Cass. Sez. III n. 26532 del 2 luglio 2008 (Ud 21 mag 2008)
Pres. Grassi Est. Sarno Ric. Calderone
Acque. Effluenti da allevamento
Il DLvo 4/2008 innovando sensibilmente la precedente disciplina, parifica oramai, senza possibilità di limitazioni, alle acque reflue domestiche le acque reflue provenienti dall\'attività di allevamento del bestiame. La modifica normativa operata, comportando il venire meno della "connessione funzionale dell\'allevamento con la coltivazione della terra" e dei criteri di individuazione di tale connessione capovolge sostanzialmente i termini della questione rispetto alla disciplina regolata dal DLvo 152/06. Mentre, infatti, con la situazione normativa pregressa le acque reflue provenienti da una attività di allevamento del bestiame andavano considerate, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, come acque reflue industriali, e solo eccezionalmente potevano essere assimilate, ai detti fini, alle acque reflue domestiche qualora fosse dimostrata la presenza delle condizioni indicate ora, per effetto della caducazione indicata, l\'assimilazione prevista al comma 7 dell\'art. 101 delle acque reflue domestiche a quelle provenienti da imprese dedite all\'allevamento di bestiame, diviene la regola. Per effetto di tali modifiche si deve ritenere, pertanto, oramai di regola sanzionato solo in via amministrativa, ai sensi dell\'art. 133 co. 2 DLvo 152/06 lo scarico senza autorizzazione degli effl1uenti di allevamento. L\'unica eccezione rimane dunque quella - richiamata ad excludendum dal comma 7 dell\'art. 101 - dell\'art. 112 DLvo 152/06 che regola l\'utilizzazione agronomica. Posto dunque che l\'utilizzazione agronomica, se in linea con la normativa vigente, anche in passato era da considerare legittima e non rientrava quindi in alcuna delle fattispecie sanzionatorie dell\'art. 137 DLvo 152/06, si deve ora ritenere che per effetto del combinato delle disposizioni degli artt. 101 co. 7, 112 e 137 co. 14 del DLvo 152/06 (che, invece, non ha subito modifiche) nel caso di gestione degli effluenti di allevamento, continua a mantenere rilevanza penale la sola utilizzazione agronomica - così come definita dall\'art. 74 lett p) - nelle ipotesi in cui la stessa avvenga al di fuori dei casi o dei limiti consentiti
Con la sentenza in epigrafe la corte di appello di Messina confermava la decisione del tribunale di Barcellona P.G. che in data 28 ottobre 2005 aveva condannato Calderone Antonino alla pena di euro 4.000 di ammenda, con i doppi benefici, per il reato di cui all’art. 59 D.L.vo 152/99 per avere, in qualità di titolare di azienda zootecnica, effettuato scarichi di acque reflue industriali - liquami zootecnici - senza autorizzazione; fatto accertato in Barcellona P.G. il 21 febbraio 2002.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’imputato eccependo:
1) violazione ed erronea interpretazione dell’art. 59 D.L.vo 152/99 non essendovi prova che i liquidi scaricati nel ruscello adiacente all’azienda fossero liquami provenienti da quest’ultima;
2) travisamento del fatto e violazione ed erronea interpretazione degli artt. 28 e 59 D.L.vo 152/99 non potendosi definire industriali i reflui provenienti dall’attività zootecnica rientranti nella previsione dell’art. 28 citato;
3) violazione dell’art. 157 cod. pen. in quanto, il reato doveva ritenersi già prescritto all’atto della decisione di appello, avendo natura istantanea e, comunque, avendo il consulente del PM accertato nella consulenza depositata alla data del 6 maggio 2002 che non esistevano in atto scarichi abusivi;
4) violazione dell’art. 190 cpp non essendo stata raggiunta la prova inconfutabile che il signor Calderone era il titolare o gestore dell’azienda zootecnica.
Motivi della decisione
In via preliminare si deve osservare che il reato sarebbe comunque prescritto alla luce delle precisazioni del consulente del PM correttamente citate dal ricorrente.
Occorre tuttavia verificare se non ricorrano nella specie le condizioni indicate dall’art. 129 cpp.
Al riguardo rileva il Collegio che alla luce delle modifiche introdotte con il D.L.vo n. 4/2008 deve essere esclusa la sussistenza del reato.
Il D.L.vo 4/2008 sopprimendo all’art. 101 co. 7 lett. b) del D.L.vo 152/06 le parole “che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l’utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all’art. 112, comma 2 e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella tabella 6 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto” e, quindi, innovando sensibilmente la precedente disciplina, parifica oramai, senza possibilità di limitazioni, alle acque reflue domestiche le acque reflue provenienti dall’attività di allevamento del bestiame.
La modifica normativa operata, comportando il venire meno della “connessione funzionale dell’allevamento con la coltivazione della terra” e dei criteri di individuazione di tale connessione, capovolge sostanzialmente i termini della questione rispetto alla disciplina regolata dal D.L.vo 152/06.
Mentre, infatti, con la situazione normativa pregressa, così come rilevato da questa Corte, le acque reflue provenienti da una attività di allevamento del bestiame andavano considerate, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, come acque reflue industriali, e solo eccezionalmente potevano essere assimilate, ai detti fini, alle acque reflue domestiche qualora fosse dimostrata la presenza delle condizioni indicate dal D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 28, comma 7, lett. b), - poi art. 101 co. 7 D.L.vo 152/06 -, ossia quando vi era la prova della connessione del terreno agricolo con le attività di allevamento (così Sez. 3, n. 4500 del 17 novembre 2005 Rv. 233283); ora, per effetto della caducazione indicata, l’assimilazione prevista al comma 7 dell’art. 101 delle acque reflue domestiche a quelle provenienti da imprese dedite all’allevamento di bestiame, diviene la regola.
Recita infatti, ora il comma 7 dell’art. 101 D.L.vo per effetto delle modifiche introdotte dal D.L.vo 4/2008, “Salvo quanto previsto dall’art. 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue: ... provenienti da imprese dedite all’allevamento di bestiame.”
Per effetto di tali modifiche si deve ritenere, pertanto, oramai di regola sanzionato solo in via amministrativa, ai sensi dell’art. 133 co. 2 D.L.vo 1 52/06, lo scarico senza autorizzazione degli effluenti di allevamento.
L’unica eccezione rimane dunque quella - richiamata ad excludendum dal comma 7 dell’art. 101 - dell’art. 112 D.L.vo 152/06 che regola l’utilizzazione agronomica.
Posto dunque che l’utilizzazione agronomica, se in linea con la normativa vigente, anche in passato era da considerare legittima e non rientrava quindi in alcuna delle fattispecie sanzionatorie dell’art. 137 D.L.vo 152/06, si deve ora ritenere che per effetto del combinato delle disposizioni degli artt. 101 co. 7, 112 e 137 co. 14 del D.L.vo 152/06 (che, invece, non ha subito modifiche) nel caso di gestione degli effluenti di allevamento, continua a mantenere rilevanza penale la sola utilizzazione agronomica - così come definita dall’art. 74 lett. p) - nelle ipotesi in cui la stessa avvenga al di fuori dei casi o dei limiti consentiti.
Il che non risulta essere avvenuto nella specie.
La sentenza impugnata, di conseguenza, deve essere annullata perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato e gli atti, a mente dell’art. 135 D.L.vo 152/06, vanno trasmessi alla Regione Siciliana per i profili di competenza.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’imputato eccependo:
1) violazione ed erronea interpretazione dell’art. 59 D.L.vo 152/99 non essendovi prova che i liquidi scaricati nel ruscello adiacente all’azienda fossero liquami provenienti da quest’ultima;
2) travisamento del fatto e violazione ed erronea interpretazione degli artt. 28 e 59 D.L.vo 152/99 non potendosi definire industriali i reflui provenienti dall’attività zootecnica rientranti nella previsione dell’art. 28 citato;
3) violazione dell’art. 157 cod. pen. in quanto, il reato doveva ritenersi già prescritto all’atto della decisione di appello, avendo natura istantanea e, comunque, avendo il consulente del PM accertato nella consulenza depositata alla data del 6 maggio 2002 che non esistevano in atto scarichi abusivi;
4) violazione dell’art. 190 cpp non essendo stata raggiunta la prova inconfutabile che il signor Calderone era il titolare o gestore dell’azienda zootecnica.
Motivi della decisione
In via preliminare si deve osservare che il reato sarebbe comunque prescritto alla luce delle precisazioni del consulente del PM correttamente citate dal ricorrente.
Occorre tuttavia verificare se non ricorrano nella specie le condizioni indicate dall’art. 129 cpp.
Al riguardo rileva il Collegio che alla luce delle modifiche introdotte con il D.L.vo n. 4/2008 deve essere esclusa la sussistenza del reato.
Il D.L.vo 4/2008 sopprimendo all’art. 101 co. 7 lett. b) del D.L.vo 152/06 le parole “che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l’utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all’art. 112, comma 2 e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella tabella 6 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto” e, quindi, innovando sensibilmente la precedente disciplina, parifica oramai, senza possibilità di limitazioni, alle acque reflue domestiche le acque reflue provenienti dall’attività di allevamento del bestiame.
La modifica normativa operata, comportando il venire meno della “connessione funzionale dell’allevamento con la coltivazione della terra” e dei criteri di individuazione di tale connessione, capovolge sostanzialmente i termini della questione rispetto alla disciplina regolata dal D.L.vo 152/06.
Mentre, infatti, con la situazione normativa pregressa, così come rilevato da questa Corte, le acque reflue provenienti da una attività di allevamento del bestiame andavano considerate, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, come acque reflue industriali, e solo eccezionalmente potevano essere assimilate, ai detti fini, alle acque reflue domestiche qualora fosse dimostrata la presenza delle condizioni indicate dal D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 28, comma 7, lett. b), - poi art. 101 co. 7 D.L.vo 152/06 -, ossia quando vi era la prova della connessione del terreno agricolo con le attività di allevamento (così Sez. 3, n. 4500 del 17 novembre 2005 Rv. 233283); ora, per effetto della caducazione indicata, l’assimilazione prevista al comma 7 dell’art. 101 delle acque reflue domestiche a quelle provenienti da imprese dedite all’allevamento di bestiame, diviene la regola.
Recita infatti, ora il comma 7 dell’art. 101 D.L.vo per effetto delle modifiche introdotte dal D.L.vo 4/2008, “Salvo quanto previsto dall’art. 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue: ... provenienti da imprese dedite all’allevamento di bestiame.”
Per effetto di tali modifiche si deve ritenere, pertanto, oramai di regola sanzionato solo in via amministrativa, ai sensi dell’art. 133 co. 2 D.L.vo 1 52/06, lo scarico senza autorizzazione degli effluenti di allevamento.
L’unica eccezione rimane dunque quella - richiamata ad excludendum dal comma 7 dell’art. 101 - dell’art. 112 D.L.vo 152/06 che regola l’utilizzazione agronomica.
Posto dunque che l’utilizzazione agronomica, se in linea con la normativa vigente, anche in passato era da considerare legittima e non rientrava quindi in alcuna delle fattispecie sanzionatorie dell’art. 137 D.L.vo 152/06, si deve ora ritenere che per effetto del combinato delle disposizioni degli artt. 101 co. 7, 112 e 137 co. 14 del D.L.vo 152/06 (che, invece, non ha subito modifiche) nel caso di gestione degli effluenti di allevamento, continua a mantenere rilevanza penale la sola utilizzazione agronomica - così come definita dall’art. 74 lett. p) - nelle ipotesi in cui la stessa avvenga al di fuori dei casi o dei limiti consentiti.
Il che non risulta essere avvenuto nella specie.
La sentenza impugnata, di conseguenza, deve essere annullata perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato e gli atti, a mente dell’art. 135 D.L.vo 152/06, vanno trasmessi alla Regione Siciliana per i profili di competenza.