L’ordinamento non riconosce gli adempimenti postumi in tema di sicurezza delle costruzioni e tutela della pubblica incolumità
di Massimo GRISANTI
Sono trascorsi oltre dieci anni da quando il dott. Luca Ramacci gentilmente pubblicò sulla rivista Lexambiente il mio scritto intitolato «Insostituibilità della preventiva autorizzazione sismica». Tanti sono occorsi prima che il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 9355/2024 della sesta sezione (Pres. Franconiero, Est. Ponte), pubblicata il 20.11.2024 – https://www.lexambiente.it/index.php/materie/urbanistica/consiglio-di-stato64/urbanistica-inammissibilita-autorizzazione-sismica-in-sanatoria – affermasse che “… Come correttamente rilevato dal T.A.R., l’istituto della autorizzazione sismica in sanatoria non è riconosciuto nel nostro ordinamento … In conclusione, la richiesta di autorizzazione ai fini sismici è sempre preventiva, non potendosi ammettere l’istituto dell’autorizzazione sismica in sanatoria …”, così negando che sia possibile richiedere e rilasciare la sanatoria edilizia ex art. 36 d.P.R. 380/2001, circostanza che presuppone l’avvenuto adempimento delle preventive formalità di cui alla Parte II del Testo unico dell’edilizia tra cui la preventiva autorizzazione ex art. 61 d.P.R. 380/2001.
Detta pronuncia del Consiglio di Stato è stata preceduta sul versante della giurisprudenza di legittimità penale dalla sentenza n. 36774/2024 della terza sezione (Pres. Ramacci, Rel. Aceto), pubblicata il 3.10.2024, ove gli Ermellini ribadiscono i medesimi concetti riguardo anche agli adempimenti preventivi del deposito progetto per le costruzioni in cemento armato o a struttura metallica oppure per le costruzioni in zona di bassa sismicità: “… 6.2. Sotto altro e diverso profilo, va ricordato il principio secondo il quale il rispetto del requisito della conformità delle opere sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda di regolarizzazione (cd. “doppia conformità”), richiesto ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex artt. 36 e 45 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è da ritenersi escluso nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell’autorizzazione sismica (Sez. 3, n. 2357 del 14/12/2022, dep. 2023, Casà, Rv. 284058 - 01; Sez. 3, n. 14645 del 13/03/2024, Erbasecca, non mass.; Sez. 3, n. 11999 del 06/03/2024, Virga, non mass. sul punto; Sez. 3, n. 7720 del 30/03/2023, Amendola, non mass.).
6.3. Tale principio deve essere esteso non solo alle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica realizzate in violazione degli artt. 64, commi 2, 3 e 4, e 65 d.P.R. n. 380 del 2001 ma, più in generale, alle opere realizzate in violazione della “disciplina edilizia” vigente sia al momento della realizzazione dell'abuso che a quello della presentazione della domanda di permesso di costruire in sanatoria.
6.4.Ciò per due motivi:
(i) quanto alle opere in conglomerato cementizio e a struttura metallica, perché i reati di cui agli artt. 71 e 72 d.P.R. n. 380 del 2001 non sono, al pari di quelli che sanzionano l’abusiva realizzazione delle opere in zone sismiche, in alcun modo sanabili (Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018, Cardella, Rv. 274212 - 01, che ha escluso che il deposito “in sanatoria” degli elaborati progettuali estingua la contravvenzione in materia di costruzioni in cemento armato, che punisce l’omesso deposito preventivo degli stessi; Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, Rizzo, Rv. 270792 - 01; Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014, Conforti, Rv. 261099 - 01; Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010, Braccolino, Rv. 246462 - 01);
(ii) perché, più in generale, la doppia conformità imposta dall'art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 deve riguardare non solo la disciplina urbanistica, ma anche quella edilizia, dovendosi intendere per “disciplina edilizia” l’insieme delle norme tecniche comprese nella parte seconda del d.P.R. n. 380 del 2001, quelle contenute nei regolamenti edilizi comunali di cui all’art. 4 d.P.R. n. 380 del 2001 (che disciplinano, a loro volta, le modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi) …”.
In questo quadro giurisprudenziale, che riporta la funzione giudiciale nell’alveo assegnatole dal popolo sovrano con l’art. 101 della Costituzione, merita di esser richiamata – quale negativo contraltare, esempio di insopportabile invadenza del campo legislativo da parte della magistratura – la sentenza n. 3645/2024 della seconda sezione del Consiglio di Stato (Pres. Cirillo, Est. Manzione) nella quale i giudici, in astratto, ammettono la possibilità che dai principi generali dell’ordinamento possa ricavarsi la correttezza della prassi amministrativa di rilasciare autorizzazioni postume in materia di tutela della sicurezza e della pubblica incolumità.
Una sentenza, sconfessata dalla successiva n. 9355/2024 dei colleghi della sesta sezione, ove le argomentazioni dei giudici di palazzo Spada (Est. Manzione) scontano l’evidente errore di lettura della pronuncia n. 2/2021 della Corte costituzionale. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal Collegio giudicante, affatto la Consulta avrebbe aperto alle autorizzazioni sismiche ex post, atteso che il primo dei due motivi d’impugnazione dell’art. 46 della legge Toscana n. 69/2019 – ossia la volontà della Regione di «introdurre un titolo in sanatoria non contemplato dalla legislazione statale» – non è stato trattato dalla Consulta facendo ricorso al c.d. principio della ragione più liquida. Lo dimostriamo riportando il passo specifico citato anche nella sentenza Manzione: “… 14.3.– La censura è fondata, per l’assorbente ragione del contrasto della disposizione impugnata con il principio della “doppia conformità” degli interventi oggetto di SCIA in sanatoria …”.
Quindi, è palesemente errato far derivare dall’applicazione del principio della ragione più liquida, come lo fa derivare il Collegio giudicante del Consiglio di Stato nella sentenza n. 3645/2024, l’avallo alla tanto praticata, quanto illecita, prassi amministrativa di «introdurre un titolo in sanatoria non contemplato dalla legislazione statale».
Concludendo – dopo aver ribadito, ancora una volta, che solo preventive indagini e valutazioni assicurano ai cittadini quell’idonea garanzia sul rispetto delle norme previste dall’ordinamento a tutela della sicurezza dei beni e della pubblica incolumità – i più avveduti, sereni e rispettosi (dell’art. 101 Costituzione) giudici del Consiglio di Stato e della Suprema Corte di cassazione insegnano ai cittadini che se vogliono evitare il rischio di non poter accedere ai benefici della sanatoria edilizia gli adempimenti preventivi prescritti in materia di sicurezza delle costruzioni devono essere sempre espletati pur in assenza del titolo abilitativo edilizio comunale.
Ed attenzione!
Siccome gli adempimenti preventivi contribuiscono alla determinazione dello stato legittimo dell’immobile ex art. 9 bis d.P.R. 380/2001 (v. Cons. Stato, sezione quarta, sentenza n. 3006/2023), ecco che l’ordinamento non può riconoscere alcun valore a tal scopo alle atipiche sanatorie edilizie, solo nominalmente rispettose degli articoli 36 e 37 T.U.E., corredate da depositi e autorizzazioni postumi dell’ufficio regionale del Genio civile, perché frutto dell’illecita e creativa prassi amministrativa o legislazione regionale contrastante con i principi fondamentali del T.U.E. e con il riparto delle competenze legislative.