Abstract
Premesso
che il campo elettromagnetico dipende dalla frequenza con
la quale gli impulsi elettrici vengono trasmessi, ne consegue che, a
seconda dell'intensità della frequenza (alta o bassa), è possibile distinguere
tra campi elettromagnetici ad alta frequenza (tra 30 kHz e 300 GHz) nei quali
rientrano le radiofrequenze e campi a bassa frequenza (tra 30 e 300 Hz) in cui
rientrano le linee di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica. Scopo
della presente ricerca è stato quello di indagare sull'inquinamento da "elettrodotti" che, ex art. 3 della legge n. 36/2001,
consistono: "nell'insieme delle linee
elettriche, delle sottostazioni e delle cabine di trasformazione".
Il
filo conduttore della ricerca è stato il rapporto "elettrodotti
- salute", essendo il diritto alla salute, insieme a quello della
salvaguardia dell'ambiente, l'aspetto che maggiormente rileva in tema di
inquinamento elettromagnetico.
A
tale scopo nel capitolo iniziale (cap.1) è stato dato ampio spazio alle
premesse scientifiche, presupposto essenziale per chi, come il giurista, si
accosta allo studio di un fenomeno fisico senza essere dotato della competenza
tecnica necessaria. Particolare rilievo rivestono gli studi epidemiologici che
finora hanno negato l'idoneità astratta delle radiazioni elettromagnetiche a
costituire pericolo per la salute pubblica in relazione agli effetti a lungo
termine. Per quanto riguarda gli effetti a breve termine,
il recepimento è stato effettuato con il D.P.C.M. 23 aprile 1992, che
fissa all'art. 4 "limiti di
esposizione" volti alla tutela della salute e
all'art. 5 "distanze di sicurezza"
che hanno lo scopo di garantire il rispetto
dei parametri fissati
dall'art. 4. Il decreto in questione rappresenta il primo intervento
normativo nazionale (di natura secondaria) volto a regolare gli aspetti sanitari
legati all'esercizio dell'energia elettrica (si veda il cap.2).
Nel
capitolo finale (cap. 3) si procede ad esporre come la tutela della salute sia
stata garantita in sede di giurisdizione amministrativa, civile e penale e di
come sia stata recepita dalla recente legge quadro sull'inquinamento
elettromagnetico, di cui rappresenta la finalità principale. Si procede di
seguito ad un raffronto tra le diverse finalità prospettate dalla legge
all'art.1, in
cui è esposta la "ratio legis" : l'attuazione del principio di precauzione e la tutela
di ambiente e paesaggio.
Nelle valutazioni conclusive si è cercato di prendere in esame un caso concreto (Scuola Elementare "Arrigo Boito" di Ponte nelle Alpi-Belluno), considerandolo alla luce degli elementi raccolti nel corso della ricerca e cercando di riportare a concretezza le argomentazioni teoriche precedentemente esposte.
I N D I C E
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Premessa |
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1. Fonti di esposizione |
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2.3. Rilievi critici di natura extragiuridica e giuridica |
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CAP. 1: ASPETTI SCIENTIFICI |
PREMESSA
Il tema dell’inquinamento elettromagnetico ai giorni nostri è una tematica attuale e molto dibattuta, anche a causa della massiccia opera divulgativa svolta dai principali mezzi di informazione che lo classificano come "elettrosmog", usando un comune neologismo di origine giornalistica.
Durante l’indagine conoscitiva da me condotta, mi sono spesso imbattuta nella celebre affermazione di Einstein, secondo il quale:"…i campi elettromagnetici sono più reali della sedia su cui ci si accomoda" e tale affermazione induce a pensare che l’esistenza del fenomeno fisico non è scoperta recente. Allo stato attuale infatti, oggetto di indagine non è tanto il fenomeno in se stesso, quanto i futuri risvolti dello stesso in termini di possibile danno alla salute per i soggetti esposti.
L’elettrosmog è diventato un nodo cruciale della politica ambientale in seguito alla diffusione della percezione del rischio a livello sociale, alimentata da un’ancora scarsa conoscenza dello stesso e dall’impossibilità di captarlo tramite i sensi, azionando un conseguente meccanismo di difesa.
L’inquinamento elettromagnetico si può definire come "un’artificiale alterazione dell’ecosistema naturale", dovuta all’esistenza di campi elettromagnetici generati da radiazioni ionizzanti o non ionizzanti.1
Le radiazioni ionizzanti
A differenza di queste ultime le radiazioni non ionizzanti
Si parla di effetto come del risultato di un’interazione tra le forze dei campi elettrico e magnetico e le cariche e correnti elettriche presenti nei tessuti di un organismo biologico immerso in essi.
Un campo elettromagnetico
Premesso che "campo3" è una Regione di spazio in cui si manifesta l’influenza di fenomeni come la gravitazione o l’elettromagnetismo, si può definire campo elettrico quella Regione di spazio in cui particelle, elettricamente cariche, denominate "ioni" sono sottoposte ad una forza attrattiva o repulsiva più o meno intensa ed è creato dalla sola presenza della carica elettrica (tensione). Il campo magnetico è una Regione di spazio in cui dipoli magnetici sono sottoposti ad un "momento", vale a dire ad una coppia di forze capaci di determinare un moto di rotazione ed è creato dal movimento delle cariche elettriche (corrente); inoltre è a sua volta in grado di generare campi elettrici indotti, causando il passaggio di corrente nei materiali conduttori .
Le differenze sostanziali fra fenomeni di natura elettrica e magnetica possono essere riassunte nella seguente tabella:
CAMPI ELETTRICI |
CAMPI MAGNETICI |
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Tabella 1(Da: Istituto Trentino di Cultura, Campi elettrici e magnetici associati all’uso di energia elettrica, 1998)
Anche il sole e la terra sono sorgenti di campi elettromagnetici. Nel sole le onde elettromagnetiche vengono prodotte dalle reazioni di fusione nucleare dell’idrogeno, mentre i campi magnetici terrestri sono generati dalle correnti elettriche che scorrono all’interno del nucleo fuso della terra.
Anche nei tessuti biologici animali e vegetali scorrono continuamente delle correnti biochimiche, collegate ad importanti funzioni fisiologiche del sistema nervoso centrale e periferico, del sistema cardiocircolatorio e dell’apparato locomotore.
Ciò che contraddistingue questi campi elettromagnetici derivanti da sorgenti naturali, è che non inducono correnti negli oggetti che "attraversano"; infatti vengono anche denominati "campi statici".
I campi elettromagnetici hanno proprietà distinte in base alla "frequenza4" che consiste nel numero di oscillazioni che passano per un punto nell’unità di tempo e si misura in Hertz (Hz), cioè in cicli al secondo e si distinguono in campi a bassa (da 0 Hz a 10 KHz) ed alta frequenza (da 10 KHz a 300 GHz).
Considerando che la "lunghezza d’onda" è la distanza percorsa dall’onda nel tempo di un’oscillazione, possiamo dire che le due grandezze sono inversamente proporzionali; infatti tanto minore è la lunghezza d’onda (quindi la distanza tra un’onda e l’altra), quanto maggiore è la frequenza e conseguentemente la quantità di energia associata al campo. Energia dell’onda e frequenza sono quindi direttamente proporzionali dato che l’onda è costituita da "fotoni", ciascuno portatore di una piccola quantità di energia (più alta è la frequenza, maggiore è la quantità di energia di ogni fotone) .
Oggetto di questa ricerca sono i campi elettromagnetici
generati da elettrodotti, classificati come onde elettromagnetiche a bassa frequenza
A tali valori di frequenza i campi elettrico e magnetico costituiscono due entità fisiche ben distinte, al contrario di quanto avviene a frequenze superiori; sarebbe quindi più corretto parlare di campi elettrici e magnetici , piuttosto che di campi elettromagnetici.
FONTI DI ESPOSIZIONE
Qualsiasi apparecchio alimentato ad energia elettrica genera campi elettrici e magnetici5: il rasoio elettrico, l’aspirapolvere, l’asciugacapelli, la radio, il ferro da stiro e gli altri elettrodomestici di uso Comune nelle abitazioni e sul luogo di lavoro sono responsabili del cosiddetto "inquinamento indoor".
Le altre sorgenti ELF sono collegate al sistema per il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica e sono quelle che ci soffermeremo ora ad analizzare.
L’elettricità viene prodotta trasformando, per mezzo di centrali elettriche, altre forme di energia derivanti da fonti naturali rinnovabili (idrica, geotermica, solare, eolica, biomasse) o non rinnovabili (carbone, petrolio, gas naturale, etc.).
L’ENEL, azienda produttrice di energia elettrica su territorio nazionale, si avvale essenzialmente di due tipologie di centrali: quelle termoelettriche e quelle idroelettriche.
Considerato che il reperimento delle fonti di energia non segue la dislocazione dei centri abitati, nei quali avviene la fruizione dell’elettricità da esse generata, si rende necessario l’approntamento di un sistema organizzato di trasmissione a distanza e di distribuzione capillare agli utenti; è per questo che le linee elettriche si possono classificare in linee di trasmissione e linee di distribuzione.
Nelle linee di trasmissione rientrano gli elettrodotti ad altissima tensione (380 kV),6 che servono per il trasporto dell’energia a grande distanza, dato che permettono di contenere le perdite dovute al cosiddetto "effetto Joule7" (perdita di energia causata dal calore che produce la corrente attraversando il conduttore) e quelli ad alta tensione (220-132 kV), utilizzati per il trasporto dell’energia dalle centrali di produzione alle stazioni di trasformazione o direttamente alle grandi utenze.
Le linee di distribuzione comprendono invece i centri di trasformazione (sottostazioni o cabine elettriche) che riducono la tensione delle linee elettriche a livelli compatibili con la distribuzione alla utenze finali.
Il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica in Italia avviene principalmente attraverso linee elettriche aeree, costituite da fasci di conduttori sostenuti da appositi sostegni verticali.
I "conduttori8" sono insiemi di fili metallici (di rame o alluminio) intrecciati e ricoperti da una serie di guaine (isolanti e/o conduttrici), Comunemente chiamati "cavi".
Ciò che interessa ai fini della presente analisi sono le conseguenze sanitarie associabili alle linee elettriche.
Per quanto concerne i cavi aerei, desta una certa preoccupazione il fatto che essi producono ioni, ovvero particelle cariche che hanno il potere di aggregarsi al "particolato" e agli agenti inquinanti presenti nell’aria, che a loro volta si depositano sulla pelle o vengono inalati, fissandosi sui polmoni.
I campi elettrici e magnetici generati da elettrodotti, come già detto in precedenza, si comportano come agenti fisici separati alle basse frequenze. La tabella che segue permette una comparazione tra i due:9
CAMPI ELETTRICI |
CAMPI MAGNETICI |
1. L’intensità dipende dalla tensione della linea (sono direttamente proporzionali), dalla distanza e dall’altezza dei conduttori (inversamente proporzionali), dalla disposizione dei conduttori (terna doppia o multipla) |
1. L’intensità dipende dall’entità delle correnti che circolano nei conduttori, dalla distanza, dall’altezza e dalla disposizione dei conduttori e dall’ordine delle fasi (per le linee con più terne) |
2. Il campo elettrico al suolo è ridotto dall’effetto schermante di alberi, edifici, recinti, etc. |
2. Il campo magnetico non è schermato da oggetti o edifici presenti nelle vicinanze. |
3. Le tensioni sono fisse, perciò anche i livelli di campo elettrico sono stabili nel tempo. |
3. L’intensità di corrente varia nel corso della giornata a seconda della richiesta, perciò i livelli di campo magnetico sono variabili (i valori minimi si raggiungono durante le ore notturne). |
STUDI EPIDEMIOLOGICI
Gli scienziati si servono di un tipo di ricerca denominato "epidemiologia10" per studiare i possibili effetti sulla popolazione dovuti ai CEM. Lo studio segue la procedura del "caso-controllo", che consiste nel costituire una lista di soggetti affetti dalla malattia che si intende indagare (casi) e un’ulteriore lista di soggetti con caratteristiche analoghe, ma che non hanno sviluppato la malattia in questione (controlli); infine si confronta la frequenza dell’esposizione di un certo agente nei casi e nei controlli.
Un limite di questo metodo è rappresentato dai "fattori di confondimento (confounders)", cioè agenti nocivi che contribuiscono allo sviluppo della malattia, ma che niente hanno a che vedere con l’oggetto dell’indagine. Altro limite consiste nel fatto che una correlazione di tipo statistico non implica necessariamente una relazione di tipo causa-effetto. A ciò si aggiunga che i risultati degli studi epidemiologici sono espressi tramite il cosiddetto "rischio relativo", cioè il rapporto tra i soggetti appartenenti ad una categoria di esposizione e quelli appartenenti ad una categoria di esposizione inferiore, trascurando l’esistenza di una "esposizione soggiacente" ed incognita per ognuna delle due categorie, capace di smentire i risultati ottenuti. Consideriamo infine che, soprattutto per quanto riguarda gli effetti cronici nocivi dei C.E.M.B.F., i tempi di latenza sono lunghi, le differenze con patologie correlate minime e i tempi di esposizione non ben documentabili.
Ciò detto, aggiungiamo che, per valutare l’attendibilità di uno studio epidemiologico, è necessario attenersi ad alcuni parametri di riferimento (criteri di Hill ),11 che procediamo ad elencare:
significatività statistica
consistenza tra studi diversi
esistenza di una relazione dose-risposta
evidenza di laboratorio (esperimenti in vitro ed in vivo)
plausibilità biologica
Le prime segnalazioni sui C.E.M.B.F., come fenomeni meritevoli di attenzione scientifica, si riscontrano già negli anni '60, su segnalazione di Autori sovietici12, ma è solo dall’inizio degli anni '70 che diventano oggetto di crescente interesse scientifico.
Gli studi condotti in questi anni hanno riscontrato sul piano degli effetti biologici, che le radiazioni ionizzanti penetrano nei tessuti ad una profondità che è inversa alla frequenza per cui, alle basse frequenze, l’effetto termico diminuisce. Questo tipo di correnti (dei C.E.M.. a 50 Hz) sono troppo deboli per penetrare nelle membrane delle cellule, perciò si instaurano tra le cellule stesse, che rispondono alle correnti indotte nel corpo dai C.E.M. come ad un segnale, nonostante esse siano meno intense di quelle già presenti nel corpo e generate dall’attività cerebrale o cardiaca.
Tuttavia un effetto biologico non comporta necessariamente un danno, che si verifica solo quando l’effetto biologico supera la capacità di compensazione dell’organismo.
Gli effetti generati dai C.E.M.B.F. si distinguono in acuti, per i quali è indubbio il rapporto causa-effetto, connotati da immediatezza ed oggettività: formicolio cutaneo, fastidio, lampi luminosi (sopra i 10mT con 10Hz), blocco di funzionamento dei "pace-maker" e cronici, cui non corrisponde un danno certo, ma bensì un "rischio", intendendo con esso la possibilità (o probabilità) di subire un danno da un pericolo particolare. Attualmente sono gli effetti cronici ad essere oggetto degli studi epidemiologici volti ad indagare l’esistenza di un nesso causale tra C.E.M.B.F. e danni alla salute umana. In relazione a questi ultimi i risultati delle indagini hanno riscontrato danni a carico del sistema riproduttivo, delle reazioni comportamentali e neurologiche, fino all’induzione di neoplasie maligne.
Il primo studio a ricercare una correlazione tra linee di trasmissione e cancro fu condotto nel 1979 a Denver da Nancy Wertheimer e Ed Leeper, i quali rilevarono che per i bambini morti di cancro c’era una probabilità di due o tre volte superiore di aver abitato in un raggio di 40 metri dalle linee dell’alta corrente, rispetto ai casi degli altri bambini. Per stimare i valori di campo si considerarono dimensione e numero dei fili della linea di trasmissione e la distanza tra la linea stessa e la casa.
Nella tabelle in allegato (allegato I) vengono riportati i principali studi sul cancro condotti su persone residenti vicino ad elettrodotti14.
In Italia C. Maltoni (direttore dell’Istituto di oncologia " F. Addari " di Bologna) e M. Soffritti nel 1991 portarono a termine un’analisi comparata tra indagini epidemiologiche relative a bambini ed adulti in condizioni ambientali generiche e professionali, giungendo ad accertare l’esistenza di un rapporto di causalità tra esposizione a campi elettromagnetici e neoplasie.
Oltre alle indagini citate, ne sono state condotte altre miranti ad una sempre maggior precisione quanto a metodi di esecuzione e di valutazione dei risultati.
Tra i risultati delle indagini si è riscontrato che, come risulta da un primo confronto tra le tabelle, i bambini sono i soggetti più colpiti da leucemie. Una possibile spiegazione di questo allarmante segnale è riscontrabile, considerando l’altezza dal pavimento come fattore determinante nella valutazione dell’esposizione personale. è stato sperimentato infatti, che l’induzione magnetica in una stanza varia a seconda del punto in cui si misura. I risultati delle valutazioni condotte ad un metro d’altezza aumentano anche del doppio se effettuate a 50 cm.; quindi le valutazioni a metri uno d’altezza potrebbero non rappresentare in modo reale l’esposizione per i bambini15.
I risultati degli studi hanno indotto a pensare che i campi a frequenze estremamente basse condizionino alcuni fenomeni biologici pertinenti alle dinamiche della carcinogenesi, come l’inibizione della sintesi notturna della "melatonina16", ormone con provate proprietà oncostatiche, perdita delle potenzialità distruttive dei "linfociti T" nei confronti delle cellule cancerogene e influenza diretta sul cervello, all’interno del quale sarebbero presenti dei "cristalli di magnetite", dotati di conduttività metallica e quindi di forza attrattiva nei confronti delle radiazioni.
Tutti gli autori concordano sul fatto che eventuali effetti sulla salute dei campi a bassa frequenza siano da attribuire alla componente magnetica del campo e che si possa riconoscere un ruolo di promozione delle patologie neoplastiche, qualora la patologia stessa sia già stata generata da un altro fattore scatenante.
Per concludere la nostra rassegna sui risultati degli studi epidemiologici, segnaliamo il Rapporto ISTISAN del 1995 in cui si ammette che :" il quadro emergente dalla letteratura scientifica esaminata depone nel complesso a favore di una associazione positiva tra esposizione a campi a 50/60 Hz e leucemia infantile"17, anche se all’epoca l’Istituto Superiore di Sanità si dimostrava ancora piuttosto dubbioso in merito al rapporto causale attribuito ai C.E.M.B.F. nei confronti delle patologie cancerose. Nel rapporto viene inoltre indicato il limite oltre il quale si verifica un aumento del rischio di leucemia infantile nel valore di 0,2 microTesla.
Infine è importante citare i risultati della ricerca condotta dal National Institute of Enviromental Sciences (NIEHS) degli Stati Uniti. In un documento pubblicato nel settembre 1998, adotta la classificazione
dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) che classifica gli agenti cancerogeni in cinque gruppi distinti, basandosi sulla sola evidenza epidemiologica :
Gruppo 1 L’agente è cancerogeno per l’uomo
Gruppo 2A L’agente è probabilmente cancerogeno per l’uomo
Gruppo 2B L’agente è possibilmente cancerogeno per l’uomo
Gruppo 3 L’agente non è classificabile quanto alla sua cancerogenicità
Gruppo 4 L’agente è probabilmente non cancerogeno per l’uomo
In base alla classificazione IARC, gli ELF sono stati definiti come possibili, ma non probabili cancerogeni (gruppo 2B), dato che non esistono studi "in vitro" che possano confermare i risultati raggiunti dagli studi epidemiologici sulla nostra specie, né un modello sperimentale capace di spiegare il meccanismo biologico scatenante il cancro.
3. PERCEZIONE DEL RISCHIO E RISPOSTA DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI
Gli effetti derivanti da esposizione a campi elettromagnetici coinvolgono la sfera del diritto alla salute, diritto soggettivo intangibile, assoluto e costituzionalmente garantito, codificato all’art. 32 della Carta Costituzionale.
Dato che viene coinvolto un diritto di così ampia portata, non è sufficiente limitarsi a considerare i risultati raggiunti in ambito scientifico inerenti alla possibile lesione del diritto in oggetto ad opera delle radiazioni non ionizzanti. A fronte di risultati ancora incerti e di posizioni altalenanti e spesso contrapposte degli studi di settore, è importante considerare la percezione a livello sociale del rischio stesso. Non essendo sufficiente limitarsi ad una strategia di identificazione in termini scientifici, si pone per il legislatore anche il problema dell’accettabilità del rischio commisurata all’utilità sociale.
La percezione del rischio nel contesto sociale viene influenzata da una scarsa conoscenza del fenomeno dal punto di vista tecnico–scientifico (che impedisce di ottenere consapevolezza in merito ad una corretta ed obbiettiva portata dello stesso), dall’atteggiamento psicologico indotto dall’impatto emotivo legato alla minaccia di possibili danni alla popolazione infantile e da una strategia comunicativa messa in atto dai "media" e attuata in chiave allarmistica e sensazionalistica, infine dalla natura stessa dell’inquinamento elettromagnetico difficilmente controllabile i cui effetti non sono solo immediati, ma in grado di manifestarsi dopo un notevole lasso di tempo. Compito degli organi politici è prestare attenzione alle esigenze del contesto sociale di cui si fanno portavoce, dimostrare una strategia di gestione dei rischio basata sulla prudenza e non asservita agli interessi di parte, al fine di combattere quel diffuso senso di sfiducia che serpeggia nell’opinione pubblica quando si tratta di tutelare interessi diffusi.
Il ruolo del legislatore è quello di chi media tra opposte esigenze, bilanciando i valori costituzionali coinvolti e traducendo i dati scientifici in proposizioni normative; è frutto di un tentativo in questa direzione la legge quadro 22 febbraio 2001, n. 3619, che rappresenta il primo tentativo a livello statale ed europeo di disciplinare il settore dell’inquinamento elettromagnetico.
La Legge si propone di regolare sia le alte che le basse frequenze e proprio in tema di basse frequenze (che costituiscono oggetto della presente analisi) si rende necessario fare chiarezza nel capitolo che segue sugli antecedenti normativi del provvedimento in oggetto.
CAP. 2: INTERVENTI NORMATIVI IN TEMA DI BASSE FREQUENZE E TUTELA DELLA SALUTE
1. AMBITO COMUNITARIO
ED INTERNAZIONALE
Sebbene in ambito Comunitario non siano tuttora presenti atti normativi vincolanti per gli Stati membri in materia di esposizione all’inquinamento elettromagnetico negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno, fin dai primi anni novanta la Comunità è intervenuta in quest’ambito adottando direttive riguardanti la protezione dei lavoratori professionalmente esposti alle radiazioni non ionizzanti.
Per quanto concerne l’esposizione residenziale ai campi elettromagnetici e la tutela della salute, si segnala la Risoluzione del Parlamento europeo del 5 maggio 199420 "Sulla lotta contro gli inconvenienti provocati dalle radiazioni non – ionizzanti", in cui il Parlamento si rivolge al Consiglio e alla Commissione invocando :
una politica preventiva a livello legislativo e tecnologico improntata sulla "minimizzazione del rischio";
la conformità al "principio A.L.A.R.A." (As Low As Reasonably Achievable) elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in base al quale bisogna fissare il limite di sicurezza in relazione ad un agente nocivo, al livello più basso ragionevolmente possibile;
Più recentemente le Comunità Europee, si sono occupate dei possibili rischi per la salute derivanti dall’esposizione a C.E.M., con una Proposta di Raccomandazione del Consiglio, sulla esposizione del pubblico ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz, presentata alla Commissione in data 11 giugno 1998. Al fine della presente indagine è utile analizzare il paragrafo relativo agli "Effetti sulla salute dei campi variabili nel tempo a frequenze inferiori a 100 Hz"; al terzo capoverso infatti si legge che i dati epidemiologici indicano un rischio leggermente maggiore di ammalarsi di leucemia, per i bambini che vivono in prossimità delle linee ad alta tensione; non sembrerebbe invece rilevabile un incremento del rischio di ammalarsi di nessun altro tipo di cancro infantile o nell'adulto. Rimane tuttora sconosciuta l'origine causale del legame tra leucemie infantili e vicinanza alle linee dell'alta tensione. In seguito, nel 1999, il Consiglio d’Europa ha emanato una Raccomandazione relativa alla limitazione dell’esposizione del pubblico a campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz21, adottata sulla base del "Progetto CEM" e sui dati scientifici forniti dalla Commissione ICNIRP, che riguarda i soli cittadini esposti ad ambienti diversi da quelli lavorativi.
La "raccomandazione" non ha, per definizione, natura vincolante, ma mira piuttosto ad improntare la politica degli Stati membri ad un sistema di tutela uniforme in ambito Comunitario.
Sul fronte della tutela alla salute, inoltre, si limita a considerare gli effetti acuti (a breve termine), i soli per i quali le indagini scientifiche hanno riscontrato un nesso causale certo.
Un segnale positivo è rappresentato dall’affermazione della necessità di rivedere periodicamente la posizione della Comunità in concomitanza con le nuove conoscenze e gli sviluppi del settore tecnologico.
Ad ogni Stato, infine, è lasciata la facoltà di predisporre un regime di tutela più elevato.
1.1. Organismi scientifici internazionali
In ambito internazionale merita menzione il "Progetto CEM" nato nel 1996 su iniziativa dell’OMS, con l’intenzione di diventare un punto d’incontro tra i vari studi scientifici di settore, elaborando sulla base di questi delle norme-guida volte a limitare i rischi sanitari derivanti dall’esposizione ai campi elettrici nell’intervallo di frequenze da 0 Hz a 300 GHz22.
La durata prevista per il progetto è di cinque anni e l’attività si realizza ad opera di una Comitato Consultivo, formato dai rappresentati di sette organizzazioni internazionali23, attraverso incontri periodici volti a valutare i dati più attendibili a livello scientifico e pubblicando poi i risultati sulla rivista internazionale "Environmental Health Criteria".
Del progetto CEM fanno parte anche alcuni membri dell’ICNIRP (International Commission Non Ionizing Radiation Committee), subentrato all’INIRC (International Non Ionizing Radiation Committee), comitato nato in seno all’IRPA (International Radiation Protection Association), che nel 1998 ha emanato alcune linee guida per la limitazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici, in ambiente di vita e di lavoro, fino a 300 GHz.
Altro organismo internazionale è il CENELEC (Comitè Européen de Normalisation Electrotechnique), che raggruppa i comitati elettrotecnici di diversi paesi europei, compresa l’Italia. Anche il CENELEC ha adottato delle linee guida coerenti con quelle dell’ICNIRP, riguardanti sia le basse che le alte frequenze.
2. AMBITO STATALE
Il primo atto normativo emanato dallo Stato Italiano in materia di protezione dalle radiazioni non-ionizzanti è il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 1992, recante " Limiti massimi di esposizione al campo elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno"24. In precedenza nessun provvedimento normativo, che avesse regolamentato l’attività di produzione e trasporto dell’energia elettrica, aveva mai affrontato il profilo della rilevanza sanitaria inerente alle radiazioni prodotte da campi elettrici e magnetici a frequenza industriale (elettrodotti).
Il fondamento di questo atto amministrativo a contenuto regolamentare si rinviene nell’art. 4, comma 2 della legge 23 dicembre 1978, n.833 (istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale), che prevede la fissazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della Sanità, sentito il Consiglio Sanitario Nazionale, dei "limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinanti di natura chimica, fisica, e biologica e delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e nell’ambiente esterno", e nell’ art. 2, comma 14 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (istitutiva del Ministero dell’Ambiente), che conferisce al Ministro dell’Ambiente, di concerto con il Ministro della Sanità, il potere di proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri i limiti massimi di accettabilità delle emissioni elettromagnetiche nell’ambiente abitativo e nell’ambiente esterno. I valori recepiti sono il linea con le indicazioni fornite da IRPA e INIRC25 nel 1990 e poi confermate dall’ICNIRP nel maggio 1993.
Con il decreto in oggetto non si attua però quella svolta che tanto si era attesa , in parte per problemi di coerenza interna, in parte per il contrasto con la normativa regionale.
2.1. Precedenti normativi al D.P.C.M. 23 aprile 1992
La normativa tecnica in materia di elettrodotti concernente la progettazione, costruzione ed esercizio degli stessi, trova fondamento nel r.d. 25 novembre 1940, n. 1969, cui si sostituiscono dapprima la L. 13 dicembre 1964, n. 1341 (Sulla costruzione di linee aeree elettriche esterne) con il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 21 giugno 1968, n.1062) e, in seguito, la L.28 giugno 1986, n. 339 (Nuove norme per la disciplina della costruzione e dell’esercizio di linee elettriche aeree esterne) con il decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 21 marzo 1988 (Approvazione delle relative norme tecniche), integrato a sua volta dal decreto ministeriale 16 gennaio 1991.
La L. n. 339 del 1986 abroga la L. n. 1341 del 1964 e si propone la duplice finalità di garantire la sicurezza e stabilità delle strutture e di evitare pericoli per la pubblica incolumità, valori tradizionalmente salvaguardati dalle normative tecniche di sicurezza degli impianti.
Le norme tecniche, aggiornate a cura del Comitato Elettrotecnico Italiano, vengono emanate con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 21 marzo 1988. Il suddetto decreto riveste particolare importanza perché al Capitolo II: "Esecuzione delle linee aeree" si trova la disciplina delle distanze di rispetto di conduttori e sostegni dal terreno e da fabbricati ed altre opere, variabili in relazione alla tensione della linea.
Ulteriori modifiche sono state apportate ad opera del decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 16 gennaio 1991 che per la prima volta fa menzione di possibili effetti sulla salute derivanti da campi elettromagnetici prodotti dalle linee elettriche aeree26.
2.2. La disciplina prevista dal D.P.C.M. 23 aprile 1992
L’ambito di applicazione del decreto viene limitato dall’art. 1 del testo normativo, all’ambiente esterno ed abitativo, con esclusione delle esposizioni professionali sul luogo di lavoro e di quelle intenzionali per scopi diagnostici e terapeutici.
Nell’art. 4 è contenuta la previsione fondamentale dell’intero provvedimento, concernente i limiti di esposizione, distinti a seconda che si tratti di "aree o ambienti in cui si possa ragionevolmente attendere che individui della popolazione possano trascorrere una parte significativa della giornata", per cui sono previsti limiti di 5 kV/m per l’intensità elettrica e 0,1 milliTesla (100 microTesla) per l’induzione magnetica ed aree per cui "l’esposizione sia ragionevolmente limitata a poche ore al giorno", per cui sono previsti valori di 10 kV/m ed 1 milliTesla (1000 microTesla).
L’art. 5 riguarda in particolare modo gli elettrodotti, la principale fonte di inquinamento a bassa frequenza e prevede delle distanze di rispetto degli elettrodotti da "fabbricati adibiti ad abitazione od altra attività che comporta tempi di permanenza prolungati" più restrittive di quelle del d.m. 16 gennaio 1991 (132 kV> 10 metri dagli edifici, 220 kV > 18 metri, 380 kV > 28 metri).
Per quanto concerne il regime autorizzatorio, l’art. 6 fa salvo il regime preesistente, basato sul r.d. 1775/1933 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), cui si sovrappone la L. 9 gennaio 1991, n.9 (Norme per l’attuazione del nuovo Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali).
All’art. 7 sono previsti i piani di risanamento degli elettrodotti non a norma , da terminare entro il 31 dicembre 2004.
Infine, l’art. 8 prevede la costituzione di una "Commissione tecnico-scientifica", composta da rappresentanti del Ministero dell’Ambiente, dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, della Sanità, dell’ENEL, dell’ENEA, dell’Istituto Superiore della Sanità e dell’ISPESL, con competenza in materia di aggiornamento normativo e di tematiche igienico- sanitarie.
2.3. Rilievi critici di natura extragiuridica e giuridica
Sotto il profilo extragiuridico vengono mosse alla disciplina delle distanze di cui all’art.5 diverse obiezioni che spaziano dal profilo tecnologico a quello ambientale, fino a quello economico e sanitario.
In tutti i paesi in cui sono definiti limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, questi sono espressi in termini di campo e non di distanze, la determinazione delle quali è rimessa alla normativa tecnica di settore.
Focalizzare gli interventi volti alla tutela del profilo sanitario sull’aspetto delle distanze, sul piano tecnologico potrebbe frustrare la ricerca di nuove tecnologie capaci di ridurre le emissioni derivanti da elettrodotti e aumenterebbe inoltre, sotto il profilo ambientale, l’impatto visivo dell’elettrodotto, in seguito all’infittimento e all’innalzamento dei sostegni e all’ampliamento delle porzioni di territorio sottoposte a vincolo di soggezione all’elettrodotto.
Si rende inoltre necessario considerare il costo economico di un risanamento di vaste proporzioni, non controbilanciato da un effettivo vantaggio in termini di sicurezza per la salute, dato che gli studi IRPA / ICNIRP del gennaio 1990 non hanno riscontrato alcuna rilevante associazione tra campi elettrici e magnetici e salute umana.
Sotto il profilo giuridico, sono rilevabili i seguenti profili di incoerenza interna27 e sistematica:
1. se si assume come riferimento per la tutela da C.E.M. il parametro della distanza anziché quello dei limiti di esposizione , la disciplina non può limitarsi ai soli elettrodotti (come invece avviene nel D.P.C.M.);
2. le distanze previste dall’art. 5 non costituiscono una trasposizione dei limiti di cui all’ art. 4, ma presuppongono dei limiti assai più restrittivi, non conformi ai medesimi assunti scientifici (incoerenza interna);
3. le norme di legge su cui si fonda il D.P.C.M. (art. 4 della legge n.833 del 1978 e art. 2, comma 14 della legge n. 349 del 1986), consentirebbero di fissare solo limiti di esposizione, non anche distanze di rispetto, la cui fissazione è rimessa alla normativa tecnica di settore (Decreto del Ministro dei lavori pubblici 16 gennaio 1991), che prevede delle distanze inferiori a quelle dell’art. 5 (incoerenza sistematica);
Un’autorevole dottrina28 suggerisce di superare lo iato tra art. 4 e
art. 5, considerando l’art. 5 come indicativo di distanze di sicurezza volte a garantire il rispetto dei limiti di cui all’art. 4, i soli realmente inderogabili alla luce della suddetta interpretazione. A supporto di tale tesi si segnala una sentenza del T.A.R. Toscana, del 3 novembre 1998, n. 52329, in cui si sostiene che le distanze indicate nell'art. 5 del D.P.C.M. 23 aprile 1992, non sono fissate con l'intento di garantire la tutela sanitaria, ma costituiscono invece un valido strumento per far rispettare i limiti fissati dall'art. 4. Al contrario, qualora si considerasse l’art. 5 come prescrittivo di distanze minime inderogabili, sarebbe sollevabile una cesura di illegittimità nei confronti dello stesso, per contraddittorietà con l’art. 4. A tale proposito è significativa la sentenza del T.A.R. Toscana, n. 1066 del 1 dicembre 199830, nella parte in cui si afferma che il vincolo di inedificabilità assoluta, posto dall'art. 5 del D.P.C.M. 23 aprile 1992 all'interno della fascia di rispetto degli elettrodotti, è illegittimo nella misura in cui entra in contraddizione con i limiti posti dall'art. 4 dello stesso decreto, gli unici legittimati in tal senso. Seguendo questa prospettiva, si superano anche i problemi interpretativi inerenti alle azioni di risanamento previste dall’art. 7 "…nei tratti di linee elettriche esistenti dove non risultano rispettati i limiti di cui all’art. 4 e le condizioni di cui all’art. 5 …", per le quali non è necessario che entrambi i presupposti si verifichino congiuntamente; è quindi sufficiente la violazione dei soli limiti , ma non la violazione delle sole distanze.
A questa posizione, si contrappone, tuttavia, quella di altra autorevole dottrina31 che, facendo perno sul dato strettamente testuale, sostiene come nel testo del provvedimento non si accenni alla distinzione per cui la sola violazione dei