Corte costituzionale n.68 del 13 aprile 2023
Oggetto: Edilizia e urbanistica - Agricoltura - Norme della Regione Toscana - Attività agrituristica - Immobili destinati all'attività agrituristica - Previsione che possono essere utilizzati per l'attività agrituristica trasferimenti di volumetrie di cui agli artt. 71, c. 2, e 72, c. 1, lett. a), della l. reg.le n. 65 del 2014, all'interno del medesimo territorio comunale o all'interno della proprietà aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuità e ricada parzialmente in territori di Comuni confinanti, a condizione che si configurino come uno degli interventi specificati - Denunciata previsione di nuove edificazioni finalizzate all'attività agrituristica, in violazione dei limiti e dei parametri posti dalla legge n. 1150 del 1942 [Legge urbanistica] - Contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio di cui alla legge n. 1150 del 1942, che impongono il rispetto dei limiti inderogabili di densità edilizia, come declinati per le zone agricole dal decreto interministeriale Ministro lavori pubblici n. 1444 del 1968.
Denunciata delocalizzazione di volumi originariamente esistenti in altre porzioni del territorio comunale o del territorio di altri Comuni - Elusione dei limiti all'edificazione residenziale in zona agricola - Incidenza sulla pianificazione paesaggistica - Contrasto con le previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio - Violazione dell'impegno assunto dalla Regione con il Piano di indirizzo territoriale [PIT] a consentire l'edificazione di nuovi volumi in zona agricola in casi eccezionali e residuali - Abbassamento del livello della tutela del paesaggio.
Dispositivo: illegittimità costituzionale
SENTENZA N. 68
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione Toscana 24 maggio 2022, n. 15 (Disciplina dell’oleoturismo e dell’ospitalità agrituristica. Modifiche alla l.r. 30/2003), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25 luglio 2022, depositato il 26 luglio 2022 e iscritto al n. 47 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2023 il Giudice relatore Marco D’Alberti;
uditi l’avvocato dello Stato Generoso Di Leo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana;
deliberato nella camera di consiglio del 22 febbraio 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 26 luglio 2022 e iscritto al n. 47 del registro ricorsi 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione Toscana 24 maggio 2022, n. 15 (Disciplina dell’oleoturismo e dell’ospitalità agrituristica. Modifiche alla l.r. 30/2003), in riferimento agli artt. 9, 117, commi secondo, lettera s), e terzo, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione.
La disposizione impugnata modifica l’art. 17 della legge della Regione Toscana 23 giugno 2003, n. 30 (Disciplina delle attività agrituristiche, delle fattorie didattiche, dell’enoturismo e dell’oleoturismo in Toscana), inserendo nel comma 1, lettera c), un nuovo numero 3-bis), che consente di utilizzare per l’attività agrituristica «trasferimenti di volumetrie di cui all’articolo 71, comma 2, e all’articolo 72, comma 1, lettera a), della l.r. 65/2014, all’interno del medesimo territorio comunale o all’interno della proprietà aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuità e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti, a condizione che si configurino come uno dei seguenti interventi: a) interventi di addizione volumetrica; b) interventi di trasferimento del volume in prossimità di edifici esistenti e qualora questo non comporti la necessità di realizzare opere di urbanizzazione primaria».
2.– Il ricorrente denuncia, in primo luogo, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali statali in materia di governo del territorio, stabiliti sia dall’art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 96 (Disciplina dell’agriturismo), sia dagli artt. 1 e 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), come attuati dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765).
Ad avviso del ricorrente, dalla citata normativa statale di principio si desume la sostanziale inedificabilità delle zone agricole. Si fa rilevare che, anche nei limitati casi in cui è ammessa l’attività edificatoria nelle zone agricole, la stessa è estremamente ridotta e, quale limite massimo e inderogabile, è stabilito l’indice di edificabilità a fini residenziali pari a 0,03 metri cubi per metro quadro (art. 7, numero 4, del d.m. n. 1444 del 1968). Si tratta di limiti che si impongono con efficacia vincolante anche nei confronti del legislatore regionale (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 217 del 2020 e n. 232 del 2005).
L’Avvocatura generale dello Stato sottolinea, inoltre, che la legge n. 96 del 2006 ha stabilito che l’esercizio dell’agriturismo deve avvenire in edifici già esistenti sul fondo (art. 3, comma 1), mentre non sono consentiti interventi di nuova costruzione. Inoltre, i locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili a ogni effetto alle abitazioni rurali (art. 3, comma 3). Pertanto, i relativi volumi devono essere considerati ai fini del calcolo delle potenzialità edificatorie e del rispetto dell’indice volumetrico di cui all’art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968.
Con riferimento alla nozione di interventi di ristrutturazione edilizia, definiti dall’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», il ricorrente richiama la giurisprudenza amministrativa che ha chiarito la distinzione tra la nozione di ristrutturazione e quella di nuova costruzione: mentre quest’ultima presuppone una trasformazione del territorio, la prima è invece caratterizzata dalla preesistenza di un manufatto, in quanto la trasformazione vi è già stata in precedenza (è richiamata Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 12 ottobre 2017, n. 4728).
La ristrutturazione edilizia implicherebbe, dunque, un collegamento che consenta di ritenere che il manufatto demolito sia quello stesso che viene ricostruito. Conseguentemente, essa dovrebbe avvenire in un’area che, seppure non coincidente con quella originaria, sia prossima a questa e sia posta nello stesso lotto urbanistico in cui si trovava l’immobile demolito. Diversamente, non si tratterebbe di ristrutturazione edilizia, dovendo ravvisarsi un intervento di nuova costruzione, in quanto verrebbe reciso ogni legame con il volume demolito.
Ciò posto, ad avviso del ricorrente, la traslazione di volumi edilizi su un lotto diverso comporterebbe il mutamento del carico urbanistico ascrivibile al lotto di destinazione e una nuova trasformazione del territorio.
D’altra parte, osserva la difesa statale, la legge reg. Toscana n. 30 del 2003 non riproduce le disposizioni dell’art. 3, comma 3, della legge n. 96 del 2006, secondo cui «[i] locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali». All’art. 17, comma 2, è previsto soltanto che «[l]’attività agrituristica può essere svolta sia in edifici con destinazione d’uso a fini agricoli che in edifici classificati come civile abitazione». Ad avviso del ricorrente, da ciò discende che i trasferimenti di volumetria in zona agricola previsti dalla legge regionale non sarebbero soggetti al limite stabilito per le edificazioni residenziali dall’art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968, limite operante anche ai fini della destinazione ad agriturismo, in base all’art. 3, comma 3, della legge n. 96 del 2006. Sulla natura di principio fondamentale dell’art. 3, comma 1, di quest’ultima, il ricorrente richiama la sentenza di questa Corte n. 96 del 2012.
Nel consentire trasferimenti di volumetria in zona agricola, il legislatore regionale avrebbe quindi permesso interventi potenzialmente pregiudizievoli per il territorio, in quanto idonei a determinare un aggravio del carico urbanistico-edilizio e la proliferazione di volumetrie nelle aree agricole. La delocalizzazione dovrebbe considerarsi a tutti gli effetti una nuova costruzione e determinerebbe la violazione della disciplina concernente l’edificazione in zona agricola, che è volta a contenere non solo la quantità totale dei volumi edilizi realizzabili, ma anche la loro concentrazione sul singolo lotto.
2.1.– In secondo luogo, è denunciata la violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), all’art. 3 della legge n. 96 del 2006 e all’art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968.
Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata determinerebbe un abbassamento del livello di tutela del paesaggio e invaderebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato, esercitata tramite gli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali, ponendosi in contrasto con la finalità indicata dal Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico (d’ora in avanti: PIT), frutto di intesa con lo Stato, che, tra gli altri, prevede «il contenimento di ulteriori consumi di suolo rurale» (art. 11, comma 2, lettera a).
L’edificazione di nuovi volumi in zona agricola dovrebbe avere carattere eccezionale e residuale, risultando giustificata soltanto in presenza di esigenze che non possano essere soddisfatte diversamente. Viceversa, la delocalizzazione di volumi originariamente esistenti in altre porzioni del territorio comunale, o anche del territorio di altri comuni, avverrebbe sulla base di una scelta dell’imprenditore agrituristico, anche là dove non ricorra l’assoluta necessarietà di tali interventi.
D’altra parte, la disciplina impugnata sarebbe stata adottata in via del tutto autonoma e avulsa dalle previsioni del piano paesaggistico, che costituisce il solo strumento idoneo a garantire l’ordinato sviluppo urbanistico e a individuare le trasformazioni compatibili con le prescrizioni statali del codice dei beni culturali. Sarebbe quindi violato anche l’art. 9 Cost., che sancisce la rilevanza del paesaggio quale interesse primario e assoluto (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 119 del 2020 e n. 367 del 2007).
La difesa statale rileva inoltre che il limite massimo e inderogabile di edificabilità in zona agricola stabilito dal d.m. n. 1444 del 1968 andrebbe riferito al singolo lotto, non già alla zona agricola complessivamente considerata. La circostanza che i volumi oggetto del trasferimento riguardino immobili già esistenti sul fondo e destinati allo svolgimento delle attività agricole non varrebbe a sottrarre la disposizione alle censure di illegittimità costituzionale.
Dovrebbe infatti ritenersi preclusa la concentrazione su un unico lotto di volumi provenienti da altri lotti, in quanto ciò finirebbe per creare una lottizzazione, vietata in zona agricola. Una volta trasferiti in zona agricola e destinati ad agriturismo, i volumi delocalizzati dovrebbero infatti qualificarsi come residenziali, in base all’art. 3, comma 3, della legge n. 96 del 2006.
Inoltre, questo spostamento determinerebbe un incremento del carico urbanistico nel lotto di destinazione, eludendo così i limiti all’edificazione residenziale in zona agricola previsti dall’art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968 e dall’art. 3 della legge n. 96 del 2006, perché consentirebbe di cumulare su un fondo agricolo volumi rurali non preesistenti su quello stesso fondo, per destinarli ad agriturismo.
Sarebbe così vanificato lo scopo della pianificazione paesaggistica, che tende a valutare le trasformazioni del territorio non in modo parcellizzato, ma nell’ambito di una considerazione complessiva del contesto tutelato, specificamente demandata al piano paesaggistico (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 24 del 2022).
2.2.– La difesa statale denuncia, infine, la violazione del principio di leale collaborazione in considerazione della violazione dell’impegno, assunto dalla Regione con il PIT, a consentire l’edificazione di nuovi volumi in zona agricola solo in casi eccezionali e residuali.
3.– La Regione Toscana si è costituita in giudizio e ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o non fondato.
3.1.– La difesa regionale deduce innanzitutto che la lettera c) del comma 1 dell’art. 17, oggetto di modifica con la disposizione contestata, fa comunque salvi «i limiti e le condizioni previsti dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica».
Con riferimento al primo profilo di censura, la difesa regionale sottolinea che entrambe le disposizioni degli artt. 71, comma 2, e 72, comma 1, lettera a), della legge della Regione Toscana 10 novembre 2014, n. 65 (Norme per il governo del territorio), richiamate dalla disposizione impugnata, consentono trasferimenti di volume sul patrimonio edilizio esistente con destinazione agricola, ma non permettono di modificare tale destinazione d’uso. Esse stabiliscono inoltre il rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica.
La difesa regionale fa rilevare che i trasferimenti di volumetrie consentiti dalla disposizione impugnata, oltre ad essere soggetti al rispetto di tutti i limiti e le condizioni previsti dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, possono avere ad oggetto solo ed esclusivamente immobili appartenenti al patrimonio edilizio esistente con destinazione agricola e non possono comportare il mutamento di tale destinazione d’uso. Inoltre, essi possono essere effettuati entro il limite, per singolo edificio aziendale, del 20 per cento del volume esistente e solo all’interno del medesimo territorio comunale o all’interno della proprietà aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuità e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti. Ciò varrebbe ad assicurare il rispetto dell’indice di densità edilizia per le zone agricole, che rimarrebbe invariato.
D’altra parte, il fatto che l’art. 17, comma 2, della legge reg. Toscana n. 30 del 2003 preveda la possibilità di svolgere l’attività agrituristica sia in edifici con destinazione d’uso a fini agricoli, sia in edifici classificati come civile abitazione, non inciderebbe sull’utilizzo dei volumi derivanti da trasferimento, che mantengono la propria originaria destinazione urbanistica. Pertanto, non sussisterebbe la violazione dell’art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968. Inoltre, la clausola di salvaguardia contenuta nello stesso art. 17, comma 1, lettera c), della legge reg. Toscana n. 30 del 2003, varrebbe ad assicurare che il trasferimento avvenga nel rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria (non superiore a 0,03 mc/mq), a cui tutti gli strumenti urbanistici comunali devono conformarsi. D’altra parte, il paventato superamento del limite di edificabilità dovrebbe essere valutato in concreto, in sede di rilascio del titolo edilizio.
La difesa regionale rileva, inoltre, che la disposizione impugnata non consentirebbe la delocalizzazione in zona agricola di volumi originariamente esistenti in altre zone del territorio comunale diverse da quelle agricole. La ratio dell’intervento in esame sarebbe proprio quella di assicurare, all’interno delle zone agricole dello stesso comune o di comuni confinanti, una disciplina razionale del territorio, volta a consentire il recupero e l’utilizzazione per attività agrituristiche del patrimonio edilizio già esistente.
Ad avviso della difesa regionale, sarebbero rispettati anche i principi contenuti nell’art. 3 della legge n. 96 del 2006, poiché sarebbe consentito di utilizzare esclusivamente volumi derivanti da immobili già esistenti e non di costruirne di nuovi. Il trasferimento di volumetrie sarebbe consentito perché non aumenta il carico urbanistico complessivo, come avviene invece per le nuove costruzioni.
Inoltre, nel limitare i trasferimenti di volumetrie ai soli interventi di addizione e trasferimento del volume in prossimità di edifici esistenti e con precise limitazioni anche quantitative, la disposizione impugnata eviterebbe la formazione di insediamenti urbani in zona agricola. Spetterebbe in ogni caso al comune verificare in concreto, in sede di rilascio del titolo edilizio, la conformità dell’intervento alla pianificazione urbanistica e territoriale.
La difesa regionale sottolinea, infine, che il consumo di nuovo suolo è vietato dall’art. 4 della legge reg. Toscana n. 65 del 2014 e ciò renderebbe comunque non fondata la censura del ricorrente.
3.2.– Con riferimento al secondo profilo di illegittimità costituzionale, la difesa regionale evidenzia che la modifica introdotta dalla disposizione impugnata sarebbe rispettosa della pianificazione territoriale e urbanistica e dei limiti previsti dagli artt. 71 e 72 della legge reg. Toscana n. 65 del 2014.
La previsione che i trasferimenti di volumetria possano avere ad oggetto solo ed esclusivamente immobili agricoli già esistenti, combinata con la disposizione secondo la quale – anche a seguito degli interventi – gli immobili devono comunque mantenere la destinazione agricola, garantirebbe il rispetto dell’indice di densità edilizia per le zone agricole e consentirebbe di evitare la concentrazione su un unico lotto di volumi provenienti da altri lotti.
Inoltre, la disposizione impugnata sarebbe volta a confermare la politica regionale di tutela del territorio agricolo, condivisa con lo Stato nel PIT. La Regione Toscana avrebbe infatti voluto assicurare una disciplina razionale del territorio delle zone agricole, consentendo il recupero e l’utilizzo per attività agrituristiche dell’ingente patrimonio edilizio esistente nelle campagne toscane.
In ogni caso, non sarebbe rinvenibile, né nella legge reg. Toscana n. 15 del 2022, né nella legge reg. Toscana n. 30 del 2003, alcuna deroga alle prescrizioni del PIT, che prevalgono rispetto a quelle eventualmente in contrasto contenute negli strumenti urbanistici. La vigenza del PIT rappresenterebbe una garanzia ulteriore, in quanto le disposizioni in esso contenute sono di immediata applicazione e prevalgono sulle previsioni eventualmente contrastanti contenute negli strumenti urbanistici comunali (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 187 del 2022). Ad avviso della difesa regionale, ciò renderebbe non fondata anche la censura relativa alla violazione del principio della leale collaborazione.
4.– In prossimità dell’udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria in cui ha insistito per l’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso.
Con riferimento al primo profilo di censura, relativo alla violazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio, la difesa statale deduce che i limiti posti dalla disciplina regionale impugnata non sarebbero idonei a impedire la violazione del vincolo statale relativo alla necessità che gli spostamenti di volumetria interessino la medesima area. La disposizione regionale impugnata consentirebbe invece trasferimenti di volumetrie persino al di fuori del comune in cui è ubicata l’attività agrituristica.
Si fa inoltre rilevare che, pur prevedendo il limite del 20 per cento per l’aumento di volumetria realizzabile, la disposizione impugnata non specifica che tale incremento possa essere effettuato una sola volta, come invece previsto, ad esempio, dal comma 1-bis dell’art. 71 della legge reg. Toscana n. 65 del 2014. Ciò consentirebbe, quindi, di calcolare di volta in volta l’incremento sul volume legittimamente esistente. In questo modo, verrebbero consentiti progressivi trasferimenti di volumetria, utilizzabili su edifici già ampliati.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge reg. Toscana n. 15 del 2022, in riferimento agli artt. 9, 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., nonché del principio di leale collaborazione.
2.– Il ricorrente denuncia, in primo luogo, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali statali in materia di governo del territorio, dettati dall’art. 3 della legge n. 96 del 2006, nonché dagli artt. 1 e 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, attuati dal d.m. n. 1444 del 1968.
Secondo la difesa statale, i trasferimenti di cubatura, che possono essere utilizzati anche a distanza di chilometri dal contesto in cui si trovavano gli originari manufatti, consentirebbero di realizzare nuove costruzioni, tali da determinare l’aggravio del carico urbanistico e la proliferazione di volumetrie in zone agricole.
2.1.– La difesa statale denuncia, inoltre, la violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., poiché la disposizione impugnata inciderebbe sulla pianificazione paesaggistica, determinando un abbassamento del livello di tutela del paesaggio, e invaderebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato, attuata dagli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali, ponendosi in contrasto con la finalità indicata dal PIT, che stabilisce quale obiettivo il contenimento di ulteriori consumi di suolo rurale.
Infine, il ricorrente lamenta la violazione del principio di leale collaborazione fra Stato e regioni, in considerazione della violazione dell’impegno, assunto dalla Regione con il PIT, di consentire l’edificazione di nuovi volumi in zona agricola in casi eccezionali e residuali.
3.– Prima di esaminare le censure mosse dalla difesa statale, occorre ricostruire brevemente il contesto normativo in cui si colloca la disposizione impugnata.
3.1.– L’art. 7, comma 1, della legge reg. Toscana n. 15 del 2022 aggiunge il nuovo numero 3-bis) all’art. 17, comma 1, lettera c), della legge reg. Toscana n. 30 del 2003, consentendo di destinare allo svolgimento dell’attività agrituristica «trasferimenti di volumetrie di cui all’articolo 71, comma 2, e all’articolo 72, comma 1, lettera a), della l.r. 65/2014, all’interno del medesimo territorio comunale o all’interno della proprietà aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuità e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti, a condizione che si configurino come uno dei seguenti interventi: a) interventi di addizione volumetrica; b) interventi di trasferimento del volume in prossimità di edifici esistenti e qualora questo non comporti la necessità di realizzare opere di urbanizzazione primaria».
Nel tessuto normativo della legge reg. Toscana n. 30 del 2003 che disciplina le attività agrituristiche, vengono così inserite, in primo luogo, le possibilità offerte dall’art. 71, comma 2, della legge reg. Toscana n. 65 del 2014, che consente «i trasferimenti di volumetrie che non eccedono per singolo edificio aziendale il 20 per cento del volume legittimamente esistente», purché gli stessi non comportino il mutamento della destinazione d’uso agricola e siano salvaguardati i caratteri dell’edilizia storico-testimoniale. Inoltre, con il richiamo all’art. 72, comma 1, lettera a), della stessa legge reg. Toscana n. 65 del 2014, viene altresì consentito l’utilizzo per finalità agrituristiche dei «trasferimenti di volumetrie ed addizioni volumetriche riconducibili alle fattispecie di cui all’articolo 71, commi 1-bis e 2 […]».
3.2.– In effetti, il previgente art. 17, comma 1, lettera c), della legge reg. Toscana n. 30 del 2003, già consentiva di utilizzare per lo svolgimento dell’attività agrituristica le volumetrie «derivanti da: 1) interventi di sostituzione edilizia di cui all’articolo 71, comma 1, lettera l), della l.r. 65/2014; 2) addizioni volumetriche di cui all’articolo 71, comma 1, lettera g), della l.r. 65/2014; 3) addizione volumetrica di cui all’articolo 71, comma 1-bis, e all’articolo 72, comma 1, lettera a), della l.r. 65/2014».
A queste categorie di interventi, già consentiti, la disposizione impugnata aggiunge ulteriori possibilità edificatorie, permettendo, come si è visto, di utilizzare le volumetrie trasferite ai sensi degli artt. 71, comma 2, e 72, comma 1, lettera a), della legge reg. Toscana n. 65 del 2014, purché volte a realizzare addizioni volumetriche, ovvero edifici in prossimità di altri già esistenti, qualora questo non comporti la necessità di opere di urbanizzazione primaria.
3.3.– In riferimento alla disciplina dell’agriturismo, la giurisprudenza costituzionale è intervenuta per chiarire il corretto riparto delle competenze. È stato riconosciuto che la legge n. 96 del 2006 incide su una serie di ambiti materiali, alcuni di competenza legislativa residuale delle regioni (agricoltura e turismo), altri di competenza legislativa concorrente (governo del territorio, tutela della salute), altri ancora di competenza legislativa esclusiva dello Stato (tutela dell’ambiente e del paesaggio, tutela della concorrenza). Le regioni, pertanto, allorquando la disciplina su cui intervengono incida sulle relative materie (di competenza legislativa statale esclusiva o concorrente), «devono uniformarsi unicamente ai princìpi, contenuti nella legge n. 96 del 2006, i quali siano espressione della potestà legislativa esclusiva o concorrente dello Stato» (sentenze n. 96 del 2012 e n. 339 del 2007).
Come si è visto, la disposizione regionale in esame consente di realizzare interventi edilizi in zone agricole per finalità agrituristiche mediante utilizzo di volumetrie trasferite da altri lotti. Le richiamate previsioni afferiscono pertanto all’ambito materiale «governo del territorio», di competenza legislativa concorrente.
4.– È fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge reg. Toscana n. 15 del 2022, promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., per violazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio.
4.1.– Viene innanzitutto in rilievo il denunciato contrasto della disposizione regionale impugnata con l’art. 3 della legge n. 96 del 2006, rubricato «Locali per attività agrituristiche». Al comma 1 esso stabilisce che «[p]ossono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti nel fondo». La possibilità di destinare immobili a finalità agrituristiche viene così limitata non in funzione di criteri quantitativi o dimensionali, ma attraverso il riferimento a quei soli edifici che siano, anche in parte, «già esistenti nel fondo», escludendo pertanto che ne possano essere costruiti altri ex novo.
Questa Corte ha già affermato che l’art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006 costituisce un principio fondamentale nella materia «governo del territorio», che «pone un limite rigoroso, escludendo che possano essere destinati ad attività agrituristiche edifici costruiti ad hoc, non “già esistenti sul fondo” prima dell’inizio delle attività medesime». Ciò risponde all’esigenza di «prevenire il sorgere ed il moltiplicarsi di attività puramente turistiche, che finiscano con il prevalere su quelle agricole, […] con l’effetto pratico di uno snaturamento del territorio, usufruendo peraltro delle agevolazioni fiscali previste per le vere e proprie attività ricettive connesse al prevalente esercizio dell’impresa agricola» (sentenza n. 96 del 2012).
La delimitazione posta dall’art. 3, comma 1, in esame garantisce, dunque, un ragionevole equilibrio tra l’attività turistica e ricettiva, da un lato, e l’indispensabile mantenimento della vocazione agricola del territorio e dell’ambiente rurale, dall’altro. Interventi di trasformazione del territorio che – pur rispettando gli strumenti urbanistici – si pongano in contrasto con il principio in esame comportano un’alterazione dell’ambiente agreste, a vantaggio delle esigenze del turismo e dell’attività ricettiva.
L’art. 3 della legge n. 96 del 2006 delimita dunque l’utilizzabilità degli edifici per finalità agrituristiche sotto un duplice profilo: da un lato, esso pone la condizione della necessaria “preesistenza” dell’edificio, o di una sua parte, rispetto all’inizio delle attività edificatorie; dall’altro lato, questa stessa condizione è riferita ad una precisa localizzazione sul territorio, là dove è stabilito che l’edificio utilizzabile per attività agrituristiche debba altresì essere ubicato «nel fondo».
4.2.– Ebbene, la disposizione regionale impugnata non risulta rispettosa delle condizioni poste dal legislatore statale nella norma evocata a parametro interposto.
Essa permette, infatti, l’utilizzo di volumetrie trasferite «all’interno del medesimo territorio comunale o all’interno della proprietà aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuità e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti», permettendo dunque di destinare all’attività agrituristica volumetrie provenienti da fondi agricoli diversi ed esterni e anche non limitrofi, rispetto a quello in cui è svolta l’attività imprenditoriale. Infatti, nel consentire anche l’utilizzo di volumi trasferiti «all’interno del medesimo territorio comunale», la disposizione impugnata estende l’ambito territoriale di provenienza dei volumi che possono essere trasferiti: da quello corrispondente al fondo in cui è ubicata l’attività agrituristica – l’unico consentito dalla norma statale evocata quale parametro interposto – a quello dell’intero comune in cui tale fondo è localizzato.
Al riguardo va rilevato che, nella sua originaria formulazione, l’art. 17 della legge reg. Toscana n. 30 del 2003 ha dato puntuale attuazione al principio stabilito dall’art. 3 della legge n. 96 del 2006, prevedendo, alla lettera b) del comma 1, la possibilità di utilizzare per attività agrituristica – oltre ai «locali siti nell’abitazione principale dell’imprenditore agricolo ubicata nel fondo o nei centri abitati», di cui alla lettera a) – anche «gli altri edifici o parti di essi esistenti sul fondo e non più necessari alla conduzione dello stesso».
D’altra parte, il medesimo art. 17, al comma 1, lettera c), numero 1) – attraverso il richiamo all’art. 71, comma 1, lettera l), della legge reg. Toscana n. 65 del 2014, che a sua volta richiama l’art. 134, comma 1, lettera l), della stessa legge – già consentiva di utilizzare volumetrie derivanti da «interventi di sostituzione edilizia».
Ciò che rileva è che l’art. 17, comma 1, lettera c), numero 1), in esame, tramite i richiami sopra riferiti, già prevedeva – ancor prima della modifica introdotta dalla disposizione impugnata – che tali interventi potessero «comportare una diversa collocazione dell’edificio ricostruito rispetto a quello preesistente». Pertanto, la traslazione di volumetrie utilizzabili per finalità agrituristiche risultava già consentita. Deve tuttavia ritenersi che questa possibilità fosse riconosciuta solo all’interno del medesimo fondo agricolo.
Questo risulta dal fatto che il legislatore regionale, con la disposizione impugnata, innovando rispetto al passato, ha voluto espressamente consentire l’utilizzo di volumetrie provenienti da fondi che, pur essendo compresi nel territorio del medesimo comune e pur avendo la medesima destinazione agricola, hanno in origine una diversa ubicazione, esterna al fondo destinato all’attività agrituristica.
Questa estensione delle possibilità edificatorie a favore delle imprese agrituristiche si desume anche dai lavori preparatori della stessa legge reg. Toscana n. 15 del 2022. La relazione illustrativa che accompagna la relativa proposta di legge afferma espressamente che «[c]on le modifiche all’articolo 17 della l.r. 30/2003 si prevede che […] i trasferimenti di volumetrie di cui all’articolo 71, comma 2 e all’articolo 72, comma 1, lettera a) della l.r. 65/2014, possano essere effettuati all’interno del comune o dei comuni limitrofi»: dunque, indipendentemente dalla originaria localizzazione dei volumi utilizzabili all’interno del fondo destinato all’attività agrituristica.
Con l’intervento legislativo oggetto di censura è stato quindi consentito l’utilizzo per finalità edificatorie di volumetrie “trasferite” provenienti da una localizzazione diversa da quella in cui si svolge l’attività agrituristica, in contrasto con il principio fondamentale dell’art. 3 della legge n. 96 del 2006, che impone il requisito della preesistenza dell’edificio «nel fondo».
4.3.– Va inoltre sottolineato che la disciplina regionale impugnata si pone in contrasto con il medesimo principio anche sotto un ulteriore profilo. Essa consente infatti di utilizzare le volumetrie trasferite – oltre che per le addizioni volumetriche – anche per «interventi di trasferimento del volume in prossimità di edifici esistenti» e quindi per la realizzazione di strutture per definizione diverse e autonome rispetto a quelle originarie. In relazione a questa tipologia di interventi, va senz’altro escluso che sia soddisfatto il requisito della “preesistenza” degli edifici. Infatti, anche a prescindere dalla indeterminatezza della nozione di «prossimità», è questa stessa indicazione a dimostrare che si tratta di strutture necessariamente separate e distinte rispetto a quella originaria: in quanto tali, esse non possono qualificarsi come «già esistenti». Anziché rispondere all’esigenza di recupero del patrimonio immobiliare esistente, i relativi interventi edilizi risultano volti ad ampliare l’area destinata all’attività agrituristica, in contrasto con il principio fondamentale posto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006.
4.4.– Infine, come evidenziato dal ricorrente, la disposizione regionale impugnata non specifica che il trasferimento di volume possa essere effettuato per una sola volta. Sia pure nei limiti di densità stabiliti dai piani urbanistici e territoriali, essa consente di realizzare interventi di ampliamento su edifici la cui volumetria era stata già aumentata.
Infatti, la disposizione impugnata – pur richiamando espressamente l’art. 71, comma 2, della legge reg. Toscana n. 65 del 2014, che per i trasferimenti di volumetrie fissa il limite quantitativo del 20 per cento del volume legittimamente esistente – non prevede il limite stabilito dal comma 1-bis del medesimo art. 71, che consente di eseguire gli interventi di addizione volumetrica per una sola volta.
Inoltre, il testo precedente dell’art. 71, comma 2, all’ultimo periodo stabiliva che «[i] volumi trasferiti non si cumulano tra di loro […]». La nuova formulazione del comma 2 – introdotta dall’art. 25, comma 3, della legge della Regione Toscana 8 luglio 2016, n. 43 (Norme per il governo del territorio. Misure di semplificazione e adeguamento alla disciplina statale. Nuove previsioni per il territorio agricolo. Modifiche alla l.r. 65/2014, alla l.r. 5/2010 e alla l.r. 35/2011) – ha eliminato il previgente divieto e il cumulo deve ritenersi ora permesso. Ciò conferma la possibilità di realizzare plurimi trasferimenti di volumetrie, cumulabili tra di loro, sia pure nei limiti previsti dagli strumenti urbanistici. In questo modo, vengono consentiti interventi di ampliamento su immobili la cui volumetria era stata già aumentata, eludendo così il limite posto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006, consistente nell’utilizzabilità dei soli «edifici […] già esistenti».
4.5.– In definitiva quindi, gli utilizzi di volumetrie trasferite, consentiti dalla disposizione impugnata, si risolvono nell’estensione delle possibilità edificatorie per finalità agrituristiche e, quindi, in interventi di trasformazione del territorio agricolo che esorbitano dalle finalità di recupero del preesistente patrimonio immobiliare. Attraverso questa estensione, l’intervento regionale in esame è idoneo a determinare lo snaturamento di quanto “preesisteva” nel fondo e finisce per vanificare quella finalità di recupero del patrimonio immobiliare in zone agricole e di equilibrato bilanciamento tra le esigenze del turismo e la tutela della vocazione agreste dei fondi, finalità che è a fondamento del limite previsto dal parametro interposto (sentenza n. 96 del 2012).
Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge reg. Toscana n. 15 del 2022, per violazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio e in particolare dell’art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006.
5.– Restano assorbite le ulteriori censure formulate dalla difesa statale in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché al principio di leale collaborazione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione Toscana 24 maggio 2022, n. 15 (Disciplina dell’oleoturismo e dell’ospitalità agrituristica. Modifiche alla l.r. 30/2003).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2023.