Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3186, del 10 giugno 2013
Urbanistica.Valutazione domanda edificatoria

E’ principio consolidato, che la domanda edificatoria deve essere valutata alla stregua della normativa vigente al momento in cui l’amministrazione provvede su di essa, e non della sua presentazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

 

N. 03186/2013REG.PROV.COLL.

N. 03149/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3149 del 2005, proposto da: 
Squillace Pasquale, rappresentato e difeso dall'avv. Demetrio Verbaro, con domicilio eletto presso Bei Anna C/O Studio Rosati in Roma, via Ovidio, 10; Squillace Simona, Squillace Silvia;

contro

Comune di Catanzaro, rappresentato e difeso dall'avv. Valerio Zimatore, con domicilio eletto presso Valerio Zimatore in Roma, via Angelo Secchi, 9;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE I n. 02466/2004, resa tra le parti, concernente diniego rilascio concessione edilizia



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 marzo 2013 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Alfredo Caggiula (su delega di Demetrio Verbaro) e Valerio Zimatore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1.- Con ricorso al TAR della Calabria, i signori Pasquale Squillace, Simona Squillace e Silvia Squillace esponevano di aver domandato al Comune di Catanzaro il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato a destinazione mista, industriale e commerciale, in località Sansinato.

Con nota del 3.4.2001, il dirigente del settore urbanistica informava gli istanti dell’esito positivo dell’istruttoria e li invitava a trasmettere la documentazione necessaria per il rilascio del titolo.

La documentazione veniva prodotta in data 17.7.2001 e, in data 27.7.2001, la ditta richiedente provvedeva a versare gli oneri concessori.

Tuttavia, con deliberazione n. 61 del 27.7.2001, i commissari ad acta nominati dalla regione Calabria adottavano il nuovo piano regolatore della città, che classificava l’area interessata dalla istanza edilizia Squillace in Z.T.O. F3 (servizi ed attrezzature di livello sovracomunale), destinazione ostativa alla costruzione dell’immobile.

Nell’istruire il procedimento di approvazione del piano, la commissione urbanistica regionale proponeva però di accogliere un’osservazione formulata dagli istanti, ritenendo che, nei casi assimilabili a quello descritto, con il pagamento degli oneri concessori effettuato prima dell’adozione del P.R.G. si può “intendere sostanziato il rilascio della concessione edilizia”, demandandosene la verifica agli organi comunali competenti.

Con tale prescrizione, il piano veniva definitivamente approvato dalla Regione, mediante il decreto dirigenziale 8.11.2002 n. 1450.

Sulla base di quanto sopra, con nota del 19.2.2003 i signori Squillace invitavano il dirigente del settore urbanistica del comune di Catanzaro a rilasciare il titolo concessorio.

Seguivano, da parte dei medesimi, svariate diffide, la formulazione di un quesito alla regione Calabria – la cui risposta, in data 18.7.2003, concludeva per l’insussistenza di motivi ostativi al rilascio del titolo –, nonché la richiesta d’intervento sostitutivo regionale, con atto del 15.4.2004.

Infine, con determinazione dirigenziale 29 aprile 2004 n. 26208, il Comune respingeva l’istanza di rilascio del titolo ad aedificandum, rilevando l’insistenza dell’opera in zona classificata (F3) da destinazione incompatibile con la realizzazione dell’intervento edilizio e ritenendo insussistenti i presupposti per assentire la concessione edilizia in epoca sulla base della normativa antecedente all’adozione del nuovo P.R.G., essendosi la ditta istante limitata a versare solo un acconto sugli oneri concessori dovuti (pari a £. 30.794.920) senza prestare garanzia per la quota non corrisposta.

2.- I signori Squillace hanno impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma (ed il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado) alla stregua di mezzi ed argomentazioni cosi’ riassumibili:

1.- il primo giudice, nel valutare la norma (che ha dato atto far parte dell’ordinamento locale), ha erroneamente affermato equivalenza del pagamento al rilascio della concessione formale; avrebbe invece dovuto limitarsi ad affermare la sua valenza confermativa, per ragioni di equità e di affidamento del cittadino, del diritto astratto ad edificare secondo le norme vigenti precedentemente alla variante del PRG;

2.- la predetta disposizione non doveva essere interpretata nel senso (accolto dal TAR) di richiedere il pagamento integrale degli oneri di urbanizzazione dovuti (il cui importo era impossibile a quel momento determinare), tenendo conto che la normativa locale consentiva solo di anticipare il 25% dell’importo complessivo da corrispondere;

3.- l’anticipazione corrisposta dà diritto al rilascio della concessione edilizia, in forza della menzionata prescrizione introdotta nel PRG, restando irrilevanti le fasi successive del completamento dei pagamenti e della prestazione di garanzie e che si sviluppano solo dopo il rilascio formale del titolo;

4.- le conclusioni cui è giunta la sentenza si pongono in contrasto con le seguenti censure dedotte in primo grado:

a) contraddittorietà della posizione del Comune con la conferma del principio introdotto dalla Commissione urbanistica regionale (CUR), applicato peraltro ad altre istante edilizie;

b) contrasto con il parere, sollecitato dagli istanti, espresso dalla Regione Calabria nella nota n.411/2004 ed in senso favorevole ai ricorrenti;

c) irrilevanza della mancata attivazione della garanzia;

d) violazione della legge n.241/1990 per aver chiuso il procedimento senza assumere le integrazioni in tema di garanzie ritenute necessarie;

e) illegittimità del diniego in quanto riferito alla incompatibilità dell’intervento richiesto con la classificazione (F3) dell’area recata dal nuovo piano, che non può trovare applicazione in luogo del precedente;

f) compatibilità della destinazione dell’intervento rispetto a quella imposta alla zona territoriale F3;

g) incompetenza a provvedere nelle more del procedimento per la nomina del commissario regionale sostitutivo;

5.- omessa pronunzia da parte della sentenza sull’ulteriore motivo addotto dal diniego e riferito al contrasto con la nuova destinazione attribuita all’area, contrasto che peraltro non sussisterebbe applicando la normativa previgente la sua modifica e vigente al momento della domanda.

2.1- Si è costituita nel giudizio l’amministrazione comunale resistendo al gravame e controdeducendo (mem. 24.6.2005).

2.2.- Con decreto n.2633/2011 è stata dichiarata la perenzione de ricorso in appello, successivamente revocata (d.p. n. 24.10.2012).

2.3.- Le parte appellante ha replicato con memoria in data 23.10.2012 e, alla pubblica udienza del 12 marzo 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- La controversia sottoposta a giudizio del Collegio investe un diniego di permesso di costruire un immobile a destinazione commerciale su area che, nelle more del procedimento di rilascio della concessione , riceve dall’adozione di una variante al PRG, una destinazione diversa ed incompatibile con quella cui la domanda edilizia faceva riferimento. Nel giudizio di primo grado, a sostegno dell’illegittimità del diniego, i ricorrenti hanno posto in luce l’introduzione, in sede di approvazione della variante, di una prescrizione per cui con il pagamento degli oneri concessori effettuato prima dell’adozione della modifica del PRG, si può “intendere sostanziato il rilascio della concessione edilizia”.

Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso degli odierni appellati sulla base di rilievi sintetizzabili come segue:

a)- esula dal quadro contenzioso la questione della legittimità della disposizione, inserita in sede di approvazione della variante al PRG, per cui dal pagamento degli oneri concessori effettuato prima dell’adozione, fa derivare “il rilascio della concessione edilizia” in favore di quelle domande presentate e dei pagamenti effettuati anteriormente alla introduzione nuova ed incompatibile destinazione dell’area; a supporto di ciò il Tribunale indica essenzialmente il fatto che la norma non ha comunque costituito oggetto di impugnazione, sicchè la stessa deve ritenersi astrattamente conferente alla controversia in esame, in quanto “fa ormai parte dello strumento urbanistico”.

b) In punto di fatto detta disposizione è però da ritenersi inapplicabile alla decisione della fattispecie “sub-judice”, essendo pacifica la circostanza per cui ancora alla data di approvazione del piano, gli oneri concessori non sono stati interamente corrisposti . “ Ciò si evince, senza possibilità di smentita, dagli atti versati in causa dalla stessa parte ricorrente e, da ultimo, dall’istanza di sollecito del 18 febbraio 2003, nella quale è dato leggere che i detti oneri sono stati pagati “in data 27 luglio 2001 e 15 gennaio 2003””. In sostanza il mancato completo pagamento edilizio sulla domanda dei signori Squillace ha determinato l’impossibilità di dare corso applicativo alla disposizione di che trattasi.

c) Infondata è anche la tesi che sostiene la sospensione del potere comunale di provvedere sull’istanza nelle more del procedimento, attivato dalle parti, per la nomina del commissario regionale sostitutivo; il TAR ha qui supportato il proprio orientamento rilevando che comunque la Regione non ha provveduto sull’istanza di intervento in surrogazione.

2.- A queste argomentazioni gli appellanti oppongono articolate argomentazioni, nessuna delle quali può però condurre all’accoglimento dell’appello.

2.1.- La prima doglianza argomenta che il primo giudice, nel valutare la norma sopra descritta, avrebbe erroneamente affermato una equivalenza del pagamento al rilascio della concessione formale. La tesi non riveste un rilievo concreto. A parte il fatto che, al contrario di quanto sostenuto, il TAR ha valutato “un controsenso logico, prim’ancora che giuridico, ritenere perfezionata una fattispecie sostanziale per l’avvenuta esecuzione di una prestazione, il cui titolo generatore è costituito dal perfezionamento della fattispecie medesima”; il Collegio osserva che la distinzione evidenziata dagli appellanti non introduce alcuna apprezzabile diversificazione di effetti tra il rilascio formale del permesso e la sostenuta permanenza dello “jus aedificandi” secondo le norme del precedente PRG e per effetto dei versamenti ; ed invero (e ciò costituisce proprio l’essenza della posizione azionata) anche la tesi del permanere del diritto conduce a realizzare la pretesa concessoria , determinando il sostanziale rilascio del titolo, dando così esito a quella aspettativa tutelata che, seppur in applicazione della particolare disposizione introdotta, gli istanti ritengono di aver conservato.

2.2.- Osta poi alla pretesa sostanziale azionata col ricorso l’assorbente osservazione che il contributo per gli oneri di urbanizzazione, alla data indicata nella prescrizione introdotta dalla CUR, non risultasse interamente pagato; la circostanza, assolutamente incontestata, è ben evidenziata dal TAR che sul punto afferma: “Ciò si evince, senza possibilità di smentita, dagli atti versati in causa dalla stessa parte ricorrente e, da ultimo, dall’istanza di sollecito del 18 febbraio 2003, nella quale è dato leggere che i detti oneri sono stati pagati “in data 27 luglio 2001 e 15 gennaio 2003”. ‘E perciò evidente che gli istanti non erano nella condizione prevista dalla disposizione invocata per poter beneficiare di una concessione in base alle previgenti destinazioni di PRG.

Né ha rilievo in contrario l’osservazione per cui gli istanti, in base alla normativa locale (delib. n.96/2003), non avrebbero potuto essere ammessi a versare l’intero importo degli oneri ma solo il 25%; la norma , infatti, fa riferimento al versamento degli oneri concessori senza introdurre rateizzazioni temporali né quantitative, le quali avrebbero peraltro impropriamente equiparato il meccanismo al regime ordinario, mentre la disposizione in commento deve in tutta evidenza essere letta nella sua valenza eccezionalmente e transitoriamente derogatoria del sistema ordinario. Il diritto ad ottenere la concessione (sempre in presenza ovviamente di tutte le altre condizioni di legge) appare in effetti costruito sul presupposto del versamento degli oneri nell’intero loro importo, il cui calcolo peraltro discende dalla meccanica applicazione di valori e parametri previsti dalla normativa previgente e già più volte applicata.

2.3- In ordine alla argomentata “incompetenza” del Comune a provvedere sulla domanda, nelle more del procedimento attivato per la nomina del commissario regionale sostitutivo, il Collegio concorda con la ricostruzione del TAR per cui si tratta di una situazione temporanea di carattere procedimentale, che non comporta conseguenze sostanziali ove la Regione non provveda alla nomina del Commissario sostitutivo, sicché tale omissione lascia tendenzialmente integro il potere comunale di provvedere sull’istanza.

3.- Debbono essere ora essere vagliati i motivi d’appello che ripropongono le censure di primo grado e che gli appellanti, non senza fondamento, assumono non esaminate dal TAR.

a) Non integra il vizio di contraddittorietà il fatto che il Comune abbia negato la concessione pur confermando l’introduzione nella normativa urbanistica del principio in discussione, applicato peraltro ad altre istanze edilizie. L’applicazione della normativa corrisponde ad una interpretazione che esige la completezza della fattispecie da regolare, insussistente nel caso in esame attesa la insufficienza dei versamenti richiesti. Il fatto poi che della norma sia stata fatta applicazione in altre fattispecie non dimostra l’illegittimità del provvedimento in questa sede contestato.

b) Quanto al contrasto con il parere, sollecitato dagli istanti, espresso dalla Regione Calabria nella nota n.411/2004 e reso in senso favorevole ai ricorrenti, va rilevato che esso non aveva una portata vincolante per il Comune e che comunque non tiene alcun conto della decisiva circostanza, rilevata dall’amministrazione comunale, della incompletezza dei versamenti richiesti.

c) In merito alla sostenuta irrilevanza della mancata attivazione della garanzia, il Collegio rileva che la stessa non si poneva come un onere illegittimamente gravante sugli istanti ma come un temperamento, posto in loro favore, della interpretazione che richiede, già prima dell’adozione della variante al PRG, un versamento assolutamente completo di tutti gli oneri dovuti.

d) Non sussiste la violazione della legge n.241/1990 per aver l’amministrazione chiuso il procedimento senza assumere le integrazioni in tema di garanzie ritenute necessarie; il Comune aveva piena facoltà di provvedere negativamente in assenza della completezza dei versamenti e quindi anche delle eventuali garanzie sostitutive.

e) Infondata è anche la tesi della illegittimità del diniego in quanto riferito alla incompatibilità dell’intervento richiesto con la classificazione (F3) dell’area recata dal nuovo piano, che non potrebbe trovare applicazione in luogo del precedente. E’ infatti principio consolidato che la domanda edificatoria deve essere valutata alla stregua della normativa vigente al momento in cui l’amministrazione provvede su di essa e non della sua presentazione. Correttamente pertanto, non sussistendo i presupposti per applicare la normativa previgente, il Comune ha esaminato la compatibilità della domanda sulla base della nuova normativa di PRG, introdotta con riferimento alla zona F3.

f) Quanto infine alla sostenuta compatibilità con quest’ultima della destinazione dell’intervento, essa sarebbe supportata, secondo gli appellanti, dall’attestazione comunale (1.6.2004) dell’ inserimento nell’art. 57 delle NTA delle destinazioni artigianali di servizio, commercio al dettaglio, autorimesse e stazioni di servizio. Il Collegio, tuttavia, non reperisce in queste indicazioni la destinazione industriale-commerciale che afferisce al permesso negato dal Comune; ne deriva l’infondatezza anche della doglianza testé scrutinata..

4.- Rilevato quanto sopra, non resta al Collegio che respingere l’appello, in quanto infondato.

5.- Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c) e vanno pertanto poste a carico degli appellanti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.

Condanna gli appellanti al pagamento, in favore del Comune di Catanzaro, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in Euro tremila (3.000), oltre accessori.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)