TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 670 del 23 luglio 2021
Urbanistica.Variante in corso d’opera e termine finale per la presentazione della SCIA

La variante in corso d’opera è ammissibile se e in quanto i lavori non siano ancora terminati. Il termine finale per la presentazione di una SCIA in variante non può essere rappresentato dalla data di deposito della dichiarazione di fine lavori. Ove, infatti, le due date (quella di fine lavori e quella di deposito della dichiarazione di fine lavori) non coincidessero, si finirebbe per consentire all’interessato di dilatare i termini per eventuali modifiche, posticipando la presentazione al Comune della dichiarazione in relazione a lavori già terminati. Il che, tuttavia, non è coerente con la ratio dell’istituto della variante in corso d’opera, che è quella di adeguare un progetto in itinere e non certo quella di modificare un progetto già eseguito.

Pubblicato il 23/07/2021

N. 00670/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00306/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 306 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
GE.CO. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Onofri e Stefano Soncini, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Brescia, via Ferramola n. 14;

contro

Comune di Crema, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Alessandra Bazzani e Carlo Zorat, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Brescia, via Battaglie n. 50;

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

per l’annullamento

della diffida 16 gennaio 2017 pratica IE/2016/00745/SCIA con la quale il Comune di Crema ha diffidato alla prosecuzione dell’attività intrapresa e ha ordinato di non effettuare il previsto intervento con riferimento alla SCIA 29 dicembre 2016, n. 74614.

Per quanto riguarda il ricorso per motivi aggiunti depositato dalla società da Ge.Co S.r.l. in data 22 febbraio 2021:

per l’annullamento

della comunicazione del 18 dicembre 2020, prot. n. 54140/20 con la quale il Comune di Crema ha trasmesso alla ricorrente la quantificazione del contributo di costruzione relativo agli interventi di cui alle convenzioni approvate con le delibere GC del 2 novembre 2015, n. 3888 e la convenzione del 17 novembre 2015, Notaio Donati, rep. n. 98360.


Visti il ricorso, il ricorso per motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Crema;

Visti tutti gli atti e i documenti della causa;

Relatore la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi nell’udienza di merito del giorno 26 maggio 2021, svoltasi con discussione orale mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ex articoli 25, comma 1, D.L. n. 137/2020, e 4 D.L. n. 28/2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 70/2020, e così uditi i difensori delle parti, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

1. In data 3.07.2015 la società GE.CO. S.r.l. aveva presentato al Comune di Crema domanda di permesso di costruire convenzionato per la trasformazione del piano terra e del piano interrato di un fabbricato a uso commerciale già esistente. L’intervento era funzionale all’insediamento di una media struttura di vendita al posto di quattordici esercizi di vicinato.

Successivamente, la società GE.CO. S.r.l. aveva presentato una SCIA per variante in corso d’opera (segnatamente, per “piccoli spostamenti di muri interni”).

Con provvedimento in data 16 gennaio 2017 il Comune esercitava sulla SCIA i poteri inibitori per le seguenti ragioni:

(a) la procedura originaria, avviata con la presentazione della domanda di permesso di costruire convenzionato, non si era mai conclusa con il rilascio del titolo edilizio;

(b) non era mai stato versato per intero il contributo di costruzione dovuto;

(c) la data di fine lavori indicata dall’interessata (ovverosia, il 16.12.2016) era antecedente alla presentazione della SCIA in variante (ovverosia, il 29.12.2016);

(d) non era stata fornita la prova dell’avvenuto pagamento della sanzione prevista dall’articolo 37, comma 4, D.P.R. n. 380/2001 per le opere già realizzate.

2.1. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio la società GE.CO. S.r.l. impugnava il predetto atto di diffida dell’Amministrazione alla prosecuzione dell’attività intrapresa, censurando ognuno dei singoli motivi che giustificavano l’esercizio del potere inibitorio.

2.2. Con successivo ricorso per motivi aggiunti la società ricorrente impugnava altresì l’atto con cui medio tempore il Comune aveva quantificato il contributo di costruzione dovuto, chiedendone parimenti l’annullamento.

3. Si costituiva in giudizio il Comune di Crema, per resistere alle impugnazioni avversarie e chiederne la reiezione.

4. All’udienza di merito del 26 maggio 2021, dopo ampia discussione, la causa veniva trattenuta in decisone.

DIRITTO

1. Il presente giudizio verte sull’intervento edilizio realizzato dalla società GE.CO. S.r.l. in Comune di Crema per trasformare il piano terra di un fabbricato a uso commerciale già esistente in una media struttura di vendita da insediare al posto di quattordici esercizi di vicinato.

Con il ricorso principale la società GE.CO. S.r.l. chiede l’annullamento dell’atto di esercizio dei poteri inibitori, adottato dall’Amministrazione comunale in relazione alla SCIA presentata dalla medesima società per variante in corso d’opera.

Con il successivo ricorso per motivi aggiunti la società ricorrente chiede l’annullamento dell’atto comunale di quantificazione del contributo di costruzione da essa dovuto per il suddetto intervento edilizio.

2.1. Come esposto nella parte in fatto, la diffida alla prosecuzione dell’attività intrapresa è stata emessa per le seguenti ragioni:

(a) la procedura originaria, avviata con la presentazione della domanda di permesso di costruire convenzionato, non si è mai conclusa con il rilascio del titolo edilizio;

(b) non è mai stato versato per intero il contributo di costruzione dovuto;

(c) la data di fine lavori indicata dall’interessata (ovverosia, il 16.12.2016) è antecedente alla presentazione della SCIA in variante (ovverosia, il 29.12.2016);

(d) non è stata fornita la prova dell’avvenuto pagamento della sanzione prevista dall’articolo 37, comma 4, D.P.R. n. 380/2001 per le opere già realizzate.

2.2. Si tratta, dunque, di un atto plurimotivato, basato cioè su ragioni tra loro indipendenti e autonome, in grado ognuna di giustificare di per sé sola la decisione assunta dall’Amministrazione, di talché è sufficiente che anche una sola di tali ragioni superi il vaglio di legittimità di questo Giudice amministrativo perché il provvedimento gravato non possa essere annullato in sede giurisdizionale (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, sentenza n. 4866/2020).

3.1. Parte ricorrente sostiene che detto provvedimento sia illegittimo per i seguenti motivi:

1) “Violazione e falsa applicazione di norme di legge e di principi generali dell’ordinamento (art. 38 LR 12/2005 in relazione agli artt. 1, 2 e 3 L. 241/90 nonché all’art. 97 Cost.). Eccesso di potere per erroneità della motivazione; mancata valutazione delle circostanze di fatto e travisamento”, perché non sarebbe vero che la procedura originata dalla domanda di permesso di costruire del 3.07.2015 non si era mai conclusa con il rilascio del titolo edilizio, essendosi al contrario formata su di essa il silenzio assenso, giusta quanto dispone l’articolo 38 L.R. 12/2005;

2) “Violazione e falsa applicazione di norme di legge e di principi generali dell’ordinamento (art. 38 LR 12/2005 in relazione agli artt. 1, 2 e 3 L. 241/90 nonché all’art. 97 Cost.). Eccesso di potere per erroneità della motivazione; mancata valutazione delle circostanze di fatto e travisamento sotto altro aspetto”, perché non sarebbe vero che non era stato versato per intero il contributo di costruzione dovuto, avendo l’interessata proceduto in autoliquidazione stante l’inerzia del Comune nella quantificazione, e comunque non si tratterebbe di una condizione per la formazione del silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire convenzionato;

3) “Violazione e falsa applicazione di norme di legge e di principi generali dell’ordinamento (art. 41 LR 12/05 in relazione agli artt. 1, 2 e 3 L. 241/90 nonché all’art. 97 Cost.). Eccesso di potere per erroneità della motivazione; mancata valutazione delle circostanze di fatto e travisamento sotto altro aspetto”, essendo irrilevante che i lavori fossero stati conclusi prima della presentazione della variante, perché ciò che rileva è che la dichiarazione di fine lavori sia presentata successivamente alla variante, così come accaduto nel caso di specie;

4) “Violazione e falsa applicazione di norme di legge e di principi generali dell’ordinamento (art. 37, comma 4 DPR 380/01 in relazione agli artt. 1, 2 e 3 L. 241/90 nonché all’art. 97 Cost.). Eccesso di potere per erroneità della motivazione; mancata valutazione delle circostanze di fatto e travisamento sotto altro profilo”, spettando all’Amministrazione la determinazione tra il minimo e il massimo stabilito dalla norma della somma dovuta per la sanatoria della irregolarità ex articolo 37, comma 4 D.P.R. n. 380/2001.

3.2.1. Con riguardo al primo motivo di impugnazione, va considerato che «il silenzio assenso non si perfeziona con il mero decorrere del tempo, ma richiede la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per l’attribuzione del bene della vita richiesto, di modo che esso non si configura in difetto di completezza della documentazione (Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 2020, n. 569; Sez. IV id. 7 gennaio 2019, n. 113; id, Sez. IV, 20 agosto 2020, n. 5156)» (così, C.d.S., Sez. II, sentenza n. 2869/2021).

Il Comune rappresenta che alla data del 22.12.2015 – momento in cui secondo la prospettazione della ricorrente si sarebbe formato il silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire convenzionato – mancavano tutta una serie di documenti, e precisamente:

- la dichiarazione di conformità per l’abbattimento delle barriere architettoniche;

- la documentazione inerente gli adempimenti riguardanti i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche;

- il progetto sugli impianti tecnologici;

- il parere preventivo richiesto dall’art. D.P.R. n. 151/2011 del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco;

- la certificazione prevenzione incendi o, in alternativa la SCIA ex articolo 4 D.P.R. n. 151/2011;

- la documentazione in merito all’impatto e al clima acustico richiesta dall’articolo 8, comma 4, L. n. 447/1995;

- la denuncia dei lavori della struttura metallica ex articolo 65 D.P.R. n. 380/2001.

La maggior parte di questa documentazione è stata sì successivamente depositata (all’esito dei solleciti dell’Amministrazione), ma solamente dopo che i lavori non solo erano stati avviati senza alcuna comunicazione al Comune, ma erano anche stati conclusi.

3.2.2. Parte ricorrente non contesta le affermazioni del Comune, ma sostiene che tali documenti non erano essenziali ai fini della formazione del silenzio assenso.

Il Collegio non condivide tale impostazione.

Il silenzio-assenso è infatti uno strumento di semplificazione e snellimento dell’azione amministrativa, ma «non implica alcuna deroga al potere dovere dell’Amministrazione pubblica di curare gli interessi pubblici nel rispetto dei principi fondamentali sanciti dall'art. 97 Cost. e presuppone, quindi, che essa sia posta nella condizione di poter esercitare il proprio potere, quanto meno nel senso di verificare la sussistenza di tutti i presupposti legali affinché l’autorizzazione implicitamente connessa al decorso del tempo sia coerente alle previsioni di legge (cfr. TAR Napoli, Sezione VIII, 6 marzo 2017, n. 1288, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 19 novembre 2015, n. 3342, T.A.R. Salerno, Sez. I, 4 febbraio 2016, n. 316, T.A.R. Pescara, 3 dicembre 2014, n. 486)» (così, T.A.R. Campania – Napoli, Sez. VIII, sentenza n. 32/2021).

L’assenza dei documenti sopra indicati, unitamente all’omessa comunicazione di avvio dei lavori che ha impedito all’Amministrazione di esercitare l’attività di vigilanza sugli stessi, comporta che il permesso di costruire convenzionato non sia mai stato rilasciato. E se non vi era permesso di costruire non vi poteva essere nemmeno variante allo stesso.

Il primo motivo di impugnazione è dunque infondato.

3.3. Ora, per le considerazioni svolte al punto 2.2. sul carattere di atto plurimotivato che riveste la diffida impugnata, il fatto che almeno uno dei motivi, autonomi e sufficienti, che reggono la decisione dell’Amministrazione abbia superato indenne il vaglio di questo Giudice, rende inutile l’esame delle doglianze sugli ulteriori contenuti motivazionali del provvedimento medesimo (cfr., ex plurimis, T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, sentenza n. 870/2020; T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I bis, sentenza n. 2213/2020).

3.4. Ad abundantiam, va, peraltro, osservato che anche il terzo motivo di ricorso è infondato.

La variante in corso d’opera è ammissibile se e in quanto i lavori non siano ancora terminati.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente, il termine finale per la presentazione di una SCIA in variante non può essere rappresentato dalla data di deposito della dichiarazione di fine lavori. Ove, infatti, le due date (quella di fine lavori e quella di deposito della dichiarazione di fine lavori) non coincidessero (come per l’appunto nel caso di specie), si finirebbe per consentire all’interessato di dilatare i termini per eventuali modifiche, posticipando la presentazione al Comune della dichiarazione in relazione a lavori già terminati.

Il che, tuttavia, non è coerente con la ratio dell’istituto della variante in corso d’opera, che è quella di adeguare un progetto in itinere (cfr., C.d.S., Sez. II, sentenza n. 5288/2020) e non certo quella di modificare un progetto già eseguito.

3.5. In conclusione, il ricorso principale è infondato e per questo viene respinto.

4.1. Passando al ricorso per motivi aggiunti, va osservato che in punto di contributo di costruzione la differenza fra l’importo quantificato da Comune e quello autoliquidato dalla società GE.CO. S.r.l. riguarda: i) l’importo relativo al costo di costruzione; ii) l’asserito diritto alla restituzione dei “maggiori oneri dei negozi di vicinato del 2008”, o comunque alla compensazione di quanto maggiormente versato dalla società Immobiliare Quadrifoglio S.r.l. (dante causa dell’odierna ricorrente) rispetto a quanto dovuto.

La ricorrente sostiene, infatti, che l’atto del Comune di quantificazione del dovuto sia illegittimo, oltre che per invalidità derivata, anche per “Violazione e falsa applicazione di norme di legge e di principi generali dell’ordinamento (art. 36 del DPR 380/01; art. 38 LR 12/2005 in relazione agli artt. 1, 2 e 3 L. 241/90, nonché all’art. 97 Cost.). Eccesso di potere per difetto della motivazione; mancata valutazione delle circostanze di fatto e travisamento dei fatti sotto differenti profili”.

In sintesi la deducente lamenta la carenza di motivazione dell’atto e l’erroneità dei calcoli effettuati dall’Amministrazione.

4.2. Come osservato ai punti che precedono, il permesso di costruire convenzionato non si è mai formato per silenzio assenso. Legittimamente, dunque, l’Amministrazione ha applicato il raddoppio previsto dall’articolo 36 D.P.R. n. 380/2021 per il caso di assenza di titolo edilizio.

Più, in generale, l’infondatezza del ricorso principale comparta l’infondatezza della doglianza di illegittimità derivata.

4.3.1. Quanto alle altre voci che compongono la somma complessivamente dovuta.

L’Amministrazione ha rappresentato e documentato in atti che il costo di costruzione è stato calcolato sulla base del computo metrico estimativo prodotto dalla società GE.CO. S.r.l. e dunque avuto riguardo ai dati forniti dalla stessa interessata, e applicando agli stessi la percentuale stabilita in misura fissa dall’articolo 48, comma 4, L.R. Lombardia n. 12/2005.

Il Collegio non può quindi che convenire sulla correttezza della quantificazione così operata.

4.3.2. Parimenti, non poteva essere disposta la compensazione con le somme già pagate dalla dante causa della società GE.CO. S.r.l.: la compensazione presuppone, infatti, l’identità soggettiva delle parti del rapporto di debito – credito.

Tale identità qui non sussiste, posto che il soggetto creditore nei confronti del Comune (la società Immobiliare Quadrifoglio S.r.l.) è distinto dal soggetto debitore (ovverosia, la società f GE.CO. S.r.l.). Né, d’altro canto, in atti vi è prova che sia intervenuto tra Immobiliare Quadrifoglio S.r.l. e GE.CO. S.r.l. un accordo tale per cui la seconda sia succeduta nella posizione creditoria della prima verso l’Amministrazione per tale specifica causa.

4.4. In conclusione, anche il ricorso per motivi aggiunti è infondato e viene pertanto respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate a favore della ricorrente nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge entrambi.

Condanna la società Ge.CO. S.r.l. a rifondere al Comune di Crema le spese di giudizio, che liquida in complessivi €uro 4.000,00, oltre ad accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2021, tenutasi con collegamento da remoto, ai sensi dell’articolo 25, comma 2, D.L. n. 137/2020, con l’intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere

Alessandra Tagliasacchi, Primo Referendario, Estensore