TAR Sicilia (CT) Sez. III n. 1512 del 10 maggio 2021
Urbanistica.Differenza tra varianti e variazioni essenziali
Il concetto di variazione essenziale attiene alla modalità di esecuzione delle opere e va pertanto distinto dalle "varianti", che pur attinendo alla stessa, consentono di adeguare il titolo autorizzativo originario. Mentre, dunque, le varianti in senso proprio, ovvero le modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante (rectius, a d.i.a., in luogo della presentazione della quale il privato può optare per la richiesta di titolo esplicito), complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all'originario permesso a costruire; le varianti essenziali, caratterizzate da incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dal richiamato art. 32 del D.P.R. n. 380 del 2001, sono soggette al rilascio di un permesso di costruire del tutto nuovo ed autonomo rispetto al primo, e per esso valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante
Pubblicato il 10/05/2021
N. 01512/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01479/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1479 del 2017, proposto da
Sicam s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Angela Barone e Gaetano Barone, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Tamburello sito in Catania, alla Via Ventimiglia n. 145;
contro
Comune di Ragusa, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocato Sergio Boncoraglio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- della nota del 30 maggio 2017, allegata alla nota del 30 maggio 2017 n.63864 del Dirigente del Settore Edilizia Privata e Produttiva del Comune resistente, nella parte in cui richiede il versamento di €. 249.802,09 a titolo di oneri concessori (costo di costruzione) ai fini del rilascio del permesso di costruire;
- del permesso di costruire n.42/2017, del 5 giugno 2017, nella parte in cui determina in €. 249.802,09 il costo di costruzione;
c) di ogni ulteriore atto presupposto connesso e consequenziale, allo stato non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ragusa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 14 aprile 2021 il dott. Francesco Elefante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente ha adito l’intestata Sezione chiedendo l’annullamento degli atti – di cui funditus in epigrafe – a mezzo dei quali il Comune resistente chiedeva il versamento di €. 249.802,09 a titolo di costo di costruzione per le opere di cui al permesso di costruire n. 42/2017.
Allegava in punto di fatto quanto segue:
- che erano stati originariamente realizzati due corpi di fabbrica (Centro commerciale e Centro auto), in relazione ai quali la cui realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria era stata effettuata dall’originario concessionario a scomputo, mentre il costo di costruzione era stato determinato in € 277.783,51 (integralmente corrisposti);
- che con successivo provvedimento l’amministrazione aveva autorizzato anche la sistemazione delle aree da destinare a parcheggi;
- che con successivo atto del 6 agosto 2004 l’originario proprietario cedeva alla società Sviluppo Ragusa una quota parte del terreno relativo al Centro Commerciale, mentre con atto del 23 settembre 2004 trasferiva alla società ricorrente la quota parte del terreno relativo al Centro Auto, con correlata voltura della concessione edilizia;
- che, quindi, in data 29 novembre 2005 presentava una richiesta di variante al progetto originario riguardo al solo edificio denominato Centro Auto e, in considerazione dell’aumento della superficie coperta e dell’incremento di volume, veniva calcolato il maggior costo di costruzione in € 170.579,20, interamente corrisposti;
- che in data 5 marzo 2013 presentava una ulteriore richiesta di variante per il completamento di un corpo di fabbrica al piano terra, autorizzato con concessione del 29 luglio 2013 senza applicazione di oneri per il costo di costruzione;
- infine, che in data 24 marzo 2017 presentava ulteriore istanza per il completamento di due corpi di fabbrica, con la previsione di un minimo incremento della superficie coperta (incremento pari quindi a mq.454,64) dovuto alla copertura del corridoio tra i due corpi di fabbrica;
- che in tale istanza aveva puntualmente indicato le opere di completamento da realizzare (consistenti, in particolare, nella copertura del corridoio atto a unificare i due preesistenti corpi; nella predisposizione di uffici all'interno; nella chiusura di due aperture sulla facciata principale; nella rifinitura dei pavimenti in quarzo; nella pitturazione delle pareti; nella predisposizione di servizi igienici per il pubblico; nella dotazione di impianto antincendio, di impianto elettrico, di
impianto di climatizzazione; nella pavimentazione dei parcheggi nonché, infine, nelle recinzioni ed insegne) ma nonostante fosse evidente che si trattasse di minime modifiche, l’Amministrazione emanava comunque i provvedimenti impugnati, con cui rideterminava, sulla scorta di incomprensibili calcoli, il “quantum” dovuto in € 249.802,09;
- che l’indicazione di tale somma era stata inserita nella concessione edilizia n. 42/2017 del 5 giugno 2017.
Deduceva in diritto, quindi, parte ricorrente i seguenti motivi di gravame:
1) “Violazione dell'art.3 della l.r. 30 aprile 1991 n.10. Assoluta carenza di motivazione. Difetto assoluto di istruttoria” atteso che i provvedimenti impugnati riportavano esclusivamente la somma dovuta senza alcuna indicazione circa i parametri utilizzati per determinare il costo di costruzione;
2) “Violazione e falsa applicazione dell'art.1 della legge 28 gennaio 1977 n.10, ora art.16 del D.P.R. n.380/2001, recepito nella Regione Siciliana dall'art.7 della l.r. 10 agosto 2016 n.16” atteso che l’intervento oggetto della concessione edilizia n. 42/2017, del 5 giugno 2017, riguardava esclusivamente il completamento dei due corpi di fabbrica già autorizzati mentre il Comune aveva ritenuto di rideterminare gli oneri di costruzione applicando le maggiori aliquote stabilite con delibera consiliare n. 75 del 13 dicembre 2016 e detraendo quanto in parte corrisposto in sede di rilascio della originaria concessione edilizia e delle successive varianti.
Operazione illegittima considerato che nel caso di specie la trasformazione territoriale andava ricondotta unicamente alla concessione edilizia originaria del 6 ottobre 2003 e alla successiva variante essenziale del 24 settembre 2007, tenuto conto che il permesso in contestazione si riferiva, invece, esclusivamente a lavori di rifinitura e modifiche interne, senza alcuna modifica della destinazione d’uso originaria.
Senza tacere, peraltro, che non poteva essere obbiettato, per giustificare la nuova imposizione a ricalcolo, una eventuale sopravvenuta decadenza degli originari atti concessori, sia perché siffatta decadenza andava comunque dichiarata con apposito atto del Comune; sia perché il termine decadenziale era comunque maturato dopo il compimento, al rustico, dell'intervento edilizio oggetto anche della variante essenziale autorizzata con la concessione del 24 settembre 2007, tant’è che il nuovo e ultimo permesso era, come detto, limitato ad interventi di rifinitura e di modifiche interne non implicanti una nuova trasformazione territoriale;
3) “Violazione per falsa applicazione del combinato disposto dell'art.10 del D.P.R. 6 giugno 2001 n.380, come recepito dall'art.5 della l.r. 10 agosto 2016 n.16, e dell'art.15 del D.P.R. 6 giugno 2001 n.380, come recepito dall'art.6 della l.r. 10 agosto 2016 n.16. Violazione dell'art.3 della l.r. 30 aprile 1991 n.10 per totale carenza di istruttoria” atteso che, se l’Amministrazione avesse compiuto una corretta istruttoria, avrebbe potuto verificare che tutte le opere di completamento indicate nella richiesta non erano in alcun modo riconducibili alla tipologia delle opere per le quali l’art. 10 del D.P.R. n. 380/2001 richiede il rilascio di permesso edilizio e il correlato pagamento del costo di costruzione, bensì all’art. 6, quarto comma, della legge regionale n. 16/2016, per il quale, nell’ipotesi di realizzazione di parte dell’intervento edilizio non ultimato nel termine stabilito, è prevista la soggezione al costo di costruzione solo se trattasi di completamenti rientranti nelle fattispecie per le quali è previsto il premesso di costruire e non anche laddove sia applicabile la disciplina della segnalazione certificata di inizio attività.
Si costituiva in giudizio il Comune resistente deducendo, ex adverso, quanto segue:
- che la concessione edilizia n. 42/2017 prevedeva che la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria sarebbe stata realizzata dallo stesso concessionario a scomputo, mentre il costo di costruzione era stato rideterminato ex novo (alla luce delle sopravvenienze normative di cui al Regolamento Comunale sugli Oneri Concessori approvato con Deliberazione di Consiglio Comunale n. 75 del 13.12.2016, art. 4.1.1.1.) in € 397.894,54, derivante dal calcolo della superficie totale di metri quadri 14.151,89 (superficie utile + 60% della superficie accessoria della parte in completamento ed ampliamento) moltiplicato per il costo di costruzione di € 281,18 al metro quadro;
- che dal costo era stata detratta la somma di € 148.092,45 già versata per la concessione edilizia originaria sicché l’importo da ultimo dovuto, determinato in € 249.802,09, risultava rateizzato e in parte incamerato dall’ente;
- che era stata correttamente presentata la richiesta di permesso di costruire considerato che era previsto, oltre ad un ampliamento di superficie e, di conseguenza, anche un ampliamento di volume dell’originaria struttura, anche il completamento della struttura, con modifiche sostanziali all’originaria distribuzione degli spazi interni e delle superfici nette ed accessorie, tant’è che la struttura era allo stato rustico e i lavori oggetto della nuova concessione non erano di sola e mera finitura;
e) quanto alla rideterminazione della somma, che era stata fatta applicazione del comma 4 del citato art. 6 della legge regionale n. 16/2016, secondo cui “la realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività̀”...“si procede, altresì, ove necessario, al ricalcolo del contributo di costruzione”;
- che l’elevato importo del ricalcolo era invero derivato dal raddoppio dell’aliquota di riferimento da applicare al costo di costruzione per le grandi strutture di vendita (passata dal 5% al 10%), previsto dal richiamato regolamento comunale;
- che il calcolo relativo all’adeguamento del costo di costruzione era stato effettuato sulle parti di immobili ancora da completare in ordine ai titoli edilizi scaduti, è cioè sulla superficie totale (superficie utile lorda + 60% della superficie accessoria della parte in completamento ed ampliamento) di metri quadri 14.151,89 e non sul totale della superficie coperta di metri quadri 24.696,34 e di volume di metri cubi 166.946,26;
- che l’adeguamento degli oneri era stato applicato esclusivamente al costo di costruzione e non al relativo contributo degli oneri di urbanizzazione, rappresentativo del carico urbanistico trasformativo del territorio;
- che la stessa ricorrente aveva presentato copia del bonifico dovuto per il costo di costruzione e la polizza fideiussoria assicurativa, precisando che “le opere da realizzare sono previste in variante sostanziale alla concessione edilizia n. 53/2002 del 29 luglio 2013 (come, peraltro, risulta dalle tavole);
- che nel caso di specie non solo si trattava di una variante sostanziale, con conseguente aumento del carico urbanistico, ma i termini previsti per l’ultimazione dei lavori della precedente concessione n. 53/2002 e delle relative varianti (l’ultima del 23 luglio 2013) erano altresì scaduti, con conseguente decadenza degli originari titoli edilizi e richiesta di un nuovo permesso di costruire, sostenendo il relativo costo di costruzione.
Le parti depositavano successive memorie.
In particolare parte ricorrente deduceva, da un lato, l’integrazione postuma in giudizio dei provvedimenti impugnati, essendo state specificate solo nella presente sede le ragioni del ricalcolo; dall’altro, che l’espressione “variante essenziale”, contenuta nella richiesta di permesso di costruire, doveva intendersi come un mero errore nominale privo di contenuto sostanziale (nella relazione tecnica depositata dal progettista ai fini del rilascio viene detto infatti che la “Variante consiste in una diversa distribuzione dell'Edificio” … “I lavori di cui alla presente variante, pertanto consisteranno in varianti interne con una leggera modifica ai prospetti già autorizzati” nonché, infine, che il progetto consiste “altresì nell'ampliamento derivante dalla copertura e la chiusura della spazio libero di mt.10,00 tra i due corpi esistenti mediante struttura prefabbricata e pannelli in c.a.p.”) tenuto conto che le opere in relazione al quale l'amministrazione resistente aveva calcolato il costo di costruzione consistevano, in sostanza, in una diversa distribuzione interna, una leggera modifica ai prospetti già autorizzati e, infine, nell’ampliamento della superficie già autorizzata di 24.696,34, di ulteriori mq.454,64, dovuto alla copertura del corridoio di mt.10,00 tra i due corpi di fabbrica.
All’udienza del 14 aprile 2021 la causa veniva chiamata e trattenuta in decisione ai sensi dell’art.4 D.L. 28/2020, convertito con modificazioni con L. 70/2020, come richiamato dall’art. 25 D.L. 137/2020.
DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto.
In limine litis deve rilevarsi, sul piano processuale e di riflesso sostanziale, che negli atti impugnati non è dato sapere, in punto di motivazione, delle ragioni e dei criteri applicati dall’amministrazione resistente ai fini del ricalcolo degli oneri di costruzione richiesti, viceversa esplicitati dalla parte resistente solo nel corso del giudizio.
E’ noto, tuttavia, che “nel processo amministrativo l’integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento, nella misura in cui i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta; oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida; è invece inammissibile un’integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi” (cfr. ex multis T.A.R. , Bari , sez. III , 17/06/2020 , n. 863; Consiglio di Stato sez. II, 06/05/2020, n.2860).
Ciò detto, quanto al merito della controversia, deve in primo luogo rilevarsi - mediante valutazione attenta più alla sostanza degli elementi in contestazione piuttosto che alla forma usata in sede di istanza di permesso – che la descrizione delle opere indicate dal progettista in sede di richiesta (già in precedenza riportate) non costituiscono certamente variante essenziale degli immobili già realizzati; né possono valutarsi tali da comportare la qualificazione del rustico originario, che è risultato pacificamente tale, come opera non ultimata nel termine previsto dagli originari permessi a pena di decadenza (elemento fondativo utilizzato dall’amministrazione resistente ai fini del “ricalcolo aggiornato”).
In sintesi, la qualità delle opere richieste con l’ultimo permesso e lo stato degli immobili già ultimati escludono che nella fattispecie ricorrano i presupposti per un ricalcolo (rispettivamente, “variante essenziale” e decadenza degli originari permessi”) di quanto dovuto a titolo di oneri di costruzione.
A tal fine può farsi riferimento anche a quella giurisprudenza amministrativa secondo cui “il concetto di variazione essenziale attiene alla modalità di esecuzione delle opere e va pertanto distinto dalle "varianti", che pur attinendo alla stessa, consentono di adeguare il titolo autorizzativo originario. Mentre, dunque, le varianti in senso proprio, ovvero le modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante (rectius, a d.i.a., in luogo della presentazione della quale il privato può optare per la richiesta di titolo esplicito), complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all'originario permesso a costruire; le varianti essenziali, caratterizzate da incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dal richiamato art. 32 del D.P.R. n. 380 del 2001, sono soggette al rilascio di un permesso di costruire del tutto nuovo ed autonomo rispetto al primo, e per esso valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante” (Cons. Stato Sez. II, 28/08/2020, n. 5288); “Ai fini della riliquidazione o meno degli oneri d'urbanizzazione su un intero fabbricato industriale, non costituisce variazione essenziale, rispetto al progetto originariamente assentito, quella che riguarda soltanto le diverse modalità costruttive dell'edificio mantenendone la stessa forma e dimensione del progetto” (Cons. Stato Sez. II, 18/05/2020, n. 3153).
In secondo luogo, depone nel senso dell’erroneità del ricalcolo operato dall’amministrazione resistente mediante i provvedimenti impugnati, la considerazione che nella fattispecie, essendosi esclusa una decadenza degli originari provvedimenti, non ricorre neanche il superamento quantitativo, da parte delle opere ultime, dei parametri percentuali previsti dall’art. 12 della legge regionale n. 16/2016 ai fini della qualificazione delle stesse come “variazione essenziale” (id est, l’aumento della cubatura dell'immobile superiore al 20 per cento ovvero l’aumento della superficie utile calpestabile e dell'altezza dell'immobile superiore al 10 per cento).
In definitiva, in ragione di quanto esposto il ricorso deve essere accolto perché fondato, mancando i presupposti per un ricalcolo ex novo dei contributi dovuti per oneri di costruzione.
Ne consegue, per l’effetto, l’annullamento dei provvedimenti nella sola parte in cui determinano in € 249.802,09 il costo di costruzione dovuto, dovendosi computare unicamente le opere sopravvenute ai fini del calcolo.
Attese tuttavia le concrete modalità di svolgimento della vicenda e la complessità della stessa si ritiene che ricorrano i presupposti per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie perché fondato e annulla in via parziale i provvedimenti impugnati, come indicato in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2021 con l'intervento dei magistrati:
Daniele Burzichelli, Presidente
Giuseppa Leggio, Consigliere
Francesco Elefante, Primo Referendario, Estensore