TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 2170, del 18 settembre 2013
Urbanistica.Opere abusive e uso pubblico della strada.

La circostanza che il Comune non sia intervenuto tempestivamente nell'assumere iniziative per il ripristino della viabilità interrotta o nel provvedere alla demolizione delle opere abusive realizzate in loco, non può ribaltare la presunzione iuris tantum di uso pubblico della strada discendente dalla sua iscrizione nell'elenco delle strade pubbliche. Per giurisprudenza consolidata, i provvedimenti sindacali di autotutela possessoria delle strade (emanati ai sensi dell'articolo 378 dell'allegato F della legge 20 marzo 1865 n. 2248, ovvero ai sensi degli articoli 15 e 17 del d.l.lgt. 1 settembre 1918 n. 1446) ben possono essere emanati anche quando da tempo la strada non è stata utilizzata dalla collettività ed anche quando sia diventata impraticabile al carreggio. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02170/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01773/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1773 del 2012, proposto da: 
- Monti Minucci Del Rosso Arrighetti Emiliano, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della srl Terrealte Società Agricola, rappresentato e difeso dall'avv. Claudio Linzola, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Hoepli, 3;

contro

- Comune di Garlasco, rappresentato e difeso dall'avv. Bruno Vernaglione, domiciliato ex art. 25, co.1 lett. a) c.p.a. in Milano, c/o Segreteria del T.A.R. Lombardia;

nei confronti di

- Consorzio del Parco Lombardo della Valle del Ticino;
- sig. Paolo Grioni;

per l'annullamento

- dell’ordinanza n. 2 del 3 maggio 2012 del Sindaco e del Capo Area Territorio del Comune di Garlasco, avente ad oggetto un’ingiunzione di demolizione o rimozione di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi;

- della nota del Comune di Garlasco del 29 settembre 2011, prot. n. 16845, recante inizio del procedimento amministrativo nei confronti del sig. Arrighetti Emiliano Monti Minucci Del Rosso.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Garlasco;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 maggio 2013 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

La società Terrealte s.r.l. è proprietaria in Comune di Garlasco, frazione San Biagio, delle aree ubicate al foglio 5, mappali 99, 100, 101, 257, 26, 27, 28, 34, 35, 274, 275, 276, 185, 187, 188, 189, 192, 193, 501, 502, 194 e foglio 6, mappali 43, 323, 52.

Le aree ricadono all'interno del perimetro del Parco Lombardo della Valle del Ticino e sono azzonate in parte in zona C2 “agricolo forestale a prevalente interesse paesaggistico”, in parte in zona G2 “pianura irrigua a preminente vocazione agricola” ed in parte in zona ZB “naturalistica parziale”.

Le predette aree sono attraversate da una strada, denominata strada vicinale “di Milano”, a cui si riferiscono gli atti oggetto di gravame.

In particolare, il Comune di Garlasco ha, con essi, dapprima avviato nei confronti del ricorrente un procedimento per abuso edilizio, avendo riscontrato la realizzazione di un deposito di materiali sulla predetta strada vicinale, all'altezza dell'incrocio con la strada vicinale Alessandrina, atto ad inibire il traffico veicolare e pedonale.

Indi, nonostante le osservazioni rese in sede procedimentale dal sig. Monti (che rappresentava al Comune la inutilizzabilità del tratto della strada vicinale di Milano in questione, in quanto da lungo tempo avvolto dalla vegetazione circostante, nonché l'utilizzabilità di un percorso alternativo), il Comune di Garlasco ha adottato l'ordinanza n. 2/2012, in epigrafe specificata, con la quale ha ingiunto la rimessione in pristino stato dei luoghi ed il ripristino del passaggio al pubblico transito sulla strada vicinale.

Contro tale ordinanza, e la comunicazione di avvio del procedimento in essa richiamata, è stato interposto l’odierno gravame, notificato il 3-5/07/2012 e depositato il successivo 11.07.2012, affidato a 5 motivi, con cui si deduce:

I) l’illegittimità per violazione degli artt. 7 e 8 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, poiché l'ordinanza sarebbe stata adottata senza un previo contraddittorio con il suo destinatario, ignaro dell'oggetto del procedimento amministrativo avviato;

II) l’illegittimità per eccesso di potere sotto il profilo della perplessità, nonché, nullità dell'atto per violazione dell'art. 21 septies della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.; poiché non sarebbe chiaro quale potere avrebbe inteso qui esercitare l'Amministrazione, atteso che il provvedimento impugnato richiamerebbe sia le norme in materia di edilizia (T.U. e Legge regionale n. 12/2005) e beni paesaggistici (d.lgs. n. 42/2004) sia l'art. 15 del d.l. lgt. n. 1446/1918 in tema di ripristino della viabilità vicinale. Ancora, rileva sempre la medesima difesa, l'ordinanza impugnata, recando due sottoscrizioni (Sindaco e Dirigente) sarebbe perplessa pure dal punto di vista dell'attribuzione della sua paternità; anzi, la presenza di una doppia sottoscrizione impedirebbe radicalmente di individuare l'autore del provvedimento, al pari del caso in cui non vi fosse sottoscrizione alcuna;

III) l’illegittimità per violazione dell'art. 107 d.lgs. n. 267/2001, poiché la sottoscrizione del Sindaco inficerebbe la validità del provvedimento, atteso che, quale che sia il potere esercitato (sanzione edilizia o paesaggistica od ordinanza ripristinatoria della viabilità), la competenza all'adozione del provvedimento finale non può che essere del Dirigente, ai sensi dell'art. 107 del T.U. cit.;

IV) l’illegittimità per violazione dell'art. 15 del d.l. lgt. l settembre 1918, n. 1446; per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione; per violazione dell'art. 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241; poiché la via vicinale di Milano – quantomeno nel tratto in questione, compreso tra l'intersezione con via Cascina Valletta e la strada Alessandrina - non sarebbe una strada vicinale ad uso pubblico, in quanto priva dei requisiti di legge per essere considerata tale. L'iscrizione della strada nell'elenco comunale delle vie vicinali non sarebbe dirimente, in quanto priva di efficacia costitutiva o probatoria della sua soggezione a pubblico passaggio, occorrendo, a tal fine, la prova della sua permanente destinazione a soddisfare esigenze collettive. Detta strada, poi, non assolverebbe al soddisfacimento di alcuna esigenza di interesse generale, giacché non destinata a collegare due vie pubbliche o a condurre a luoghi aperti al pubblico o di interesse pubblico;

V) l’illegittimità per violazione dell'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dell'art. 27, comma l, lett. e) della Legge regionale 11 marzo 2005, n. 12; illegittimità per violazione dell'art. 167 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

Si è costituito il Comune di Garlasco, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie e sollevando, altresì, eccezioni pregiudiziali di inammissibilità del gravame.

In particolare, il Comune ha rilevato come la pretesa sostanziale azionata con l’odierna impugnazione verta sull’accertamento della natura privata della strada vicinale Milano, sicché essa è sottratta alla giurisdizione del giudice amministrativo e riconducibile a quella dell’A.G.O., alla stregua dell’actio negatoria servitutis, finalizzata ad accertare che la strada non è soggetta all’uso pubblico.

La difesa civica ha, altresì, rilevato come il ricorso sia inammissibile per mancata impugnazione di atto presupposto, autonomamente lesivo, consistente nella delibera del Consiglio comunale n. 78/1981 di classificazione della strada de qua come vicinale d’uso pubblico.

Con ordinanza n. 1179 del 24.08.2012 è stata accolta la formulata domanda cautelare.

In prossimità dell’udienza fissata per la discussione del merito entrambe le parti hanno depositato memorie e repliche.

All’udienza pubblica del 2 maggio 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Il Collegio rileva, in via preliminare, la pacifica sussistenza della propria giurisdizione sulla fattispecie, poiché l'impugnata ordinanza, qualificabile ai sensi dell'art. 15 del d.l. lgt. n. 1446/1918, integra una fattispecie di autotutela possessoria in via amministrativa o "iure publico" - finalizzata all'immediato ripristino dello stato di fatto preesistente di una strada, volto a reintegrare la collettività nel godimento del bene (cfr. Cons. St., Sez. V, sent. 8 gennaio 2009, n. 25; T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, Sent. 20-03-2013, n. 341; T.A.R. Salerno, Sez. I, sent. 29 maggio 2012, n. 1058; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, sent. 8 aprile 2011, n. 184).

La giurisdizione del g.a. non viene meno ancorché gli venga richiesto di accertare, in via incidentale, la sussistenza o meno del diritto della collettività sul suolo pubblico o soggetto ad uso pubblico. Se è vero, infatti, che non rientra nella giurisdizione del Giudice Amministrativo l'accertamento in via principale di una servitù pubblica di passaggio, essendo detta questione devoluta alla giurisdizione del Giudice Ordinario, è altrettanto vero che ricorre la giurisdizione del Giudice Amministrativo qualora l'esistenza della servitù pubblica risulti costituire un presupposto dell'atto eventualmente impugnato, cosicché la valutazione della sua sussistenza si ponga come questione da valutare, incidenter tantum, al limitato fine di verificare la legittimità degli atti gravati, non ravvisandosi alcuna pregiudiziale obbligatoria, in siffatte questioni, a favore del Giudice Ordinario (cfr. in tal senso, sempre T.A.R. Piemonte, Torino Sez. I, Sent., n. 341/2013; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Sez. I, n. 184/2011; Cass. SS.UU. 2.10.1989, n. 3950, 23.1.1991, n. 596, 7.11.1994, n. 9206).

Si può, a questo punto, prescindere dall’esame della residua questione preliminare, essendo il ricorso infondato nel merito.

In tal senso, re melius perpensa rispetto a quanto deciso in sede di cognizione sommaria, preme al Collegio evidenziare come l’ordinanza di cui trattasi, pur richiamando nelle proprie premesse almeno un duplice ordine di presupposti normativi (da un lato, il d.P.R. n. 380/2001, la l.reg. n. 12/2005 e il d.lgs. n. 42/2004 e, dall’altro, l’art. 15 del d.l.lgt. n. 1446/1918), radichi, di fatto, la disposta ingiunzione sull’esercizio del potere di autotutela possessoria, spettante al Sindaco ai sensi dell’art. 15 del d.l.lgt. n. 1446/1918.

In effetti, è proprio sul potere in esame che risulta calibrata la motivazione del provvedimento, che, dopo avere descritto lo stato della strada interessata dal cumulo di materiale inerte, richiama, nelle premesse, nell’ordine, la delibera del Consiglio comunale recante l’elenco delle strade vicinali ad uso pubblico, i presupposti applicativi dell’art. 15 cit. e, quindi, il prevalente interesse pubblico al ripristino della preesistente viabilità. In siffatte circostanze, reputa il Collegio che il provvedimento in questione costituisca esplicazione del predetto potere di autotutela e come tale debba essere valutato, tenendo conto della normativa ad esso applicabile.

Non va dimenticato, infatti, che l’esatta qualificazione giuridica del provvedimento amministrativo impugnato, fondandosi sull'analisi del suo contenuto effettivo e della sua causa reale, spetta al giudice investito dalla controversia, il quale può, addirittura, legittimamente prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall'amministrazione all'atto adottato (cfr. ex multis, da ultimo, T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 22-05-2013, n. 5144).

Su tali premesse, il primo motivo di ricorso appare inammissibile, prima ancora che infondato, poiché non riferibile all’ordinanza che qui ci occupa, così come correttamente intesa alla stregua di provvedimento adottato nell’esercizio del potere di autotutela possessoria delle strade vicinali, potere di spettanza sindacale. Esso, a ben vedere, appare riferito ad un ipotetico provvedimento, conclusivo del procedimento avviato con la comunicazione del 29.09.2011, per l’abusiva trasformazione permanente del suolo in edificato, non ravvisabile - a parere del Collegio - nell’ordinanza per cui è causa. Quest’ultima, proprio in virtù della sua specifica connotazione, non necessita di previa comunicazione di avvio, rivestendo natura tipicamente cautelare e urgente, diretta a recuperare nell’immediato l’uso pubblico della strada di cui trattasi (cfr. Cons. di Stato, sent. 1.12.2006 n. 7081).

Analogamente infondato si appalesa, poi, il secondo motivo, atteso che, la presenza di una doppia sottoscrizione (del Sindaco e del Dirigente) non fa di certo venire meno l’assunzione della paternità dell’ordinanza al soggetto ex lege legittimato alla sua adozione (nel caso di specie, il Sindaco, ex art. 15 cit.), così rendendo l’atto in questione soggettivamente perfetto e immune dalle dedotte censure.

Da ciò si ricava anche l’infondatezza del terzo motivo, atteso che l’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000 non ha inteso privare il Sindaco delle competenze ad esso specificamente attribuite dalle previgenti previsioni normative, laddove si resti comunque al di fuori dei compiti di gestione (cfr. artt. 107, co. 5 e 50, co. 4 d.lgs. n.267/2000). Infatti, in disparte la circostanza che l’ordinanza in esame non rientra tra i “compiti” espressamente attribuiti, ai sensi del comma 3 dell’art. 107 cit. alla competenza dirigenziale, in ogni caso essa non è riconducibile fra i “compiti di attuazione degli obiettivi o dei programmi definiti con gli atti di indirizzo”.

Ne consegue che, legittimamente l’ordinanza in esame reca la firma del Sindaco, in conformità del chiaro disposto di cui all’art. 15 d.l.lgt. cit.

Si può, così, passare all’esame del quarto motivo, con cui si lamenta, in sostanza, il difetto dei presupposti di cui all’art. 15 richiamato.

Ebbene, tale norma (introdotta con il d.l.lgt. 1-9-1918 n. 1446, convertito in legge dalla L. 17 aprile 1925, n. 473, le cui disposizioni - delle quali l'art. 2, d.l. 22 dicembre 2008, n. 200, aveva previsto l’abrogazione a decorrere dal 16 dicembre 2009 - sono state sottratte all’effetto abrogativo in base al comma 2 dell’art. 1, d.lgs. 1° dicembre 2009, n. 179), così dispone:

“Le funzioni di vigilanza e polizia sulle strade vicinali sono esercitate dal sindaco, a cui spetta ordinare che siano rimossi gli impedimenti all'uso delle strade e all'esecuzione delle opere definitivamente approvate e che siano ridotte nel pristino stato le cose abusivamente alterate.

Per le strade soggette ad uso pubblico, il sindaco dispone l'esecuzione dei lavori occorrenti a spese degli interessati, quando vi sia urgenza o non si adempia entro il termine prefisso agli ordini ricevuti. La nota di spese è resa esecutoria dal prefetto, sentiti gli interessati, ed è riscossa nelle forme e con i privilegi fiscali. Sono altresì applicabili per queste strade gli artt. 374 a 377 della legge sulle opere pubbliche.

Per le strade non soggette ad uso pubblico il sindaco può solo provvedere quando ne sia richiesto, e può autorizzare il Consorzio ad eseguire i lavori di ripristino anche in pendenza di ricorsi”.

Come chiarito da tempo dalla giurisprudenza, i presupposti che legittimano l'esercizio del potere di autotutela possessoria delle strade vicinali, attribuito al Sindaco ai sensi della su riportata norma, sono:

a) la preesistenza di fatto dell'uso pubblico della strada, anche se questa sia del tutto privata;

b) la sopravvenienza di un'alterazione del preesistente stato di fatto, che abbia frapposto impedimenti all'uso pubblico della strada medesima (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 151 del 09-05-1983; di recente, T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 21-01-2013, n. 20).

Applicando le suesposte coordinate ermeneutiche al caso di specie, si ricava che, quanto al primo aspetto, è dirimente la deliberazione del Consiglio comunale n. 78 del 9.04.1981, allegata in atti (sub n.10 di parte resistente), che inserisce la strada in questione, ivi incluso il tratto interessato dall’ordinanza de qua, nell’elenco delle strade vicinali, rappresentata graficamente con la linea n. 21. Che si tratti di strada vicinale di uso pubblico si comprende, poi, ancora meglio, esaminando la deliberazione dello stesso Consiglio del 12.11.1968 (pure allegata, sub n.8 della produzione comunale) avente ad oggetto la classificazione tra le strade comunali della strada vicinale di uso pubblico “Via Milano”, nel tratto compreso tra la provinciale Bereguardo-Garlasco e il Ponte sul Canale Cavour. Si ricava, infatti, da essa che, benché il tratto che qui rileva non sia stato classificato come comunale, nondimeno, esso viene chiaramente definito come strada ad uso pubblico, e ciò è sufficiente a legittimare l’ordine di ripristino in esame.

Come correttamente rilevato dalla difesa comunale, infatti, l’iscrizione della strada nel tratto che qui interessa nell’elenco delle strade vicinali soggette ad uso pubblico, comporta, per la sua natura dichiarativa, in adesione a consolidata giurisprudenza (cfr. Cons. di Stato sez. V, sent. 22.06.2010 n. 3891), una presunzione della sussistenza del diritto di pubblico transito sulla strada, che può essere vinta solo con l’esperimento dell’actio negatoria servitutis di fronte al giudice ordinario, ai sensi del disposto dell’art. 20, II comma dell’all. “F” alla legge n. 2248 del 1865.

Al contempo, quindi, alla stregua del medesimo indirizzo giurisprudenziale, la sussistenza di tale iscrizione costituisce il presupposto che fonda la legittimazione del Comune all’esercizio del potere di ripristino dell’uso pubblico stesso, estrinsecazione del potere di autotutela possessoria, di cui all’art. 15 copra richiamato.

Non si può dire, infatti, che la parte ricorrente abbia adempiuto all’onere probatorio conseguentemente ravvisabile a suo carico, in ordine alla prova della mancanza di un uso pubblico della strada de qua, essendosi la difesa attorea limitata a richiamare, al riguardo, l’attuale stato di inservibilità della strada.

Sennonché, giova osservare al riguardo come, sempre per giurisprudenza consolidata, i provvedimenti sindacali di autotutela possessoria delle strade (emanati ai sensi dell'articolo 378 dell'allegato F della legge 20 marzo 1865 n. 2248, ovvero ai sensi degli articoli 15 e 17 del d.l.lgt. 1 settembre 1918 n. 1446) ben possono essere emanati anche quando da tempo la strada non è stata utilizzata dalla collettività ed anche quando sia diventata impraticabile al carreggio (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 522 del 07-04-1995).

Per completezza, è utile richiamare anche quanto recentemente affermato dal Consiglio di Stato (cfr. Sez. V, Sent., 14-05-2013, n. 2611), secondo cui:

“La circostanza che il Comune non sia intervenuto tempestivamente nell'assumere iniziative per il ripristino della viabilità interrotta o nel provvedere alla demolizione delle opere abusive realizzate in loco, non solo non può ribaltare la presunzione iuris tantum di uso pubblico della strada discendente dalla sua iscrizione nell'elenco delle strade pubbliche (giusta delibera comunale n. 57 del 1969), ma, secondo i consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza, non è in grado di assumere alcun significato nella vicenda in esame, i cui elementi significativi sono l'esistenza di una strada vicinale iscritta come tale nell'elenco delle strade comunali, l'uso da parte della collettività uti cives, la concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di generale interesse per il collegamento con la pubblica via del santuario dell'acqua nera e l'interruzione e trasformazione da parte del ricorrente, proprietario di suolo confinante, a mezzo della realizzazione sull'area stradale di opere edilizie abusive (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 giugno 2012, n. 3531; sez. V, 4 febbraio 2004, n. 373; sez. V, 24 ottobre 2002, n. 5692; Cass. civ., sez. II , 10 ottobre 2000, n. 13485; 7 aprile 2000, n. 4345; Sez. I, 3 ottobre 2000, n. 13087, cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d) c.p.a.)”.

In tal senso, giova notare, ad abundantiam, come la difesa comunale abbia indicato una serie di circostanze, nel loro complesso idonee a confermare l’esistenza dell’uso pubblico della strada in discorso (cfr. quanto allegato e documentato a pg. 17 della memoria illustrativa del 20.08.2012, nonché la documentazione prodotta sub nn. 7 e ss.), nonché a fornire plurimi indizi circa la collocazione temporale del cumulo di materiale per cui è causa, in epoca successiva all’acquisto della proprietà da parte dell’odierno ricorrente (cfr. quanto riportato nelle osservazioni del ricorrente del 7.11.2011, in relazione a quanto emergente dal rapporto informativo del Consorzio del Parco del 18.09.2008 e dal verbale di sopralluogo del Comune dell’11.10.2008).

Quanto, infine, all’ultimo motivo, osserva il Collegio come esso risulti inammissibile, analogamente al primo, in precedenza scrutinato, poiché riferito all’esplicazione dei poteri repressivi di abusi edilizi che, come detto, non rappresenta la reale essenza del provvedimento qui gravato.

Per le suesposte considerazioni, quindi, il ricorso in epigrafe specificato deve essere respinto.

Sulle spese il Collegio, in considerazione dell’andamento complessivo della causa, ravvisa valide ragioni per disporne l’integrale compensazione fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 2 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario

Concetta Plantamura, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)