Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 14441 del 22/06/2006
Presidente: Spadone M. Estensore: Piccialli L. Relatore: Piccialli L. P.M. Schiavon G. (Diff.)
Com. Farra Di Soligo (Zanchettin ed altro) contro Prov. Treviso (Botteon ed altro)
(Cassa con rinvio, Trib. Montebelluna, 1 Ottobre 2002)

SANZIONI AMMINISTRATIVE - PRINCIPI COMUNI - SOLIDARIETÀ - Violazioni amministrative per lo scarico delle acque reflue da depuratore comunale - Affidamento della gestione dell'impianto ad una società - Principio di solidarietà di cui all'articolo 6 della legge 24 novembre 1981 n.689 - Sussistenza all'interno della struttura del soggetto delegato - Necessità - Fondamento, limiti e condizioni.

In tema di violazioni amministrative, in particolare per il superamento dei limiti di accettabilità degli scarichi delle acque reflue da depuratore, con riferimento al principio della solidarietà di cui all'articolo 6 della legge 24 novembre 1981 n.689, la delega di funzioni, nel caso di affidamento della gestione dell'impianto a terzi, ove regolarmente conferita, con conseguente assoggettamento a responsabilità del solo soggetto delegato, comporta che solo all'interno della struttura di quest'ultimo, e fuori dei casi di responsabilità dell'ente preponente - per "culpa in vigilando", "in eligendo" o per altri eccezionali casi, quali la radicale ed originaria deficienza tecnica degli impianti ed omissione di intervento, o di sopravvenuta inadeguatezza degli stessi -, possa operare il detto principio di solidarietà; vale a dire che, una volta individuato nel soggetto gestore, persona fisica o giuridica, il detentore qualificato dell'impianto, solo lo stesso è obbligato al pagamento della sanzione in solido con l'autore dell'illecito, suo rappresentante o preposto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPADONE Mario - Presidente -
Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere -
Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Luigi - rel. Consigliere -
Dott. TRECAPELLI Giancarlo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE FARRA DI SOLIGO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PIETRO MASCAGNI 7, difeso dagli avvocati ZANCHETTIN Maurizio, FERDINANDO FERRI, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
PROVINCIA DI TREVISO, in persona dell'Assessore Anziano pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CONFALONIERI 5, difeso dagli avvocati BOTTEON Franco, ANDREA MANZI, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 80/2002 MONTEBELLUNA, depositata il 01/10/2002;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 02/05/2006 dal Consigliere Dott. Luigi PICCIALLI;
udito l'Avvocato C. ALBINI, con delega depositata dell'Avvocato MANZI Andrea, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCHIAVON Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 05/05/2000 al Tribunale di Treviso - sez. dist. di Montebelluna, il Comune di Farra di Soligo propose opposizione della L. n. 689 del 1981, ex art. 22, avverso l'ordinanza - ingiunzione del 31/03/2000, con la quale la Provincia di Treviso gli aveva irrogato la sanzione pecuniaria di L. 3.000.000 per l'illecito amministrativo di cui alla L. n. 319 del 1976, art. 21, comma 3, per superamento dei limiti tabellari di composizione dei reflui emessi dal depuratore comunale.
A sostegno dell'opposizione l'ente ricorrente deduceva violazione del contraddittorio nell'operazione di prelievo, insufficienza dell'accertamento per essere state le analisi eseguite su unico campione,insussistenza della propria responsabilità, per essere stato l'impianto affidato in gestione ad una società, cui sarebbe stata di fatto ascrivibile la condotta illecita.
All'esito del giudizio, nel quale la Provincia si era costituita contestando i singoli motivi di opposizione,sulla scorta delle acquisite risultanze documentali e testimoniali, con sentenza del 20/09-01/10/2002 l'opposizione veniva respinta, con condanna del Comune alle spese.
Considerava il giudicante che il prelievo unico ed istantaneo,valido per assenza di disposizioni contrarie,era da ritenersi nella specie particolarmente significativo,per il "grave di scostamento dai parametri di legge" dei reflui, che correttamente il Comune, non facultato a partecipare alle operazioni di prelievo, ma solo a quelle di analisi, era stato avvisato dell'inizio del procedimento, che le modalità, in concreto, del prelievo erano risultate corrette, che, infine, l'avvenuto "affidamento in gestione dell'attività del depuratore ad un soggetto terzo "non poteva esimere il Comune da responsabilità, in considerazione del "principio della culpa in vigilando", che avrebbe imposto all'ente delegante di controllare la correttezza della gestione, "onde evitare danni alla collettività e terzi".
Avverso tale sentenza il Comune di Farra di Soligo ha proposto ricorso per Cassazione affidato a cinque motivi. Resiste la Provincia di Treviso con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i primi tre motivi di ricorso, strettamente connessi,vengono dedotte carenze e contraddittorietà della motivazione, per apodittica negazione nella fattispecie amministrativa in esame del principio della delega delle funzioni quale fonte di esclusione di responsabilità in capo al delegante (1^) e per mancata specificazione dei profili della ravvisata culpa in vigilando, in ragione della quale l'illecito in questione è stato ascritto all'ente delegante, nonostante la gestione del depuratore fosse stata nella specie affidata ad una società specializzata nel settore, dotata di capacità e competenze adeguate (2^), nonché violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 3 e 6, in relazione al principio della personalità della responsabilità per l'illecito amministrativo, in fattispecie nella quale neppure sussistevano gli elementi per il riconoscimento della solidarietà, tenuto conto della detenzione autonoma e qualificata dell'impianto esercitata dal gestore (3^).
Le censure, fondate per quanto di ragioneranno accolte nei termini di seguito precisati.
Il Giudice di merito,pur dando atto che da parte del Comune ricorrente vi era stato l'affidamento in gestione dell'attività del depuratore, ha ritenuto la circostanza inidonea ad escludere la responsabilità dell'ente, sulla base di un'astratta e generalizzata affermazione di principio, secondo la quale la vigenza, in campo civilistico del "principio della culpa in vigilando, che consente di riconoscere la responsabilità di un fatto dannoso (quale l'inquinamento ambientale) in capo al soggetto che aveva il potere di delegare la gestione, ma anche il dovere di controllare la correttezza della stessa e la condotta del gestore onde evitare danni alla collettività e a terzi" comporterebbe che, a differenza che nel campo penale, tale delega non possa essere invocata ai fini dell'esclusione della responsabilità per gli illeciti amministrativi in materia.
Ma tale affermazione poggia su un postulato, quella della diversa connotazione, sotto il prozio dell'elemento psicologico, degli illeciti penali, in materia di inquinamenti, rispetto a quelli amministrativi, del tutto infondato, considerato che sia gli uni, di carattere contravvenzionale, sia gli altri, sono sanzionabili, indifferentemente, a titolo doloso o colposo (v., rispettivamente, L. n. 689 del 1981, art. 42 c.p., u.c. e art. 1), con la conseguenza che, al di fuori dei casi di dolo, l'individuazione degli elementi integranti a colpa non può avvenire che in base ai medesimi principi.
Ed a tale proposito la giurisprudenza penale di legittimità, in materia ambientale, è costantemente orientata nel senso dell'ammissibilità della delega di funzioni amministrative,con conseguente possibilità di escludere la colpa del soggetto delegante, al riguardo dettando precisi e rigorosi criteri, oggettivi e soggettivi, ai fini del riconoscimento della legittimità del trasferimento dei poteri e del conseguente assoggettamento a responsabilità del solo delegato.
Sotto il primo profilo assumono rilevanza le dimensioni dell'ente o impresa delegante, tali da giustificare l'esigenza della delega, l'effettività del trasferimento di poteri, comportante completa autonomia gestionale, la conformità della delega alle norme interne o disposizioni statutarie al riguardo; sotto il secondo assumono particolare rilevanza la capacità ed idoneità tecnica del soggetto delegato, l'esistenza o meno di poteri di ingerenza, a termini della convenzione, del delegante nell'espletamento dell'attività delegatale eventuali richieste di intervento da parte del delegato, l'eventuale conoscenza da parte del delegante della negligenza o della sopravvenuta incapacità del gestore (v., tra le altre, Cass. 3^ pen. 29/05/1996, Bressan, 26/03/1999, Tilocca, 03/11/1999, Finocchi, 03/12/1999, Natali, 10/01/2000, Balestrini). Altrettanto costante, peraltro, è la giurisprudenza nel ravvisare comunque la responsabilità del titolare dello scarico, nonostante l'avvenuto trasferimento della gestione dell'attività di depurazione, nei casi di radicale ed originaria deficienza tecnica degli impianti ed omissione di intervento, nei casi di sopravvenuta inadeguatezza degli stessi; viene, invece, riconosciuta l'esclusiva responsabilità del gestore nei casi di superamento dei limiti tabellari di emissione, dovuti ad improprio uso degli impianti o ad omessa adozione di particolari e contingenti misure tecniche (v. Cass. 3^ pen. 25/09/2000, Biizzi).
Dai suesposti, convincenti, principi il collegio non ravvisa motivi per doversi discostare, non condividendo il diverso ed isolato orientamento espresso dalla sentenza n. 8537/2005 della 1^ sez. civ. di questa Corte, richiamata nella memoria della resistente Provincia (nella quale si sostiene che appalti del genere potrebbero solo comportare il trasferimento della gestione tecnica degli impianti e non anche la delega a terzi di responsabilità derivanti da obblighi dalla legge imposti direttamente,in ragione di interessi pubblici, ai soggetti titolari), considerato che nei casi di specie non è la responsabilità in sè che è oggetto del trasferimento, bensì il particolare rapporto con la cosa (nella specie gli impianti di depurazione), alla cui disponibilità è correlata tale responsabilità, che può essere legittimamente trasferito, nel rispetto dei principi generali del diritto amministrativo che lo consentono, con conseguente assoggettamento degli assuntori ai relativi obblighi, derivanti dai precetti normativi dei quali i medesimi divengono, in ragione dell'autonoma e qualificata detenzione, destinatari e, come tali passibili delle relative sanzioni, comminate a carico di "chiunque" cagioni i fatti di inquinamento vietati dalla legge.
Tale delega di funzioni, ove regolarmente conferita, comporta che solo all'interno della struttura del soggetto preposto, fuori dei casi di responsabilità dell'ente preponente (per culpa in vigilando, in eligendo o per gli altri eccezionali casi individuati dalla citata giurisprudenza penale), possa operare il principio di solidarietà di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 6; vale a dire che, una volta individuato nel soggetto gestore, persona fisica o giuridica, il detentore qualificato dell'impianto, solo lo stesso è obbligato al pagamento della sanzione in solido con l'autore dell'illecito, suo rappresentante o preposto; non coglie nel segno, pertanto, l'obiezione contenuta nel controricorso, tanto più ove si consideri che al riguardo nessun riscontro alla tesi emerge dalla narrativa della vicenda contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale il pagamento della sanzione da parte del Comune sarebbe stata, nella specie, ingiunto ai sensi del citato art. 6.
La sentenza impugnatale non ha chiarito in base a quali motivi il Comune sia incorso in culpa in vigilandola pertanto cassata,restando esorbiti i rimanenti motivi (attinenti alla regolarità formale ed alle modalità dei prelievi), con rinvio ad altro Giudice del Tribunale di provenienza,che provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, primi tre motivi di ricorso, dichiara assorbiti i rimarnenti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Treviso in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, il 2 maggio 2006.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2006