TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 497, del 19 febbraio 2014
Urbanistica.Legittimità annullamento DIA per impianto di cogenerazione non conforme allo strumento urbanistico
È esente da vizi la motivazione circa l’interesse pubblico all’annullamento del titolo edilizio contenuta nel provvedimento impugnato: la volontà dei ricorrenti di intraprendere un’attività edilizia non conforme allo strumento urbanistico, esclude, invero, la necessità di una ponderazione tra un interesse pubblico attuale e concreto e l’interesse privato. L’amministrazione comunale in sede di rilascio della denuncia di inizio attività è chiamata a verificare la compatibilità urbanistica dell’intervento edilizio e la medesima valutazione può essere effettuata nell’esercizio del potere di secondo grado, quale è quello di annullamento in autotutela del titolo edilizio. La p.a. non ha, dunque, invocato un generale divieto di installazione degli impianti in questione sul territorio comunale ma una incompatibilità con una specifica destinazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00497/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01045/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1045 del 2013, proposto da:
Trifase S.r.l., Mauro Rossi e Tregi s.r.l., rappresentati e difesi dagli avv. Pietro Renato Canzi ed Ercole Romano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Milano, viale Bianca Maria 23;
contro
Comune di Gordona, rappresentato e difeso dagli avv. Gino Ambrosini e Graziano Dal Molin, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Milano, via M.A. Bragadino, 2;
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del provvedimento n. 734 in data 13 febbraio 2013 con il quale il Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Gordona ha disposto "l'annullamento del titolo abitativo formatosi in seguito alla presentazione della DIA dell'11 giugno 2012" e avente ad oggetto l'intervento di costruzione ed esercizio di un impianto di cogenerazione
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gordona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2013 la dott.ssa Silvia Cattaneo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con provvedimento del 13 febbraio 2013, il Comune di Gordona ha annullato in autotutela la denuncia di inizio attività presentata dalla Trifase s.r.l. l’11 giugno 2012, avente ad oggetto la realizzazione di un intervento di costruzione ed esercizio di un impianto di cogenerazione, in considerazione della non conformità dell’impianto alla destinazione T5 turistico-ricettiva prevista dal p.g.t.
La Trifase s.r.l., la Tregi s.r.l. ed il sig. Mauro Rossi insorgono avverso tale determinazione ed avverso la comunicazione del 21.12.2012 di avvio del procedimento, articolando le seguenti doglianze:
I. violazione dell’art. 21 octies, l. n. 241/1990 in relazione all’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, al d.m. 10 settembre 2010 ed alla d.g.r. del 18 aprile 2012; errore sul presupposto di diritto, difetto di motivazione e carente istruttoria;
II. violazione dell’art. 21 octies, l. n. 241/1990 in relazione all’art. 42, l. reg. Lombardia, n. 12/2005; travisamento, errore nei presupposti, incoerenza e contraddittorietà;
III. violazione dell’art. 21 octies, l. n. 241/1990; incoerenza, travisamento, difetto di motivazione e di istruttoria;
IV. violazione dell’art. 21 octies, l. n. 241/1990 in relazione alla sopravvenuta adozione ed approvazione del p.g.t.; errore nei presupposti, travisamento;
V. violazione dell’art. 21 octies, l. n. 241/1990; superficiale istruttoria, travisamento e difetto di motivazione;
VI. violazione dell’art. 21 octies, l. n. 241/1990 in relazione all’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, violazione delle nuove previsioni del p.g.t.;
VII. violazione dell’art. 21 octies, l. n. 241/1990; difetto di motivazione e sviamento.
Si è costituito in giudizio il Comune di Gordona, deducendo, oltre all'infondatezza nel merito, l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse a ricorrere di Tregi s.r.l. e del sig. Mauro Rossi e l’inammissibilità della impugnazione della nota del 21.12.2012 di comunicazione di avvio del procedimento.
All’udienza del 21 novembre 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il Collegio prescinde dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse in capo a Tregi s.r.l. e al sig. Mauro Rossi in quanto, anche in caso di sua fondatezza, il ricorso andrebbe comunque scrutinato nel merito, essendo incontestato l’interesse a ricorrere della Trifase s.r.l.
È, poi, infondata l’eccezione di inammissibilità della impugnazione della nota del 21.12.2012 di comunicazione di avvio del procedimento, in quanto gli atti endoprocedimentali ben possono essere impugnati unitamente al provvedimento conclusivo del procedimento.
Con il primo motivo, i ricorrenti deducono che il provvedimento impugnato, nel porre a fondamento del potere di autotutela la non conformità dell’impianto alla destinazione urbanistica T5 (turistico-ricettiva) conferita all’area interessata dal p.g.t., contrasterebbe con l’art. 12, d.lgs. n. 387/2003 - norma che rimette alle Regioni la competenza in materia di autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi - e con il punto 2.2. delle linee guida approvate dalla Regione Lombardia con la d.g.r. 18.4.2012 (secondo cui le amministrazioni competenti per la tutela del territorio, ambiente e paesaggio non possono in via generale porre nei propri provvedimenti limitazioni, restrizioni o divieti di tipo generale volti a rallentare la realizzazione degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili).
La censura è priva di fondamento.
L’art. 12, d.lgs. n. 387/2003 non trova applicazione nel caso di specie in quanto oggetto del provvedimento di autotutela impugnato non è un’autorizzazione unica rilasciata ai sensi di tale disposizione ma una denuncia di inizio attività (necessaria, ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n. 387/2003 per gli impianti aventi capacità di generazione inferiore a determinate soglie). Ugualmente non si applica quanto previsto dalle linee guida approvate dalla Regione Lombardia con la d.g.r. 18.4.2012.
L’amministrazione comunale in sede di rilascio della denuncia di inizio attività è chiamata a verificare la compatibilità urbanistica dell’intervento edilizio e la medesima valutazione può essere effettuata nell’esercizio del potere di secondo grado, quale è quello di annullamento in autotutela del titolo edilizio.
Nel caso di specie l’amministrazione ha, per l’appunto, ritenuto l’impianto in contrasto con la destinazione turistica della zona.
La p.a. non ha, dunque, invocato un generale divieto di installazione degli impianti in questione sul territorio comunale ma una incompatibilità con una specifica destinazione.
Non venendo dunque in rilievo restrizioni generalizzate previste dallo strumento urbanistico alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, le norme e i principi giurisprudenziali richiamati sono inconferenti.
Con il secondo motivo i ricorrenti contestano il provvedimento impugnato nella parte in cui afferma che la precedente denuncia di inizio attività, presentata il 19.1.2011, si sarebbe perfezionata solo decorsi trenta giorni dal rilascio del nulla osta paesaggistico, ex art. 42, c. 13, l. reg. Lombardia, n. 12/2005.
A loro avviso, la d.i.a. riguarderebbe solo opere interne alla preesistente struttura edilizia.
La censura è infondata trovando smentita nella relazione tecnica allegata alla d.i.a in cui vengono indicati elementi tecnologici visibili esternamente, quali, un camino per lo scarico dei fumi, un dissipatore di calore dell’acqua di raffreddamento del motore e una torre evaporativa di raffreddamento.
Né in capo alla p.a. gravava un onere di contestazione della mancanza dell’autorizzazione paesaggistica, stante il mancato perfezionarsi della d.i.a. in mancanza di tale atto, ai sensi dell’art. 42, c. 13, l. reg. Lombardia, n. 12/2005.
Con il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso - che possono essere trattati congiuntamente perché strettamente connessi sul piano logico e giuridico - viene contestato che il provvedimento di annullamento non inciderebbe sui precedenti titoli abilitativi presentati ma solo sulla d.i.a. dell’11.6.2012, la quale costituirebbe un mero aggiornamento progettuale: essa avrebbe ad oggetto unicamente una modifica relativa ai camini, prevedendo la realizzazione di un solo camino - in luogo dei tre precedentemente previsti - sistemato in posizione arretrata rispetto alla linea di demarcazione del vincolo paesaggistico.
Le censure sono infondate.
I ricorrenti hanno presentato ben quattro denunce di inizio attività aventi tutte ad oggetto la realizzazione del medesimo intervento, con alcune modifiche progettuali.
Era, quindi, loro onere, in forza del principio di autoresponsabilità del denunciante, chiarire il rapporto tra tali atti, se cioè i successivi avessero ad oggetto una mera variante o importassero rinuncia ai precedenti titoli abilitativi, senza che possa pretendersi che fosse l’amministrazione comunale a dover verificare la sussistenza di eventuali differenze progettuali e ad inferire da ciò una volontà dei privati.
Ai sensi dell’art. 23, d.P.R. n. 380/2001, la denuncia di inizio attività deve, difatti, contenere una “dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali”: essa deve cioè indicare chiaramente il proprio oggetto e cioè quale sia l’intervento edilizio cui il denunciante vuole dare avvio.
Pertanto, in mancanza di una espressa indicazione del denunciante circa la natura di mera variante rispetto ad un precedente titolo edilizio, con precisa individuazione nella relazione e nelle tavole progettuali della parte di opere modificata, la presentazione di una d.i.a. che ha ad oggetto (con qualche modifica progettuale) la realizzazione delle medesime opere già previste da una precedente denuncia di inizio attività, non può che importare una rinuncia per fatti concludenti al precedente titolo abilitativo.
Nel caso di specie, come correttamente affermato nel provvedimento impugnato, la d.i.a. dell’11.6.2012 non può qualificarsi quale mera variante delle precedenti d.i.a.; ciò in quanto nella relazione tecnica allegata l’oggetto del titolo edilizio è indicato nella “realizzazione dell’impianto di cogenerazione” e non nella sola modifica delle canne fumarie.
La d.i.a. del 19.1.2011 è stata quindi rinunciata con la presentazione delle successive d.i.a.: di ciò si trae conferma anche dalla circostanza che alla prima d.i.a. non abbia fatto seguito la comunicazione di inizio lavori.
I ricorrenti non possono quindi invocare, ora, la validità della d.i.a del gennaio 2011, né l’amministrazione era tenuta ad intervenire in autotutela anche su di essa.
Irrilevante è, poi, la questione attinente la presentazione o meno di una d.i.a in data 26.9.2011, in quanto si tratta di un aspetto che non incide sulla motivazione addotta dalla p.a. a fondamento dell’esercizio del potere di autotutela.
Né può poi ritenersi che il provvedimento abbia ad oggetto una d.i.a. inefficace, non avendo i ricorrenti fornito prova di avere presentato al Comune un atto di rinuncia al titolo abilitativo.
Per quanto affermato circa la rinuncia alla d.i.a. del 19.1.2011, per effetto del comportamento dei ricorrenti, non assume rilievo alcuno valutare la sussistenza o meno di un contrasto della stessa d.i.a. con le previsioni del p.g.t.
In ogni caso, quanto opposto dal Comune è corretto, stante il perfezionarsi di tale d.i.a. solo dopo il decorso del termine di trenta giorni dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell’art. 43, c. 13, l. reg. Lombardia, n. 12/2005.
La destinazione produttiva dell’impianto in questione non può, poi, ritenersi priva di carattere innovativo e meramente conservativa dell’originaria destinazione commerciale dell’immobile. La modifica della destinazione d'uso dell’immobile, da commerciale a produttiva è, infatti, rilevante, comportando un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico: essa necessitava, pertanto, di un titolo edilizio che avrebbe potuto essere rilasciato solo sul presupposto della conformità con il nuovo strumento urbanistico.
Inoltre, quanto affermato dai ricorrenti circa la non necessità di un titolo edilizio diverso da quello conservativo dell’originaria destinazione dell’immobile interessato, trova smentita nella circostanza che essi stessi hanno ritenuto necessario munirsi di un titolo abilitativo.
Né può ritenersi sussistente un affidamento dei ricorrenti nella legittimità del titolo edilizio, per avere il Sindaco rilasciato il parere favorevole in relazione alla domanda di autorizzazione alle emissioni in atmosfera prevista dall’art. 269 del t.u. dell’ambiente: la mancata asseverazione, da parte del progettista, della conformità dell’intervento edilizio agli strumenti urbanistici palesa, invero, la consapevolezza della illegittimità della d.i.a.
È parimenti esente da vizi la motivazione circa l’interesse pubblico all’annullamento del titolo edilizio contenuta nel provvedimento impugnato: la volontà dei ricorrenti di intraprendere un’attività edilizia non conforme allo strumento urbanistico, esclude, invero, ad avviso del Collegio, la necessità di una ponderazione tra un interesse pubblico attuale e concreto e l’interesse privato.
La carenza del presupposto essenziale, richiesto dall’art. 23, d.P.R. n. 380/2001, della asseverazione del progettista della conformità dell’intervento edilizio allo strumento urbanistico porta finanche a ritenere che il titolo edilizio non si sia neppure perfezionato (T.A.R. sez. I Roma , Lazio, 2/12/2010, n. 35023).
Per quanto affermato circa la rinuncia della d.i.a. del gennaio 2011, i ricorrenti non possono, infine, invocare il lasso di tempo intercorso tra tale atto ed il provvedimento di autotutela.
Per le ragioni esposte il ricorso è dunque infondato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti al pagamento, a favore del Comune di Gordona, delle spese di giudizio, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Concetta Plantamura, Primo Referendario
Silvia Cattaneo, Primo Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)