Memento sulle ultime novità in materia ambientale

di Alberto Pierobon

È ora disponibile lo schema del decreto legislativo recante “Attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”.
Infatti, presso le competenti commissioni (ambiente e Unione europea) delle Camere è rinvenibile il testo del suddetto schema di decreto legislativo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri in data 16 aprile 2010, ed anzitempo “uscito” dalla Conferenza delle regioni e delle provincie autonome che ha reso il parere ex artt. 2, commi 3 e 9, del d.lgs. n. 281/1997 (vedasi l’atto 10/061/CU36/C5 in data 8 luglio 2010), testo che poi dovrà essere ancora approvato dal Consiglio dei Ministri.
Il testo disponibile è stato, invece, presentato in data 8 agosto 2010 dal Ministero per i rapporti con il Parlamento. Sull’argomento prepareremo apposito commento e schede di lettura.

Decreto del Ministero della salute in data 18 maggio 2010, n. 113 “Regolamento recante aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale, limitatamente alle bottiglie in polietilentereftalato riciclato” (in Gazzetta Ufficiale –Serie Generale n. 168 del 21 luglio 2010).
Il decreto ministeriale autorizza l’impiego del polietilentereftalato (PET) riciclato nella produzione di bottiglie per acque minerali naturali. Dall’entrata in vigore del d.m. 5 agosto 2010 il PET riciclato potrà così derogare al divieto stabilito dall’articolo 13 del d.m. 21 marzo 1973 relativo all’impiego di materiale plastico riciclato usato nella preparazione di oggetti destinati a venire in contatto con alimenti, ma ciò può avvenire solamente per le bottiglie di recupero costituite da Polietilentereftalato all’origine idoneo e destinato al contatto con gli alimenti, mentre i produttori di bottiglie potranno utilizzare solo PET riciclato, accompagnato da una documentazione atta a dimostrare, mediante un challenge test, che il processo di riciclo utilizzato sia in grado di garantire la conformit&ag rave; dell’oggetto finito ai requisiti di idoneità di cui all’art. 3 del Regolamento Ce n. 1935/2004. Le bottiglie dovranno comunque contenere almeno il 50% di PET vergine e potranno essere utilizzate per le sole acque minerali naturali.

Legge 30 luglio 2010, n. 122 “Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica cd “manovra economica” (in Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 176 del 30 luglio 2010, entrato in vigore il 31 luglio 2010).
In proposito va ricordato il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 2 marzo 2010 recante “Attuazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sulla tracciabilità delle biomasse per la produzione di energia elettrica” : per le biomasse provenienti da intese di filiera (artt. 9-10 d.lgs. 102/2005) e dalla cosiddetta “filiera corta la distanza va misurata in linea d’aria tra l’impianto di produzione dell’energia elettrica e i confini amministrativi del comune in cui ricade la produzione della biomassa individuato sulla base della tabella 2 allegata al cit. d.m. Occorre che in seguito a domanda del produttore il GSE (gestore servizi energetici) qualifichi l’impianto come IAF (impianto alimentato a fonti rinnovabili), trasmettendo poi specifica d ocumentazione (secondo le forniture). L’art. 45 titolato “Abolizione obbligo di ritiro dell'eccesso di offerta di certificati verdi”del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” così recitava “1. L'articolo 2, comma 149, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 e l'articolo 15, comma 1, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 18 dicembre 2008 sono soppressi”. In pratica con questa disposizione, sopprimendo i predetti articoli veniva meno l'obbligo per il GSE (Gestore Servizi Energetici), previsto in via transitoria, di ritirare i certificati verdi in eccesso di offerta ad un costo storico (media ultimi tre anni). Ciò significava che, a fronte di un eccesso di offerta i cer tificati venivano comunque acquistati dal GSE garantendo l’equilibrio nel mercato dei certificati verdi (soprattutto ove il mercato presenti un eccesso di questi ultimi, come avviene all’attuale) ovvero la sostenibilità dell’investimento al produttore dell’energia rinnovabile, e prima ancora alla cosiddetta “bancabilità” dell’iniziativa (per cui le banche potrebbero voler far “rientrare” i loro finanziamenti). Eliminando questo sistema verrebbero così a compromettersi le iniziative di produzione di energia da fonti rinnovabili, poiché – in buona sostanza – verrebbe meno la finanziabilità e la sostenibilità (nel tempo) dell’investimento. A livello “macro” eliminando questa voce di costo, si prevedeva un “risparmio” stimabile tra i 500 e i 600 milioni di euro annui. Va rammentato come, per la nuova direttiva 2009/28/Ce (come notato in via di recepimento) dovrà essere calcolata precisamente la sostenibilità basata sulla performance ambientale di ogni tipologia di biomassa che svincola il legislatore dalla necessità di porre limiti sulla lunghezza della filiera di approvvigionamento. Ora, il nuovo art. 45 stabilisce che l'importo complessivo derivante dal ritiro, da parte del GSE, dei certificati verdi debba essere inferiore del 30 per cento rispetto a quello relativo alle competenze dell'anno 2010, prevedendo, inoltre, che almeno 1'80 per cento di tale riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso. Più esattamente, l'articolo 45 del decreto legge cit. viene or a sostituito dal seguente: “Art. 45. - (Disposizioni in materia di certificati verdi e di convenzioni CIP6/92). - 1. Le risorse derivanti dalle risoluzioni anticipate delle convenzioni CIP6/92 relative alle fonti assimilate alle fonti rinnovabili, disposte con decreti del Ministro dello sviluppo economico ai sensi dell'articolo 30, comma 20, della legge 23 luglio 2009, n. 99, intese come differenza tra gli oneri che si realizzerebbero nei casi in cui non si risolvano le medesime convenzioni e quelli da liquidare ai produttori aderenti alla risoluzione, sono versate all'entrata per essere riassegnate ad apposito fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca finalizzato ad interventi nel settore della ricerca e dell'università. La ripartizione delle risorse a favore dei predetti interventi è ; effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze all'esito dell'approvazione della riforma organica del settore universitario, escludendo la destinazione per spese continuative di personale ed assicurando comunque l'assenza di effetti sui saldi di finanza pubblica.
2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro novanta giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti criteri e modalità per la quantificazione delle risorse derivanti dal comma 1.
3. All'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dopo il comma 149 è inserito il seguente:
«149-bis. Al fine di contenere gli oneri generali di sistema gravanti sulla spesa energetica di famiglie ed imprese e di promuovere le fonti rinnovabili che maggiormente contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi europei, coerentemente con l'attuazione della direttiva 2009/28/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro il 31 dicembre 2010, si assicura che l'importo complessivo derivante dal ritiro, da parte del GSE, dei certificati verdi di cui al comma 149, a decorrere dalle competenze dell'anno 2011, sia inferiore del 30 per cento rispetto a quello relativo alle competenze dell'anno 2010, prevedendo che almeno 1'80 per cento di tale riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso»”. Anche qui la tematica abbisogna di chiarificazioni e di approfondimenti con riscrittura di taluni decreti complementari o attuativi che siano.

Va evidenziato il comma 33 dell’art. 14 sulla vexata quaestio della natura non tributaria della tariffa per la gestione dei rifiuti (ex Tarsu, poi art. 49 del d.lGs. 22/1997 ss.mm. e ii., attuato, nel metodo c.d. “normalizzato” dal d.P.R. n.158/1999, ora “nuova” tariffa di cui all’art. 238 – con la complicanza della “ulteriore” tariffa di cui all’art. 195, comma 2, lett. e) ‑ del d.lgs. 152/2006 ss.mm. e ii., ma non ancora attuata) ovvero quale norma interpretativa della natura della tariffa de qua. L’art. 14 è titolato “Patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali”. Il comma 33 così recita “Le disposizioni di cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria”. Secondo quanto emerso nei lavori della Commissione competente “La finalità della norma non è quindi quella di dirimere le possibili controversie originanti dalla citata giurisprudenza, ma quella di creare le premesse per consentire un avvio ordinato della nuova tariffa integrata ambientale, essendo venuto a maturazione il termine che consente ai comuni di adottare la predetta tariffa pur in assenza del regolamento attuativo dell'articolo 238”. L’affermazione, per vero, risulta essere un impasto di “politichese” e di (ci sia consentito) superficialità giuridica La maturazione del termine è una chimera se si guarda a tutte le disposizioni (nelle leggi finanziarie) succedutesi dal 2006 ad oggi e pure dalla prassi e orientamenti nel frattempo manifestati da vari organi. L’avvio della tariffa ex art. 238 cit. d.lgs. è poi una barzelletta (non solo giuridica, ma di vera e propria sostanza, almeno per chi conosce la materia e la sua applicazione tecnico-economica, non parolaia) in assenza della regolamentazione attuativa, ma pure degli “errori” di coordinamento tra varie disposizioni (per esempio, ancora, l’art.195, comma 2, lett. e), e l’art. 238). Il fatto poi di limitarsi, disinvoltamente e semplicisticamente, ad affermare che la tariffa non avrebbe natura tributaria (considerando l’impianto dell’art. 238 d.lgs. 152/200 6, ma fors’anche per l’art. 49 del d.lgs. 22/1997) corroborando tale “scelta” (che poi diventa implosiva) con l’elemento della giurisdizione ordinaria (con una bella capriola all’indietro rispetto ai recenti approdi, non solo giurisprudenziali) è una scorciatoia che procurerà molti guai agli enti locali, con l’unico vantaggio di tamponare (all’attuale) le richieste di rimborso dell’Iva da parte degli assoggettati-tariffati e di spostare in avanti il problema (e le sue conseguenze non tanto giuridiche, quanto gestionali e applicative).

Legge 19 luglio 2010, n. 111 recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 maggio 2010, n. 72, recante misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di CO2” (in Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 167 del 20 luglio 2010).
Si prevede (meglio: legittima ex post) lo slittamento dei termini (tardivo) per l’invio del “nuovo” Mud (Modello unico di dichiarazione ambientale – soprattutto di denuncia dei rifiuti - relativi all’esercizio 2009) attraverso una fonte primaria. Com’è noto si tratta della sostituzione del modello di dichiarazione di cui al d.P.C.M. 2 dicembre 2008, ovvero il suo “aggiornamento” “in modo da adeguare e coordinare le modalità dei assolvimento degli obblighi di dichiarazione e di comunicazione annuale in materia di rifiuti prodotti e gestiti con la sopravvenuta normativa di riferimento in tema di tracciabilità dei rifiuti, anche per consentire il tempestivo avvio degli adempimenti necessari per attuare le nuove disposizioni” (1). Nell& rsquo;approssimarsi del termine di scadenza di presentazione del Mud (al 30 aprile 2010) si era quindi ipotizzato uno slittamento della scadenza al 30 giugno 2010 al fine di consentire agli operatori interessati (tra i quali i comuni) di fare affidamento sulla nuova modulistica (resesi, come dianzi notato, necessaria) e di organizzarsi, per tempo, in merito. Il Governo sembrava voler inserire una previsione ad hoc in sede di conversione del decreto legge 25.3.2010, n.40 recante “disposizioni tributarie e finanziarie urgenti in materia di contrasto alle frodi fiscali, di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un fondo per incentivi e sostegno alla domanda in particolari settori” meglio noto come decreto cosiddetto “incentivi”.Però (come evincibile dal res oconto parlamentare della riunione, svoltasi in data 28 aprile 2010, delle commissioni VI e X – riunite- della Camera) le proposte emendative venivano considerate (anche in seguito alla valutazione espressa dalla Presidenza della Camera) “inammissibili” e quindi veniva meno l’ipotesi della loro ripresentazione, di talché il Governo ha dovuto ricorrere all’emanazione di un decreto del presidente del Consiglio datato 27 aprile 2010 (!). recante “Modifiche al Modello unico di dichiarazione ambientale (MUD)”, immediatamente pubblicato sulla G.U. n. 98 del 28 aprile 2010 (suppl. ordinario n. 80) il cui modello (in allegato) (presentante alcuni vizi (2) e che ricalca - nei contenuti e nella forma - il “vecchio modello” del 2002, integrato con le regole per la comunicaz ione annuale da parte dei Gestori di RAEE - Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche - e dei Produttori di AEE - Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche - ). La nuova disposizione normativa del 27 aprile (pubblicata il giorno seguente) - che sembra essere venuta nella effettiva conoscenza degli operatori del settore solamente nella giornata del 29 aprile - di fatto ha creato sconcerto e non poche (invero giustificate) lamentazioni in capo ai soggetti tenuti alla presentazione del Mud ( che, si ripete, aveva scadenza al 30 aprile). Il prefato d.P.C.M. è da considerarsi illegittimo, poiché la legge 25 gennaio 1994, n. 70 (come modificata dalla legge 23 marzo 2001, n. 93 (3)) recante “Norme per la semplificazione degli adempimenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica, nonch&eacut e; per l'attuazione del sistema di ecogestione e di audit ambientale” al comma 2-bis dell’art.6 (disposizioni transitorie) stabilisce che “qualora si renda necessario apportare,nell’anno successivo a quello di riferimento, modifiche ed integrazioni al modello unico di dichiarazione ambientale, le predette modifiche ed integrazioni sono disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro la data del 1° marzo; in tale ipotesi, il termine per la presentazione del modello è fissato in centoventi giorni a decorrere dalla data di pubblicazione del predetto decreto”. E, poiché la pubblicazione delle “modifiche ed integrazioni” al Mud è avvenuta il 28 aprile (a due giorni dalla scadenza di presentazione) il vizio di legittimità è qu i palese.
Ai soggetti obbligati al Mud, ormai “disperati” si profilavano dunque due percorsi:

a.     di rispettare il termine del 30 aprile 2010, presentando un Mud erroneo o incompleto, stante – come notato – l’impossibilità di effettuare una redazione “corretta” dello stesso (per vari motivi: non tanto la tirannia temporale, quanto quello della obiettiva indisponibilità di una modellistica “nuova”, dell’assenza dei software da parte degli uffici camerali, ecc.);

b.     di “prendere tempo” presentando tardivamente, ovvero dopo il termine del 30 aprile, e comunque entro 60 giorni dalla scadenza (quindi entro il 30 giugno) il Mud in attesa di eventuali chiarimenti e/o novellazioni in merito.

Il tam-tam informale e via web delle imprese assoggettate al Mud propendeva per la seconda opzione, considerata la differenza delle sanzioni previste in conseguenza dei due diversi comportamenti:

a.     nel primo caso – di presentazione del Mud incompleto o riportante indicazioni non corrette, oppure la mancata presentazione successivamente al 30 giugno – la sanzione da 2.600 euro a 15.500 euro;

b.     nel secondo caso – presentazione tardiva, entro il 30 giugno 2010 – la sanzione da euro 26 a euro 160 (4).

Diventava quindi inevitabile il ricorso ad un altro decreto-legge – da assumersi entro il termine di scadenza del 30 aprile 2010 – col quale prorogare il termine di presentazione del Mud al 30 giugno 2010, anche per “sanare” le dichiarazioni nel frattempo già solertemente presentate, ma col modello precedente.
In effetti, solamente con un provvedimento legislativo primario (quale il decreto legge) poteva porre rimedio al “pasticcio” del succitato provvedimento (d.P.C.M. e quindi normativa qui avente natura regolamentare, secondaria) oltre alla situazione venutasi a creare. E così, in extremis, nella seduta n. 91 del 30 aprile 2010, il Consiglio dei Ministri ha adottato il tanto invocato decreto-legge riguardante “Misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di CO2 (5)“. Inoltre, nella Gazzetta Ufficiale del 30 aprile veniva pubblicato un comunicato del Ministero dell’Ambiente di errata corrige relativo all’erronea m odulistica (6). Conclusivamente, la conversione della disposizione in parola, era assolutamente indispensabile a….. “sanatoria”!

Decreto Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 9 luglio 2010 recante “Modifiche ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009, recante l'istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009” (in Gazzetta Ufficiale n. 161 del 13 luglio 2010).
Come noto, il provvedimento fa slittare l'operatività del Sistri al 1° ottobre 2010 e i termini per il ritiro dei dispositivi usb e l’installazione delle black box al 12 settembre 2010, operando modifiche, tra altro, in tema di esenzione dall'iscrizione delle associazioni senza scopo di lucro e di aziende agricole per le quali gli adempimenti possono essere delegati alle associazioni di categoria rappresentative. Dopo il gran vociferare su di una ennesima proroga all’ avvio del Sistri, si è sono recentemente svolti vari incontri e convegni sul tema, talvolta con la partecipazione di autorevoli rappresentanti del Ministero e dell’albo nazionale gestori ambientali, i quali ultimi hanno sempre ribadito come non vi saranno proroghe per l’avvio del Sistri. Epperò, dopo quanto sembra emergere dall’esit o dei test, le preoccupazioni non sono venute meno, e, francamente non si sa più cosa pensare. Se poi consideriamo che le sanzioni Sistri sono contenute nell’anzidetto testo di proposta del d.lgs. di recepimento alla direttiva 2008/98/Ce – ovvero riguardante buona parte del titolo quarto del d.lgs. 152/2006 – che presumibilmente sarà formalmente in vigore non prima di metà ottobre, allora una proroga del Sistri pare inevitabile. Ove si intenda inserire una proroga del Sistri in questa sede (cioè nel d.lgs. di recepimento della direttiva 2008/98/Ce) il medesimo testo normativo dovrebbe nuovamente tornare allo esame delle commissioni competenti e poi passare all’approvazione del Consiglio dei Ministri, ecc. … il che pare essere davvero improbabile. È forse da attendersi, in una sorta di “giallo” mozzafi ato (come è avvenuto per la vicenda dell’ultimo Mud) che entro il mese di settembre esca un altro decreto ministeriale (ci auguriamo almeno,ci si passi il termine… “testunificante” le disposizioni emanate coi precedenti tre d.m. fino ad oggi pubblicati sul Sistri) col quale venga disposta la ulteriore proroga. Invero, la (da moltissimi invocata, se non implorata) proroga probabilmente, considerando le problematiche concrete emerse (tra altro, al momento in cui si scrive, non completamento delle consegne e dell’installazione di kit e di dispositivi, difficoltà software del Sistri, casistiche gestionali non coperte dal Sistri, natura del sistema, eccetera) potrà forse essere (a questo punto auspicabilmente) inserita in questo “nuovo” d.m. Ma siamo alle congetture, quando invece gli operatori – gi&agrav e; disperati dal mercato in crisi e da altre questioni – vorrebbero un po’ di certezza e di buon senso.

Decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 recante “Attuazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria ambiente e per un aria più pulita in Europa” (in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 15 settembre 2010) in vigore dal 30 settembre 2010. Si tratta, solo per dare una sintetica informazione della novità legislativa, di un intervento normativo finalizzato alla tutela della “aria ambiente” che alla lett. a) dell’art. 2 viene definita come “l'aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di quella presente nei luoghi di lavoro definiti dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. Altre interessanti definizioni sono (lett. b)) di & ldquo; inquinante: qualsiasi sostanza presente nell'aria ambiente che può avere effetti dannosi sulla salute umana o sull'ambiente nel suo complesso”. Il d.lgs. 13.8.2010, n. 155 non interviene direttamente sul d.lgs. 152/2006, pur abrogando diversi altri d.lgs. tra i quali ricordiamo il 351/1999 (sulla qualità dell'aria), il d.lgs. 183/2004 (sull'ozono), il d.lgs. 152/2007 (arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel idrocarburi policiclici aromatici). Vengono previsti sistemi di valutazione e di gestione della qualità dell'aria la quale dovrà rispettare standard qualitativi elevati ed omogenei e basarsi su sistemi di acquisizione, trasmissione e messa a disposizione dei dati e delle informazioni relativi alla valutazione della qualità dell'aria ambiente, il tutto in modo da rispondere alle esigenze di tempestività della conosce nza da parte di tutte le amministrazioni interessate e della collettività. Occorre però zonizzare il territorio (art. 3, il quale al comma 1 stabilisce che “L'intero territorio nazionale è suddiviso in zone e agglomerati (art. 4) da classificare ai fini della valutazione della qualità dell'aria ambiente”), operando una classificazione delle zone e degli agglomerati urbani, entro i quali sarà misurata la qualità dell'aria per ciascun inquinante (biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo e PM10; arsenico, cadmio, nichel e benzo(a)pirene). Nelle tabelle allegate vengono riportati, per ogni inquinante: valori limite, livelli critici, soglie di allarme e soglie di informazione. Superati questi livelli poiché vi sarebbe un rischio per la salute umana, anche per una breve esposizione da pa rte di taluni soggetti “sensibili”, tanto che vengono previsti anche provvedimenti di urgenza. L’art. 10 “Piani per la riduzione del rischio di superamento dei valori limite, dei valori obiettivo e delle soglie di allarme” prevede che “1. Le regioni e le province autonome adottano piani d'azione nei quali si prevedono gli interventi da attuare nel breve termine per i casi in cui insorga, presso una zona o un agglomerato, il rischio che i livelli degli inquinanti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, superino le soglie di allarme previste all'allegato XII. In caso di rischio di superamento delle soglie di allarme di cui all'allegato XII, paragrafo 2, i piani d'azione sono adottati se, alla luce delle condizioni geografiche, meteorologiche ed economiche, la durata o la gravità del rischio o la possibilità di ridurlo risultano, sull a base di un'apposita istruttoria, significative. 2. Le regioni e le province autonome possono adottare piani d'azione nei quali si prevedono gli interventi da attuare nel breve termine per i casi in cui insorga, presso una zona o un agglomerato, il rischio che i livelli degli inquinanti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, superino i valori limite o i valori obiettivo previsti dagli allegati VII e XI. All'adozione si procede nel caso in cui sia possibile individuare le situazioni previste al comma 3. 3. Nei casi previsti al comma 2 i piani d'azione hanno ad oggetto specifiche circostanze contingenti, non aventi carattere strutturale o ricorrente, che possono causare un superamento o che possono pregiudicare il processo di raggiungimento dei valori limite o di perseguimento dei valori obiettivo e che, per effetto di tale natura, non sono prevedibili e contrastabili attraverso i piani e le misure di cui agli articoli 9 e 13. 4. Gli interventi previsti nei piani d'azione sono diretti a ridurre il rischio o a limitare la durata del superamento. I piani d'azione possono prevedere, se necessario per le finalità di legge, interventi finalizzati a limitare oppure a sospendere le attività che contribuiscono all'insorgenza del rischio di superamento dei valori limite, dei valori obiettivo e delle soglie di allarme. Gli indirizzi formulati dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 24 della direttiva 2008/50/Ce integrano i requisiti previsti dal presente articolo per l'adozione dei piani d'azione. 5. Le regioni e le province autonome che adottano un piano d'azione mettono a disposizione del pubblico, nei modi previsti all'articolo 18, le informazioni relative ai risultati dell'istruttoria svolta circa la fattibilità del piano e le informazioni relative ai contenuti ed all'attuazione del piano. Nel pubblico sono inclusi i soggetti previsti all'articolo 18, comma 4. 6. Ai fini dell'elaborazione e dell'attuazione dei piani previsti dal presente articolo si applica l'articolo 9, comma 7”.
Gli obblighi previsti dal d.lgs. 155/2010 riguardano le regioni e gli enti locali delegati, e le Arpa. Tutti i previgenti provvedimenti di zonizzazione e di classificazione, la rete di misura, i piani e le misure di qualità dell'aria dovranno essere adeguati altrimenti in capo si prefati soggetti potranno essere eventuali finanziamenti o benefici disposti dal Ministero dell’ambiente.

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(1) Così nel testo del d.P.C.M. del 27 aprile 2010.
(2) Sui quali si rinvia all’apposito intervento nella rubrica “Speciale Ambiente” di maggio 2010.
(3) Avente ad oggetto “Disposizioni in campo ambientale”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2001.
(4) Si veda il comma 1 dell’art. 258 (Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari) del d.lgs. 152 del 2006 ove: “I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro”.
(5) Queste ultime, come leggibile dal comunicato inserito nel sito governativo “al fine di tutelare le regole della concorrenza” prevedendo “misure per l’assegnazione di quote di emissione di CO2 ad operatori energetici ed industriali, per impianti entrati in funzione dopo l’adozione del Piano nazionale di assegnazione (PNA) delle quote medesime per il periodo 2008-2012. La norma risolve il grave problema dell’insufficienza delle quote oggi disponibili per soddisfare le richieste di assegnazione presentate da operatori energetici ed industriali per impianti entrati in funzione dopo l’adozione del Piano”. In effetti la “riserva nuovi entranti” di 21,7 milioni di tonnellate di CO2 copre soltanto gli impianti avviati fino al mese di aprile 2009.
(6)Nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri citato in epigrafe, pubblicato nel supplemento ordinario n. 80 alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 98, del 28 aprile 2010, dopo gli allegati di cui a pagina 48, in luogo della scheda SCS2, riportata alla pagina 49, devono intendersi riportate le schede relative al capitolo 1: SCS1, SCS2, SA1, SA2, CS, RIF, RT, RE, DR, TE, MG, ART. 191, RU, RST, DRU, CG, MDCR, INT, UO, UD, SMAT, STIP, SRIU. Inoltre, in luogo della scheda MG-VEIC, riportata alla pagina 50, devono intendersi riportate le schede relative al capitolo 2: SA1-VEIC, SA2-VEIC, AUT, ROT, FRA, RT-VEIC, DR-VEIC, TE-VEIC, MG-VEIC, di seguito riportate” ….