Manifesta incostituzionalità della Legge Regione Veneto 23 dicembre 2019, n. 50 in tema di regolarizzazione di opere edilizie

di Massimo GRISANTI

Il tempo di Natale è tempo di regali, un’atmosfera che ha pervaso Palazzo Ferro-Fini sede del Consiglio della Regione Veneto.
Naturalmente poco incline al rispetto del concetto di unitarietà dello Stato, essendo molteplici le pronunce di incostituzionalità di sue leggi in tema di governo del territorio, il legislatore veneto, al fine di risolvere problemi di commerciabilità dei beni immobili o di esercizio dello ius penitendi,  espone nuovamente i propri cittadini regionali ad autodenunce di abusi edilizi che, a meno che il Governo non si mostrerà amico evitando di impugnare la legge n. 50/2019 innanzi alla Corte costituzionale, andranno ad infoltire le masse di accertamenti di abusi edilizi ancora non evasi perché non portati ad esecuzione.
Infatti, con la legge regionale n. 50/2019 viene offerta ai cittadini, a mò di mela avvelenata, la via a regolarizzare, ovverosia condonare, non solo opere realizzate prima dell’entrata in vigore della legge 10/1977 in difformità dal titolo abilitativo edilizio, ma addirittura quelle assolutamente prive di licenza edilizia o di denuncia di nuova opera per le quali il Comune ha comunque rilasciato l’autorizzazione all’abitabilità o agibilità.
Dietro i numerosi tentativi di sanatorie regionali (Toscana, Campania, Veneto, Basilicata, Sicilia ecc.) pare che vi sia una certa volontà di voler utilizzare i cittadini che si autodenunciano per creare le condizioni di emanazione di un condono edilizio straordinario nazionale.
Occorre fare alcuni passi indietro.
Innanzi tutto appare necessario ricordare che la Corte costituzionale, con sentenza n. 233/2015 resa in ordine a disposizioni consimili della regione Toscana, ebbe a statuire che spetta esclusivamente allo Stato stabilire le scelte di principio sul versante della sanatoria amministrativa, in particolare quelle relative all’an, al quando e al quantum: la decisione sul se disporre, nell’intero territorio nazionale, un condono straordinario, e quindi la previsione di un titolo abilitativo edilizio straordinario; quella relativa all’ambito temporale di efficacia della sanatoria; infine l’individuazione delle volumetria massime condonabili … esula dalla potestà legislativa regionale il potere di disporre autonomamente una sanatoria straordinaria per il solo territorio regionale. Del resto, affermano i Giudici, i proprietari di tali immobili irregolari ben potevano fare ricorso alle varie sanatorie edilizie straordinaria succedutesi nel tempo.
E’ quindi manifesta l’incostituzionalità della legge Regione Veneto n. 50/2019 perché emanata autonomamente e al di fuori di una previsione legislativa statale per tutto il territorio nazionale.
In secondo luogo, appare evidente che la Regione Veneto sia alle prese con sempre più numerose denunce di abusi edilizi inerenti edifici eretti prima della legge n. 1150/1942 allorquando vigevano, nei territori considerati, regolamenti edilizi locali che imponevano l’obbligo di munirsi di titolo abilitativo non solo nei centri abitati, ma finanche nell’intero territorio comunale.
Per tutte le pronunce giudiziali di primo e secondo grado, vedasi TAR Veneto, sentenza n. 783/2019 pubblicata il 28.06.2019 (Rispoli c. Comune di Venezia) oppure sentenza n. 303/2015 pubblicata il 12.03.2015 (Toninato c. Comune di Motta di Livenza) oppure sentenza n. 553/2009 resa il 04.03.2009 (Damian c. Comune di Longarone) nonché Consiglio di Stato, sentenza n. 5330/2019 pubblicata il 29.07.2019 (Comune di Venezia c. Pistellato e nei confronti della Regione Veneto) oppure sentenza n. 3789/2017 pubblicata il 28.07.2017 (Zennaro Corrado s.a.s. c. Comune di Chioggia).
In terzo luogo, è ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato che assolutamente non riconosce all’autorizzazione all’abitabilità una qualche funzione di titolo abilitativo edilizio, anche a sanatoria, dell’opera considerata (v. ex plurimis: Cons. Stato, n. 8180/2019; n. 2456/2018).
Orbene, fatta eccezione per le opere prive di titolo abilitativo edilizio, ma comunque dotate di autorizzazione all’abitabilità, l’entità degli abusi edilizi ammessi a regolarizzazione dalla legge regionale de qua appare essere riconducibile a quelle difformità non demolibili per non arrecare pregiudizio alla parte costruita in conformità al titolo, ma che al contempo non possono ottenere il permesso a sanatoria ex art. 36 TUE perché prive della cosiddetta doppia conformità.
La sostanziale differenza rispetto al regime ex art. 34 TUE è il fatto che mentre il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria non costituisce legittimazione dell’abuso, di talché non è possibile intervenire successivamente con interventi eccedenti la manutenzione straordinaria puramente conservativa, con le disposizioni della legge regionale n. 50/2019 si perverrebbe ad una piena regolarizzazione dell’immobile non ricadente in aree sottoposte a vincolo.
Per di più, il legislatore regionale, in dispregio del principio fondamentale della materia del governo del territorio che riserva allo Stato le disposizioni in tema di titoli abilitativi, stabilisce che il titolo sanante anche per opere assolutamente prive di titolo edilizio ab origine (ma semplicemente corredate dall’autorizzazione di abitabilità o agibilità) sarebbe la segnalazione certificata di inizio attività, così attribuendo funzioni certificative aventi valenza di straordinario condono edilizio – che, notoriamente, sono di esclusiva spettanza degli organi comunali – ad un’oggettivamente privata forma semplificativa coniata dal legislatore statale per i procedimenti ordinari.
E’ quindi manifesta la violazione degli artt. 3, 97 e 117 Cost. secondo e terzo comma nelle materie dell’ordinamento civile e del governo del territorio, per il tramite delle norme interposte ex artt. 1, 2, 22, 27, 34, 36, 37 e 46 d.P.R. 380/2001 nonché ex art. 40 l. 47/1985.