Cass. Sez. III n.41850 del 7 novembre 2008 (Ud. 30 set. 2008)
Pres. De Maio Est. Marmo Ric. Margarito ed altro
Acque. Natura dei reflui

Rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità necessariamente legate alla composizione chimico fisica diverse da quelle proprie delle acque metaboliche domestiche, mentre rientrano nelle acque domestiche tutti i reflui derivanti da attività che attengono strettamente alla coabitazione ed alla convivenza delle persone.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 30/09/2008
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 01944
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARMO Margherita - rel. Consigliere - N. 017349/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MARGARITO COSIMO, N. IL 10/05/1964;
2) PERSANO ANTONIO, N. IL 21/07/1964;
avverso SENTENZA del 27/09/2007 TRIB.SEZ.DIST. di CAMPI SALENTINA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. MARMO MARGHERITA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. MELONI Vittorio, che ha concluso per l\'annullamento senza rinvio perché il fatto non costituisce reato; in subordine per prescrizione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Persano Antonio e Cosimo Margarito, con decreto di giudizio immediato, venivano tratti dinanzi al Tribunale di Lecce per rispondere del reato di cui all\'art. 110 c.p., D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lettera a), perché, il primo nella qualità di amministratore della s.r.l. Centro Sportivo "Le Rene", ed il secondo in qualità di proprietario del fondo su cui era stato realizzato l\'impianto sportivo, effettuavano attività illecita di smaltimento di rifiuti, e precisamente di acque reflue contaminate fecalmente nella privata proprietà di Salvatore Perrone.
Il Tribunale, dopo aver riqualificato il fatto come attività di scarico ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 1, applicato il più mite trattamento sanzionatorio di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 59 in vigore al momento dell\'accertamento, concesse ad entrambi gli imputati le attenuanti generiche, condannava ciascuno alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda.
Hanno proposto ricorso per Cassazione entrambi gli imputati chiedendo l\'annullamento della sentenza impugnata per il motivo che sarà nel prosieguo analiticamente esaminato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico articolato motivo i ricorrenti lamentano la violazione di legge per errata applicazione del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 2, comma 1, lettere g) ed h), (così come confluito nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 74, comma 1, lettera g) e del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 59, (così come confluito nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 1).
Deducono gli imputati che il giudice di merito aveva ritenuto sussistente il reato loro contestato, avendo erroneamente equiparato le acque provenienti dalle docce e dai servizi igienici del Centro Sportivo "Le Rene" ai reflui industriali.
Il giudice di merito aveva quindi disatteso il dettato del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 2, comma 1, lettera g) confluito nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 74 che definisce acque reflue domestiche "le acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche".
Rilevano i ricorrenti che, secondo la normativa sulle acque, sono definite acque reflue industriali qualsiasi tipo di acque provenienti da edifici o da installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e dalle meteoriche di dilavamento. Conseguentemente, deducono gli imputati, le acque rilasciate dalle docce e dai soli servizi igienici di un centro sportivo devono essere qualificate come acque reflue domestiche, posto che tali acque di scarico sono derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e comunque possono essere senz\'altro equiparate ad acque derivanti da attività domestiche.
Precisano in proposito gli imputati che il centro sportivo di loro proprietà svolge attività meramente sportiva legata ai campi di calcetto e di tennis, sicché lo scarico è relativo soltanto alle acque che derivano dalle docce e dai servizi igienici, non essendovi alcuna altra attività commerciale che produca scarichi di altre sostanze, inquinanti o meno. Rileva il Collegio che il motivo è fondato.
Il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 2, nella definizione riprodotta nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 74, che quindi si pone in continuità normativa con la prima legge, abrogata dall\'art. 175, comma 1 lettera b, della seconda, definisce le acque reflue domestiche come le "acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche".
Come ha precisato questa Corte, (v. per tutte Cass. pen. sez. 3, sent. 24 ottobre 2002, n. 42932, Barattoni), "nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche". Deve quindi concludersi che rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità necessariamente legate alla composizione chimico fisica diverse da quelle proprie delle acque metaboliche domestiche, mentre rientrano nelle acque domestiche tutti i reflui derivanti da attività che attengono strettamente alla coabitazione ed alla convivenza delle persone.
È in proposito opportuno precisare che il citato D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 2, lettera g) (integralmente riportato nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 74, lett. g), definisce come acque domestiche anche quelle derivanti da servizi, purché siano provenienti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche.
Non esiste quindi, come sembra invece ritenere la sentenza impugnata, un automatico collegamento tra attività produttiva di beni e servizi e natura di acque reflue industriali delle acque di scarico provenienti dal luogo ove si esercita tale attività. Nel caso in esame lo scarico oggetto del capo di imputazione è relativo soltanto alle acque che derivano dalle docce e dai servizi igienici dei campi di calcetto e di tennis, non risultando la presenza di alcuna altra attività (ad esempio gestione di una piscina) idonea a produrre scarichi di altre sostanze, inquinanti o meno (es. cloro).
Pertanto, considerato che le acque derivanti dallo scarico di docce e servizi non sono diverse da quelle che comunemente vengono scaricate dalle abitazioni civili e che quindi, alla luce della normativa sopra esposta, vanno qualificate come acque provenienti dal metabolismo umano o, come detto, da attività domestica, deve escludersi la sussistenza stessa del fatto reato in capo ai ricorrenti. Va quindi annullata, senza rinvio, la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2008