Tribunale Brindisi sent. 2705 del 23 dicembre 2016
Pres. Cacucci Est. Cacucci Imp.Cavallo ed altri
Urbanistica.Impianto di produzione fotovoltaica
La contravvenzione di cui all’art. 44 lett. b) DPR 380/01 nel caso di esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili senza l’autorizzazione unica regionale prevista dall’art. 12 D.Leg.vo 367/2003 (nella specie si trattava di un impianto fotovoltaico), è integrata in presenza di una effettiva e concreta lesione dell’interesse al permanente controllo della pubblica amministrazione competente sull’attività produttiva; diversamente, il fatto integra l’illecito amministrativo previsto dall’art. 44 D.Leg.vo 28/2011
N. 2705/16R. Sent
N. 6455/11 R.G.N.R.
N. 493/15 R.G. Dib. (vi è riunito il n. 1707/15 R.G.)
TRIBUNALE DI BRINDISI
S E N T E N Z A
(artt. 544 e segg., 549 c.p.p.)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
MOTIVI CONTESTUALI
SENTENZA
In data
12/12/2016
Depositata il
23/12/16
Irrevocabile il
Estratto esecutivo il ____________
Il Tribunale di Brindisi nella persona del dott. Francesco CACUCCI alla
pubblica udienza dei 12.12.2016 ha pronunziato e pubblicato mediante
lettura del dispositivo la seguente
S E N T E N Z A
Nei confronti di:
omissis
MPUTATI
del reato di cui agli ara. 110, 44 lett. c) DRP 380/01 (lottizzazione abusiva) perché in concorso tra loro, omissis, in qualità di proprietari dei terreni, o in qualità di tecnico asseverante, omissis in qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, nonché amministratore unico della omissis s.r.l. (ditta esecutrice delle opere di realizzazione dell'impianto fotovoltaico), omissis in qualità di amministratore unico della omissis (società alla quale omissis risulta aver venduto il proprio terreno), omissis, in qualità di amministratore unico della omissis(società alla quale omissis risulta aver venduto il proprio terreno), omissis , in qualità di amministratore unico della omissis s.r.l. (società alla quale omissis risulta aver venduto il proprio terreno) eomissis, in qualità di amministratore unico della omissis s.r.l. (indicata nelle denunce di inizio attività quale impresa esecutrice delle opere), nonché della omissis s.r.l. (ditta subentrata alla omissis s.r,l, per la realizzazione dell'impianto fotovoltaico), realizzavano ed esercitavano in Contrada "Martucci" sui terreni agricoli distinti in Catasto al Foglio 25, par.lle 33, 26 e 45 (proprietà omissis), Foglio 25, [mi-Me 329. 337, 335, 338 e 159 (proprietà di omissis). Foglio 25 partile 330, 336. 339, 340 e 29 (proprietà di omissis), un impianto di produzione di energia elettrica tramite conversione foto voltaica della potenza nominale complessiva di circa 3 MW, in assenza della prescritta autorizzazione unica regionale e del permesso di costruire, ed allo scopo di eludere la prevista procedura per il rilascio dell'autorizzazione unica regionale, seguivano la disciplina della Denuncia di inizio attività di cui agli artt. 22 e 23 DPR 380/01, procedendo ad un'artificiosa suddivisione del predetto impianto unico in tre parchi fotovoltaici contigui, ciascuno di potenza poco inferiore ad 1 MW, formalmente intestati a tre diverse società, omissis, omissis s.r.l. e omissis s.r.I., ma di fatto facenti capo ad un unico centro di interessi, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali, ed altresì delle tradizioni agroalimentari locali, della tutela della biodiversità, così come de patrimonio culturale e del paesaggio rurale, in riferimento agli artt. 7 ed 8 della L. 57/2001 — 14 D.Leg.vo 228/2001;
In Torre Santa Susanna, fino al febbraio 2014 (data del sequestro)
Con la presenza del RM. Dott. Bonatesta e degli Avv,ti Pantaleo (anche in sostituzione dell'Avv. Farina con delega), Missere (sostituto con delega dell'Avv. Camassa), Mele (sostituto con delega degli Avv.ti Manfreda e Zappia), Guagliani;
Conclusioni delle parti: sono riportate nella motivazione
Procedimento penale n, 494/15 R.G.
Sentenza n. 2706 del 12.12.2016
I L P R O C E S S O
Con decreto del 21.10.2014 il P.M. ha disposto la citazione a giudizio di:
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CAVALLO Maria Vincenza, CAVALLO Giovanni, CAVALLO Giuseppe , nelle rispettive qualità di proprietari dei terreni siti in Torre Santa Susanna alla contrada “Martucci”, censiti in Catasto al Foglio 25, part.lle 33, 26 e 45 (proprietà di Cavallo Maria Vincenza), 25, part.lle 329, 337, 335, 338, 159 (proprietà di Cavallo Giovanni), 25, par.lle 330, 336, 339, 344, 340, 29 (proprietà di Cavallo Giuseppe);
-
PETROSILLO Maurizio , in qualità di tecnico asseverante;
-
CAFORIO Cosimo , in qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, nonché di amministratore della HELIANTHUS s.r.l. (ditta esecutrice delle opere di realizzazione dell’impianto fotovoltaico);
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CAFORIO Saverio , in qualità di amministratore unico della FEBO s.r.l. (società acquirente del terreno di proprietà di Cavallo Giuseppe);
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GRECO Gabriella , in qualità di amministratore unico della NATURA ENERGIA s.r.l. (società acquirente del terreno di proprietà di Cavallo Giovanni);
-
DE FAZIO Pietro , in qualità di amministratore unico della ELIOS s.r.l. (società acquirente del terreno di proprietà di Cavallo Maria Vincenza);
-
RUBINO Giovanni , in qualità di amministratore unico della WINSOL ENERGY SISTEMS s.r.l. (indicata nelle denunce di inizio attività quale impresa esecutrice delle opere), nonché di comproprietario della HELIANTHUS s.r.l. (ditta subentrata alla WINSOL ENERGY SYSTEMS s.r.l. per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico);
chiamati a rispondere del reato di cui agli artt. 110, 44 lett. c) DRP 380/01 (lottizzazione abusiva) per aver realizzato sui terreni suindicati “ un impianto di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica della potenza nominale complessiva di circa 3 MW, in assenza della prescritta autorizzazione unica regionale e del permesso di costruire, ed allo scopo di eludere la prevista procedura per il rilascio dell’autorizzazione unica regionale, seguivano la disciplina della Denuncia di inizio attività di cui agli artt. 22 e 23 DPR 380/01, procedendo ad un’artificiosa suddivisione del predetto impianto unico in tre parchi fotovoltaici contigui, ciascuno di potenza poco inferiore ad 1 MW, formalmente intestati a tre diverse società, FEBO s.r.l., NATURA ENERGIA s.r.l. e ELIOS s.r.l., ma di fatto facenti capo ad un unico centro di interessi, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali, ed altresì delle tradizioni agroalimentari locali, della tutela della biodiversità, così come de patrimonio culturale e del paesaggio rurale, in riferimento agli artt. 7 ed 8 della L. 57/2001 – 14 D.Leg.vo 228/2001; in Torre Santa Susanna, fino al febbraio 2014 (data del sequestro)”.
Il P.M. ha chiesto provarsi il fatto di cui all’imputazione attraverso l’esame dei testimoni della propria lista e con la produzione documentale indicata nel verbale d’udienza; i difensori degli imputati hanno chiesto esaminarsi i testimoni e cc.tt. indicati nelle rispettive liste nonché i propri assisiti, ed hanno prodotto gli atti ed i documenti di cui ai verbale d’udienza (la gran parte della produzione documentale della difesa è allegata alle rispettive cc.tt.pp.).
Il Tribunale ha ammesso le prove richieste, ritenutane la non manifesta infondatezza ed irrilevanza.
All’udienza dell’1.7.2015, il P.M. ha proceduto alla modifica dell’imputazione nel senso di contestare non solo la condotta di “ realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica ”, ma anche di “esercizio” del ridetto impianto.
Quindi si è proceduto all’esame dei testimoni Mar.llo Lazzari Francesco (udienza dell’1.7.2015 e del 4.11.2015), Guerrieri Massimo (udienza del 18.11.2015), Marasciulo Giacomo, Longano Maurizio e Sabba Michele (udienza del 16.12.2015), Cavallo Armando e Sergi Antonino (udienza del 22.2.2016).
Di seguito il Giudice ha dichiarato chiusa l’istruttoria ed utilizzabili gli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento; le parti hanno rassegnato le seguenti conclusioni (udienze del 5.12.2016 e del 12.12.2016):
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P.M.: condanna di CAVALLO Maria Vincenza, CAVALLO Giovanni e CAVALLO Giuseppe alla pena di mesi nove di arresto ed Euro 45.000,00 di ammenda; condanna dei restanti imputati alla pena di un anno di arresto ed Euro 60.000,00 di ammenda; confisca delle opere in sequestro;
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Avv.ti Farina e Pantaleo (difensori di CAVALLO Maria Vincenza, CAVALLO Giovanni e CAVALLO Giuseppe): assoluzione perché il fatto non sussiste; in subordine, n.d.p. per intervenuta prescrizione; in via ulteriormente gradata, applicazione del minimo della pena e riconoscimento dei benefici di legge;
-
Avv. Sardano (difensore di PETROSILLO Maurizio): assoluzione per non aver commesso il fatto; in subordine, n.d.p. per intervenuta prescrizione; in via ulteriormente gradata, applicazione del minimo della pena e riconoscimento dei benefici di legge;
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Avv.ti Manfreda e Zappia (difensori di GRECO Gabriella): assoluzione perché il fatto non sussiste; in subordine, n.d.p. per intervenuta prescrizione;
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Avv.to Guagliani (difensore di RUBINO Giovanni): assoluzione perché il fatto non sussiste; in subordine, n.d.p. per intervenuta prescrizione; restituzione di quanto in sequestro;
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Avv.to Camassa (difensore di CAFORIO Cosimo, CAFORIO Saverio e DE FAZIO Pietro): assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in subordine, n.d.p. per intervenuta prescrizione; restituzione di quanto in sequestro.
L A M O T I V A Z I O N E
Premessa .
La vicenda in oggetto trae origine da un’indagine compiuta dai Carabinieri della Stazione di Torre Santa Susanna, riguardante la verifica delle procedure amministrative sottese alla realizzazione di tre impianti fotovoltaici installati nella contrada “Martucci” in agro di Torre Santa Susanna, aventi ciascuno potenza nominale inferiore ad un Mega Watt.
Secondo l’assunto accusatorio i tre impianti, pur formalmente realizzati e gestiti da tre soggetti giuridici formalmente distinti, erano espressione di un’iniziativa imprenditoriale riferibile ad un unico centro di interessi, con la conseguenza che le tre strutture dovevano essere considerate un unicum avendo riguardo ai vantaggi conseguiti dall’operazione, sia sotto il profilo degli oneri finanziari accessori sostenuti che del tempo impiegato per il conseguimento dei titoli abilitativi (DD.II.A.) in funzione del tempestivo accesso alle tariffe incentivanti previste per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; l’iniziativa imprenditoriale, secondo il P.M., avrebbe pertanto richiesto il previo rilascio dell’Autorizzazione unica regionale prescritta per gli impianti fotovoltaici aventi capacità produttiva superiore ad 1 MW; tale titolo, nella specie, era mancante.
Questo assunto ha trovato conferma all’esito del dibattimento, pur non potendo accedersi alla pronuncia di una sentenza di condanna degli imputati per le ragioni che si esporranno.
Prima dunque di passare alla ricostruzione dei fatti, quale emersa a seguito della istruttoria, si impone una breve digressione, necessaria ad inquadrare più agevolmente la disciplina normativa di riferimento.
La normativa di riferimento .
Occorre sin d’ora porre in rilievo come la disciplina in materia di costruzione di impianti di produzione di energia mediante conversione fotovoltaica attualmente in vigore nella Regione Puglia sia il prodotto di una complessa attività normativa, venuta a stratificarsi, nel corso di poco meno di un decennio, a seguito di interventi legislativi da fonte statale e regionale, di pronunce di incostituzionalità e di ulteriori interventi provenienti da fonti secondarie.
1 - La normativa statale prende avvio con l’art. 12 del Decreto Legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003, emanato in attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, che, dopo aver disposto nei commi 1 e 2 che “ Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti ” (comma 1) e che “ Restano ferme le procedure di competenza del Mistero dell’interno vigenti per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi” (comma 2), ai commi 3, 4, 5 e 7, prevede che:
“ La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili , gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica , rilasciata dalla regione o dalle province delegate, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico . A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all’articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. Per gli impianti offshore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima” (comma 3).
“ L’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni…………. Il rilascio dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere [in ogni caso] l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni” (comma 4).
“ All’installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della Denuncia di Inizio Attività di cui agli articoli 22 e 23 del Testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni . Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività” (comma 5).
“ Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici . Nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14 ” (comma 7).
È poi la tabella “A”, allegata al D.Leg.vo 387/03, a prevedere i limiti di potenza espressi in KW per ciascuna fonte di energia rinnovabile disciplinata dalla medesima fonte, a cui sono correlate le differenti discipline abilitative, stabilendo, per la fonte di energia solare fotovoltaica, il limite di potenza di 20 KW, oltre al quale l’impianto deve essere avviato mediante autorizzazione unica ai sensi dei comma 3 e 4 e non mediante D.I.A. ai sensi degli artt. 22 e 23 D.P.R. 380/01 .
2 - In ambito regionale, e per quel che specificamente attiene la Regione Puglia, la materia è stata regolata mediante interventi normativi successivi di rango primario e secondario.
Con provvedimento della Giunta Regionale datato 23.1.2007 (inserito nel BURP n. 19 del 6.2.2007) intitolato “ Procedimento per il rilascio dell’Autorizzazione Unica ai sensi del Decreto Legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 e per l’adozione del provvedimento finale di autorizzazione relativa ad impianti alimentati da fonti rinnovabili e delle opere agli stessi connesse, nonché delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio ”, si prevedeva una deroga alla previsione della autorizzazione unica per gli impianti fotovoltaici prescritta nel punto 1.2 parte prima (e sostanzialmente in deroga alla disciplina primaria contenuta nel Decreto Legislativo n. 387/03): gli impianti fotovoltaici con potenza superiore a 20 KW e fino a 1 MW, realizzati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, non erano soggetti ad autorizzazione unica ma a D.I.A.
Su tale previsione aveva successivamente inciso la Legge Regionale Puglia n. 1 del 19.2.2008, il cui art. 27 ( “Applicazione della disciplina di denuncia inizio attività per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ”), stabiliva che per “ Per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui all’articolo 2, comma 1, del Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 ( “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità” ), con potenza elettrica nominale fino a 1 MW e da realizzare nella Regione Puglia , fatte salve le norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di incidenza, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività (DIA), di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (“ Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia ”) e successive modifiche e integrazioni” in caso (tra l’altro) di “ impianti fotovoltaici posti su edifici industriali, commerciali e servizi, e/o collocati a terra internamente a complessi industriali, commerciali e servizi esistenti o da costruire ”, prevedendo la possibilità di costruzione dei medesimi “ in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, tenuto, peraltro, conto di quanto specificato dall’articolo 12, comma 7, del d.lgs. 387/2003. ”.
Il legislatore regionale interveniva nuovamente nel 2008, con la Legge Regionale n. 31 del 21.10.2008, intitolata “ Norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale ”, che introduceva una disciplina parzialmente difforme da quella nazionale ma più dettagliata di quella contenuta nella precedente legge 1/08, mediante la previsione di specifiche esclusioni zonali per la realizzazione di impianti fotovoltaici (art. 2 comma 1), l’attribuzione ai Comuni del potere di individuare zone ulteriori escluse dagli interventi suddetti (art. 2 comma 2), la previsione di deroghe a tali limiti zonali in relazione alla sussistenza delle caratteristiche tecniche peculiari degli impianti o del luogo di realizzazione degli stessi (art. 2 comma 3) e presupposti per la fruibilità della procedura abilitativa, parzialmente difformi da quelli previsti dalla legislazione statale (art. 3).
Ancora, tale legge, dopo aver determinato le zone radicalmente escluse dalla possibilità di interventi finalizzati alla realizzazione d’impianti di produzione elettrica da conversione fotovoltaica (zone agricole ritenute o riconosciute dagli strumenti urbanistici vigenti di particolare pregio, siti di importanza comunitaria, SIC, zone di protezione speciale, ZPS, aree protette nazionali ex l. 394/1991, aree protette ex legge Regionale 19/1997, oasi istituite dalla legge Regionale n. 27/1998 e nelle zone umide tutelate dalla convenzione internazionale di Ramsar n. 448/1976 nonché, le ulteriori zone individuate dai Comuni ai sensi dell’art. 2 comma 2) ed aver escluso dai limiti suddetti alcune categorie di impianti (finalizzati esclusivamente all’autoconsumo, con potenza elettrica nominale inferiore o uguale a 40 KW, realizzati sulle coperture degli edifici o fabbricati agricoli, civili, industriali o sulle aree pertinenziali ad essi adiacenti o da realizzarsi in aree industriali dismesse), disciplinava il regime abilitativo prescritto per gli impianti di produzione di energia di cui all’art. 2, stabilendo che per gli impianti da realizzare in zone agricole di potenza nominale compresa tra quella stabilita dalla tabella “A” di cui all’art. 2, comma 158, lettera g) della Legge 31.12.2007 n. 244 (corrispondente a KW 20) ed 1 MW, fatte salve le norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di incidenza, la disciplina applicabile fosse quella della Denuncia di Inizio Attività ex art. 22 e 23 D.P.R. 380/2001 e successive modifiche e integrazioni (prescrivendo che la superficie totale del terreno interessata all’impianto fosse estesa almeno due volte la superficie radiante e che la superficie non occupata dall’impianto fosse destinata esclusivamente ad usi agricoli).
Il medesimo articolo stabiliva, inoltre, che nel caso in cui la proprietà dei terreni interessati alla costruzione degli impianti collocati a terra fosse unitaria o fosse la conseguenza di un frazionamento di area di maggiori dimensioni effettuato nei due anni precedenti, ai fini del calcolo della potenza elettrica massima per poter ricorrere alla DIA, dovesse considerarsi un unico impianto .
Sull’impianto normativo così delineatosi incideva la Corte Costituzionale, la quale, con sentenza n. 119 del 26 marzo 2010 dichiarava l’illegittimità costituzionale dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 2 della Legge Regionale n. 31 del 2008 e, per quanto interessa in questa sede dell’art. 4 della medesima legge, che estendeva la fruibilità della procedura semplificate della D.I.A. anche a impianti di potenza superiore a 20 KW previsti dalla legislazione nazionale, purché inferiore a 1 MW.
La Corte evidenziava che “ maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la disciplina della D.I.A. possono essere individuate solo con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata, senza che la Regione possa provvedervi autonomamente ”, essendo la materia dell’applicabilità della disciplina della D.I.A. in luogo dell’autorizzazione unica, sottoposta a legislazione di principio dello Stato in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia (sent. n. 383 del 2005)”.
In considerazione di ciò, ai sensi della legislazione statale (D.Leg.vo 287/03) l’installazione di tali impianti era sottoposta a una doppia e alternativa procedura abilitativa - Dichiarazione di inizio attività e Autorizzazione unica - la cui applicabilità è correlata alle soglie di potenza ottenibili dall’impianto stesso:
-
DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITA’ da depositare al Comune del luogo in cui l’impianto stesso sarebbe dovuto sorgere, per impianti di potenza nominale non superiore a 20 KW ;
-
AUTORIZZAZIONE UNICA , rilasciata a seguito di procedimento unico e di conferenza dei servizi al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, per impianti di potenza superiore a 20 KW.
4 - Occorre rilevare come una sorta di “sanatoria” è stata introdotta con la Legge n. 129 del 13.8.2010, che introduceva l’art. 1 quater al Decreto Legge 8.7.2010 n. 105: la norma recante “Denunce di inizio attività per la realizzazione di impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili” stabiliva infatti che:
“1 . Sono fatti salvi gli effetti relativi alle procedure di denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380, per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che risultino avviate in conformità a disposizioni regionali , recanti soglie superiori a quelle di cui alla tabella A del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 a condizione che gli impianti siano entrati in esercizio entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.”
5 – In attuazione di quanto stabilito dal comma 10° dell’art. 12 D.Leg.vo 387, con Decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10.9.2010 sono state adottate le “ Linee guida per l’autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili”.
Per quanto in questa sede può rilevare, l’art. 15 delle Linee Guida stabilisce:
“ 15.1. L’autorizzazione unica, conforme alla determinazione motivata di conclusione assunta all’esito dei lavori della conferenza dei servizi, sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, nulla osta, atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni coinvolte.
15.2. L’autorizzazione unica costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili in conformità al progetto approvato e nei termini ivi previsti nonché, ove occorra, dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità o urgenza delle opere.
15.3. Ove occorra, l’autorizzazione unica costituisce di per sé variante allo strumento urbanistico. Gli impianti possono essere ubicati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel qual caso l’autorizzazione unica non dispone la variante dello strumento urbanistico . Nell’ubicazione degli impianti in tali zone, si dovrà tener conto delle disposizioni in materia di sostegno al settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come al patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla Legge 5 marzo 2001 n. 57, articoli 7 e 8, nonché del Decreto Legislativo 18 maggio 2001 n. 228, art. 14. Restano ferme le previsioni dei piani paesaggistici e delle prescrizioni d’uso indicate nei provvedimenti di notevole interesse pubblico ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 e.s.m.i., recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, nei casi previsti”.
6 - La materia della produzione di energia da fonti rinnovabili è attualmente disciplinata dal D.Leg.vo 3 marzo 2011 n. 28 (in G.U. del 28.3.2011 n. 71), avente ad oggetto la “ Attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle Direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”.
Per quanto in questa sede interessa, l’art. 5 del citato D.Leg.vo stabilisce che:
“ la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione ed all’esercizio degli impianti, nonché le modifiche sostanziali agli impianti stessi, s ono soggetti all’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387, come modificato dal presente articolo, secondo le modalità procedimentali e le condizioni previste dallo stesso decreto legislativo n. 387 del 2003 e dalle Linee guida adottate ai sensi del comma 10 del medesimo art. 12, nonché dalla relative disposizioni delle Regioni e delle Provincie autonome”.
L’art. 6 del medesimo Decreto disciplina la “ procedura abilitativa semplificata e comunicazione per gli impianti alimentati da energia rinnovabile” in relazione alla costruzione ed all’esercizio di quegli impianti alimentati da fonti rinnovabili per i quali gli artt. 11 e 12 delle Linee Guida previste dall’art. 12, comma 10°, D.Leg.vo 387/2003 (approvate con Decreto del Ministro dell’Ambiente del 10.9.2010) prevedono la possibilità di ricorrere alla D.I.A.
Ne discende che il regime attuale dei titoli abilitativi per la realizzazione e l’esercizio di impianti fotovoltaici è ancora strutturato secondo la bipartizione tracciata dal D.Leg.vo 387/2003, nel senso cioè della necessità dell’Autorizzazione unica regionale per gli impianti di potenza nominale superiore a 20 KW, mentre per gli impianti di potenza nominale inferiore a tale soglia il D.Leg.vo 28/2011 ha introdotto ulteriori semplificazioni procedurali.
Un significativo elemento di novità introdotto dal citato D.Leg.vo 28/2011 attiene alla specifica previsione di un regime sanzionatorio in relazione all’installazione di impianti energetici da fonti rinnovabili in assenza dei prescritti titoli abilitativi; l’art. 44 del citato D.Leg.vo stabilisce che:
“ 1. Fatto salvo il ripristino dello stato dei luoghi, la costruzione e l’esercizio delle opere ed impianti in assenza dell’autorizzazione di cui all’articolo 5 è assoggettata alla sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 1.000 a Euro 150.000, cui sono tenuti in solido il proprietario dell’impianto, l’esecutore delle opere e il direttore dei lavori. L’entità della sanzione è determinata, con riferimento alla parte dell’impianto non autorizzata:
a) nella misura da Euro 40 a Euro 240 per ogni chilowatt termico di potenza nominale, in caso di impianti termici di produzione di energia;
b) nella misura da Euro 60 a Euro 360 per ogni chilowatt elettrico di potenza nominale, in caso di impianti non termici di produzione di energia;
2. Fatto salvo il ripristino dello stato dei luoghi, l’esecuzione degli interventi di cui all’articolo 6 in assenza della procedura abilitativa semplificata o in difformità da quanto nella stessa dichiarato, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 500 a Euro 30.000, cui sono tenuti in solido i soggetti di cui al comma 1.
3. Fatto salvo l’obbligo di conformazione al titolo abilitativo e di ripristino dello stato dei luoghi, la violazione di una o più prescrizioni stabilite con l’autorizzazione o con gli atti di assenso che accompagnano la procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria di importo pari ad un terzo dei valori minimo e massimo di cui, rispettivamente, ai commi 1 e 2, e comunque non inferiore a Euro 300. Alla sanzione di cui al presente comma sono tenuti i soggetti di cui ai commi 1 e 2.
4. Sono fatte salve le altre sanzioni previste dalla normativa vigente per le fattispecie di cui ai commi 1, 2 e 3, nonché la potestà sanzionatoria, diversa da quella di cui al presente articolo, in capo alle Regioni, alle Province Autonome e agli enti locali”.
7 – Appare, infine, opportuno evidenziare che in attuazione del c.d. “CONTO ENERGIA”, introdotto con la Direttiva comunitaria per le fonti rinnovabili (Direttiva 2001/77/CE) recepita con il già citato D.Leg.vo 387/2003, sono state introdotte tariffe incentivanti della durata ventennale per la produzione di energia elettrica attraverso impianti fotovoltaici.
Per “incentivo” s’intende l’integrazione economica al ricavo connesso alla valorizzazione dell’energia prodotta idonea ad assicurare un’equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio e corrisposta dal G.S.E. - GESTORE SERVIZI ENERGETICI s.p.a. - al produttore in riferimento alla produzione netta immessa in rete.
I meccanismi di finanziamento sono stati previsti da Decreti Ministeriali succedutisi negli anni dal 2005 al 2012; per quel che in questa sede rileva, si segnala che il D.M. 12.5.2011 – c.d. “QUARTO CONTO ENERGIA” - ha previsto tariffe incentivanti per gli impianti fotovoltaici entrati in esercizio dopo il 31.5.2011.
Le singole pratiche edilizie .
In punto di fatto, va detto che sulla ricostruzione “storica” della vicenda in scrutinio non vi è alcuna contestazione.
Ebbene, le indagini disposte dai Carabinieri della Stazione di Torre Santa Susanna – in merito alle quali ha riferito il Mar.llo Lazzari, e che risultano suffragate dai documenti acquisiti (di volta in volta richiamati nell’ambito delle singole pratiche ed integrati anche dalla copiosa produzione documentale della difesa) - hanno permesso di accertare quanto di seguito riportato.
DENUNCIA DI INIZIO DI ATTIVITA’ N. 10012 del 13.8.2008.
In data 13.8.2008, CAVALLO Maria Vincenza presentava al Comune di Torre Santa Susanna una D.I.A. per la realizzazione di un impianto fotovoltaico sul terreno sito in agro di Torre Santa Susanna, contrada “Martucci”, identificato al Foglio 25 part.lle 33, 26 e 45; l’esecuzione degli interventi sarebbe avvenuta a far tempo dal 15.9.2008.
La D.I.A. era corredata da una relazione tecnica e da una dichiarazione di asseverazione datata 13.8.2008 a firma del “tecnico incaricato”, ing. PETROSILLO Maurizio; nella “relazione” si specificava che l’impianto avrebbe avuto una potenza nominale di 997,92 Kw., sarebbe stato “connesso alla rete elettrica”, sarebbe stato “ dislocato nel sito ad uso agricolo” e sarebbe stato composto da “ strutture di sostegno e ancoraggio non permanenti e semplicemente appoggiate al terreno”, nonché dal “generatore fotovoltaico complessivo”.
Nella relazione tecnica a firma del PETROSILLO si indicava come impresa esecutrice la WINSOL ENERGY SYSISTEMS, società costituita con atto del 25.1.1997 ed amministrata da RUBINO Giovanni.
L’estensione totale del lotto interessato dall’intervento era di 4.02.05 ettari; come risulta dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Responsabile del relativo Ufficio del Comune di Torre Santa Susanna, i fondi oggetto dell’intervento “ricadono, a termini del vigente Programma di Fabbricazione, in ZONA AGRICOLA E ……. In detta ZONA le norme tecniche di attuazione consentono costruzioni a servizio dell’economia agricola, case coloniche, ville e villette residenziali. Sono consentiti in via eccezionale impianti produttivi legati alla utilizzazione del suolo (costruzioni facenti parte integrante di attrezzature per attività agricole ed estrattive)…. La superficie minima del lotto edificabile è di 5.000 mq.”.
Con nota del 18.9.2008 CAVALLO Maria Vincenza avanzava richiesta ad ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. di ”a ccesso alle infrastrutture di rete” per il costituendo impianto di “generazione fotovoltaica”; la richiesta era riscontrata con nota del 20.1.2009 di ENEL PRODUZIONE s.p.a., nella quale erano indicate le “soluzioni tecniche” per l’allaccio dell’impianto alla rete; con nota del 23.2.2009, la CAVALLO dichiarava di accettare le “soluzioni tecniche” proposte da ENEL PRODUZIONE s.p.a.
Con atto del 12.2.2009, l’ing. PETROSILLO asseverava “ la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati ed alle vigenti disposizioni normative nazionali e regionali”; l’ing. PETROSILLO assumeva anche la qualifica di Direttore dei lavori sino alla data dell’1.8.2011, quando comunicava la sua rinuncia; a far tempo da tale data era sostituito dall’ing. Giuseppe Mingolla.
Con atto pubblico del 21.9.2009 – rogato dal notaio Cafaro - CAVALLO Maria Vincenza cedeva aDE FAZIO Pietro – intervenuto in “ rappresentanza della società ELIOS s.r.l.”, della quale era amministratore unico – il “ fondo rustico sito in agro di Torre Santa Susanna alla contrada Martucci, esteso ha. 4.10.75, censito in Catasto al Foglio 25, part.lle 26, 33, 45”; il corrispettivo era stabilito in Euro 80.000,00, interamente versato prima del contratto.
La ELIOS s.r.l. – avente sede in Latiano alla Via E. D’ippolito n. 92 - era stata costituita in data 1.9.2009 (ossia pochi giorni prima dell’acquisto dei terreni di proprietà della CAVALLO Maria Vincenza) ed aveva come oggetto sociale “ la progettazione, la pianificazione, il coordinamento e l’installazione di sistemi e/o centrali per la produzione di energia da fonti rinnovabili”, nonché la “produzione energia da fonti rinnovabili”; dall’esame del certificato storico della CC.II.AA, risulta che alla data dell’1.8.2011 soci della ELIOS s.r.l. erano:
-
CAFORIO Cosimo (titolare di quote nominali di Euro 5.000,00, acquistate il 29.7.2011 da RUBINO Antonio Giovanni); CAFORIO Cosimo rivestiva anche la qualifica di amministratore della società a far tempo dall’8.8.2011);
-
la ENERGY 2 s.r.l. (titolare di quote nominali di Euro 5.000,00 acquistate in data 29.7.2011 da HELIANTHUS s.r.l.; quest’ultima società, amministrata da CAFORIO Cosimo, realizzerà l’impianto );
-
INTERNATIONAL ENERGY KNOLEDGE (socia anche della NATURA ENERGIA s.r.l. di cui si dirà infra);
Con atto del 23.9.2009, il DE FAZIO – nella qualità di amministratore unico della ELIOS s.r.l. – presentava all’Ufficio urbanistica del Comune di Torre Santa Susanna una “ richiesta di voltura della D.I.A. n. 10012 del 13.8.2008” in favore della ELIOS s.r.l.
In data 23.12.2009 veniva stipulata tra l’arch. Guerrieri – Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Torre Santa Susanna – e il DE FAZIO – nella richiamata qualità di amministratore unico della ELIOS s.r.l. – una “ convenzione per la realizzazione e gestione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Impianto fotovoltaico in contrada Martucci (Foglio 25, part.lle 33, 45 e 26)”.
Con nota del 10.2.2010 il DE FAZIO – sempre nella riferita qualità di amministratore unico della ELIOS s.r.l. – comunicava che “c on riferimento alla D.I.A. n. 10013 del 13.8.2008 relativa alla realizzazione di un impianto fotovoltaico della potenza di 997,92 Kw. alla contrada Martucci – Foglio 25, part.lle 329, 337, 335, 338, 159”, la ditta esecutrice dei lavori era la HELIANTHUS s.r.l.; la “data di inizio dei lavori” era fissata per il 17.2.2010.
L’amministratore della HELIANTHUS s.r.l. si identificava in CAFORIO Cosimo (già socio della ELIOS s.r.l. e successivo amministratore di tale società) ; titolare di quote sociali per complessivi Euro 55.000,00 era RUBINO Giovanni (cfr. visura storica della CC.II.AA. alla data del 15.1.2010).
In data 6.9.2011, il legale rappresentante della ELIOS s.r.l. comunicava che “ i lavori di realizzazione dell’impianto fotovoltaico erano terminati il 5.9.2011 ”.
Con dichiarazione del 31.8.2011, un tecnico di ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. attestava l’allacciamento alla rete dell’impianto denominato ELIOS e della cabina denominata PR-ELIO16838.
Dall’elaborato di c.t.p. redatto dall’ing. Cavallo Armando, si evince che la l’impianto realizzato sulle particelle 33, 45, 26 consta di 4.240 moduli da 235 W. cadauno, ciascuno di forma rettangolare con dimensioni di mt. 1,642 x mt. 0,994; la superficie “radiante” è di mq. 6.920, rispetto ad un’estensione complessiva dell’area di mq. 41.075.
DENUNCIA DI INIZIO DI ATTIVITA’ N. 10013 del 13.8.2008.
In data 13.8.2008, Giovanni CAVALLO – fratello di Maria Vincenza – presentava al Comune di Torre Santa Susanna una D.I.A. per la realizzazione di un impianto fotovoltaico sul terreno sito in agro di Torre Santa Susanna, contrada “Martucci”, identificato al Foglio 25 part.lle 329, 337, 335, 338, 159; l’esecuzione degli interventi sarebbe avvenuta a far tempo dal 15.9.2008.
La D.I.A. era corredata da relazione tecnica e dichiarazione di asseverazione datata 13.8.2008 a firma del “tecnico incaricato”, ing. PETROSILLO Maurizio; nella “relazione” si specificava che l’impianto avrebbe avuto una potenza nominale di 997,92 Kw., sarebbe stato “connesso alla rete elettrica”, sarebbe stato “ dislocato nel sito ad uso agricolo” e sarebbe stato composto da “ strutture di sostegno e ancoraggio non permanenti e semplicemente appoggiate al terreno”, nonché dal “generatore fotovoltaico complessivo”.
Nella relazione tecnica a firma del PETROSILLO si indicava come impresa esecutrice la WINSOL ENERGY SYSISTEMS, società costituita con atto del 25.1.1997 ed amministrata da RUBINO Giovanni.
L’estensione totale del lotto interessato dall’intervento era di 4.02.08 ettari; come risulta dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Responsabile del relativo Ufficio del Comune di Torre Santa Susanna, i fondi oggetto dell’intervento “ricadono, a termini del vigente Programma di Fabbricazione, in ZONA AGRICOLA E ……. In detta ZONA le norme tecniche di attuazione consentono costruzioni a servizio dell’economia agricola, case coloniche, ville e villette residenziali. Sono consentiti in via eccezionale impianti produttivi legati alla utilizzazione del suolo (costruzioni facenti parte integrante di attrezzature per attività agricole ed estrattive)…. La superficie minima del lotto edificabile è di 5.000 mq.”.
Con nota del 18.9.2008 CAVALLO Giovanni avanzava richiesta ad ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. di ”accesso alle infrastrutture di rete” per il costituendo impianto di “generazione fotovoltaica”; la richiesta era riscontrata con nota del 20.1.2009 di ENEL PRODUZIONE s.p.a., nella quale erano indicate le “soluzioni tecniche” per l’allaccio dell’impianto alla rete; con nota del 23.2.2009, il CAVALLO dichiarava di accettare le “soluzioni tecniche” proposte da ENEL PRODUZIONE s.p.a.
Con atto del 10.2.2009, l’ing. PETROSILLO asseverava “ la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati ed alle vigenti disposizioni normative nazionali e regionali”; l’ing. PETROSILLO assumeva anche la qualifica di Direttore dei lavori sino alla data dell’8.8.2011, quando comunicava la sua rinuncia; a far tempo da tale data era sostituito dall’ing. Giuseppe Mingolla (quest’ultimo risultava essere stato socio della NATURA ENERGIA s.r.l., ossia la società che acquisterà i terreni e realizzerà l’impianto fotovoltaico).
Con atto pubblico del 21.9.2009 – rogato dal notaio Cafaro - CAVALLO Giovanni cedeva a GRECO Gabriella – intervenuta in “ rappresentanza della società NATURA ENERGIA s.r.l.” della quale era amministratore unico – il “ fondo rustico sito in agro di Torre Santa Susanna alla contrada Martucci, esteso ha. 4.02.08, censito in Catasto al Foglio 25, part.lle 159, 329, 335, 337, 338”; il corrispettivo era stabilito in Euro 80.000,00, interamente versato prima del contratto.
La NATURA ENERGIA s.r.l. – avente sede in Latiano alla Via E. D’Ippolito 92, ossia il luogo in cui aveva sede anche la ELIOS s.r.l. - era stata costituita in data 19.5.2009 (ossia quattro mesi prima dell’acquisto dei terreni di proprietà di CAVALLO Giovanni) ed aveva come oggetto sociale “ la progettazione, la pianificazione, il coordinamento e l’installazione di sistemi e/o centrali per la produzione di energia da fonti rinnovabili”, nonché la “produzione energia da fonti rinnovabili”; dall’esame del certificato storico della CC.II.AA, risulta che alla data del 10.8.2011 soci della NATURA ENERGIA s.r.l. erano:
-
CAFORIO Saverio (titolare di quote nominali di Euro 1.500,00, acquistate il 5.8.2011);
-
Eitel Marcelle Andrea
-
INTERNATIONAL ENERGY KNOLEDGE (socia anche della ELIOS s.r.l.);
Con atto del 23.9.2009, la GRECO – nella qualità di amministratore unico della NATURA ENERGIA s.r.l. – presentava all’Ufficio urbanistica del Comune di Torre Santa Susanna una “ richiesta di voltura della D.I.A. n. 10013 del 13.8.2008” in favore della NATURA ENERGIA s.r.l.
In data 23.12.2009 veniva stipulata tra l’arch. Guerrieri – Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Torre Santa Susanna – e la GRECO – nella richiamata qualità di amministratore unico della NATURA ENERGIA s.r.l. – una “ convenzione per la realizzazione e gestione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Impianto fotovoltaico in contrada Martucci (Foglio 25, part.lle 329, 337, 335, 338 e 159)”.
Con nota del 10.2.2010 la GRECO – sempre nella riferita qualità di amministratore unico della NATURA ENERLGIA s.r.l. – comunicava che “c on riferimento alla D.I.A. n. 10013 del 13.8.2008 relativa alla realizzazione di un impianto fotovoltaico della potenza di 997,92 Kw. alla contrada Martucci – Foglio 25, part.lle 329, 337, 335, 338, 159”, la ditta esecutrice dei lavori era la HELIANTHUS s.r.l.; la “data di inizio dei lavori” era fissata per il 17.2.2010.
L’amministratore della HELIANTUS s.r.l. si identificava in CAFORIO Cosimo (già socio ed amministratore della ELIOS s.r.l., società che aveva acquistato i fondi di proprietà di CAVALLO Maria Vincenza e realizzato l’impianto fotovoltaico di cui alla D.I.A. 10012) ; titolare di quote sociali per complessivi Euro 55.000,00 era RUBINO Giovanni (cfr. visura storica della CC.II.AA. alla data del 15.1.2010).
Con comunicazione del 12.9.2011, l’ing. Mingolla comunicava la “fine dei lavori” per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, “compresa la realizzazione dei relativi accessori”.
Con dichiarazione del 30.9.2011, un tecnico di ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. attestava l’allacciamento alla rete dell’impianto denominato NATURA ENERGIA e della cabina denominata PR-NATERNERGY.
Dall’elaborato di c.t.p. redatto dall’ing. Cavallo Armando, si evince che la l’impianto realizzato sulle particelle 337, 335, 338 e 159 consta di 3.960 moduli da 250 W. cadauno, ciascuno di forma rettangolare con dimensioni di mt. 1,596 x mt. 1,065; la superficie “radiante” è di mq. 6.732, rispetto ad un’estensione complessiva dell’area di mq. 40.208.
DENUNCIA DI INIZIO DI ATTIVITA’ N. 10014 del 13.8.2008.
In data 13.8.2008 Giuseppe CAVALLO – fratello di Maria Vincenza e Giovanni – presentava al Comune di Torre Santa Susanna una DIA per la realizzazione di un impianto fotovoltaico sul terreno identificato al Foglio 25 part.lle 330, 336, 339, 344, 340, 29; l’esecuzione degli interventi sarebbe avvenuta a far tempo dal 15.9.2008.
La D.I.A. era corredata da relazione tecnica e dichiarazione di asseverazione datata 13.8.2008 a firma del “tecnico incaricato”, ing. PETROSILLO Maurizio; nella “relazione” si specificava che l’impianto avrebbe avuto una potenza nominale di 997,92 Kw., sarebbe stato “connesso alla rete elettrica”, sarebbe stato “ dislocato nel sito ad uso agricolo” e sarebbe stato composto da “ strutture di sostegno e ancoraggio non permanenti e semplicemente appoggiate al terreno”, nonché dal “generatore fotovoltaico complessivo”.
Nella relazione tecnica a firma del PETROSILLO si indicava come impresa esecutrice la WINSOL ENERGY SYSISTEMS, società costituita con atto del 25.1.1997 ed amministrata da RUBINO Giovanni.
L’estensione totale del lotto interessato dall’intervento era di 3.99.70 ettari; come risulta dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Responsabile del relativo Ufficio del Comune di Torre Santa Susanna, i fondi oggetto dell’intervento “ricadono, a termini del vigente Programma di Fabbricazione, in ZONA AGRICOLA E ……. In detta ZONA le norme tecniche di attuazione consentono costruzioni a servizio dell’economia agricola, case coloniche, ville e villette residenziali. Sono consentiti in via eccezionale impianti produttivi legati alla utilizzazione del suolo (costruzioni facenti parte integrante di attrezzature per attività agricole ed estrattive)…. La superficie minima del lotto edificabile è di 5.000 mq.”.
Con nota del 18.9.2008 CAVALLO Giuseppe avanzava richiesta ad ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. l’”accesso alle infrastrutture di reti” per il costituendo impianto di “generazione fotovoltaica”; la richiesta era riscontrata con nota del 16.1.2009 di ENEL PRODUZIONE s.p.a., nella quale erano indicate le “soluzioni tecniche” per l’allaccio dell’impianto alla rete; con nota del 23.2.2009, il CAVALLO dichiarava di accettare le “soluzioni tecniche” proposte da ENEL PRODUZIONE s.p.a.
Con atto del 10.2.2009, l’ing. PETROSILLO asseverava “ la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati ed alle vigenti disposizioni normative nazionali e regionali”; l’ing. PETROSILLO assumeva anche la qualifica di Direttore dei lavori, sino alla data dell’1.8.2011 quando comunicava la sua rinuncia; da far tempo da tale data era sostituito dall’ing. Corrado De Iudicibus.
Con atto pubblico del 21.9.2009 – rogato dal notaio Cafaro - CAVALLO Giuseppe cedeva aCAFORIO Saverio – intervenuto in “rappresentanza della società FEBO s.r.l. ” della quale era amministratore unico – il “ fondo rustico sito in agro di Torre Santa Susanna alla contrada Martucci, esteso ha. 3.99.34, censito in Catasto al Foglio 25, part.lle 330, 336, 339, 340, 344”; il corrispettivo era stabilito in Euro 80.000,00, interamente versato prima del contratto.
La FEBO s.r.l. – avente sede in Latiano alla Via E. D’Ippolito 92, ossia nello stesso luogo in cui avevano sede la ELIOS s.r.l. e la NATURA ENERGIA s.r.l. - era stata costituita in data 1.9.2009 (ossia alcuni giorni prima dell’acquisto dei terreni di proprietà di CAVALLO Giuseppe) ed aveva come oggetto sociale “ la progettazione, la pianificazione, il coordinamento e l’installazione di sistemi e/o centrali per la produzione di energia da fonti rinnovabili”, nonché la “produzione energia da fonti rinnovabili”; dall’esame del certificato storico della CC.II.AA, risulta che alla data dell’1.8.2011 soci della FEBO s.r.l. erano:
-
la WINSOL ENERGY SYSTEMS s.r.l. – società costituita con atto del 25.1.1997, operante anche nel settore delle energie rinnovabili ed amministrata da RUBINO Giovanni – titolare di quote nominali del valore complessivo di Euro 2.000,00 cedute da CAFORIO Saverio con atto del 26.7.2011 ( RUBINO Giovanni era stato anche socio della HELIANTHUS s.r.l.);
-
la RUBINO INTERNATIONAL s.r.l., titolare di quote nominali del valore complessivo di Euro 8.000,00 cedute da HELIANTHUS s.r.l. e CAFORIO Saverio con atti del 26.7.2011 ; si segnala che CAFORIO Saverio, come detto amministratore della FEBO s.r.l., era stato anche socio della NATURA ENERGIA s.r.l. che aveva acquistato i terreni di CAVALLO Giovanni.
Con atto del 23.9.2009, il Caforio – nella qualità di amministratore unico della FEBO s.r.l. – presentava all’Ufficio urbanistica del Comune di Torre Santa Susanna una “ richiesta di voltura della D.I.A. n. 10014 del 13.8.2008” in favore della FEBO s.r.l.
In data 23.12.2009 veniva stipulata tra l’arch. Guerrieri – Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Torre Santa Susanna – e il CAFORIO – nella richiamata qualità di amministratore unico della FEBO s.r.l. – una “ convenzione per la realizzazione e gestione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Impianto fotovoltaico in contrada Martucci (Foglio 25, part.lle 330, 344, 336, 339 e 340)”.
Con nota del 10.2.2010, il Caforio – sempre nella riferita qualità di amministratore unico della FEBO s.r.l. – comunicava che “c on riferimento alla D.I.A. n. 10014 del 13.8.2008 relativa alla realizzazione di un impianto fotovoltaico della potenza di 997,92 Kw. Alla contrada Martucci – Foglio 25, part.lle 330, 336, 339, 340 e 344”, la ditta esecutrice dei lavori era la HELIANTHUS s.r.l.; la “data di inizio dei lavori” era fissata per il 17.2.2010.
L’amministratore della HELIANTHUS s.r.l. si identificava in CAFORIO Cosimo; titolare di quote sociali per complessivi Euro 55.000,00 era RUBINO Giovanni (cfr. visura storica della CC.II.AA. alla data del 15.1.2010).
Con comunicazione del 13.9.2011, l’ing. De Iudicibus comunicava che in data 9.9.2011 erano stati ultimati i lavori di realizzazione dell’impianto.
con dichiarazione del 31.8.2011, un tecnico di ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. attestava l’allacciamento alla rete dell’impianto denominato FEBO e della cabina denominata PR-FEBO16844.
Dall’elaborato di c.t.p. redatto dall’ing. Cavallo Armando, si evince che la l’impianto realizzato sulle particelle 330, 344, 36, 339 e 340 consta di 4.140 moduli da 240 W. cadauno, ciascuno di forma rettangolare con dimensioni di mt. 1,704 x mt. 0,942; la superficie “radiante” è di mq. 6.645, rispetto ad un’estensione complessiva dell’area di mq. 39.934.
La unicità della iniziativa imprenditoriale .
Come risulta dai dati sopra riportati, i singoli impianti in oggetto dovevano tutti avere capacità produttiva superiore a 20 KW ma di poco inferiore ad 1 MW (997,92 KW); per tale motivo, ed in ragione della data di avvio delle procedure autorizzative (il 13.8.2008), per ognuno di essi veniva avviata una procedura semplificata, facendosi così applicazione della disciplina introdotta dall’art. 27 della L.R. 1 del 19.2.2008, successivamente modificata dalla L.R. 21.10.2008 n. 31, entrata in vigore quando, come si dirà, l’esecuzione delle opere non era ancora iniziata.
In realtà, già dalla lettura dei dati relativi alle singole pratiche autorizzative, poc’anzi compiutamente riportati, nonché dalle successive risultanze dibattimentali, si appalesa una serie di significative “coincidenze” che si compongono nella constatazione che l’intera operazione fosse espressione di un’unica iniziativa imprenditoriale riferibile al medesimo centro di interessi , il cui obiettivo ultimo era ottenere i vantaggi conseguenti dal ricorso alla procedura semplificata prevista dalla normativa statale e regionale di settore, sia in termini di oneri finanziari da sostenere (ben minori rispetto a quelli imposti per la richiesta dell’Autorizzazione unica), sia in termini di velocizzazione delle procedure per il conseguimento del titolo abilitativo, anche in relazione a minori controlli sulla consistenza dell’impianto e sulla sua compatibilità con l’assetto del territorio interessato (l’Autorizzazione unica è adottata all’esito di conferenza di servizi), dovendo al riguardo segnalarsi che la conclusione dei lavori interveniva, per tutti e tre gli impianti, nel settembre del 2011, ossia nel termine utile per accedere alle tariffe incentivanti introdotte con il D.M. 12.5.2011 (c.d. “QUARTO CONTO ENERGIA”).
Nel senso appena indicato devono valorizzarsi i seguenti elementi di fatto:
-
i terreni oggetto degli interventi in contestazione erano di proprietà di tre fratelli (CAVALLO Maria Vincenza, Giuseppe e Giovanni) e provenivano da un atto di frazionamento del 7.8.1974; tali terreni erano limitrofi;
-
le DD.I.A. venivano depositate lo stesso giorno (13.8.2008) presso l’Ufficio tecnico del Comune di Torre Santa Susanna e, per tale motivo, presentano numeri di protocollo successivi;
-
tutte le DD.I.A. presentavano la medesima data di inizio dei lavori (15.9.08);
-
per tutti e tre gli impianti si indicava la medesima potenza di 997,92 KW;
-
tutte le DD.I.A erano corredate da relazione tecnica e dichiarazione di asseverazione redatta dal medesimo progettista ing. PETROSILLO Maurizio, a sua volta nominato direttore dei lavori per l’esecuzione di tutti gli impianti;
-
in tutte le “relazioni tecniche di asseverazione” era inizialmente indicata come impresa esecutrice la WINSOL ENERGY SYSTEMS, benché poi tutti i lavori sarebbero stati effettivamente realizzati dalla HELIANTHUS s.r.l.;
-
conseguito il consolidamento delle DD.I.A., nel settembre del 2009 intervenivano le costituzioni delle società aventi per oggetto sociale la realizzazione degli impianti fotovoltaici (ELIOS s.r.l. e FEBO s.r.l. con atti dell’1.9.09 e NATURA ENERGIA s.r.l. con atto del 21.9.09);
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le polizze fidejussorie sottoscritte a garanzia delle obbligazioni assunte nei confronti del Comune di Torre Santa Susanna per effetto della sottoscrizione delle Convenzioni per la realizzazione e gestione degli impianti fotovoltaici erano stipulate dalle tre società con la medesima agenzia assicurativa, la MINOS s.p.a.;
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anche nella costituzione di detti enti numerosi sono gli elementi convergenti: innanzitutto in tutti gli atti costitutivi delle società a responsabilità limitata vi era il medesimo notaio rogante, dott. Bruno Cafaro, notaio in Brindisi, il che sottintende l’unicità delle attività strumentali alla redazione degli atti costituivi; i soggetti giuridici in questione avevano, poi, la stessa sede in Latiano alla via D’Ippolito n. 92 (tanto vale anche per la NATURA ENERGIA s.r.l., come si evince dalla visura storica della CC.II.A.; sicché ha errato il Mar.llo Lazzari allorché, rispondendo in sede di controesame a domanda sulla sede legale della ridetta società, ha riferito che tale sede era in Latiano alla Piazza Bartolo Longo 17; in tale luogo, invero, ha la propria sede la società HELIANTHUS);
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per quanto riferito dal Mar.llo Lazzari, “ un unico cavidotto collega i tre impianti alla rete elettrica”; a conferma di tanto, risulta che soltanto la società ELIOS s.r.l., in persona del suo amministratore DE FAZIO Pietro, avesse avviato le procedure per la “ posa in opera su strade provinciali e relative pertinenze di elettrodotti di collegamento di centrali fotovoltaiche al punto di connessione alla rete di distribuzione” (cfr. la “ Convenzione disciplinante la concessione d’uso per la durata di 20 anni da realizzarsi sul demanio stradale della Provincia di Brindisi relativa alla posa in opera su strade provinciali e relative pertinenze di elettrodotti di collegamento di centrali fotovoltaiche al punto di immissione rete di distribuzione”, sottoscritta in data 28.7.2011 tra il DE FAZIO e il Dirigente Viabilità e Trasporti della Provincia di Brindisi); non risulta che analoghe procedure siano state avviate dalle altre due società proprietarie degli impianti fotovoltaici di contrada “Martucci”, il che evidentemente lascia supporre che il collegamento alla rete di distribuzione elettrica fosse unico per tutti e tre gli impianti; in ogni caso, il fatto che i costi per l’esecuzione delle obbligazioni nascenti dalla citata Convenzione fossero stati sostenuti esclusivamente da una delle tre società gestrici degli impianti, non può che rimandare ad un intervento anche “per conto ed in favore” delle altre due;
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sempre secondo la deposizione del Mar.llo Lazzari, confortata dalla documentazione acquisita in ordine alla tempistica di esecuzione delle opere, “ l’intera superficie, l’intera area era interessata contemporaneamente dagli stessi lavori, per cui se c’erano attività di sbancamento di terreno, faccio per dire, interessavano sia il lotto della NATURA ENERGIA, sia quello della FEBO, sia quello della ELIOS; se montavano pannelli erano pannelli su tutti e tre i lotti; se stavano facendo lavori di cablaggio, idem. I lavori sono andati di pari passo”; tale conoscenza del verbalizzante discende dalla circostanza, da lui riferita, di aver più volte fatto accesso ai cantieri, anche se non sempre si era dato atto dello stato dei luoghi (l’ultimo sopralluogo sul sito, per quanto è emerso, avveniva il 25.8.2011);
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evidente – e significativo - appare poi il collegamento tra le società attraverso le persone dei soci e dei legali rappresentanti delle stesse:
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CAFORIO Cosimo era socio – e successivamente amministratore - della ELIOS s.r.l. società che acquistò i terreni di proprietà di CAVALLO Maria Vincenza; egli era anche amministratore della HELIANTHUS s.r.l. ossia l’impresa esecutrice di tutti e tre gli impianti fotovoltaici in contestazione;
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CAFORIO Saverio era socio della NATURA ENERGIA s.r.l., che acquistò i terreni di proprietà di CAVALLO Giovanni, nonché amministratore della FEBO s.r.l., società che acquisto i terreni di CAVALLO Giuseppe;
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CAFORIO Cosimo è il padre di CAFORIO Saverio (cfr. deposizione del Mar.llo Lazzari);
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RUBINO Giovanni era amministratore della WINSOL ENERGY SYSTEMS s.r.l., società inizialmente indicata quale esecutrice delle opere, nonché socio della HELIANTHUS s.r.l. che subentrò alla prima nella realizzazione di tutti e tre gli impianti in contestazione;
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le tre società acquirenti dei terreni contigui, tutte aventi il medesimo oggetto sociale, erano state costituite in epoca immediatamente precedente la sottoscrizione dei contratti di acquisto dei terreni, il che evidentemente denota il carattere strumentale della creazione di tali soggetti proprio in funzione dell’operazione;
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dopo alcuni giorni dalla costituzione delle tre società, esse figuravano come acquirenti degli immobili su cui dovevano essere realizzati gli impianti; gli atti pubblici di compravendita erano stipulati lo stesso giorno (21.9.2009) e rogati dal medesimo notaio Cafaro, che aveva curato gli atti costitutivi delle società; anche in questo caso il dato segnala il carattere unitario delle attività strumentali alle stipulazione dei rogiti;
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in favore delle stesse società venivano volturate, a seguito di richieste presentate tutte il medesimo giorno (23.9.2009), le DD.I.A. presentate dai CAVALLO, originari proprietari dei terreni;
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ulteriori aspetti significativi riguardavano i lavori per la realizzazione degli impianti; le dichiarazioni di inizio lavori, infatti, recavano tutte la medesima data del 10.2.2010; in esse si attestava che i lavori sarebbero iniziati – per tutti gli impianti – in data 17.2.2010; la coincidenza riguardava, dunque, sia la data di inizio dei lavori che la data delle relative comunicazioni trasmesse all’Ufficio Urbanistica ed Edilizia del Comune di Torre Santa Susanna; identica anche la veste grafica di tali atti; identico, per tutti gli impianti, il direttore dei lavori, individuato nell’ing. PETROSILLO, e l’impresa esecutrice, la HELIANTHUS s.r.l., riconducibile a CAFORIO Cosimo, suo amministratore unico.
In definitiva, è di immediata e non contestabile evidenza come le procedure amministrative sottese all’esecuzione degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonte solare siti in contrada “Martucci”, sin dagli atti prodromici e fino alla conclusione, si siano svolte su binari paralleli e perfettamente sovrapponibili.
Gli elementi appena indicati rivelano nella loro indiscutibile convergenza l’unicità del disegno sotteso alla operazione posta in essere, siccome contestata, ed appaiono più che sintomatici per inferire, insieme alla unicità dell’operazione economico-imprenditoriale celata dal formale avvio di distinte procedure abilitative, la natura sostanzialmente unitaria dell’impianto di potenza nominale complessiva di oltre 1 MW, quale risultante dalla somma delle potenze espresse dai tre impianti contigui, proprio in considerazione della riferibilità degli stessi ad un unico centro di interessi e ad un’unica regia.
D’altra parte, è noto l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “ In tema di reati edilizi, la valutazione dell’opera, ai fini della individuazione del regime abilitativo applicabile, deve riguardare il risultato dell’attività edificatoria nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i singoli componenti” (Cass. n. 16622 dell’8.4.2015, Casciato).
Ne discende la conclusione che per la realizzazione e la successiva gestione degli impianti si imponeva l’ottenimento dell’Autorizzazione regionale unica nel descritto contesto di un’operazione imprenditoriale unitaria e, si ribadisce, ascrivibile al medesimo centro di interessi.
Non appaiono poi decisivi, al fine di confutare le conclusioni sopra riportate in merito alla unicità dell’iniziativa imprenditoriale in oggetto, i rilievi tecnici svolti dal consulente delle difese, ing. Armando Cavallo, le cui relazioni sono state acquisite agli atti del dibattimento.
In particolare, il tecnico ha evidenziato – a sostegno dell’asserita autonomia degli impianti - come gli stessi presentassero un proprio punto di connessione con la rete elettrica ed una cabina di consegna propria, non condivisa con gli impianti contigui, con ciò, in definitiva, escludendo tra essi alcuna interconnessione funzionale.
Al di là dei già riferiti elementi di fatto esposti dal Mar.llo Lazzari in ordine alla esistenza di “un solo cavidotto” di collegamento tra i tre impianti e la rete elettrica, le circostanze suggerite dal c.t.p., a ben vedere, offrono un riscontro in ordine al deliberato perseguimento da parte degli imputati della parcellizzazione degli impianti contigui, ciascuno voluto per una potenza appena inferiore a 1 MW, in tal modo dissimulando la realizzazione sull’area di una complessa struttura produttiva di energia, facente capo ad un unico centro di interessi, nell'ambito della medesima iniziativa imprenditoriale abilmente dissimulata attraverso le varie operazioni sopra diffusamente riportate.
A tale riguardo, pare utile sottolineare come la effettiva costruzione degli impianti fosse stata iniziata – come dalle denunce di inizio lavori – nel febbraio del 2010, data, questa, in cui, si era già sviluppata in ambito regionale una maggiore sensibilità verso iniziative elusive.
Ed infatti, il Dirigente dell’Assessorato “Sviluppo Economico ed Innovazione Tecnologica” della Regione Puglia aveva emanato una circolare in data 1.8.2008 nella quale si sollecitava “ la massima attenzione all’eventuale presenza di connessioni tra più denunce di inizio attività”; ciò in quanto, si rappresentava, “ disattenzioni applicative da parte dei proponenti se non veri e propri comportamenti illegittimi potrebbero alimentare il ricorso alla D.I.A. anche laddove si sia in presenza di impianti la cui potenza nominale elettrica complessiva oltrepassi i limiti posti dall’art. 27 della L.R. 1/2008..... Appare, pertanto, opportuno che le amministrazioni comunali pongano la massima cautela nella verifica dell’esistenza di tali situazioni che, a titolo esemplificativo, potrà essere ricavata dalla significativa ricorrenza di elementi sintomatici quali un unico punto di connessione, l’unicità del proprietario delle aree, l’unicità dell’iniziativa industriale, a sua volta ricavabile dall’unicità dei proponenti ovvero dei referenti aziendali .....”.
Ne discende la conclusione che, anche secondo la valutazione operata dall’Autorità amministrativa preposta alla vigilanza sulla corretta applicazione della normativa del settore, la presenza di un “unico punto di connessione” alla rete elettrica non costituiva il principale elemento “sintomatico” di un’operazione “illegittima” intesa a dissimulare iniziative imprenditoriali che, valutate in termini unitari, avrebbero imposto il previo rilascio dell’Autorizzazione unica.
Nello stesso senso, le “ Regole applicative per il riconoscimento delle tariffe incentivanti previste dal D.M. 5 maggio 2011 (QUARTO CONTO ENERGIA PER IL FOTOVOLTAICO)”, approvate dal G.S.E. nel giugno del 2012, stabilivano al punto 3.8:
“ Ai fini dell’attribuzione delle tariffe incentivanti, più impianti fotovoltaici realizzati dal medesimo Soggetto Responsabile o riconducibili ad un unico Soggetto Responsabile e localizzati su una medesima particella catastale o su particelle catastali contigue, si intendono come unico impianto di potenza cumulativa pari alla somma dei singoli impianti ……. Si ritengono soggetti riconducibili ad un unico Soggetto Responsabile le persone giuridiche collegate, controllanti e/o controllate, ai sensi dell’art. 2359 c.c., nonché le persone giuridiche che esercitano attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c. o nei confronti delle quali sia ravvisabile, dall’analisi degli elementi oggettivi e soggettivi, un sostanziale collegamento societario ”.
Per quanto sin qui detto, sicuramente tra le tre società proprietarie degli impianti ricorrevano elementi fortemente significativi di un “collegamento” inteso come cointeressenza nell’operazione imprenditoriale unitariamente intesa.
Ancora, non deve sopravvalutarsi la circostanza che i tre impianti considerati fossero stati costruiti mediante l’utilizzo di moduli diversi; tale argomento non elide le considerazioni svolte in ordine alla riferibilità dell’iniziativa all’unico centro economico-giuridico di interessi cui sono riconducibili gli impianti, all’unicità dell’operazione economica, alla unitarietà dell’impianto; d’altro canto, proprio tali differenze risultano perfettamente compatibili con l’intento elusivo della disciplina normativa perseguito dagli agenti.
Quanto appena esposto rileva anche al fine di escludere in radice la possibilità di un affidamento incolpevole dei soggetti agenti, in ipotesi ingenerato dal comportamento del Responsabile dell’Ufficio urbanistico del Comune di Torre Santa Susanna a seguito dall’avvenuto consolidamento delle DD.I.A. (risulta che detto Ufficio non rilevò alcuna irregolarità nella progettazione ed esecuzione dei descritti interventi).
Alcun affidamento potevano riporre gli imputati nel comportamento dell’ente comunale, indotto in errore proprio dalla condotta dolosa degli agenti, i quali ponevano in essere le sofisticate attività negoziali e di rilevanza amministrativa sopra descritte, attraverso la costituzione di società ad hoc che dissimulava l’esistenza di un unico centro di interessi inerente l’affare sotteso alla realizzazione (per tante DD.I.A. quanti i moduli minimi di potenza sotto 1 MW) della complessa struttura produttiva di energia impiantata sul fondo di contrada “Martucci”.
È chiaro che tale dissimulazione della vasta portata della complessa struttura produttiva, e dell’affare ad essa sotteso, si manifesta come inequivoca espressione di un unitario programma criminoso portato avanti con l’ausilio minuziosamente concertato di tutti i soggetti coinvolti; programma che ha trovato ulteriore deliberato sviluppo ed infine efficace inveramento nelle successive richieste di tariffa incentivante inoltrate al G.S.E. da parte dei legali rappresentanti delle società a responsabilità limitata, così artificiosamente costituite nei termini sopra riportati (il dato dell’avvenuta presentazione delle richieste di tariffa incentivante è documentato dagli allegati alla c.t.p. dell’ing. Cavallo).
Né, tantomeno, può sostenersi una presunta regolarità delle DD.I.A. “consolidate”, dovendo sul punto richiamarsi a quanto specificato dalla giurisprudenza amministrativa in ordine al fatto che “ la denunzia di inizio attività non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge: ne consegue che una denunzia di inizio attività produce gli effetti che conducono al suo consolidamento solo se essi derivano da una domanda conforme alla legge; all’opposto, una dichiarazione di inizio attività incompleta o inesatta rispetto alla fattispecie teorica legislativamente predeterminata non produce alcun effetto di legittimazione dell’intervento eseguito ” (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 29.7.2011, n. 15).
Ed infatti, l’istituto della D.I.A. può configurarsi sulla base della normativa vigente solo quando l’interessato sia in possesso di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti per l’espletamento dell’attività, in quanto questi si atteggiano come elementi costitutivi della fattispecie di cui la parte deduce il perfezionamento.
In tale ipotesi, la legge, in una ottica di accelerazione delle procedure amministrative, ha ritenuto che possa farsi a meno del provvedimento assentivo per effetto del decorso del tempo dalla presentazione della D.I.A., ma è da escludere che l’interessato, in mancanza dei requisiti, possa eludere le prescrizioni fissate dalla legge o dalla normativa vigente e pretendere che il titolo si sia formato e dotato di efficacia.
L’ente pubblico, d’altra parte, deve verificare l’eventuale mancanza di uno dei presupposti normativamente previsti per l’esecuzione dei lavori previsti entro il termine perentorio di 30 giorni, decorso il quale lo stesso Comune può ben ricorrere al potere discrezionale di autotutela ai sensi degli articoli 21 quinquies e 21 nonies della legge 7.8.1990, n. 241.
Restano inoltre salve, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 241/1990, le misure sanzionatorie volte a reprimere le dichiarazioni false o mendaci, nonché le attività svolte in contrasto con la normativa vigente, così come sono impregiudicate le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo previste dalla disciplina di settore (Cons. Stato Sez. VI, 14.11.2012, n. 5751).
Da ultimo, non è invocabile la sanatoria della situazione preesistente introdotta con la già citata Legge n. 129 del 13.08.2010, art. 1 quater; tale disposizione era evidentemente finalizzata a “salvare” l’efficacia delle procedure di D.I.A. che risultassero “ avviate in conformità a disposizioni regionali”, ossia – per quanto attiene alla Regione Puglia – che avessero abilitato l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte solare idonei ad ottenere una potenza superiore a 20 KW ma pur sempre inferiore ad 1 MM; viceversa, per gli impianti di potenza elettrica nominale superiore a tale ultima soglia anche la normativa regionale poi dichiarata incostituzionale imponeva il previo rilascio dell’autorizzazione unica.
Pertanto, poiché nel caso in scrutinio si ritiene provato il carattere unitario dei tre impianti realizzati, la procedura abilitativa non poteva affatto considerarsi avviata “in conformità” con quanto previsto dalle allora vigenti disposizioni regionali.
Ognuno degli imputati ha prestato il proprio consapevole contributo all’operazione:
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i proprietari CAVALLO avviarono le pratiche per l’installazione degli impianti con perfetta coincidenza in relazione ai tre lotti e, con analoga identica tempistica, cedettero i terreni e volturarono le DD.I.A.;
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RUBINO Giovanni intervenne come amministratore della WINSOL ENERGY SYSTEMS in tutte le “relazioni tecniche di asseverazione”;
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gli amministratori e soci delle tre società esecutrici degli impianti sono legati da reciproci rapporti sono stati già evidenziati;
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CAFORIO Cosimo era il legale rappresentante dell’unica società che eseguì i lavori per tutti e tre gli impianti;
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l’ing. PETROSILLO prestò la propria professionalità a supporto del progetto di realizzazione di ciascun impianto, intervenendo quale progettista e direttore dei lavori.
Gli abusi edilizi contestati.
A - Il P.M. ha formalmente contestato agli imputati il reato di “lottizzazione abusiva” (il riferimento a tale fattispecie è testuale nella rubrica del capo di imputazione e segue l’indicazione della norma che si assume violata, ossia l’art. 44 lett. c D.P.R. 380/01), per avere essi – in concorso tra loro – realizzato (condotta originariamente contestata) e successivamente esercito (condotta oggetto di contestazione in corso di dibattimento) gli impianti fotovoltaici in questione, da considerarsi un unicum per quanto sin qui detto; tanto accadeva “ in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati o, comunque, stabilite dalle leggi statali o regionali, ed altresì, delle tradizioni agroalimentari locali, della tutela della biodiversità così come de patrimonio culturale e del paesaggio rurale in riferimento agli artt. 7 e 8 della L. 57/2001 e 14 D.Leg.vo 228/2001”.
A norma dell’art. 30 comma 1° D.P.R. 6.6.2001, n. 380, si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio:
- quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali, o senza la prescritta autorizzazione (lottizzazione materiale);
- nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio (lottizzazione negoziale).
Secondo la giurisprudenza ormai consolidata della Corte Suprema, il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi:
- in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell’assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell’intervento di nuova realizzazione;
- ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con la destinazione programmata del territorio comunale.
E’ noto che il bene giuridico tutelato dalla fattispecie della lottizzazione abusiva a scopo edilizio è rappresentato dalla riserva pubblica di programmazione e sviluppo del territorio, anche sotto il profilo dell’esigenza di evitare che alla P.A. siano accollati, al di fuori dell’ordinaria attività di pianificazione delle spese in relazione alla gestione dell’assetto del territorio, i costi legati alla concentrazione del carico urbanistico ed al conseguente necessitato intervento pubblico per garantire i servizi minimi connessi all’urbanizzazione del comparto abusivamente edificato.
Altrettanto consolidato, nella riflessione dottrinale e giurisprudenziale, è il principio secondo cui non ogni intervento edilizio configura una lottizzazione, richiedendosi l’attuazione di interventi che interessano aree più o meno vaste e di non secondario o modesto impatto urbanistico, tale cioè da conferire un diverso assetto ad una porzione di territorio; in sintesi, per diversificare l’esecuzione di un progetto lottizzatorio rispetto all’intervento singolo occorre la ricorrenza del requisito dell’estensione e della diffusività in relazione al livello di compromissione urbanistica del comparto.
I suddetti principi devono essere applicati alla vicenda in esame, con tali opportune precisazioni:
-
ai sensi del D.Leg.vo n. 367/2003, art. 12, comma 7, “ gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’art. 2, comma 1, lett. b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici . Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento afta valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla L. 5 marzo 2001, n. 57, artt. 7 e 8, nonché del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 14. b);
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l’art. 3 della L.R. 21.10.2008 n. 31 (“ Norme in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale”)- sino alla declaratoria di incostituzionalità intervenuta nel marzo del 2010 - abilitava il ricorso alla D.I.A. per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili fino al 1 MW, consentendo (lett. b) l’installazione di “ impianti fotovoltaici in zona agricola a condizione che l’area asservita all’intervento sia estesa almeno due volte la superficie radiante. La superficie non occupata dall’impianto deve essere destinata esclusivamente a uso agricolo ”;
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il D.M. 10.9.2010 del Ministero dello sviluppo economico (“Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”) - al punto 15.3 - ha previsto che “ Ove occorra l’autorizzazione unica costituisce di per sé variante allo strumento urbanistico. Gli impianti possono essere ubicati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel qual caso l’autorizzazione unica non dispone la variante dello strumento urbanistico . Nell’ubicazione degli impianti in tali zone si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla L. 5 marzo 2001, n. 57, artt. 7 e 8, nonché del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 14... ”.
Nel caso di specie, dunque, non siamo di fronte ad interventi ad evidenza contrastanti con la “zonizzazione” del territorio comunale, prevedendo la stessa normativa di riferimento la possibilità di installare gli impianti di produzione fotovoltaica anche in aree a destinazione agricola, peraltro senza la necessità di operare una variante allo strumento urbanistico.
Ed allora la quaestio facti che si pone è quella di verificare se nel caso di specie la installazione del parco fotovoltaico in assenza della prescritta autorizzazione abbia seriamente pregiudicato l’utilizzazione a scopo agricolo della residua superficie del territorio, così determinando lo stravolgimento dell’assetto ad esso attribuito dagli strumenti urbanistici.
A tale quesito l’istruttoria dibattimentale non ha consentito di fornire alcuna risposta in termini di certezza.
Da un lato, infatti, non può non rilevarsi la dimensione complessiva dell’opera in contestazione, artificiosamente frazionata (questa e non i terreni) in tre distinti impianti; per quanto si evince dagli elaborati tecnici dell’ing. Cavallo, invero, l’estensione complessiva della superficie radiante dei tre impianti è di 20.297 mq. (mq. 6.732 + mq. 6.920 + mq. 6.645); si tratta di una superficie che, in pratica, ha un’estensione di poco superiore a quella di due campi da calcio con misure regolamentari; il numero complessivo dei moduli istallati è 12.340 (3.960 + 4.240 + 4.140), cui devono aggiungersi le opere accessorie (recinzioni e cabine).
Dall’altro lato, tuttavia, non può omettersi di considerare che con tre distinti atti rogati dal Segretario generale del Comune di Torre Santa Susanna lo stesso giorno (23.12.2009), le tre società proprietarie dei terreni “asservirono” i singoli lotti “ a disposizione” agli impianti fotovoltaici da realizzare su ciascun lotto, e le “ parti residue ad uso esclusivamente agricolo” ; tanto in ossequio a quanto previsto dal richiamato art. 3, comma 1° lett. b) della L.R. 31/2008 – all’epoca in vigore prima che fosse interessato dalla declaratoria di incostituzionalità – secondo cui la superficie totale del terreno interessata all’impianto, nella procedura avviata con D.I.A. – dovesse essere estesa almeno due volte la superficie radiante e che la superficie non occupata dall’impianto fosse destinata esclusivamente ad usi agricoli.
Con affermazione che non ha trovato smentita all’esito dell’istruttoria, il c.t. Cavallo ha evidenziato che per tutti e tre i singoli impianti fu ampiamente rispettata tale proporzione, nel senso che le superfici complessive di ciascun lotto sono di svariate volte superiori alle superfici radianti espresse da ciascun impianto (si rimanda, per i dettagli, alle singole relazioni).
Vero è che secondo il consolidato indirizzo formulato dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato Sez. IV, 7.6.2012, n. 3381), la lottizzazione abusiva è un fenomeno unitario che trascende la consistenza delle singole opere di cui si compone e talora ne prescinde – come nel caso di mutamento di destinazione d’uso di complessi edilizi regolarmente assentiti – e assume rilevanza giuridica per l’impatto che determina sul territorio, interferendo con l’attività di pianificazione, conservazione dei valori paesistici ed ambientali, dotazione e dimensionamento degli standard, di guisa che la diversa conformazione materiale che deriva dall’attività di lottizzazione, se non rimossa, da un lato impedisce la realizzazione del diverso progetto urbanistico stabilito dagli organi preposti al governo del territorio, dall’altro impone l’adeguamento delle infrastrutture esistenti o la realizzazione di nuove per far fronte al carico urbanistico derivante dalla lottizzazione.
Seguendo tale impostazione, la previsione di salvaguardia introdotta dal citato art. 3, comma 1° lett. b) L.R. 31/2008 – peraltro poi travolto dalla pronuncia della Corte Costituzionale già richiamata per l’eccessiva liberalità nella previsione di più alte soglie sottoposte alla procedura semplificata della D.I.A. – non sarebbe applicabile al caso concreto dovendo valutarsi l’incidenza sul territorio agricolo dei tre impianti valutati in una dimensione unitaria e non parcellizzata.
Ma, sotto altro non secondario profilo, il dato obiettivo che emerge dalla c.t.p. del Cavallo – si ribadisce non smentito da elementi o argomenti di segno contrario – segnala che a fronte di un’estensione complessiva dei tre lotti di mq. 121.217 (mq. 40.208 + mq. 39.934 + mq. 41.075), l’estensione complessiva della superficie radiante dei tre impianti è di 20.297 mq., con una differenza di ben mq. 100.920 rimasti a destinazione per l’esclusivo uso agricolo all’interno del comparto interessato dall’intervento edilizio, valutato unitariamente.
In conclusione, a fronte dei riferiti dati obiettivi di opposta valenza significativa, non sussistono elementi assistiti da certezza processuale che consentano di affermare – operata la dovuta comparazione tra superficie complessiva dei lotti e superficie radiante, così come richiesta dalla normativa di riferimento in vigore al tempo della realizzazione dell’opera – che nella specie non fosse stata comunque salvaguardata l’utilizzazione agricola del comparto interessato dall’intervento e che, al contrario, vi fosse stato uno stravolgimento dell’assetto ad esso attribuito dagli strumenti urbanistici.
Ne deriva la pronuncia di una sentenza assolutoria di tutti gli imputati in ordine alla contravvenzione di cui all’art. 44 lett. c) D.P.R. 380/01 perché il fatto non sussiste.
B – Nella descrizione del fatto il P.M. ha espressamente indicato che la realizzazione dell’” impianto di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica della potenza nominale complessiva di circa 3 MW” avveniva “ in assenza della prescritta autorizzazione unica regionale e del permesso di costruire ”.
Tanto, a parere del Tribunale, equivale alla contestazione – in punto di fatto – anche dell’ulteriore contravvenzione di cui all’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01, anch’essa ugualmente oggetto di ampia valutazione e disamina da parte delle difese allorché le stesse hanno dedotto che gli impianti erano stati legittimamente realizzati con le DD.II.A., non richiedendosi a loro dire nella fattispecie il rilascio dell’Autorizzazione unica regionale.
Sul punto è opportuno ribadire che l’art. 12 comma 4° del più volte citato D.Leg.vo 387 stabilisce che “ il rilascio dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercitare l’impianto in conformità al progetto approvato”; tale autorizzazione regionale, dunque, è giuridicamente equiparabile al permesso di costruire, non essendo peraltro seriamente revocabile in dubbio che – per la loro estensione e per le dimensioni dei pannelli fotovoltaici installati - gli impianti in oggetto debbano configurarsi come interventi di “nuova costruzione” secondo la definizione di cui all’art. 3 lett. e) del D.P.R. 380/01, per i quali il successivo art. 10 dello stesso T.U. richiede il rilascio del permesso di costruire.
Né, peraltro, potrebbe affermarsi la natura precaria delle opere costituenti l’intervento contestato – onde farne discendere la non necessarietà del previo rilascio del permesso di costruire – dovendosi evidenziare che per giurisprudenza costante della Corte di Cassazione il carattere precario di un’opera prescinde dalla “ destinazione subiettivamente data all’opera dal costruttore” ma deve ricollegarsi all’intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti di un manufatto smontabile e non infisso al suolo o, come nel caso di specie, destinato ad essere rimosso allo scadere del ciclo di funzionamento all’uopo previsto di venti anni.
Pertanto, anche la realizzazione di un impianto fotovoltaico, proprio perché equiparabile ad un intervento edificatorio, per definizione non può che essere attratta dalla disciplina urbanistica, rappresentando un tipo di intervento che va certamente ad incidere sul suo corretto ed ordinato sviluppo, secondo gli strumenti urbanistici in vigore.
In ossequio al consolidato orientamento della S.C. a partire dalla nota sentenza Cass. SS.UU. 21.12.1993 n. 11635, Borgia, sussiste il potere del giudice penale di accertare che per un determinato intervento occorre il permesso di costruire (in questo caso l’Autorizzazione unica regionale che equivale al p.d.c.) in luogo del diverso titolo (D.I.A.) ritenuto sufficiente dall’amministrazione; in questo caso, infatti, l’a.g. non esercita alcun sindacato sull’attività della pubblica amministrazione ma si limita a valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie.
Ne deriva la piena configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01, a carico di tutti gli imputati; per tutte le ragioni innanzi esposte, infatti, la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, nella sua dimensione unitaria, richiedeva il previo rilascio del titolo abilitativo previsto dall’art. 12 D.Leg.vo 387/2003.
C - Come premesso, il P.M. ha operato una modifica della contestazione nel senso che l’imputazione “ elevata a tutti quanti gli imputati viene contestata non soltanto nel realizzare ma anche nell’esercitare; quindi, dopo la parola “ realizzavano ”, deve intendersi indicato “ ed esercitavano ”…… (cfr. il testo del verbale sten. dell’udienza dell’1.7.2015).
La collocazione testuale dell’intervenuta modifica consente di estenderne la portata anche alla contravvenzione di cui all’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01 in fatto contestata.
Sul tema dell’ascrivibilità della attività di esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili al novero delle condotte tipizzate dall’art. 44 del D.P.R. 380/01 contenente “ principi fondamentali e generali nonché le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia” , occorre dare conto di un orientamento giurisprudenziale espresso dalla S.C., a quanto consta, in relazione a vicende cautelari reali in materia di impianti fotovoltaici; considerato che l’art. 12, commi 3° e 4°, del D.Leg.vo 387/2003 prevede la necessità di un’autorizzazione unica regionale non solo per la costruzione ma anche “per l’esercizio” degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ed esprimenti una determinata potenza, si è affermato che anche la gestione di tali impianti in assenza del titolo abilitativo comporterebbe una persistente compromissione del bene giuridico protetto.
Secondo il richiamato orientamento (ben sintetizzato da Cass. n. 29085 del 28.5.2015, Iacovera), infatti, il testo dell’art. 12 citato consente di affermare che la disposizione mira a tutelare il controllo amministrativo da parte dell’ente regionale anche nella fase di gestione dell’impianto , motivo per cui tanto la realizzazione, quanto l’esercizio senza il necessario titolo abilitativo, costituiscono violazioni della suddetta norma precettiva e producono una permanente lesione all’interesse da essa protetto.
Con la conseguenza che anche dopo l’ultimazione della sua realizzazione, l’utilizzazione dell’impianto senza il possesso del titolo abilitativo occorrente continua a compromettere l’interesse alla permanente vigilanza da parte dell’autorità competente anche sull’esercizio dell’impianto stesso e, pertanto, aggrava o comunque protrae le conseguenze negative del reato.
Ai fini dell’applicazione del ridetto principio di diritto appaiono opportune alcune puntualizzazioni, anche tenuto conto del caso concreto e delle risultanze emerse all’esito dell’istruttoria dibattimentale.
c.1 – Innanzitutto, il richiamato orientamento della S.C. amplia l’ambito delle condotte punibili ex art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01 nel senso di farvi rientrare anche la gestione non autorizzata di determinati impianti di produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili; è, infatti,“irrilevante il fatto che l’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01 faccia riferimento soltanto al permesso di costruire, in quanto in essa viene semplicemente enunciata la sanzione in riferimento ad una norma precettiva che, nel caso in esame, è costituita dal menzionato D.Leg.vo 387/2013, art. 12 comma 3° ” (così Cass. n. 32941 del 21.2.2013).
La sanzione prevista dalla richiamata norma del Testo unico sull’edilizia punisce, in questo caso, anche la violazione dell’art. 12 D.Leg.vo 387/03; e poiché – come si è visto - tale ultima disposizione richiede il rilascio dell’Autorizzazione unica regionale sia per la realizzazione che per l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili esprimenti una determinata potenza, la condotta oggetto di sanzione abbraccia entrambe le ridette attività se non assistite da titolo abilitativo.
Il ridetto indirizzo giurisprudenziale, come si è premesso, muove dalla equiparazione dell’Autorizzazione unica regionale al permesso di costruire; ben si comprende, tuttavia, che l’operazione ermeneutica è riferita – ed è destinata ad operare - unicamente rispetto alla fattispecie di cui all’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01, ossia di una contravvenzione che punisce l’avvenuta “ esecuzione di lavori in………assenza del permesso di costruire”, ed ora anche l’avvenuta “costruzione” nonché “ l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili”; l’assenza del titolo abilitativo (permesso di costruire e/o autorizzazione unica regionale), ove richiesto anche per la fase di gestione, integra la violazione del precetto, determinato dal combinato disposto degli artt. 10 T.U. sull’edilizia (“ Interventi subordinati a permesso di costruire”) e 12 D.Leg.vo 387/13.
L’esposta interpretazione di matrice giurisprudenziale, perciò, non sempre potrebbe conformarsi alla diversa struttura della fattispecie di “lottizzazione abusiva”: in questo caso, invero, la condotta sanzionata non deriva necessariamente dall’effettuazione di interventi sul territorio eseguiti in assenza di un “titolo abilitativo”.
La ricorrenza di un fenomeno lottizzatorio può, infatti, prescindere dalla regolarità dei singoli interventi attraverso cui si attua la condotta materiale del reato, costituendo una più grave ed ulteriore forma di aggressione all’ordinato assetto del territorio, come denota la previsione di un trattamento sanzionatorio più rigoroso - con riferimento alla pena pecuniaria – rispetto alla fattispecie di cui alla lett. b) dell’art. 44 D.P.R. 380/01 - nonché la previsione di un’ipotesi di confisca obbligatoria “ dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite”, sconosciuta per le altre fattispecie incriminatrici di cui all’art. 44 T.U. sull’edilizia.
Ne consegue che “ la verifica circa la conformità della trasformazione realizzata e la sua rispondenza o meno alle previsioni delle norme urbanistiche vigenti deve essere effettuata con riferimento non già alle singole opere in cui si è compendiata la lottizzazione, eventualmente anche regolarmente assentite, bensì alla complessiva trasformazione edilizia che di quelle opere costituisce il frutto, sicché essa conformità ben può mancare anche nei casi in cui per le singole opere facenti parte della lottizzazione sia stato rilasciato il permesso di costruire” . (Cons. Stato sez. IV, 07.06.2012, n. 3381).
Si pensi al caso, esaminato dalla giurisprudenza amministrativa, della c.d. “lottizzazione occulta o indiretta”, che ricorre in presenza del rilascio di più titoli abilitativi riguardanti uno stesso lotto con i quali sia assentita anche la realizzazione di reti viarie o altri interventi tipici dell’urbanizzazione primaria; tali titoli abilitativi non sono stati ritenuti legittimi richiedendosi un piano di lottizzazione ed un formale provvedimento di autorizzazione, stante la ricorrenza di un’ipotesi di asservimento di una nuova area alle esigenze abitative; si è detto, quindi, che alla definizione legislativa di lottizzazione materiale è estranea l’apparente regolarità edilizia della singola opera.
Nello stesso senso la giurisprudenza penale ha precisato che “il reato di lottizzazione abusiva, previsto dall’art. 44, comma primo, lett. c), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, può concorre materialmente con le altre violazioni edilizie previste dalle lettere a) e b) del medesimo articolo. (In motivazione la Corte ha precisato che l’illecito lottizzatorio costituisce un’ipotesi autonoma di reato, distinta dalle altre violazioni disciplinate dall’art. 44 del D.P.R. citato, essendo diversi sia l’oggetto della tutela che la condotta sanzionata)” (Cass. n. 9307 del 24.2.2011, Silvestro).
Tornando alla contestazione formale elevata dal P.M., il fenomeno lottizzatorio è stato ipotizzato in relazione alla realizzazione di un unico impianto derivante dalla “artificiosa suddivisione dei tre parchi fotovoltaici”, in violazione “degli strumenti urbanistici” ; ebbene, a prescindere dalla prova della effettiva ricorrenza della fattispecie di cui all’art. 44 lett. c) – prova che in questo processo si è detto essere mancante - rispetto al fenomeno lottizzatorio così contestato il riferimento contenuto nella descrizione del fatto alla mancanza dell’Autorizzazione unica regionale prevista dall’art. 12 D.Leg.vo 387/2003 avrebbe comunque valenza neutra nel senso che, semmai, varrebbe a connotare di ulteriore “abusività” il complessivo intervento edilizio/urbanistico e sarebbe sicuramente apprezzabile per valutare la ricorrenza dell’elemento soggettivo che ha assistito le condotte degli agenti.
E’ bene precisare che tale “autorizzazione” ex D.Leg.vo 387, non può essere equiparato all’”autorizzazione” di cui all’art. 28 L. 1150/42 (Legge urbanistica fondamentale), vale a dire il provvedimento del comune che approva il progetto di lottizzazione presentato dai privati oppure disposto d’ufficio, la cui assenza comporta la manifestazione di un’ulteriore condotta lottizzatoria ai sensi dell’art. 30 citato (“s i ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni………… senza la prescritta autorizzazione ” ).
Infatti, a prescindere dalla considerazione – più volte evidenziata dalla dottrina – per cui le particolari previsioni sostanziali e procedurali che connotano il rilascio dell’autorizzazione con cui è approvato il piano di lottizzazione ne fanno un atto formale insuscettibile di equipollenti, l’art. 12 comma 4° del più volte citato D.Leg.vo 387 stabilisce espressamente che “ il rilascio dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercitare l’impianto in conformità al progetto approvato”; tale autorizzazione regionale, dunque, è giuridicamente equiparabile al solo permesso di costruire.
c.2 – Il richiamato orientamento della S.C. in tema di impianti da fonti rinnovabili si è formato, a quanto consta, esclusivamente nella materia cautelare; pertanto, l’affermazione che “ la realizzazione dell’impianto e l’attività postuma di messa in esercizio senza il necessario titolo abilitativo costituiscono violazioni della suddetta norma precettiva” – art. 12 D.Leg.vo 387/2003; n.d.r. – “ e producono una lesione dell’interesse tutelato dalla norma stessa”, richiede di essere vagliata anche alla luce delle risultanze del caso concreto quali emergenti dall’istruttoria dibattimentale - dunque al di là della vicenda cautelare – e soprattutto postula il corretto inquadramento del rapporto esistente tra la fattispecie penale (artt. 44 lett. b D.P.R. 380/01 e 12 D.Leg.vo 387/2003) ed illecito amministrativo introdotto dall’art. 44 del D.Leg.vo 28/2011; ciò anche perché, nell’ambito della verifica dei presupposti legittimanti l’applicazione dell’art. 321 comma 1° c.p.p., i due piani – integrazione del fumus e persistenza della lesione del bene giuridico/esigenze di cautela per gli effetti di un reato già consumato – rischiano di sovrapporsi.
E’ ben noto, sul punto (cfr. Cass. SS.UU. 12878/2003) che le conseguenze che il legislatore intende neutralizzare mediante il sequestro preventivo non sono identificabili con l’evento del reato in senso naturalistico e neppure con l’evento in senso giuridico (cioè la lesione del bene penalmente tutelato), cosicché esse possono essere aggravate o protratte anche dopo la consumazione del reato medesimo. In particolare, si è detto che l’utilizzazione dell’immobile costruito in violazione degli strumenti urbanistici vigenti non modifica il perfezionamento del reato già avvenuto e nulla aggiunge alla lesione del bene formalmente tutelato, che è quello del previo controllo pubblico sulle trasformazioni del territorio, ma sicuramente aggrava e prolunga la lesione dell’equilibrio urbanistico del territorio, che è il valore sostanziale al quale è finalizzato il controllo pubblico sulle trasformazioni del territorio.
Inoltre, la stessa S.C. ha ripetutamente affermato (cfr. ad esempio Cass. 37383/2013) il principio secondo il quale l’incidenza di un intervento edilizio sul carico urbanistico deve essere considerata anche con riferimento all’aspetto funzionale dell’opera.
Sono questi, tuttavia, profili che attengono alle possibili conseguenze di un reato, anche ove già consumato.
c.3. Nella pronuncia n. 32941/13, relativa alla fase cautelare che ha interessato questa vicenda, si è affermato che “ quand’anche dovesse sostenersi l’applicabilità della sanzione penale soltanto alla realizzazione tout court dell’impianto sprovvisto del titolo mentre l’esercizio sine titulo dovrebbe sanzionarsi in via amministrativa” (id est per effetto dell’applicazione della sanzione ex art. 44, comma 4°, D.Leg.vo 28/2001; n.d.r.) “non potrebbe comunque disconoscersi che la mancata sottoposizione dell’esercizio dell’impianto al controllo della competente autorità costituirebbe ugualmente una protrazione ed un aggravamento delle conseguenze dannose del reato”.
La richiamata pronuncia, dunque, allude con un obiter al tema del rapporto tra la fattispecie penale (combinato disposto degli artt. 44 lett. b D.P.R. 380/01 e 12 D.Leg.vo 387/2003) e l’illecito amministrativo introdotto dall’art. 44 comma 1° del D.Leg.vo 28/2011 senza, tuttavia, svilupparlo in quanto aspetto ininfluente nell’economia di un giudizio cautelare che aveva, comunque, accertato la persistenza delle “c onseguenze dannose del reato”, ossia delle esigenze legittimanti l’apposizione del vincolo reale (art. 321 comma 1° c.p.p.).
Analoga questione era stata affrontata anche da Cass. n 20403 del 26.2.2013 (in relazione ad un sequestro preventivo per le contestazioni dei reati di cui agli artt. 44 lett. B e C D.P.R. 380/01 e 181 D.Leg.vo 42/2004) e risolta con la conclusiva affermazione che “ le sanzioni amministrative previste dal D.Leg.vo 28/2011, art. 44 commi 1°, 2° e 3°, sono applicate ai casi di costruzione e gestione degli impianti, “fatte salve”, ai sensi del successivo comma 4°, le diverse sanzioni previste dalla legge. Si tratta, con ogni evidenza, di una previsione che non esclude la sussistenza del “fumus” del reato ”, che in quel caso riguardava anche la condotta di realizzazione dell’impianto.
All’esito del processo il Tribunale reputa opportuno soffermarsi ad analizzare la natura e le modalità di interazione del doppio binario punitivo previsto in tema di realizzazione e gestione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; trattasi, peraltro, di argomento su cui hanno insistito le difese degli imputati in sede di discussione.
Imprescindibile punto di partenza per tale analisi è una breve disamina sull’evoluzione del quadro normativo – internazionale ed italiano – formatosi sulla materia.
Lo sviluppo delle energie rinnovabili è fondamentale per mettere in atto il principio dello “sviluppo sostenibile” sancito a partire dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992 (UNFCCC) e dal suo Protocollo attuativo firmato a Kyoto nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005 (è a tutti noto che tale Protocollo ha introdotto valori massimi vincolanti per le emissioni dei gas ad effetto serra che ogni paese firmatario deve raggiungere).
Al fine di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, la Convenzione ed il Protocollo prescrivono l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili che non comporta l’emissione di gas nocivi per l’atmosfera e la parallela riduzione dello sfruttamento di fonti energetiche tradizionali.
A livello europeo, l’inserimento dello “sviluppo sostenibile” tra gli obiettivi dell’Unione (cfr. art. 11 T.U.E.) e l’adesione al Protocollo di Kyoto da parte della Comunità, hanno imposto la necessità di valorizzare i profili di tutela ambientale nella determinazione delle politiche energetiche.
La legislazione europea in materia di energie rinnovabili si fonda sullo strumento giuridico delle direttive: la Comunità introduce obblighi di risultato ma lascia agli Stati membri la scelta dei mezzi per raggiungere tali risultati.
La prima Direttiva dedicata alle energie rinnovabili è la 2001/77/CE, la cui finalità è “ promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricità nel relativo mercato interno”.
La Direttiva, per quanto qui interessa, richiedeva agli Stati membri (art. 6) di intervenire con norme interne finalizzate a:
- ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili;
- razionalizzare e accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo;
- garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili”.
A tale Direttiva il Legislatore italiano ha dato attuazione con il D.Leg.vo 387/2003.
Con la Direttiva 2009/28 CE, che ha abrogato la Dir. 2001/77/CE, sono stati determinati obiettivi vincolanti per tutti gli stati membri al fine di incentivare il ricorso alle fonti di energia rinnovabile.
Per quanto in questa sede rileva, l’art. 13 della Direttiva in questione ha prescritto agli Stati membri di:
“ assicurare che le norme nazionali in materia di procedure di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze applicabili agli impianti e alle connesse infrastrutture della rete di trasmissione e distribuzione per la produzione di elettricità, di calore o di freddo a partire da fonti energetiche rinnovabili e al processo di trasformazione della biomassa in biocarburanti o altri prodotti energetici siano proporzionate e necessarie.
Gli Stati membri prendono in particolare le misure appropriate per assicurare che:
a) fatte salve le differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda le strutture amministrative e l’organizzazione, le responsabilità rispettive degli organi amministrativi nazionali, regionali e locali in materia di procedure di autorizzazione, di certificazione e di concessione di licenze, compresa la pianificazione del territorio, siano chiaramente coordinate e definite e che siano previsti calendari trasparenti per decidere sulle domande urbanistiche ed edilizie;
b) siano rese disponibili al livello adeguato informazioni esaurienti sul trattamento delle domande di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze per gli impianti di energia rinnovabile e sull’assistenza disponibile per i richiedenti;
c) le procedure amministrative siano semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato;
d) le norme in materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze siano oggettive, trasparenti, proporzionate, non contengano discriminazioni tra partecipanti e tengano pienamente conto delle specificità di ogni singola tecnologia per le energie rinnovabili;
e) le spese amministrative pagate da consumatori, urbanisti, architetti, imprese edili e installatori e fornitori di attrezzature e di sistemi siano trasparenti e proporzionate ai costi;
f) siano previste procedure di autorizzazione semplificate e meno gravose, anche attraverso semplice notifica se consentito dal quadro regolamentare applicabile, per i progetti di piccole dimensioni ed eventualmente per dispositivi decentrati per la produzione di energia da fonti rinnovabili………….
Gli Stati membri raccomandano a tutti i soggetti, in particolare agli organi amministrativi locali e regionali di garantire l’installazione di apparecchiature e sistemi di produzione di elettricità, calore e freddo da fonti energetiche rinnovabili e l’installazione di apparecchiature e sistemi di teleriscaldamento o di teleraffrescamento in sede di pianificazione, progettazione, costruzione e ristrutturazione di aree industriali o residenziali. Gli Stati membri, in particolare, incoraggiano gli enti amministrativi locali e regionali a includere, se del caso, il riscaldamento e il raffreddamento da fonti rinnovabili nella pianificazione delle infrastrutture urbane delle città.
Nelle regolamentazioni e nei codici in materia di edilizia, gli Stati membri introducono misure appropriate al fine di aumentare la quota di qualsiasi tipo di energia da fonti rinnovabili nel settore edilizio…….
Nelle regolamentazioni e nei codici in materia edilizia, gli Stati membri promuovono l’uso di sistemi e di apparecchiature per il riscaldamento e il raffreddamento da energie rinnovabili che consentano una riduzione significativa del consumo di energia…….”
In attuazione di tale Direttiva è stato emanato il D.Leg.vo 28/2011.
La normazione comunitaria ha, quindi, svolto una determinante funzione propulsiva per lo sviluppo delle energie rinnovabili.
L’orientamento dell’Unione europea in materia si coglie appieno dalla lettura di alcuni passaggi dei “preamboli” dei richiamati atti di normazione comunitaria:
-
nel 2° “considerando” della Direttiva 2001/77/CE si legge: “ la promozione dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è un obiettivo altamente prioritario a livello della Comunità [...] per motivi di sicurezza e diversificazione dell’approvvigionamento energetico, protezione dell’ambiente e coesione economica e sociale” ;
-
nel 1° “considerando” della Direttiva 2009/28/CE, si legge: “ il controllo del consumo di energia europeo e il maggior ricorso all’energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell’efficienza energetica, costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare il protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e gli ulteriori impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra oltre il 2012. Tali fattori hanno un’importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l’innovazione e nel creare posti di lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali e isolate”.
Come si vede, la legislazione vigente, sia internazionale che interna, ha espresso un sempre crescente “favore” verso le energie rinnovabili, il cui più ampio impiego è evidentemente coincidente con l’interesse alla tutela dell’ambiente.
Tale giudizio trova conferma anche nella giurisprudenza della Corte di Giustizia; ad esempio, nella sentenza “ PreussenElecktra AG c/ Schelswag AG” (13.3.2011, causa C-379/98), la Corte U.E. ha affermato:
“ In proposito si deve osservare che l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili nella produzione di energia elettrica……………è utile alla protezione dell’ambiente nei limiti in cui contribuisce a ridurre le emissioni di gas a effetto serra che rientrano tra le principali cause dei cambiamenti climatici che la Commissione europea e gli Stati membri si sono impegnati a contrastare.
A questo titolo, lo sviluppo di tale utilizzo rientra fra gli obiettivi primari che la Comunità e i suoi Stati membri intendono perseguire per tener fede agli impegni che hanno assunto in virtù della convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, approvata a nome della Comunità dalla decisione del Consiglio 15 dicembre 1993 n. 94/69/CE (GU 1994, L 33, pag. 11), nonché del protocollo della terza conferenza delle parti di tale convenzione, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997, sottoscritto dalla Comunità e dai suoi Stati membri il 29 aprile 1998 [v. in proposito, in particolare, la risoluzione del Consiglio 8 giugno 1998, 98/C 198/01, sulle fonti energetiche rinnovabili (GU C 198, pag. 1), e la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio 28 febbraio 2000, n. 646/2000/CE, che adotta un programma pluriennale per promuovere le fonti energetiche rinnovabili nella Comunità (ALTENER) (1998/2002) (GU L 79, pag. 1)].
Si deve osservare che tale politica è diretta anche alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali nonché alla conservazione delle specie vegetali.
Inoltre, come emerge dalla terza frase dell’art. 130 R, n. 2, primo comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 174, n. 2, primo comma, CE), le esigenze in tema di tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione della altre politiche della Comunità. Il Trattato di Amsterdam ha trasferito tale disposizione, in una formulazione leggermente modificata, all’art. 6 del Trattato, che figura nella prima parte intitolata “Principi”.
Risulta del resto espressamente dal ventottesimo considerando della direttiva 96/92 che è “per motivi di protezione dell’ambiente” che essa, agli artt. 8, n. 3, e 11, n. 3, autorizza gli Stati membri a dare priorità alla produzione di energia elettrica da fonti di energia rinnovabili”.
Tale “favore”, all’evidenza, non equivale affatto a sostenere il carattere recessivo di interessi ugualmente meritevoli di tutela, quali il paesaggio ed il corretto assetto del territorio; vero è, per quanto qui rileva, che la normativa statale e regionale del settore innanzi richiamata consente l’istallazione di parchi fotovoltaici anche in zone agricole, ma è altrettanto indubbio che gli impianti di generazione di energia da fonti rinnovabili, per definizione sostenibili, possono esserlo assai meno sotto il profilo della loro incidenza su altre risorse limitate, quali “lo spazio” territoriale e paesaggistico; gli impianti ad energia solare occupano, con le loro migliaia di pannelli, ampie porzioni di territorio, sicché assicurare la sostenibilità di questi impianti significa, in concreto, contenere allo stretto necessario lo spazio fisico da essi occupato; per questa ragione la richiamata normativa statale e regionale impone – nei termini richiamati - la necessaria preservazione della utilizzazione agricola del territorio; ove ciò non accada, l’intervento risulterà non conforme allo strumento urbanistico.
Vi è, pertanto, la necessità di operare un “bilanciamento” tra interessi pubblici potenzialmente confliggenti, da attuarsi attraverso l’applicazione dei principi stabiliti dalla normativa comunitaria in materia di fonti energetiche rinnovabili, tra cui quelli della “non discriminazione e della proporzionalità”.
Utili argomenti di riflessione sul punto si traggono dalle lettura di alcuni passaggi della motivazione della sentenza della Corte di Giustizia del 21.7.2011 (causa C-2/10 “ Azienda Agro-Zootecnica Franchini s.r.l. e Eolica Altamura s.r.l. c/ Regione Puglia” ) in tema di installazione di aerogeneratori non finalizzati all’autoconsumo su siti rientranti in aree protette:
“ Con riferimento……………al carattere discriminatorio della misura, si deve ricordare che il divieto di discriminazione sancito dall’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/77 non rappresenta altro che l’espressione specifica del principio generale di uguaglianza, che appartiene ai principi fondamentali del diritto dell’Unione e che vieta che situazioni analoghe siano trattate in maniera diversa o che situazioni diverse siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v., in particolare, sentenze 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-4973, punto 67; 3 maggio 2007, causa C-303/05, Advocaten voor de Wereld, Racc. pag. I-3633, punto 56, nonché 16 dicembre 2008, causa C-127/07, Arcelor Atlantique et Lorraine e a., Racc. pag. I-9895, punto 23).
Orbene, nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio verificare se la differenza di trattamento tra i progetti di costruzione degli aerogeneratori e i progetti riguardanti altre attività industriali proposte su siti appartenenti alla rete NATURA 2000 possa fondarsi su differenze oggettive esistenti tra questi due tipi di progetti.
Per tali ragioni,……………si deve rispondere alla parte della questione posta dal giudice del rinvio riguardante l’interpretazione della direttiva 2009/28, con particolare riguardo al principio di proporzionalità che l’art. 13 di quest’ultima ha introdotto rispetto alle procedure amministrative di autorizzazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile.
Al riguardo, occorre ricordare che il principio di proporzionalità enunciato all’art. 13 della direttiva 2009/28, che appartiene ai principi generali del diritto dell’Unione, richiede che le misure adottate dagli Stati membri in tale ambito non superino i limiti di ciò che è appropriato e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla misura meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v., in particolare, sentenze 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I-4023, punto 13, nonché 5 ottobre 1994, cause riunite C-133/93, C-300/93 e C-362/93, Crispoltoni e a., Racc. pag. I-4863, punto 41)”.
c.4. E’ nel contesto appena descritto che si inserisce la questione riguardante i termini e le modalità di coesistenza tra la fattispecie incriminatrice di cui agli artt. 44 lett. b) D.Leg.vo 387/2003 e l’illecito amministrativo introdotto dall’art. 44 comma 1° D.Leg.vo 28/2011 relativamente agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili per i quali sia richiesto il rilascio dell’Autorizzazione unica regionale.
L’espressa previsione contenuta nel già citato art. 44, comma 4°, D.Leg.vo 28/2001 (“ sono fatte salve le altre sanzioni previste dalla normativa vigente ………” ) consente di inquadrare il rapporto tra le due norme (penale ed amministrativa) in termini di concorso effettivo o reale; naturale corollario di tale premessa è che sull’argomento deve escludersi l’applicazione del principio di specialità stabilito dall’art. 9 L. 689/81 (in forza del quale troverebbe in ipotesi applicazione solo la normativa “speciale” prevista dal D.Leg.vo 28/2011), nonché dell’art. 2, comma 4°, c.p. che regola la successione tra norme (a conclusione diversa avrebbe condotto la presenza di una clausola di riserva del tipo “s alvo che il fatto costituisca reato”, che avrebbe verosimilmente condotto all’affermazione della prevalenza della norma penale).
Si noti, peraltro, che identici sono i soggetti destinatari delle norme sanzionatorie ( “il committente, il costruttore, il direttore dei lavori” ai sensi dell’art. 29 T.U.E; “ il proprietario dell’impianto, l’esecutore delle opere e il direttore dei lavori” ai sensi dell’art. 44, comma 1°, D.Leg.vo 28/2011).
Pertanto, entrambe le disposizioni sanzionatorie (sul piano penale e su quello amministrativo) dovranno comunque applicarsi a carico di medesimi soggetti nel caso di realizzazione e gestione sine titulo di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile che esprima una determinata potenza .
Il punto è che, sino al momento dell’entrata in vigore del D.Leg.vo 28/2011, la “normativa vigente” applicabile alla fattispecie – unitamente alle corrispondenti sanzioni – era quella prevista dal Testo unico sull’edilizia, il cui art. 44 lett. b) descrive tassativamente (solo) condotte edificatorie non autorizzate.
Da tanto potrebbe discendere la conclusione che l’”esercizio” non autorizzato di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (ossia una condotta ulteriore e diversa rispetto alla realizzazione, dunque non qualificabile come “stesso fatto” rispetto alla condotta punita in sede penale dal T.U.E.), integrerebbe unicamente l’illecito amministrativo ex art. 44 comma 1° D.Leg.vo 28/2011.
Sennonché si è detto che sulla base di una interpretazione proposta dalla giurisprudenza di legittimità – seppure, si ribadisce, nell’ambito di vicende connesse all’applicazione di misure cautelari - già prima dell’entrata in vigore del D.Leg.vo 28/2011, tra le condotte punibili ex art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01 doveva farsi rientrare anche la gestione non autorizzata di determinati impianti di produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili; ciò in quanto la richiamata norma del T.U.E. enuncia la sanzione in riferimento ad una norma precettiva che, nel caso in esame, è costituita dal menzionato D.Leg.vo 387/2013, art. 12 comma 3°.
La conseguenza di tale interpretazione è che, a partire dal 29.3.2011 (data di entrata in vigore del D.Leg.vo 28/2011), l’installazione e l’esercizio di un impianto generatore di energia elettrica da fonte rinnovabile senza l’Autorizzazione unica integra, nello stesso tempo ed a carico dei medesimi soggetti agenti, un illecito penale ed un illecito amministrativo , quest’ultimo punito in maniera estremamente severa, avuto riguardo all’entità della sanzione pecuniaria massima prevista (fino a 150.000,00 Euro a fronte del limite edittale massimo di Euro 51.645,00 previsto per l’ammenda dall’art. 44 lett. b D.P.R. 380/01) e della sanzione accessoria del “ripristino dello stato dei luoghi” (a fronte della sola “demolizione” dell’opera abusiva stabilita dall’art. 31 comma 9° T.U.E.).
Sotto questo aspetto, peraltro, vi sarebbe più di un argomento per affermare la natura di “pena” della sanzione amministrativa prevista dall’art. 44 comma 1° D.Leg.vo 28/2011 alla luce dei noti parametri elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU a partire dalla sentenza Egel altri c/ Paesi Bassi dell’8.6.1976, con tutti i consequenziali profili di possibile frizione con l’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU e con l’art. 50 della Carta Fondamentale dell’Unione Europea che, come è noto, sanciscono il principio del ne bis in idem in materia penale (si tratta, tuttavia, di questioni che in questa sede non rilevano, non risultando che a carico degli imputati sia attualmente intervenuto un provvedimento definitivo di condanna per l’illecito amministrativo in relazione all’istallazione e gestione degli impianti in scrutinio).
Un tale sistema sanzionatorio della materia, nondimeno, risulterebbe del tutto irrazionale e sproporzionato rispetto alla esigenza di salvaguardia dell’unico bene giuridico che, come ha evidenziato la S.C. nelle richiamate pronunce sul tema in discussione, potrebbe essere offeso nella fase di esercizio abusivo di un impianto energetico, ossia il permanente controllo pubblico sull’iniziativa imprenditoriale ; non può, infatti, seriamente dubitarsi sul fatto che l’interesse “sostanziale” alla tutela dell’assetto del territorio in conformità alla normazione urbanistica che disciplina l’attività edilizia – al cui presidio è preposto l’art. 44 lett. b) T.U.E. - è irrimediabilmente leso già con la sola realizzazione sine titulo dell’impianto.
Ed allora l’applicazione tout court di entrambe le norme sanzionatorie comporterebbe la paradossale conseguenza che chi realizzi un qualsiasi opificio industriale e avvii un’attività produttiva in assenza di permesso di costruire sarebbe passibile di punizione solo ex all’art. 44 T.U.E, mentre chi installi un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili senza Autorizzazione unica risponderebbe sia della contravvenzione edilizia (il che è pienamente giustificabile rispetto all’attività di “esecuzione dei lavori” in senso stretto), sia dell’illecito amministrativo con riguardo, in particolare, alla condotta di esercizio, rispetto alla quale la compromissione del permanente controllo pubblico troverebbe duplice tutela, penale ed amministrativa.
Questa tutela “rafforzata”, nondimeno, risulterebbe:
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palesemente distonica rispetto al riconosciuto favore, espresso a livello internazionale ed interno, verso la produzione di energia da fonti rinnovabili;
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obiettivamente discriminatoria rispetto a situazioni analoghe;
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sproporzionata rispetto alle esigenze di salvaguardia bene-interesse del permanente controllo pubblico sull’iniziativa imprenditoriale, che – per quanto si dirà – non necessariamente è messo in pericolo nella fase di gestione di un impianto di produzione fotovoltaica.
c.5. Perché l’interazione tra le due fattispecie, necessitata dalla “clausola di salvezza” di cui all’art. 44, comma 4° D.Leg.vo 28/2001, sia compatibile con la ratio sottostante l’intero impianto normativo in materia di “sviluppo sostenibile”, è necessario che i due illeciti abbiano un differente ambito di operatività ed interagiscano con l’obiettivo di consentire un ragionevole e proporzionato presidio di tutela di tutti i beni-interessi coinvolti.
A tal fine possono prospettarsi due possibili interpretazioni sul rapporto intercorrente tra le due richiamate fattispecie.
c.5.1. In primo luogo, occorre porre attenzione alla struttura dell’art. 44 D.Leg.vo 28/2011; la norma sanziona in via amministrativa tutte le condotte di abusiva installazione ed esercizio degli impianti energetici da fonte rinnovabile, prevendendo una progressione di sanzioni dall’ipotesi più grave (comma 1°, “ costruzione ed esercizio delle opere ed impianti in assenza dell’autorizzazione di cui all’art. 5”) a quelle meno offensive (commi 2° e 3°, “ l’esecuzione degli interventi di cui all’art. 6 in assenza della procedura abilitativa semplificata o in difformità da quanto nella stessa dichiarato” , nonché la “ violazione di una o più prescrizioni stabilite con l’autorizzazione unica o con gli atti di assenso che accompagnano la procedura semplificata di cui all’art. 6” ).
Il comma 4°, a chiusura della norma, prevede la “salvezza” delle “ altre sanzioni previste dalla normativa vigente per le fattispecie di cui ai commi 1°, 2° e 3°”.
Proprio la collocazione della “clausola di salvezza” suggerisce che la volontà del legislatore è stata quella di presidiare con una sanzione amministrativa l’interesse al controllo della p.a. sulla corretta realizzazione e – soprattutto - gestione di qualsiasi tipologia di impianto.
In tal guisa, le “altre sanzioni previste dalla normativa vigente” sarebbero quelle connesse all’eventuale offesa di altri beni/interessi, quali:
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l’assetto del territorio in conformità alla normativa urbanistica ed agli strumenti urbanistici (con conseguente integrazione della contravvenzione di cui all’art. 44 lett. b T.U.E. in caso di assenza di Autorizzazione unica o degli illeciti amministrativi previsti dal D.P.R. 380/01 nel caso di inosservanza delle disposizioni in materia di D.I.A.);
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il paesaggio (con conseguente integrazione della contravvenzione di cui all’art. 181 D.Leg.vo 42/2004 in caso di assenza di Autorizzazione unica);
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la salute pubblica (nel caso di violazione del D.Leg.vo 152/06 in materia di rifiuti o altre forme di inquinamento – ad esempio nel immissioni in atmosfera oltre i limiti stabiliti nel provvedimento abilitativo - connesse alla gestione dell’impianto).
Il concorso tra le due norme, in tal guisa, verrebbe disciplinato attraverso il criterio regolatore dell’interesse giuridico leso dalla condotta di abusiva installazione e realizzazione di un impianto energetico da fonte rinnovabile (permanente controllo della p.a. tutelato con la sanzione amministrativa/tutela del territorio, del paesaggio o della salute tutelati con la sanzione penale).
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità sempre più spesso fa riferimento nelle sue pronunce anche alla oggettività giuridica per risolvere il concorso tra norme penali e norme amministrative; si vedano, ad esempio:
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Cass. n. 1356 del 5.12.2006, Scotti: “ Il reato di frode nell’esercizio del commercio, di cui all’art. 515 c.p., si pone in relazione di concorso reale con la disposizione di cui all’art. 2 della legge 5 giugno 1962 n. 586, divieto di immissione al consumo di miscele di risi, sanzionata amministrativamente, atteso che quest’ultima è posta a garanzia della qualità dei prodotti e della salvaguardia della salute, mentre la disposizione codicistica tutela la correttezza e lealtà commerciale”;
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Cass. n. 21324 del 29.3.2007, Giraudo: Non sussiste rapporto di specialità, ai sensi dell’art. 9, L. n. 689 del 1981, tra l’illecito amministrativo di somministrazione ed assunzione di sostanze dopanti, sanzionato dagli artt. 3 e 4, L. n. 1099 del 1971, ed il reato di frode sportiva, previsto e punito dall’art. 1, L. n. 401 del 1989, per la disomogeneità dei beni giuridici tutelati, essendo quest’ultima disposizione posta a tutela del leale e corretto svolgimento delle competizioni sportive, le altre a tutela della salute dei partecipanti”;
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Cass. n. 6419 del 7.11.2007, Costanza: “ In tema di getto pericoloso di cose, poiché è configurabile il concorso formale tra il reato di cui all’art. 674 cod. pen. e le norme speciali in materia ambientale, non sussiste rapporto di specialità tra la predetta fattispecie penale e la norma di cui all’art. 54, comma secondo, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (che sanziona amministrativamente l'effettuazione di scarichi in acque reflue domestiche senza la prescritta autorizzazione), in quanto si tratta di norme poste a tutela di beni giuridici diversi e fondate su diversi presupposti, esulando da tale ultima fattispecie il fatto di aver cagionato offesa o molestia alle persone”;
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Cass. n. 38801 dell’1.10.2008, Tramontana: “ Non sussiste rapporto di specialità, a norma dell’art. 9 L. n. 689 del 1981, tra il reato di cui all’art. 633 cod. pen. e l’illecito amministrativo previsto dall’art. 26, comma quarto, L. n. 513 del 1977, che sanziona l'occupazione di un alloggio di edilizia popolare senza le autorizzazioni necessarie. L’illecito amministrativo, infatti, non è diretto a salvaguardare l’inviolabilità del patrimonio immobiliare pubblico o privato nei confronti di atti diretti a violare il rapporto esistente tra i beni ed i loro possessori e prescinde dall’arbitrarietà delle condotte degli autori, ma ha come fine impedire il consolidarsi di talune situazioni in contrasto con la legittima distribuzione degli alloggi agli aventi diritto attraverso comportamenti di mera occupazione, che possono anche essere soltanto irregolari”.
Tanto comporta, per tornare alla vicenda in oggetto, che l’applicabilità della norma sanzionatoria di cui all’art. 44 lett. b) T.U.E. sarebbe limitata alla sola fase di realizzazione dell’impianto, poiché l’offesa al bene giuridico protetto da tale norma – secondo la tassativa descrizione della condotta - si esaurisce con l’ultimazione delle opere; viceversa, la successiva fase di esercizio abusivo (ossia una condotta tipizzata dall’art. 44 D.Leg.vo 28/2011) rientrerebbe esclusivamente nell’ambito di operatività dell’illecito amministrativo poiché in questa fase permane la compromissione dell’interesse alla vigilanza da parte della p.a.
c.5.2. Secondo altra possibile interpretazione, intanto può ritenersi che la volontà del legislatore sia nel senso di far rientrare la realizzazione e l’esercizio di un impianto energetico da fonti rinnovabili anche nell’art. 44 lett. b) T.U.E., in quanto si ritenga che illecito penale ed illecito amministrativo si differenzino almeno per un qualche aspetto, ossia che la fattispecie penale richieda, per la sua integrazione, la presenza almeno di un qualche elemento diverso rispetto all’illecito amministrativo; appare, cioè, necessaria la presenza di un qualche elemento ulteriore - oggettivamente verificabile - rispetto alla mera violazione formale dell’installazione e dell’esercizio sine titulo dell’impianto.
Utilissimi spunti sul tema si colgono dalla posizione espressa dalla Corte regolatrice in vicende assimilabili a quella in scrutinio.
In primo luogo, chiamata a fornire una risposta sull’inquadramento giuridico dell’inquinamento comunemente definito “elettromagnetico” ed in particolare sulla collocazione del fenomeno nell’alveo della fattispecie di cui all’art. 674 c.p. pur in presenza di una norma (l’art. 15 della L. 36/2001) che aveva introdotto una fattispecie di illecito amministrativo in caso di “e sercizio o impiego di un impianto che genera campi elettromagnetici”, la S.C. ha affermato che:
“in tema di inquinamento elettromagnetico, il reato di getto pericoloso di cose è integrato non dal mero superamento, da provare in modo certo ed oggettivo, dei limiti d’esposizione o dei valori d’attenzione previsti dalle norme speciali (D.M. Ambiente 10 settembre 1998, n. 381; d.P.C.M. 8 luglio 2003), ma dalla idoneità delle onde elettromagnetiche ad offendere o molestare persone, da provarsi in modo certo ed obiettivo ed in concreto. (Conf. Sez. III, 15708, 15709, 15710, 15711, 15712, 15713, 15714, 15715, 15716 del 2009, non massimate)” (Cass. n. 15707 del 9.1.2009, Abbaneo).
Ed ancora, sul tema del rapporto tra la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 659 comma 1° c.p. (“disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”) e l’illecito amministrativo introdotto dall’art. 10 L 447/1995 (“legge quadro sull’inquinamento acustico”), la S.C. ha da ultimo espresso il principio secondo cui:
“ In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma primo dell’art. 659, c.p., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma secondo dell’art. 659 c.p., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995. (Cass. n. 5735 del 21.1.2015, Giuffrè).
I richiamati orientamenti risolvono il conflitto tra norme nel senso che affinché sia possibile ravvisare le fattispecie contravvenzionali si richiede non solo il superamento dei limiti fissati dall’autorità amministrativa, ma anche la sussistenza di una prova certa ed obiettiva di una effettiva e concreta idoneità delle propagazioni (onde elettromagnetiche o rumori) a ledere o molestare i potenziali soggetti ad esse esposti.
Tale ricostruzione, del resto, appare conforme non solo alla oggettiva ed attuale volontà del legislatore, ma anche al principio di necessaria offensività della fattispecie penale.
Seguendo il medesimo percorso argomentativo espresso dalla S.C. nei casi appena richiamati e tenendo conto della chiara formulazione dell’art. 44 comma 4° D.Leg.vo 28/2011, l’ambito di applicazione di entrambe le fattispecie (penale ed amministrativa) potrebbe essere declinato nei termini che seguono:
a) ricorre l’ipotesi di illecito amministrativo in caso di violazione formale dell’obbligo di dotarsi dell’Autorizzazione unica regionale per la installazione e gestione di un impianto energetico da fonte rinnovabile che, in ipotesi, esprima una determinata potenza energetica ma non presenti i caratteri di una “nuova costruzione” ai sensi dell’art. 10, comma 1° lett. a) D.P.R. 380/01 ( si rammenti che il D.Leg.vo 287/03 e la normativa regionale di dettaglio richiedono il previo rilascio dell’Autorizzazione unica regionale non per le caratteristiche strutturali dell’impianto ma per la potenza espressa );
b) sussiste la contravvenzione di cui all’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01:
- nel caso di abusiva installazione di un impianto che esprima una determinata potenza energetica e presenti i caratteri di una “nuova costruzione”;
- se l’esercizio dell’impianto determina un concreto ed effettivo pregiudizio all’interesse al permanente controllo della p.a.
In questa prospettiva, la fattispecie contravvenzionale connessa alla violazione dell’art. 12 D.Leg.vo 387/03 (“norma precettiva”) ma punita ai sensi dell’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01 (“ norma sanzionatoria”) assumerebbe la natura di “reato di pericolo concreto”, per la cui integrazione, cioè, occorre che la condotta sia idonea alla creazione di un concreto pregiudizio per il bene giuridico protetto; in tal senso, peraltro, depone il fatto che il contenuto offensivo del reato non è espresso dalla struttura dell’art. 12 citato, poiché tale norma non prevede alcuna sanzione penale in caso di “realizzazione ed esercizio” di un impianto di energia da fonte rinnovabile.
Anche tale proposta esegesi eviterebbe la sovrapposizione delle due discipline (penale ed amministrativa) e risulterebbe in linea con il “favore” espresso dalla legislazione vigente – internazionale ed interna - verso le energie rinnovabili, il cui sempre più ampio impiego è comunque coincidente con l’interesse alla tutela dell’ambiente.
c.6. Ulteriori argomenti a sostegno della interpretazione da ultimo suggerita si traggono da una lettura sistematica dell’attuale quadro normativo che regolamenta la materia della produzione energetica da fonti rinnovabili.
L’art. 2, comma 1° del Decreto Legislativo 29.12.2003 n. 387 (sostanzialmente riprodotto dall’art. 2 del D.Leg.vo 28/2011) fornisce la seguente classificazione delle “fonti energetiche rinnovabili”:
” le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”; nelle successive lett. b), c), d) ed e), la norma elenca la tipologia di impianti alimentati da tali fonti.
Anche in ragione della diversa categoria di impianti di produzione di energia elettrica si giustifica la scelta del legislatore, in un’ottica di razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative, di stabilire che il provvedimento di autorizzazione unica sia preceduto da un’apposita Conferenza di servizi – indetta dalla Regione o dalla Provincia delegata, ovvero dal Ministero dello Sviluppo economico “ per gli impianti con potenza termica pari o superiore a 300 MW” - avente ad oggetto l’approvazione del progetto presentato dal soggetto istante; alla Conferenza dei servizi partecipano tutte le amministrazioni interessate o, comunque, coinvolte nella realizzazione dell’impianto.
In attuazione di quanto stabilito dal comma 10° dell’art. 12 D.Leg.vo 387, con Decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10.9.2010 sono state adottate le “ Linee guida per l’autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili”.
Per quanto in questa sede può rilevare, l’All. 1 di tale D.M. contiene “ L’elenco indicativo degli atti di assenso che confluiscono nel procedimento unico”; tra questi, oltre al “ permesso di costruire di cui al D.P.R. 380/01, di competenza del Comune interessato” e “ l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 D.Leg.vo 42/2004 e s.m.i.” – ossia i titoli abilitativi strettamente connessi alla tutela del territorio e dei valori ambientali e paesaggistici – rientrano, tra gli altri:
-
“ l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera prevista dalla Parte quinta del D.Leg.vo 152/06, di competenza della Regione o della Provincia;
-
l’autorizzazione alla gestione dei rifiuti ai sensi della Parte quarta del D.Leg.vo 152/06;
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la verifica di coerenza con i limiti alle emissioni sonore rilasciata dall’amministrazione competente ai sensi della Legge 447/1995 e s.m.i.;
-
l’autorizzazione agli scarichi rilasciata dall’autorità competente ai sensi del D.Leg.vo 152/2006”.
I titoli abilitativi da ultimo elencati attengono propriamente ad aspetti gestionali di alcuni impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, rispetto ai quali è sicuramente ravvisabile la necessità di un’ordinaria e permanente attività di vigilanza da parte dell’Autorità pubblica proprio in ragione delle modalità del loro funzionamento.
A titolo esemplificativo, con riferimento agli impianti di generazione elettrica alimentati da “biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas” (per tali impianti è richiesto il rilascio dell’autorizzazione unica in caso di potenza superiore a 200 KW), la verifica dell’osservanza dei limiti alle emissioni in atmosfera stabiliti dall’art. 271 D.Leg.vo 152/2006 è un aspetto che sicuramente viene in rilievo nella fase della gestione dell’impianto; riguardo agli impianti eolici, invece, sorgerà la necessità del controllo della permanente coerenza con i limiti alle emissioni sonore previsti dalla L. 447/1995.
E’ rispetto a tali categorie di impianti alimentati da fonti rinnovabili che maggiormente può verificarsi - in caso di realizzazione e messa in funzione in assenza dell’Autorizzazione unica - una reale e concreta compromissione dell’interesse alla permanente vigilanza da parte dell’autorità competente anche sull’esercizio dell’impianto stesso, tenuto conto della possibile incidenza della gestione sull’ambiente circostante (si pensi alle emissioni in atmosfera).
Per tornare all’esempio della realizzazione di impianti a “biomassa”, l’art. 2, comma 1° lett. e) del D.Leg.vo 28/2011 definisce “ biomassa” la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”; ne deriva che rispetto alla gestione di tali impianti, ove generativi di una determinata potenza, l’Autorizzazione unica regolerà sia le fasi di approvvigionamento dei rifiuti da immettere nell’impianto, sia il successivo convogliamento delle emissioni in atmosfera.
Viceversa, rispetto agli impianti fotovoltaici rientranti nella tipologia delle “nuove costruzioni”, il bene giuridico tutelato dall’art. 12, comma 3° D.Leg.vo 387/01 deve considerarsi irrimediabilmente leso per il solo fatto della realizzazione – e successiva ultimazione – delle opere in assenza dell’autorizzazione unica, ove prescritta; in questo caso, infatti, con l’allaccio alla rete si completa la filiera di immissione dell’energia elettrica di origine solare accumulata nei pannelli (produzione, trasmissione in rete e distribuzione), senza la necessità di alcuna ulteriore attività per consentire l’esercizio ordinario dell’impianto.
In relazione alla vicenda in scrutinio l’esposta conclusione si trae dall’esame dei seguenti documenti oggetto di allegazione difensiva:
-
“ Soluzione tecnica minima generale per la connessione alla rete elettrica” inviata da ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. ai proprietari dei terreni destinati ad ospitare gli impianti; vi si legge che la connessione alla rete è attuata mediante: a) “costruzione di raccordi di linea in cavo sotterraneo……; b)“costruzione di una cabina di consegna”; c) “ ricostruzione di circa 5.000 mt. di linea aerea……”;
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“Convenzione per il ritiro dell’energia elettrica” sottoscritta dal G.S.E. con le tre società proprietarie degli impianti: ai sensi dell’art. 2 “ l’energia elettrica si considera consegnata al G.S.E. in corrispondenza del punto di connessione con la rete elettrica di competenza di ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a.”; si conferma, quindi, che l’allaccio alla rete costituisce l’unica – sufficiente – condizione per la messa in esercizio dell’impianto;
-
“ Deliberazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas n. 99/08 del 23.7.2008 – Testo integrato delle condizioni tecniche ed economiche per la connessione alle reti………degli impianti di produzione”: all’art. 10, punto 10.13, si legge che “ a seguito dell’attivazione della connessione, il richiedente acquisisce il diritto ad immettere e/o prelevare energia elettrica nella/dalla rete cui l’impianto è connesso……”;
-
“ Soluzione tecnica minima di dettaglio per la connessione alla rete elettrica” inviata da ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. alle società proprietarie degli impianti; si confermano le prescrizioni previste nella “Soluzione tecnica generale”;
-
“ Condizioni generali di contratto per il servizio di connessione alla rete elettrica”; in tale “Condizioni” non si rinviene alcun riferimento alla necessità dello svolgimento – ordinario – di attività ulteriori rispetto alla connessione innanzi descritta per rendere possibile la trasmissione in rete dell’energia prodotta dall’impianto.
c.7. Ed allora, una cosa è sostenere che “ l’assenza dell’autorizzazione assume rilievo anche in corso di esercizio, dovendosi escludere che l’ultimazione delle opere di edificazione faccia venir meno le esigenze cautelari ” (cfr. la già citata Cass. n. 29085/15), altra è verificare se, anche tenendo conto delle caratteristiche funzionali dell’impianto, l’intervento eseguito in violazione dell’art. 12 D.Leg.vo 387/03 abbia comportato un effettivo e reale pregiudizio all’interesse dell’autorità competente alla vigilanza sull’esercizio dell’impianto stesso.
La necessità di una tale indagine, peraltro, era stata segnalata da altra pronuncia emessa dalla S.C. sempre in ordine ad una vicenda cautelare riguardante il sequestro di impianto fotovoltaico realizzato in assenza dell’Autorizzazione unica regionale (Cass. n. 974 del 25.6.2013, ECOPOWER s.r.l.).
Nell’occasione il Tribunale – adito ex art. 322 bis c.p.p. in relazione al sequestro preventivo di un impianto fotovoltaico sul rilievo della ricorrenza del fumus dei reati di cui agli artt. 44 D.P.R. 380/01 e 181 D.Leg.vo 42/04 – aveva sostenuto che “ l’equilibrio urbanistico e l’ordinato assetto del territorio non sono pregiudicati unicamente dalla installazione di una struttura ritenuta abusiva, ma anche dal funzionamento della stessa, poiché trattandosi non di un semplice manufatto ma di un impianto di produzione di energia elettrica, anche l’esercizio dello stesso in assenza di titolo abilitativo si pone in contrasto con le scelte di pianificazione urbanistica e di compatibilità ambientale demandate unicamente agli enti locali”.
Rilevava, nondimeno, la S.C. - adìta ex art. 325 c.p.p. - che nella pronuncia era mancata “ una verifica fattuale………volta all’accertamento di una situazione reputata decisiva per la statuizione di merito ( se la messa in esercizio dell’impianto, ormai ultimato, abbia conseguenze sull’equilibrio urbanistico e sull’ordinato assetto del territorio, cioè in definita sulla valutazione dell’impatto ambientale”); tanto sulla base della considerazione che “ ………l’impatto ambientale non può considerarsi in re ipsa per la sola messa in esercizio non autorizzata preventivamente, dovendosi far luogo ad apposita verifica”.
Si dirà che anche tale pronuncia riguardava il tema della ricorrenza del periculum in mora, ma a fortiori proprio nell’ambito del processo una verifica sulla concreta lesione del bene protetto per effetto della messa in esercizio dell’impianto si impone per ritenere integrata la fattispecie incriminatrice anche in relazione alla fase della gestione dell’impianto stesso; ciò tanto più se si considerano le differenti tipologie di funzionamento degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Sulla scorta di tutti gli elementi di fatto acquisiti all’esito del dibattimento, nella vicenda in scrutinio non risulta indicata, né provata, quale situazione connessa all’uso degli impianti abbia arrecato un concreto pregiudizio – tutelabile in sede penale - al controllo pubblico sul regolare sviluppo dell’assetto del territorio, ulteriore rispetto a quello discendente dalla loro installazione.
In particolare, la richiamata giurisprudenza di legittimità formatasi sulla questione evidenzia - come possibili manifestazioni di persistente impatto sul territorio del parco fotovoltaico – l’“e sigenza di controllo e manutenzione che richiedono accessi e presenza di persone” al fine di garantire la “piena efficienza dei pannelli solari”, nonché “ la verifica e sostituzione di parti meccaniche ed elettriche, la pulizia, la sostituzione ed il successivo smaltimento come rifiuto dei pannelli” (così Cass. n. 29085 del 28.5.2015).
Sennonché è indubbio che tali eventi assumono sicuro rilievo sotto il profilo della possibile protrazione ed aggravamento delle conseguenze dannose del reato; questo è, tuttavia, un aspetto che riguarda propriamente la ricorrenza del requisito del periculum in mora che giustifica l’applicazione del sequestro preventivo anche nel caso di ultimazione dell’immobile edificato sine titulo; ed infatti, Cass. n. 29085/2015 evidenzia come i possibili interventi manutentivi o riparatori sugli impianti possono “ produrre una obiettiva incidenza sul carico urbanistico”.
Ma nella vicenda in scrutinio la ricorrenza dei ridetti eventi - che, comunque, fuoriescono dalla gestione “ordinaria” degli impianti e presentano carattere eventuale ed accessorio - non è stata dimostrata; nemmeno è stata provata la ricorrenza di un pericolo effettivo e concreto della permanente compromissione dell’interesse pubblico al controllo sull’attività gestoria, tutelabile attraverso l’applicazione di una sanzione penale; ciò tanto più se si considera che, per le ragioni espresse, la gestione di un impianto fotovoltatico è ordinariamente insuscettibile di determinare modificazioni nella realtà fenomenica, nel senso che non comporta l’impiego di materie prime da trattare, non produce stabilmente scorie da smaltire né immissioni di sorta nell’atmosfera.
In conclusione sul punto, per quanto emerso all’esito del dibattimento, l’offesa al bene giuridico tutelato dall’art. 12 D.Leg.vo 387/03 deve considerarsi esaurita con il completamento del parco fotovoltaico, non emergendo la prova che dopo tale momento sia sorta la concreta esigenza di un controllo pubblico ulteriore rispetto a quello – necessario ed in questo caso esaustivo – che avrebbe dovuto caratterizzare la fase dell’avvio e completamento delle opere.
Per l’effetto, richiamate le considerazioni esposte sulle modalità di interazione tra illecito penale e illecito amministrativa, la condotta di “esercizio” degli impianti in epoca successiva al 29.3.2011 (data di entrata in vigore del D.Leg.vo 28/2011) assume esclusiva rilevanza di illecito amministrativo.
c.8. La vicenda in questione presenta, peraltro, un ulteriore profilo di complicazione nella ricostruzione della fattispecie.
I tre impianti, infatti, in data 5.10.2011 furono sottoposti a sequestro preventivo di urgenza emesso dal P.M.; il vincolo reale decadde a seguito della mancata convalida da parte del GIP, per essere poi successivamente ripristinato in data 10.2.2014, per effetto dell’ordinanza emessa dal T.d.L., adito dal P.M. ex art. 322 bis c.p.p. (con una prima ordinanza del 2.11.2011, il T.d.L. aveva respinto l’appello della parte pubblica; tale provvedimento era stato poi annullato dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza 32941/2016).
Sotto il profilo della qualificazione giuridica del fatto, la ridetta circostanza comporta che la cessazione dell’attività è intervenuta già in occasione del primo sequestro e che la successiva condotta (di solo “esercizio” dell’impianto) costituisce un fatto ulteriore pure ricompreso nel perimetro della contestazione (estesa “fino a febbraio 2014, data del” – secondo; n.d.r. – “sequestro”).
Ebbene, a prescindere dagli effetti estintivi ex artt. 157 e 160 c.p. in relazione alla prima tranche di condotte ( la realizzazione degli impianti e la loro gestione fino al 5.10.2011 ), rileva il Tribunale che la prova che, dopo il dissequestro e prima del nuovo sequestro, gli impianti abbiano regolarmente continuato a produrre energia non è stata raggiunta nel corso dell’istruttoria, potendo solo supporsi che tanto sia avvenuto.
D – Dalle considerazioni innanzi svolte discende che la condotta sanzionata dall’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01 deve ritenersi definitivamente esaurita nel momento in cui è stata formalmente comunicata la data di ultimazione dei lavori, ossia:
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il 5.9.2011 per l’impianto di proprietà di ELIOS s.r.l.;
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il 9.9.2011 per l’impianto di proprietà di FEBO s.r.l.;
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il 12.9.2011 per l’impianto di proprietà di NATURA ENERGIA s.r.l.
Con orientamento ormai costante, la giurisprudenza di legittimità afferma che il reato di cui all’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01 ha natura permanente e che la cessazione della permanenza coincide con l’ultimazione dei lavori per il completamento dell’opera; nella specie tale momento - in assenza della prova di ulteriori attività materialmente incidenti sull’assetto urbanistico in epoca antecedente al primo sequestro degli impianti, intervenuto il 5.10.2011 - si identifica con il definitivo completamento dell’ultimo impianto fotovoltaico (12.9.2011), stante il carattere unitario dell’operazione.
Questa conclusione si impone in considerazione della incertezza circa il “ tempus commissi delicti” in relazione alle condotte edificatorie (cfr. art. 531 comma 2° c.p.p.), derivandone la conseguenza che il termine di decorrenza della prescrizione va computato secondo il maggior vantaggio per l’imputato; vero è che l’ultimo dei tre impianti - quello di proprietà di NATURA ENERGIA s.r.l. - risulta essere stato allacciato alla rete il 30.9.2011, ma l’allacciamento necessariamente presuppone il completamento dell’opera che non può che essere avvenuto in epoca precedente.
Quanto appena esposto vale per i rappresentanti legali delle società proprietarie di tali impianti (CAFORIO Cosimo, CAFORIO Saverio, GRECO Gabriella e DE FAZIO Pietro), nonché per l’amministratore ed il socio della società che eseguì i lavori (CAFORIO Cosimo e RUBINO Giovanni); viceversa, per i proprietari originari dei terreni interessati dall’operazione (CAVALLO Maria Vincenza, CAVALLO Giovanni e CAVALLO Giuseppe), il contributo consapevole e volontario fornito all’esecuzione del programma - in assenza di elementi che consentano di inferire un loro contributo morale alla prosecuzione dell’operazione nonché la persistente possibilità da parte di costoro di farla interromperla - deve ritenersi cessato alla data delle volture delle DD.I.A. in favore delle società subentranti nella proprietà dei suoli (23.9.2009).
Per analoghe ragioni, il contributo consapevole e volontario del PETROSILLO all’iniziativa deve ritenersi cessato alla data dell’ultima rinuncia all’incarico di direttore dei lavori (8.8.2011).
Ne deriva che il termine di cui al combinato disposto degli artt. 157 e 160 ultimo comma c.p., è decorso :
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per gli imputati CAVALLO Maria Vincenza, CAVALLO Giovanni e CAVALLO Giuseppe alla data del 23.9.2014;
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per l’imputato PETROSILLO Maurizio alla data dell’ 8.8.2016;
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per gli imputati CAFORIO Cosimo, CAFORIO Saverio, RUBINO Giovanni, GRECO Gabriella e DE FAZIO Pietro alla data del 12.9.2016.
Le suesposte conclusioni impongono di disporre, ai sensi dell’art. 323 c.p.p., la restituzione dei tre impianti agli aventi diritto, in funzione della loro demolizione ai sensi dell’art. 31 comma 2° D.P.R. 380/01 ad opera dell’Autorità comunale competente e del conseguente ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 44 comma 1° del D.Leg.vo 28/2011 ; il dissequestro deve riguardare anche i frutti derivati dalla gestione dei predetti impianti nella fase successiva al sequestro del 2014.
Inoltre, deve disporsi la trasmissione degli atti alla competente autorità amministrativa per le determinazioni di propria competenza ai sensi dell’art. 44 comma 4° D.Leg.vo 28/2011 in relazione all’abusiva condotta di realizzazione degli impianti in epoca successiva al 29.3.2011 (cfr. art. 1 L. 689/81).
Tale autorità è da individuarsi nella Regione Puglia, ai sensi del disposto degli artt. 117 commi 3° e 4° Cost (“ Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia……. Spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservati alla legislazione dello Stato” ) e 13 L. 689/81.
P. Q. M.
Il Tribunale di Brindisi, in composizione monocratica;
visto l’art. 530 c.p.p., assolve CAVALLO Maria Vincenza, CAVALLO Giovanni, CAVALLO Giuseppe, PETROSILLO Maurizio, CAFORIO Cosimo, CAFORIO Saverio, GRECO Gabriella, DE FAZIO Pietro e RUBINO Giovanni dal reato di cui all’art. 44 lett. c) D.P.R. 380/01 perché il fatto non sussiste.
Visto l’art. 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di tutti gli imputati in ordine al reato di cui all’art. 44 lett. b) D.P.R. 380/01, in fatto contestato, perché estinto per intervenuta prescrizione.
Visto l’art. 323 comma 1° c.p.p., ordina l’immediato dissequestro e la conseguente restituzione in favore dei rispettivi aventi diritto dei seguenti beni:
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impianto fotovoltaico intestato a ELIOS s.r.l., realizzato su fondo in agro di Torre Santa Susanna censito in Catasto al Foglio 25, par.lle 26, 33 e 45;
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impianto fotovoltaico intestato a NATURA ENERGIA s.r.l., realizzato su fondo in agro di Torre Santa Susanna censito in Catasto al Foglio 25, par.lle 329, 335, 337, 338 e 159;
-
impianto fotovoltaico intestato a FEBO s.r.l., realizzato su fondo in agro di Torre Santa Susanna censito in Catasto al Foglio 25, par.lle 330, 336, 339, 344, 340 e 29;
-
frutti derivati dai predetti impianti nella fase successiva al sequestro del 2014.
Delega per l’esecuzione i Carabinieri della Stazione di Torre Santa Susanna.
Ordina la trasmissione degli atti alla Regione Puglia ed al Comune di Torre Santa Susanna per le proprie determinazioni ai sensi dell’art. 44 D.Leg.vo 28/2011.
Motivazione riservata.
Brindisi, 12.12.2016
Il Giudice