 TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 2668 del 29 giugno 2010
TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 2668 del 29 giugno 2010
Urbanistica. Aree inedificabili
 
L’inedificabilità di un’area asservita o accorpata o comunque utilizzata a fini edificatori costituisce una qualità obiettiva del fondo che, pur non vigendo l’obbligo di trascrizione del vincolo nei registri immobiliari, è opponibile a terzi acquirenti, ed ha l’effetto di impedirne l’ulteriore edificazione oltre i limiti previsti, a nulla rilevando che la proprietà dell’area sia stata trasferita, che manchino specifici negozi giuridici privati volti all’asservimento o che l’edificio sia collocato in una parte del lotto catastalmente divisa. In altri termini, un’area edificabile, già interamente considerata in occasione del rilascio di una concessione edilizia, non può essere considerata libera neppure parzialmente, agli effetti della volumetria realizzabile, in sede di rilascio di una seconda concessione, nella perdurante esistenza del primo edificio, restando irrilevanti le vicende inerenti alla proprietà dei terreni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02668/2010 REG.SEN.
 N. 02430/2005 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
 
 (Sezione Seconda)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero 2430 del 2005 di r.g. proposto da:
 FIRMINVEST s.r.l. con sede in Carate Brianza, in persona del legale  rappresentante pro tempore Romano Francesco Vittorio Colombo,  rappresentata e  difesa dall’avv. Claudio Colombo, elettivamente elettivamente  domiciliata presso  l’avv. Marcello Meoli in Milano, via Adige 12
 contro
 COMUNE di ROVELLO PORRO, in persona del sindaco pro tempore, Luigia  Alberio,  rappresentato e difeso, dapprima, dagli avv.ti Alberto Fossati e Claudio  Venghi,  con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Caminadella 2,  quindi  dall’avv. Alberto Fossati, presso il cui studio è elettivamente  domiciliato in  Milano, corso di Porta Vittoria 28
 
 per l'annullamento
 
 - del diniego di permesso di costruire per un intervento di nuova  edificazione  (provvedimento 11 luglio 2005) e del relativo preavviso ex art. 10-bis  legge  241/90 (nota 27 maggio 2005) [ricorso notificato il 29.7/4.8.05,  depositato il  1.9.05; motivi aggiunti notificati il 13/18.4.06, depositati il  27.4.06];
 
 - del piano di governo del territorio (PGT), adottato ed approvato  rispettivamente con deliberazione consiliare 26 gennaio 2009 n. 3  [motivi  aggiunti notificati il 31.3/3.4.09, depositati il 22.4.09] e con  deliberazione  consiliare 30 luglio 2009 n. 28, quest’ultima impugnata congiuntamente  al parere  30.12.2008 dell’autorità competente in materia di VAS e alla  deliberazione di  giunta comunale 29 maggio 2008 n. 41, recante individuazione  dell’autorità  procedente e dell’autorità competente [motivi aggiunti notificati il  30.11/10.12.09, depositati il 16.12.09];
 
 - con la condanna del Comune al risarcimento del danno.
 
 Visti il ricorso ed i motivi aggiunti;
 Visti gli atti di costituzione del Comune;
 Viste le memorie delle parti;
 Visti atti e documenti di causa;
 
 Uditi, alla pubblica udienza del 12 maggio 2010, relatore il dott.  Carmine  Spadavecchia, l’avv. Colombo e l’avv. Fossati;
 
 Considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
 1. In esito ad asta pubblica svoltasi nell’ambito di una procedura  esecutiva  immobiliare, la Società ricorrente si è resa aggiudicataria, in forza di  decreto  21.2.2005 n. rep. 137 del Tribunale di Como, di un lotto di terreno,  ubicato in  Rovello Porro, distinto in catasto al foglio 6, mapp. 4322 (ex mapp.  1664/b).
 
 2. Si tratta di un fondo recintato, di 3.000 mq, per il quale, nel corso  della  procedura esecutiva, era stato acquisito un certificato di destinazione  urbanistica in data 14.10.1999, attestante che il terreno è situato in  zona C1  residenziale, dove è ammessa l’edificazione con indice fondiario pari a  1mc/mq.
 
 3. Il lotto faceva parte, sino al 1970, di un più vasto fondo (4.700 mq  circa),  distinto in catasto col mappale n. 1664, acquistato nel 1963 dalla  debitrice  esecutata (sig.ra Toscano). La quale, con atto 14.4.1970, vendeva una  parte del  fondo (mapp. 1664/a) alla Luchino Rigatti Luchini s.p.a., conservando la  parte  restante (mapp. 1664/b, poi mappale 4322).
 
 4. Nel 1976 il Comune rilasciava alla Luchino Rigatti Luchini s.p.a. una  licenza  edilizia (23.3.76 n. 15) per l’ampliamento di un magazzino con  soprastante  abitazione, sulla base di un progetto che esauriva l’intera capacità  volumetrica  dell’originario mappale 1664 (5.213 mc).
 
 5. Successivamente, il Comune rilasciava alla stessa Luchino Rigatti  Luchini  s.p.a. altra concessione edilizia (4.5.1990 n. 53) per il mutamento di  destinazione d’uso dell’immobile da laboratorio artigianale ad uffici  direzionali.
 
 6. In correlazione a questo intervento, in data 3.8.1990 la sig.ra  Toscano e la  Luchino Rigatti Luchini s.p.a. sottoscrivevano un “atto di asservimento  per  vincolo a parcheggi e verde”, gravante sul mappale 1664/b (ora mapp.  4322).  Nell’atto, non trascritto nei registri immobiliari, si affermava che il  vincolo  “è valido ed efficace fino alla scadenza del P.d.F.” (programma di  fabbricazione  allora vigente, poi superato dal PRG entrato in vigore il 23.12.1998).
 
 7. Acquistato il lotto, la Società ricorrente ha chiesto al Comune un  permesso  di costruire per l’edificazione residenziale. Con provvedimento 11  luglio 2005,  preceduto da preavviso di diniego 27.5.2005, il Comune ha negato il  permesso per  esaurimento della capacità edificatoria del lotto, siccome asservito al  mappale  n. 1664/a, sia in forza della licenza edilizia n. 15/1976 (quale  pertinenza  urbanistica dei fabbricati ivi insistenti), sia in forza dell’atto di  asservimento del 1990 (con vincolo a parcheggi e verde).
 
 8. Col ricorso introduttivo, integrato da motivi aggiunti, la Società ha   impugnato il diniego deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:  (a) la  licenza edilizia n. 15/1976 sarebbe stata rilasciata senza previa  cessione di  cubatura a favore del lotto interessato (mapp. 1664/a); in ogni caso la  cessione  di volumetria, non annotata nel certificato di destinazione urbanistica  14.10.1999, non sarebbe opponibile ai terzi di buona fede; l’atto di  asservimento 3 agosto 1990, anch’esso non trascritto e inopponibile a  terzi,  sarebbe inefficace (primo motivo); (b) il diniego è stato emesso senza  acquisire  il parere della commissione edilizia (secondo motivo); (c) la ricorrente  non era  a conoscenza dei vincoli prima dell’acquisto (primi motivi aggiunti);  (d) l’atto  di asservimento 3 agosto 1990, oltre che inefficace, sarebbe nullo  perché  connesso ad una concessione edilizia rilasciata ad un soggetto (Luchino  Rigatti  Luchini s.p.a) che non era proprietario dell’immobile, essendosi la  Luchino  Rigatti Luchini s.p.a trasformata nella Immobilare Porro Rovellese  s.r.l. sin  dall’anno 1977 (stessi motivi aggiunti).
 
 9. La Società ha chiesto inoltre il risarcimento del danno, sia nella  forma  della reintegrazione in forma specifica (mediante rilascio del denegato  permesso  di costruire), sia in forma di liquidazione per equivalente del danno da  ritardo  (commisurato alla differenza tra valore di mercato del bene e costo di  costruzione), maggiorato di interessi pari al tasso Euribor dal momento  del  diniego all’effettivo rilascio del permesso.
 
 10. La domanda risarcitoria ascrive a responsabilità del Comune una  duplice  negligenza: l’avere rilasciato la licenza edilizia del 1976 senza  verificare  l’estensione del titolo di proprietà del richiedente; l’avere rilasciato  nel  1999 un certificato di destinazione urbanistica “intonso, privo cioè di  qualsiasi riferimento ai vincoli successivamente accampati”.
 
 11. Con ordinanza 7.9.2005 n. 2164 la Sezione ha motivatamente respinto  la  domanda cautelare per carenza di fumus boni juris.
 
 12. Successivamente, con deliberazioni consiliari 26 gennaio 2009 n. 3 e  30  luglio 2009 n. 28, il Comune ha, rispettivamente, adottato e approvato  il piano  di governo del territorio (PGT), includendo l’area della Società  ricorrente nel  “tessuto urbano consolidato a servizi” con espressa destinazione a  “verde e  sport”.
 
 13. L’osservazione presentata dalla ricorrente il 3.4.2009, nel corso  del  procedimento, è stata respinta con la seguente motivazione: “si conferma   l’avvenuto sfruttamento edificatorio da parte di precedente intervento  edilizio  e la nuova destinazione definita per l’area dal PGT”.
 
 14. Con due gruppi di motivi aggiunti - depositati rispettivamente il  22.4.2009  e il 16.12.2009 - la Società ha impugnato entrambe le delibere; la  seconda,  unitamente al parere 30 dicembre 2008 dell’autorità competente in  materia di VAS  e alla deliberazione di giunta comunale 29 maggio 2008 n. 41, recante  individuazione dell’autorità procedente e dell’autorità competente.  Anche  all’impugnativa del PGT si associa una domanda risarcitoria per il  “pregiudizio  da ritardo” nell’esercizio dello jus aedificandi.
 
 15. Al PGT si addebitano essenzialmente due vizi: incompetenza, per ciò  che  concerne la VAS (valutazione ambientale strategica), in quanto affidata  ad un  soggetto (il responsabile del procedimento) dipendente dallo stesso  Comune  (Autorità procedente) e privo dei requisiti di professionalità ed  autonomia;  difetto di motivazione, per quanto concerne il vincolo apposto sull’area  della  ricorrente.
 
 16. Il Comune, costituito in giudizio, ha controdedotto. All’udienza del  12  giugno 2010 la causa, previa discussione, è passata in decisione.
 DIRITTO
 17. Il ricorso introduttivo, integrato da (un primo atto di) motivi  aggiunti,  investe il provvedimento 11 luglio 2005 con cui il Comune ha negato alla  Società  ricorrente il permesso di costruire un edificio residenziale  plurifamiliare sul  mappale n. 4322 (ex 1664/b), acquisito dalla Società, il 21.2.2005, per  decreto  del Tribunale di Como, in esito ad una procedura esecutiva immobiliare a  carico  della ex-proprietaria.
 
 18. Secondo il Comune il lotto è privo di capacità edificatoria, sia  perché la  relativa volumetria è stata utilizzata dal lotto contiguo (mappale  1664/a, in  origine appartenente alla stessa proprietaria), sul quale venne  realizzato, in  forza di licenza edilizia 23.3.1976 n. 15, rilasciata alla s.p.a.  Luchino  Rigatti Luchini, un intervento tale da assorbire l’intera volumetria  dell’originario unico mappale; sia perché, in seguito (e in  correlazione) ad  altra concessione edilizia (4.5.1990 n. 53), rilasciata alla medesima  Società  per “cambio di destinazione d’uso da laboratorio ad uffici direzionali”,  venne  stipulato tra i rispettivi proprietari un “atto di asservimento per  vincolo a  parcheggio e verde” a carico del mappale 1664/b ed a favore del mappale  1664/a.
 
 19. La Società ricorrente sostiene (ricorso, pagg. 3-4) che il Comune, a   conoscenza del frazionamento del fondo in due parti autonome (per avere  assentito la costruzione di una recinzione sul mappale 1664/b, già  frazionato:  all. 6), avrebbe rilasciato la licenza edilizia n. 15/1976 (per  ampliamento  magazzino e soprastante abitazione) indebitamente, senza curarsi di  verificare i  titoli di proprietà, nella erronea convinzione che la Società  richiedente fosse  proprietaria dell’intero originario mappale n. 1664 (anziché del solo  lotto  distinto col mappale 1664/a), e senza considerare che la proprietaria  del lotto  maggiore (mapp. 1664/b, ora mapp. 4322) non aveva mai sottoscritto un  atto di  trasferimento volumetrico, né consentito in altra forma (mediante  sottoscrizione  del progetto o dell’istanza di licenza edilzia) l’asservimento. Conclude  la  ricorrente che, in mancanza di consenso del proprietario del lotto  limitrofo, il  trasferimento di volumetria non può ritenersi esistente ed operante in  danno di  terzi (dunque in suo danno).
 
 20. La conoscenza dei vincoli prima dell’acquisto del lotto, da parte  della  ricorrente, non sarebbe desumibile dalla lettera prodotta dal Comune sub  doc. 2;  perché questa lettera, erroneamente datata 23 novembre 2004, sarebbe  stata in  realtà redatta dal legale della Società nell’aprile 2005, dunque dopo  l’assegnazione del lotto in esito alla procedura esecutiva immobiliare  (motivi  aggiunti depositati il 27.4.2006). Inoltre (stessi motivi aggiunti)  l’atto di  asservimento 3 agosto 1990, oltre che inefficace, sarebbe nullo perché  connesso  ad una concessione edilizia rilasciata ad un soggetto (Luchino Rigatti  Luchini  s.p.a) che non era proprietario dell’immobile, essendosi la Luchino  Rigatti  Luchini s.p.a trasformata nella Immobiliare Porro Rovellese s.r.l. sin  dal 1977.
 
 21. Il Comune prospetta la nullità dell’atto di acquisizione, essendo  l’aggiudicazione (decreto 21.2.2005 del Tribunale di Como) basata su un  certificato di destinazione urbanistica rilasciato il 14 ottobre 1999,  quindi  non più efficace a termini dell’art. 30, terzo comma, del t.u. edilizia  (d.p.r.  6 giugno 2001 n. 380), che al certificato conferisce validità annuale.
 
 22. L’eccezione è priva di fondamento. A prescindere dal rilievo che non  è  questa la sede per contestare la validità dell’acquisto effettuato in  forza di  un atto di aggiudicazione emesso nell’ambito di una procedura esecutiva,  va  osservato che la norma si riferisce alle stipulazioni di atti tra vivi, e  non ai  trasferimenti giudiziali seguiti ad espropriazione forzata, tanto più  quando,  come nella specie e come si vedrà appresso, ogni profilo di carattere  edilizio e  urbanistico sia stato considerato in sede di consulenza tecnica  d’ufficio,  aldilà delle mere risultanze del certificato comunale.
 
 23. Nel merito, il ricorso avverso il diniego di costruire è infondato  sotto  tutti i profili dedotti.
 
 24. Per consolidata giurisprudenza, l’inedificabilità di un’area  asservita o  accorpata o comunque utilizzata a fini edificatori costituisce una  qualità  obiettiva del fondo che, pur non vigendo l’obbligo di trascrizione del  vincolo  nei registri immobiliari (cfr. Cons. Stato V, 28.6.00 n. 3637), è  opponibile a  terzi acquirenti, ed ha l’effetto di impedirne l’ulteriore edificazione  oltre i  limiti previsti, a nulla rilevando che la proprietà dell’area sia stata  trasferita, che manchino specifici negozi giuridici privati volti  all’asservimento o che l’edificio sia collocato in una parte del lotto  catastalmente divisa (Cons. Stato V, 9.10.07 n. 5232).
 
 25. In altri termini, un’area edificabile, già interamente considerata  in  occasione del rilascio di una concessione edilizia, non può essere  considerata  libera neppure parzialmente, agli effetti della volumetria realizzabile,  in sede  di rilascio di una seconda concessione, nella perdurante esistenza del  primo  edificio, restando irrilevanti le vicende inerenti alla proprietà dei  terreni  (Cons. Stato IV, 6.9.99 n. 1402).
 
 26. Nel caso in esame la licenza edilizia n. 15 del 1976 ebbe ad  assentire un  intervento che, pur ricadendo su un fabbricato insistente sul mappale  1664/a,  assorbiva l’intera volumetria espressa dal mappale 1664 (originariamente  unico);  sicché è priva di fondamento la pretesa - sottostante all’impugnazione  del  diniego - che il mappale 1664/b sia ancora in grado di esprimere una  capacità  volumetrica autonoma.
 
 27. Aver rilasciato la licenza edilizia n. 15/1976 senza verificare  l’estensione  del titolo di proprietà del richiedente non è ascrivibile a colpa del  Comune,  del quale neppure può presumersi la conoscenza - all’epoca -  dell’assetto  proprietario del fondo in questione.
 
 28. Il frazionamento di un fondo non implica necessariamente una diversa   titolarità dominicale (fondi frazionati possono appartenere ad un unico  proprietario). Sicché il mero rilascio di una licenza edilizia per la  recinzione  del mappale 1664/a (per il vero la licenza si riferiva al mappale  1664/b), e  l’occasionale conoscenza del frazionamento che gli uffici comunali  possono avere  avuto in tale circostanza, non autorizza a concludere che il Comune  fosse a  conoscenza dell’avvenuta alienazione parziale del mappale 1664, né che  avesse  l’obbligo di annotare tale circostanza “a futura memoria”.
 
 29. Se poi si considera che al mappale 1664/a venne attribuito  dall’Ufficio  Tecnico Erariale di Como il n. 1664 (cfr. relazione conclusiva del CTU  in data  1.7.2003), e che l’obbligo di allegare alla domanda di concessione  edilizia il  titolo di proprietà, o il titolo per richiedere la concessione, è stato  previsto  (come rammenta il CTU) dalla legge n. 10 del 1977, non può addebitarsi  al Comune  alcuna negligenza nell’avere rilasciato una licenza edilizia assorbente  l’intera  volumetria del fondo originario ad un soggetto (Luchino Rigatti Luchini  s.p.a.)  che aveva presentato domanda di licenza edilizia “per ampliamento  magazzino e  soprastante abitazione” come proprietario dell’intero mappale 1664.
 
 30. Si deve anche considerare che la sig.ra Toscano (proprietaria del  mappale  1664/b), lungi dal contestare la licenza edilizia n. 15/1976 che privava  di  edificabilità la propria porzione, ha anzi successivamente stipulato, il  3  agosto 1990, un atto formale di asservimento del mappale 1664/b al  mappale  1664/a, correlato alla (nuova) concessione edilizia (n. 53 del 4.5.1990)   rilasciata alla Luchino Rigatti Luchini s.p.a. per cambio di  destinazione d’uso  dell’immobile da laboratorio artigianale a uffici direzionali.
 
 31. Contrariamente all’assunto della ricorrente, questo atto di  asservimento non  è nullo né inefficace. Non può ritenersi nullo perché la validità  dell’atto di  asservimento (che ha carattere reale, in quanto stipulato a favore di un  fondo e  a carico di un altro fondo) non dipende dalla validità della c.e. n.  53/1990; né  quest’ultima può ritenersi a sua volta illegittima sotto il profilo  dedotto  dalla ricorrente, dal momento che la trasformazione della Luchino  Rigatti  Luchini s.p.a in Immobilare Porro Rovellese s.r.l. (anno 1977) non ha  privato il  soggetto che ha solo mutato la propria forma giuridica della  legittimazione a  chiedere il rilascio della concessione.
 
 32. Non può ritenersi inefficace perché la stipulazione del vincolo di  asservimento con “valore urbanistico” e “come pertinenza dell’immobile  esistente”, la pattuizione di validità ed efficacia “fino alla scadenza  del  P.d.F e/o sue modificazioni”, la previsione di immodificabilità senza  autorizzazione del Comune stanno a significare che la durata del vincolo  è  legata non tanto alla vigenza del P.d.F. (superato dagli strumenti  urbanistici  posteriori), quanto alla sopravvenienza di disposizioni urbanistiche  incompatibili: circostanza, questa, che non risulta essersi verificata  (non è  confutata l’affermazione della difesa comunale secondo cui “l’indice  edificatorio di 1mc/mq è rimasto da quell’epoca inalterato”: memoria  30.4.10,  pag. 9).
 
 33. La ricorrente sostiene, ancora, che il vincolo di asservimento, non  trascritto nei registri immobiliari, né riportato nel certificato di  destinazione urbanistica del 1999, non sarebbe opponibile ai terzi di  buona  fede.
 
 34. Ora, a parte il rilievo di cui al punto 24 (circa l’irrilevanza  della  trascrizione ai fini dell’edificabilità), osserva il Collegio - e ciò  vale anche  al fine di escludere la responsabilità del Comune per erroneità del  certificato  urbanistico - che la questione relativa all’edificabilità del fondo  oggetto di  esecuzione immobiliare venne ampiamente trattata dal C.T.U. nel corso  della  procedura esecutiva in esito alla quale la ricorrente si è resa  aggiudicataria  del terreno.
 
 35. Nelle “considerazioni conclusive” in data 1 luglio 2003 (doc. 3  fasc.  Comune), dopo avere ricostruito le vicende del fondo, richiamando tra  l’altro la  lettera 21.6.2003 prot. n. 6730 del responsabile del Servizio Edilizia  Privata e  Urbanistica del Comune (che chiariva le ragioni della inedificabilità  del  lotto), il CTU concludeva il giudizio di stima (punto D) nel senso che  “il  terreno … risulta oggi privo di edificabilità”; e su tale inequivoca  premessa,  tenuto conto di svariati fattori (ubicazione, recinzione, edificabilità  per  parcheggi, ecc.), indicava il valore di mercato del terreno in €  132.000,00  (superiore all’offerta della ricorrente, pari a € 106.000,00).
 
 36. E’ dunque ragionevole ritenere che la Società ricorrente fosse ben  consapevole dell’inedificabilità del lotto prima di divenirne  aggiudicataria; il  che rende irrilevante la questione relativa alla data di effettiva  redazione  della lettera datata 23 novembre 2004 (ma asseritamente compilata il 13  aprile  2005), con cui il legale della ricorrente contestava - con riferimento  ad una  aggiudicazione già avvenuta - l’asservimento del lotto.
 
 37. Priva di fondamento, da ultimo, è anche la censura relativa al  mancato  parere della commissione edilizia. Le attribuzioni della commissione  edilizia  comunale sono quelle stabilite dai regolamenti edilizi (art. 33, primo  comma, n.  1, legge 17 agosto 1942 n. 1150); sicché la verifica della necessità o  meno del  parere in questione va condotta alla stregua del regolamento locale.
 
 38. L’art. 37, ultimo comma, del regolamento edilizio comunale (non  impugnato)  prevede che l’organo competente (il responsabile del procedimento) possa   omettere l’acquisizione del parere quando ravvisi palesi ragioni  ostative  connesse all’evidente contrasto con le norme di legge o di regolamento o  con  previsioni del PRG: ipotesi, questa, che si attaglia al caso in esame,  in cui la  ragione del diniego sta nell’assenza della capacità edificatoria  dell’area.
 
 39. Occorre ora passare all’esame dei motivi aggiunti che investono il  PGT  approvato, avendo la ricorrente da ultimo (memoria 30.4.10, pag. 19)  circoscritto l’impugnativa alle sole doglianze di cui al secondo gruppo  di  motivi aggiunti (depositati il 16.12.2009).
 
 40. Al PGT vengono mosse le seguenti censure: - difetto di motivazione  relativamente al vincolo posto sull’area della ricorrente (primo e  secondo  motivo); - violazione della normativa sulla VAS avendo il Comune  affidato la  redazione del parere conclusivo al responsabile del procedimento,  sfornito di  adeguata professionalità (quarto motivo) e (terzo motivo) con indebita  commistione dei ruoli rispettivamente propri dell’autorità procedente  (cui è  demandata l’adozione e l’approvazione del piano) e dell’autorità  competente in  materia di VAS (cui è demandato, in posizione di autonomia rispetto alla  prima,  il giudizio di compatibilità ambientale dello strumento pianificatorio).
 
 41. Ora, riguardo alla VAS, le censure di incompetenza non appaiono  supportate,  considerato il fine che la ricorrente persegue, da un interesse  all’impugnativa.
 
 42. Scopo della VAS è quello di valutare la sostenibilità ambientale  delle  scelte strategiche implicite nello strumento urbanistico, tenuto conto,  in  particolare, del consumo di territorio che esse comportano.
 
 43. Nel caso in esame il parere - basato su elaborati (documento di  scoping e  rapporto ambientale) redatti da un architetto - ha valutato l’erosione  territoriale complessivamente indotta dal PGT, dovuta tra l’altro (per  quanto  concerne l’espansione residenziale) a “quattro ambiti di trasformazione  urbanistica … che … rappresentano interstizi nel bordo urbanizzato a  chiusura di  fronti stradali urbani consolidati” (cfr. parere …, punto 3.2.3), senza  scendere  nel dettaglio delle singole destinazioni attribuite ai lotti liberi  nelle aree  edificate.
 
 44. Diversamente da quanto sostiene la ricorrente non è ravvisabile  alcuna  contraddizione tra l’espansione dell’aggregato urbano (dovuta a  previsioni di  crescita demografica e incremento qualitativo degli standard  residenziali) e la  preclusione di iniziative edificatorie in ambiti già totalmente  urbanizzati.
 
 45. E neppure è ravvisabile una correlazione tra le scelte strategiche  di  espansione residenziale, che hanno formato oggetto di valutazione in  sede di VAS,  e l’apposizione, sull’area della ricorrente, di un vincolo (a verde e  sport)  marginale e circoscritto nell’economia del piano; vincolo rispetto al  quale il  parere è del tutto neutro e inidoneo ad arrecare una lesione atta a  legittimare  la caducazione integrale del PGT per un motivo (incompetenza riferibile  ad un  atto presupposto) che lo investe globalmente.
 
 46. In conclusione, la questione di competenza posta dalla ricorrente -  sebbene  non priva di rilevo a livello teorico (cfr. sentenza n. 1526/10 di  questo  Tribunale) - non appare rilevante ai fini della presente vertenza.
 
 47. Appaiono piuttosto fondate, e meritevoli di accoglimento, le censure   relative alla carenza di motivazione del vincolo.
 
 48. A fronte del consistente sovradimensionamento della aree a standard  (98,4  mq/ab secondo la ricorrente; 44,2 mq/ab secondo l’Amministrazione),  rispetto al  minimo di 18mq/ab (art. 9, comma 3, legge regionale 11 marzo 2005 n. 12  per il  governo del territorio) - il Comune avrebbe dovuto motivare la scelta di  apporre  il vincolo a verde e sport sull’area della Società (cfr. Cons. Stato V,  1.3.10  n. 1176), tanto più considerando la presenza del vincolo pertinenziale  apposto -  in forza dello strumento previgente - a favore del fondo contiguo.
 
 49. La circostanza che l’area sia priva di capacità edificatoria per  esaurimento  della volumetria non vale di per sé sola a giustificare l’apposizione di  un  vincolo di carattere espropriativo, altro essendo la pertinenzialità  dell’area  rispetto al lotto contiguo (mapp. 1664/a), altro la sua destinazione ad  uso  pubblico secondo regole e modalità che non lasciano al proprietario  alcuna  possibilità di utilizzazione diretta.
 
 50. La domanda di risarcimento del danno va respinta. Sia in relazione  al  permesso di costruire (il cui diniego deve ritenersi, per quanto  considerato,  legittimo); sia in relazione alla condotta del Comune in sede di  rilascio dei  titoli edilizi pregressi e del certificato di destinazione urbanistica  del 1999  (essendo inconfigurabile, per le ragioni esposte, tanto una colpa in  capo al  Comune, quanto una situazione di affidabilità e buona fede meritevole di  tutela  in capo alla Società ricorrente); sia in relazione al PGT, il cui  annullamento  in parte qua non implica alcun diritto all’attribuzione di una capacità  edificatoria, ma unicamente l’eliminazione di un vincolo che nel periodo  della  sua vigenza non ha prodotto danni comprovati.
 
 51. Per le ragioni esposte il ricorso va accolto nella sola parte  relativa al  vincolo posto sull’area della ricorrente dal PGT, che va  conseguentemente, in  parte qua, annullato. La domanda di risarcimento del danno va respinta.  Le  reciproca parziale soccombenza giustifica la compensazione delle spese  di causa  tra le parti.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia accoglie in parte  il  ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla il PGT nei limiti di cui in  motivazione. Spese compensate.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 12 maggio 2010, con   l'intervento dei magistrati:
 
 Mario Arosio, Presidente
 Carmine Maria Spadavecchia, Consigliere, Estensore
 Silvia Cattaneo, Referendario
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 29/06/2010
 
                    




