Sui limiti delle deroghe al vincolo cimiteriale.
di Massimo GRISANTI
Sono passati più di dieci anni da quando la disciplina del vincolo cimiteriale (art. 338 T.U.L.S.) è stata completamente sostituita ad opera dell’art. 28 della legge n. 166/2002, e sovente si assiste a palesi stravolgimenti della ratio che ha ispirato il legislatore.
La pressoché totalità degli operatori del settore, con la compiacenza di funzionari Asl quantomeno distratti, applica il nuovo art. 338 come se fosse più permissivo rispetto alla versione antecedente.
In realtà è vero l’opposto, è oltremodo più stringente e non consente più alcuna programmazione urbanistica in violazione di esso.
E’ pacificamente riconosciuto in giurisprudenza che il vincolo cimiteriale vige ope legis, non abbisognando di alcun recepimento negli strumenti urbanistici, ma inscrivendosi su quelli approvati (cfr.: TAR Sicilia, CT, n. 564/2003; TAR Liguria, n. 626/2003; TAR Puglia, BA, n. 4755/2002; TAR Umbria, n. 534/2002; TAR Piemonte, n. 111/1989).
Il concetto è stato recentemente ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4403/2011: “(…) Orbene, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, con considerazioni che in questa sede si intendono ribadite, ha già avuto modo di affermare che la fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie (e che deve essere misurata a partire dal muro di cinta del cimitero), costituisce un vincolo assoluto di in edificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di PRG, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienicosanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2011 n. 1645 e 27 ottobre 2009 n. 6547; sez. V, 14 settembre 2010 n. 6671).”.
Ebbene:
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nello stabilire, al comma 1, che gli edifici, pubblici o privati che siano, devono essere realizzati ad oltre 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale (obbligo immediatamente vigente e vincolante non solo il rilascio dei permessi di costruire, ma anche l’azione pianificatoria comunale);
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e al contempo ammettere la possibilità di deroga solo “per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico” (opera o intervento urbanistico evidentemente già pianificato al momento dell’entrata in vigore della legge n. 166/2002, e non certo prevedibile da tale momento in poi);
il legislatore statale:
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ha dichiarato insanabilmente invalide, per il futuro, tutte le previsioni edificatorie contenute negli strumenti urbanistici adottati e approvati all’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 166/2002;
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ha imposto la rivalutazione delle previsioni edificatorie contenute in strumenti urbanistici vigenti all’entrata in vigore della legge n. 166/2002, qualora i soggetti interessati (pubblico o privato) volessero dare esecuzione ad un’opera pubblica oppure chiedere il rilascio di un permesso di costruire.
In conclusione, alcuna deroga è invocabile per eseguire opere pubbliche o dare attuazione ad interventi urbanistici relativi a strumenti di pianificazione generali adottati e approvati dopo il 18 agosto 2002 (entrata in vigore della legge n. 166/2002).
Scritto il 27 novembre 2013