Il falso ideologico conseguente all’applicazione dell’art. 36-bis d.P.R. 380/2001
(Alias Come creare le condizioni per la modifica dell’art. 167 D.Lgs. 42/2004, il malcelato obiettivo della Legge di conversione del Salva Casa)
di Massimo GRISANTI
In sede di conversione del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, che ha introdotto l’art. 36-bis “Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali” nel corpo del Testo unico dell’edilizia, il quarto comma è stato modificato in guisa da rendere APPARENTEMENTE ammissibile l’istanza di rilascio del permesso a sanatoria per interventi eseguiti su beni paesaggistici anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati .
Alias come generare problemi ai cittadini che, facendo affidamento su disposizioni di legge, poi, quando scopriranno che ciò che hanno ottenuto non ha alcun valore giuridico, chiederanno loro di risolverli invocando a gran voce la modifica dell’art. 167 d.lgs. 42/2004 se non addirittura, perché no, un nuovo condono edilizio tombale.
Il malcelato intento dei condottieri del popolo sta iniziando a portare i frutti auspicati grazie alle prime pronunce di giudici amministrativi che si sono approcciati al tema, invero in modo molto superficiale , disponendo le loro vele verso il vento nuovo che spira:
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TAR Umbria, sentenza n. 687/2024, pubblicata il 10.10.2024 (Pres. Est. Ungari, Carrarelli, De Grazia):
“… Infine, deve escludersi la necessità (ed anche la possibilità, alla luce dell’art. 73, comma 1-bis, cod. proc. amm.) di sospendere il giudizio, in dipendenza della sopravvenuta presentazione di una domanda ai sensi dell’art. 36-bis del t.u.ed. 380/2001, come novellato dal d.l. 69/2024, convertito nella legge 105/2024.
Detta disposizione, infatti, prevede che “In caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 37, fino alla scadenza dei termini di cui all’articolo 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle variazioni essenziali di cui all'articolo 32.” (comma 1). Inoltre, “Qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati.” (comma 4).
Pertanto,la derogaall’art. 167, comma 5 (oltre che all’art. 36 del t.u.ed.), in presenza di opere per le quali sia necessario il permesso di costruire, scatta soltanto se si tratti di una difformità dallo stesso, non anche in caso di completa assenza del titolo autorizzatorio per un intervento strutturalmente e funzionalmente autonomo, come invece deve ritenersi avvenga nel caso in esame …”.
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CONS. STATO, sentenza n. 8722/2024, pubblicata il 4.11.2024 (Pres. Caputo, Est. Manzione, Sabbato, Addesso, Ravasio):
“… Per mera completezza il Collegio evidenzia come la nitidezza della evidenziata distinzione è destinata a generare nuove aree chiaroscurali se si ha riguardo alla nuova disciplina della sanatoria ordinaria introdotta con l’introduzione nel d.P.R. n. 380 del 2001 dell’art. 36-bis, ad opera del d.l. 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2024, n. 105 (c.d. “salva casa”): il comma 5-bis, infatti, consentendo l’accertamento di conformità anche per interventi eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica sulla base del previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, peraltro anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati, sembrerebbe avere di fatto ampliatole previsioni di cui all’art. 167, ma delegando (nuovamente) al parere la valutazione di compatibilità paesaggistica, e dunque un giudizio di merito che, ove negativo, implicherà la demolizione, in luogo della sanzione pecuniaria …”.
A fronte del chiaro disposto dell’art. 183, co. 6, d.lgs. 42/2004 – “Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai princìpi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni” – a parere di chi scrive sarebbe ben più grave, rispetto ad altre ipotesi, che i Giudici non conoscano la disposizione o non ne comprendano il precetto.
Quanto statuito dal Collegio umbro del TAR, presieduto dal giudice Ungari, è apertamente in contrasto con l’art. 183 d.lgs. 42/2004 perché espressamente qualificandola DEROGA – la disposizione dell’art. 36-bis, co. 4, del Testo unico dell’edilizia – senza indicare in quale punto del decreto-legge Salva Casa sia scritto che viene modificato l’art. 167 Codice, ecco che essi tutti del collegio vanno oltre l’applicazione della legge, innovandola.
Quanto invece adombrato dal Consiglio di Stato, ossia una parziale abrogazione implicita dell’art. 167 d.lgs. 42/2004, assolutamente non tiene conto delle precedenti del medesimo Supremo Consesso amministrativo, nonché della Corte costituzionale, proprio riguardo al valore da attribuire a siffatte norme di chiusura dei testi unici o dei codici di riordino:
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CONS. STATO, sentenza n. 9791/2024, pubblicata il 6.12.2024 (Pres. Carbone, Est. Monteferrante, Spisani, Martino, Carrano): “… Innanzitutto, occorreribadire… che le norme del codice dell’ambiente “possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi” (art. 3-bis, comma 3, cod. amb.),la cui disposizione è volta ad escludere l’operatività del criterio generale dell’abrogazione delle leggi“per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti” (art. 15 disp. prel. cod. civ.) …”;
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CONS. STATO, sentenza n. 6037/2022, pubblicata il 15.7.2022 (Pres. Giovagnoli, Est. Bruno, Di Carlo, Zeuli, Marzano): “… Ed è appena il caso di soggiungere, al riguardo, che l’art.183, comma 6 del D.Lgs. 42/2004 reca il c.d.principio di salvaguardia dell’unitarietà del sistema normativo di tutela, prevedendo, con unaclausola di salvaguardia rafforzata, che “Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni” …”;
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CORTE COSTITUZIONALE, sentenza n. 129/2019, pubblicata il 28.5.2019 (Pres. Lattanzi, Est. Barbera): “… Le norme contenute nel cod. ambiente, infatti, per espressa previsione dell’art. 3-bis «possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica»; ela mancanza di tale dichiarazione espressanella legge n. 56 del 2014 non può essere colmata né dagli interventi legislativi regionali, né dalle intese intervenute nella Conferenza unificata …”.
Considerando, infine che l’art. 1, co. 2, d.P.R. 380/2001 stabilisce che “Restano fermele disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490”, ora d.lgs. 42/2004, ecco che:
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si pongono in contrasto con l’art. 101 Costituzione tutti quei giudici che fanno derivare dall’art. 36-bis, co. 4, t.u.e. una modifica del divieto di sanabilità paesaggistica in caso di creazione di superfici o volumi in assenza di autorizzazione ex art. 146 Codice.;
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COMMETTONO FALSO IDEOLOGICO tanto i professionisti che asseverano ex art. 20 d.P.R. 380/2001 la sanabilità edilizia di aumenti di superficie e volume in assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica, tanto i funzionari comunali che fanno avanzare nel procedimento l’istanza di sanatoria ex art. 36 TUE e finanche la rilasciano.
Scritto il 26.12.2024