata l’illegittimità degli atti impugnati sorregge altresì il rigetto della riproposta domanda di risarcimento del danno.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Fascetti Paola, Fascetti Fabio e Fascetti Stefano (n. 1737/2005 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Guido Romano, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)