Relazioni Penali della Corte di Cassazione n. 2011-2004

PESCA - MARITTIMA -
Pesca dei datteri di mare - Reato di cui all\'art. 15 lett. c) della legge n. 963 del 1965 - Configurabilita\' - Contrasto potenziale di giurisprudenza.
Testo del Documento
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Ufficio del Massimario e del RuoloServizio Penale
Relazione per le Sezioni Unite penali
(Udienza 28 aprile 2004)
Rel. n. 11/2004
Ric: Kokoshi Robert
Reg. Gen. n. 6762/2003
OGGETTO: 581004 Pesca - Marittima - Pesca dei datteri di mare -
Reato di cui all\'art. 15 lett. c) della legge n. 963 del 1965 -
Configurabilita\' - Contrasto potenziale di giurisprudenza.
Rif. Norm.: Legge 14 luglio 1965 n. 963, artt. 15, 24 e 32
Legge 25 agosto 1988 n. 381, art. 5
D.P.R. 2 ottobre 1968 n. 1639
Legge 17 febbraio 1982 n. 41
.
S O M M A R I O
1. Svolgimento del processo e motivi del ricorso
2. L\' ordinanza di rimessione
3. Questione
4. Riferimenti normativi
5. Premessa
6. Giurisprudenza
7. Dottrina
8. Allegati
1. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DEL RICORSO
Con sentenza n. 447 del 9 dicembre 2002 del Tribunale di Lecce,
KOKOSHI Roberto veniva dichiarato colpevole del reato di cui
all\'art. 15 lett. c) legge 14 luglio 1965 n. 963, per avere pescato
Kg. 7,770 di datteri di mare, sul presupposto dell\'esistenza del
divieto di loro cattura ai sensi del decreto Ministeriale n. 401 del
1988 e successive modificazioni.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l\'imputato
ai sensi dell\'art. 606, comma 1 lett. c) ed e) c.p.p. deducendo:
- la mancata notifica al difensore nominato del decreto di citazione
a giudizio (ma tale motivo e\' stato giudicato infondato per tabulas
dalla sezione remittente, sul rilievo che dagli atti del fascicolo
processuale risulta che l\'indagato benche\' avvisato della facolta\'
di nomina del difensore non se ne sia avvalso, con conseguente
nomina di un difensore di ufficio, al quale e\' stata regolarmente
notificata copia del decreto di citazione a giudizio);
- la violazione di legge per essere stata ravvisata l\'ipotesi
contravvenzionale di cui alla citata lett. c) dell\'art. 15 in luogo
dell\'illecito amministrativo configurato nella precedente lett. a)
dello stesso articolo, sul rilievo che la reiterazione dei decreti
ministeriali contenenti il divieto di pesca dei cd. datteri di mare
avrebbe introdotto un regime stabile con violazione del principio
della riserva di legge, lamentando che il fine di tutela
dell\'ambiente marino potrebbe costituire giustificazione della
normativa solo de iure condendo;
- l\'omessa indicazione nella decisione impugnata del decreto
ministeriale in vigore, sulla base del quale si e\' ritenuto
sussistente il divieto di pesca in questione (il capo di imputazione
testualmente recita: "ai sensi del D.M. n. 401/88 e successive
modificazioni").
La Sezione III della Corte, alla quale risultava assegnato ratione
materiae il ricorso in questione, articolava una serie di
riflessioni (di cui in seguito), sulla necessita\' di rivalutare la
pregressa giurisprudenza della stessa Sezione, che si era
manifestata in tre decisioni, la prima del 21 aprile 1993, la
seconda del 21 novembre 1998 e la terza del 7 novembre 2000, nelle
quali non era stata posta in dubbio la collocazione della condotta
de qua nell\'ipotesi di cui all\'art. 15, lett. c) della legge n. 963
del 1965, e conseguentemente, onde vedere risolto un potenziale
contrasto di giurisprudenza, con ordinanza n. 16 adottata nella
pubblica udienza del 15 gennaio 2004 e depositata in data 11
febbraio 2004, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite.
Il Primo Presidente assegnava il ricorso alle Sezioni Unite,
disponendo la trasmissione degli atti all\'Ufficio del Massimario per
la redazione della relazione illustrativa.
2. L\' ORDINANZA DI RIMESSIONE
L\' ordinanza di rimessione prende atto della costante giurisprudenza
di legittimita\' sulla perseguibilita\' delle condotte di pesca,
detenzione, trasporto e commercio di specie di cui sia vietata la
cattura in qualunque stadio di crescita, senza la preventiva
autorizzazione del Ministero della marina mercantile, con loro
inquadramento nella fattispecie di cui alla citata lett. c)
dell\'art. 15 della legge n. 963 del 1965, ma ritiene che le
enunciazioni contenute nelle tre decisioni della stessa sezione (di
cui in seguito) suscitino notevoli perplessita\'.
In primis la Sezione remittente ritiene contraddittoria la
proposizione secondo la quale il regime di divieto di pesca,
detenzione e commercio dei datteri marini avrebbe assunto un
carattere di stabilita\' (come sostenuto in particolare da Cass. 21
novembre 1997, Rispo), nonostante l\'espressa temporaneita\' dei
decreti ministeriali che tale divieto contengono.
Peraltro, soggiunge l\'ordinanza, la limitazione temporale che
connota i decreti ministeriali in questione, connotato valido anche
per l\'ultimo di tali decreti anche se la proroga in tale occasione
e\' di nove anni, non sembra potere consentire la sussunzione sotto
la previsione della lett. c) che contempla divieti assoluti e
generalizzati, bensi\' in quella di cui alla lett. a), che prevede il
divieto di pesca "in zone e tempi vietati dai regolamenti, decreti,
ordini legittimamente emanati dall\'autorita\' amministrativa", anche
in considerazione della ritenuta impossibilita\' per il Ministero di
imporre divieti stabili nel tempo e generalizzati sul territorio.
Secondo la Sezione remittente, conclusivamente, nel contesto
normativo di riferimento non appare inquadrabile la facolta\' di
emanazione di divieti assoluti e generalizzati da parte degli organi
amministrativi, preclusivi non solo del prelievo di determinate
specie, ma anche della detenzione (come nel caso di specie) e del
commercio delle stesse.
L\'ordinanza riprende, infine, le perplessita\' avanzate dalla difesa,
in relazione al principio della riserva di legge, nel caso in cui si
intenda quale "delega in bianco" attribuita dal legislatore
all\'esecutivo la previsione dell\'art. 32 della citata legge n. 963,
per il quale il Ministro per la marina mercantile puo\', con suo
decreto, emanare norme per la disciplina della pesca anche in deroga
alle discipline regolamentari, al fine di adeguarla al progresso
delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecnologiche, e
favorirne lo sviluppo in determinate zone o per determinate classi
di essa.
Per tale complesso di ragioni, ed al fine di evitare un possibile
contrasto di giurisprudenza, la Sezione si determinava a rimettere
la questione alle Sezioni Unite.
3. QUESTIONE
Se la condotta consistente nel pescare, detenere, trasportare e
commerciare specie viventi marine di cui sia vietata la cattura in
qualunque stadio di crescita (datteri di mare) ai sensi dei decreti
emanati dal Ministero delle risorse agricole, alimentari e
forestali, senza la preventiva autorizzazione dello stesso
Ministero, configuri l\'ipotesi di reato di cui all\'art. 15 lett. c)
della legge 14 luglio 1965 n. 963 o il diverso illecito
amministrativo di cui alla lett. a) dello stesso articolo.
4. RIFERIMENTI NORMATIVI
Legge 14 luglio 1965 n. 963 (Disciplina della pesca marittima) (in
Gazz. Uff., 14 agosto 1965 n. 203).
Art. 15 (1) (tutela delle risorse biologiche e dell\'attivita\' di
pesca)
"Al fine di tutelare le risorse biologiche delle acque marine ed
assicurare il disciplinato esercizio della pesca e\' fatto divieto di:
a) pescare in zone e tempi vietati dai regolamenti, decreti, ordini
legittimamente emanati dall\'autorita\' amministrativa e detenere,
trasportare e commerciare il prodotto di tale pesca, nonche\' pescare
quantita\' superiori a quelle autorizzate, per ciascuna specie, da
regolamenti, decreti ed ordini legittimamente emanati dall\'autorita\'
amministrativa;
b) pescare con navi o galleggianti, attrezzi o strumenti, vietati
dai regolamenti o non espressamente permessi, o collocare apparecchi
fissi o mobili ai fini di pesca senza o in difformita\' della
necessaria autorizzazione, nonche\' detenere, trasportare e
commerciare il prodotto di tale pesca;
c) pescare, detenere, trasportare e commerciare il novellame di
qualunque specie vivente marina oppure le specie di cui sia vietata
la cattura in qualunque stadio di crescita, senza la preventiva
autorizzazione del Ministero della marina mercantile;
d) danneggiare le risorse biologiche delle acque marine con l\'uso di
materie esplodenti, dell\'energia elettrica o di sostanze tossiche
atte ad intorpidire, stordire o uccidere i pesci e gli altri
organismi acquatici, nonche\' raccogliere, trasportare o mettere in
commercio pesci ed altri organismi acquatici cosi\' intorpiditi,
storditi o uccisi;
e) sottrarre od esportare, senza il consenso dell\'avente diritto,
gli organismi acquatici oggetto della altrui attivita\' di pesca,
esercitata mediante attrezzi o strumenti fissi o mobili, sia quando
il fatto si commetta con azione diretta su tali attrezzi o
strumenti, sia esercitando la pesca con violazione delle distanze di
rispetto stabilite dai regolamenti; nonche\' sottrarre od asportare,
senza l\'anzidetto consenso, gli organismi acquatici che si trovano
in spazi acquei sottratti al libero uso e riservati agli
stabilimenti di pesca e, comunque, detenere, trasportare e fare
commercio dei detti organismi, senza il consenso dell\'avente diritto;
f) pescare in acque sottoposte alla sovranita\' di altri Stati, salvo
che nelle zone, nei tempi e nei modi previsti dagli accordi
internazionali, ovvero sulla base delle autorizzazioni rilasciate
dagli Stati interessati.
(1) Articolo cosi\' sostituito dall\'art. 5 della L. n. 381/88.
Art. 24 (1) (Pene per le contravvenzioni).
Chiunque violi le disposizioni dell\'articolo 15, lettera c), e\'
punito, salvo che il fatto non costituisca piu\' grave reato, con
l\'arresto da un mese ad un anno o con l\'ammenda da lire un milione a
lire sei milioni.
2. Chiunque violi le disposizioni dell\'articolo 15, lettera d) e
lettera f), e\' punito, salvo che il fatto non costituisca piu\' grave
reato, con l\'arresto da due mesi a due anni o con l\'ammenda da lire
due milioni a lire dodici milioni.
3. Chiunque violi le disposizioni dell\'articolo 15, lettera e),
ovvero sfrutti un banco di corallo soggetto a diritto esclusivo di
sfruttamento, previsto dall\'articolo 16, senza il consenso del
titolare del diritto, e\' punito a querela della persona offesa, con
l\'arresto da un mese a un anno o con l\'ammenda da lire un milione a
lire sei milioni.
(1) Articolo cosi\' sostituito dall\'art. 6 della L. n. 381/88.
Art. 25(1) (Pene accessorie).
1. La condanna per le contravvenzioni previste e punite dalla
presente legge comporta l\'applicazione delle seguenti pene
accessorie:
a) la confisca del pescato, salvo che esso sia richiesto dagli
aventi diritto nell\'ipotesi prevista dalla lettera e) dell\'articolo
15;
b) la confisca degli attrezzi, degli strumenti e degli apparecchi
usati in contrasto con le norme stabilite dalla presente legge;
c) l\'obbligo di rimettere in pristino, entro un termine
prestabilito, le zone in cui sono stati costruiti opere o impianti
non autorizzati;
d) la sospensione della validita\' del permesso di pesca per un
periodo non superiore ad un mese, aumentabile fino a sei mesi in
caso di recidiva. La sospensione del permesso inibisce l\'uso per la
pesca della nave o del galleggiante e dei relativi arredi od
attrezzi con i quali e\' stato commesso il reato. Qualora la recidiva
ricorra mediante l\'uso di nave o galleggiante diverso da quello con
il quale fu commesso il precedente reato la sospensione si applica
in eguale misura ad entrambi.
2. Qualora il pescato sia stato sequestrato l\'interessato puo\'
ottenere la restituzione previo deposito di una somma di denaro di
importo equivalente al suo valore commerciale.
3. Il tal caso oggetto della confisca e\' la somma depositata.
4. Quando sia possibile ed utile per l\'ulteriore corso del
procedimento si effettua, prima della restituzione, il prelievo di
campioni del pescato o la sua fotografia.
(1) Articolo cosi\' sostituito dall\'art. 7 della L. n. 381/88.
Art. 26 (1) (Sanzioni amministrative).
1. Chiunque contravvenga ai divieti posti dal precedente articolo
15, lettere a) e b), e\' punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni.
(1) Articolo cosi\' sostituito dall\'art. 8 della L. n. 381/88.
Art. 32 (Potere del Ministro per la marina mercantile). Il Ministro
per la marina mercantile puo\', con suo decreto, sentita la
Commissione consultiva centrale per la pesca marittima, emanare
norme per la disciplina della pesca anche in deroga alle discipline
regolamentari, al fine di adeguarla al progresso delle conoscenze
scientifiche e delle applicazioni tecnologiche, e favorirne lo
sviluppo in determinate zone o per determinate classi di essa.
5. PREMESSA
Va preliminarmente osservato come la legge 14 luglio 1965 n. 963,
denominata Disciplina della pesca marittima, abbia ad oggetto, per
sua stessa specificazione, non soltanto "ogni attivita\' diretta a
catturare esemplari di specie il cui ambiente abituale o naturale di
vita siano le acque rientranti nelle attribuzioni conferite dalle
leggi vigenti al Ministero della Marina Mercantile (oggi Ministero
delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali) e, limitatamente ai
cittadini italiani, nel mare libero" (pesca marittima); ma altresi\'
"la gestione razionale delle risorse biologiche del mare". Peraltro
la tutela delle risorse biologiche del mare si inserisce quale
elemento di qualita\' dell\'ambiente marino, definito come il
complesso delle acque, dei fondali, delle coste, della flora e della
fauna marina e costiera, cosi\' che la disciplina delle prime si
riflette sulla tutela in genere dell\'ambiente marino.
Ma l\'utilizzo di due diverse espressioni: "pesca" e "risorse
biologiche del mare", non sottintende una collocazione su piani
paralleli dei due interessi protetti, dovendosi rilevare come
l\'attivita\' di pesca si collochi all\'interno del piu\' ampio concetto
di risorse biologiche marine, la cui tutela deve essere tenuta
sempre in considerazione nella disciplina della piu\' specifica
attivita\' di pesca. Una conferma a tale impostazione puo\' ricavarsi
dalle previsioni di cui alla legge 17 febbraio 1982 n. 41,
contenente il piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della
pesca marittima, ove quest\'ultima e\' indicata quale strumento per la
valorizzazione delle risorse biologiche del mare.
Conseguentemente l\'analisi, l\'interpretazione e l\'applicazione delle
disposizioni sulle risorse biologiche del mare non puo\' essere
disgiunta dalla considerazione delle ulteriori disposizioni che il
diritto comunitario e quello internazionale pongono a protezione
dell\'ambiente marino, ed in particolare delle risorse biologiche
marine.
Peraltro la legge n. 963 ha previsto accanto al divieto di pesca,
detenzione, trasporto e commercio del novellame di qualunque specie
vivente, anche quello delle specie ittiche di cui sia vietata la
cattura in qualunque stadio di crescita.
In questo contesto si collocano i vari Decreti Ministeriali emanati
in merito, che vanno dal D.M. 20 agosto 1988 n. 401, a quelli 2
agosto 1990, 7 agosto 1992, 14 settembre 1994, 26 settembre 1996, e
da ultimo il D.M. 16 ottobre 1998 (in G.U. n. 281 del 1 dicembre
1998) che prevede:
Art. 1
1. Il divieto di raccolta dei molluschi litofagi con l\'impiego di
martelli pneumatici o di altri attrezzi a percussione, stabilito dal
regolamento del consiglio della Comunita\' europea n. 1626/94 del 27
giugno 1994, e\' esteso, in tutte le coste italiane, con il divieto
di pesca del dattero di mare (Lithophaga lithophaga) e del dattero
bianco (Pholas dactylus) con qualsiasi attrezzo.
2. E\' prorogato fino al 30 settembre 2007 il divieto di detenzione e
commercio del dattero di mare (Lithophaga lithophaga) e del dattero
bianco (Pholas dactylus) di cui al decreto ministeriale 26 settembre
1996.
Art. 2
1 Chiunque violi le disposizioni del presente decreto sara\'
perseguito ai sensi delle leggi vigenti.
La ricostruzione normativa di riferimento va completata con alcune
previsioni del Regolamento per l\'esecuzione della legge n. 963 del
1965, contenuto nel D.P.R 2 ottobre 1968 n. 1639 (G.U. n. 188 del 25
luglio 1969) che nel Capo I, Disposizioni Generali del Titolo III,
Della disciplina della pesca prevede all\'art. 95 "Decreti
ministeriali per la disciplina della pesca" che:
"I decreti emanati dal Ministro della Marina Mercantile in forza
dell\'art. 32 della legge, costituiscono, salvo che sia espressamente
escluso, direttive di carattere generale, ai sensi degli artt. 8,
secondo comma, e 9, secondo comma del Decreto del presidente della
Repubblica 13 luglio 1954 n. 747."
Il citato D.p.r. n. 747, Decentramento dei servizi del Ministero
della marina mercantile, prevedeva che "Il Ministro per la marina
mercantile puo\' con suo decreto emanare nella suddetta materia, in
qualunque momento, direttive di carattere generale obbligatorie
per le Amministrazioni provinciali, a sensi dell\'articolo 4 della
legge 11 marzo 1953, n. 150".
6. GIURISPRUDENZA
La Corte di cassazione, nella cui giurisprudenza si rinvengono
interventi in relazione alla violazione di particolari modalita\' e/o
tempi di pesca di determinate specie (in tema di divieto di pesca
delle vongole in ore notturne: Cass. 12 novembre 1985, Scarpa, rv.
171329) ha avuto modo di occuparsi una prima volta della questione
in esame annullando con rinvio la sentenza di assoluzione, perche\'
il fatto non e\' previsto dalla legge come reato, di un imputato
(Porcelli) che aveva detenuto presso la propria pizzeria "datteri di
mare" di cui era vietata la detenzione ex D.M. 20 agosto 1988, n.
401. In tale occasione (Sez. III 21 aprile 1993, dep. 27 maggio 1993
n. 5366, P.M. in proc. Porcelli, rv. 194723) la Corte aveva
affermato che :
"L\'art. 15 lett. c) legge 14 luglio 1965, n. 963 (tutela delle
risorse biologiche e dell\'attivita\' di pesca) costituisce una norma
primaria in bianco, la cui sanzione e\' assicurata dal successivo
art. 24. Essa, al fine di assicurare la tutela delle risorse
biologiche, si applica a tutti i comportamenti in contrasto con
divieti che, non potendo essere previsti in modo onnicomprensivo
nella legge stessa, vengono dettati con apposito decreto del
Ministro della Marina Mercantile, ai sensi dell\'art. 32 della legge
medesima, sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca
marittima".
La pronuncia successiva (Sez. III 21 novembre 1997, dep. 30 gennaio
1998 n. 1213, Rispo, rv. 209384) si faceva carico di motivare le
ragioni della inquadrabilita\' della pesca, detenzione e commercio di
"specie delle quali e\' vietata la cattura in qualunque stadio di
crescita" nella ipotesi di cui alla lett. c), affermando
testualmente:
"La pesca e la detenzione dei c.d. "datteri di mare" sono da
considerare rientranti nelle previsioni di cui all\'art. 15, comma 1,
lett. c), della L. 14 luglio 1965 n. 963 (penalmente sanzionate
dall\'art. 24, comma l, di detta legge), nella parte in cui esse si
riferiscono alle "specie di cui sia vietata la cattura in qualunque
stadio di crescita, senza la preventiva autorizzazione del Ministero
della marina mercantile",dovendosi invece escludere la
inquadrabilita\' della condotta in questione nell\'ambito della lett.
a) del citato art. 15 (sanzionata soltanto in via amministrativa)
che proibisce la pesca "in zone e tempi vietati da
regolamenti,decreti,ordini legittimamente emanati dall\'autorita\'
amministrativa"; e cio\' essenzialmente in considerazione del fatto
che, pur risultando la pesca,la detenzione e la commercializzazione
dei "datteri di mare" oggetto di un divieto contenuto in decreti
ministeriali validi ciascuno per il limitato periodo di due
anni,emanati ai sensi dell\'art. 32 della legge n. 963/65, il
susseguirsi ininterrotto di tali decreti a far tempo da oltre nove
anni addietro ha,di fatto,introdotto un regime di stabilita\' di
detto divieto, da considerare ormai finalizzato alla salvaguardia di
permanenti esigenze di tutela dell\'ambiente marino"
Questa seconda, e piu\' articolata, decisione si e\' fatta carico di
analizzare, disattendendola, la diversa impostazione per la quale i
decreti ministeriali avrebbero introdotto un divieto di pesca
temporaneo con riferimento alla specie in questione, cosi\' da
ritenere violata la disposizione di cui alla lett. a) che punisce la
pesca in tempi vietati da atti legittimamente emanati dall\'autorita\'
amministrativa. La Corte sottolinea come il dato che il divieto sia
imposto dal singolo decreto quale temporaneo non puo\' far scaturire
quale conseguenza una ipotesi di pesca in tempi vietati, atteso che
si tratterebbe di pesca di specie della quale e\' vietata la cattura
in qualunque stadio di crescita. Un diritto assoluto e stabile di
pesca che la Corte ricava dalla successione ininterrotta dei decreti
in questione, con la conseguente affermazione della sua
sanzionabilita\' ex art. 15 lett. c), in quanto "si riferisce alle
specie di cui e\' vietata la cattura in qualunque stadio di crescita,
sebbene per effetto di una norma formalmente temporanea".
Nella successiva pronuncia di legittimita\' (Sez. III 7 novembre
2000, dep. 11 dicembre 2000 n. 12955, Zampi, rv. 218353), che
aderisce alla ricostruzione dell\'esistenza di un divieto assoluto di
pesca, detenzione e commercio di questa specifica specie, si
rinviene la affermazione della "avvenuta integrazione, da parte
della competente autorita\' amministrativa, del precetto della norma
penale in bianco, contenuta nel citato art. 15, nella parte in cui
si riferisce a quelle specie di cui sia vietata la cattura, in
qualunque stadio della crescita, senza preventiva autorizzazione del
Ministero della Marina Mercantile e, successivamente, di quello
delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, ex art. 32 della
stessa legge." (nel caso di specie la Corte ha richiamato la vigenza
al momento del fatto del Decreto Ministeriale 26 settembre 1996),
ovvero in virtu\' della potesta\' normativa secondaria che da tale
articolo 32 discende.
Sul punto va ricordato come la giustificazione della delega
all\'emanazione dei decreti ministeriali ex art. 32 citato, viene
giustificata dall\'esigenza di adeguare la disciplina della pesca "al
progresso delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni
tecnologiche, e favorirne lo sviluppo in determinate zone o per
determinate classi di essa", cosi\' da fare affermare alla Corte
(decisione Rispo) che il legislatore abbia inteso con questo
articolo, e con i conseguenti decreti ministeriali, mantenere
costantemente aggiornata la normativa disciplinante la pesca
marittima, in considerazione di interessi non solo faunistici ma, in
senso piu\' lato, ambientali, certamente di portata generale, percio\'
non tutelabili attraverso disposizioni occasionali o con effetti
particolarmente circoscritti sotto il profilo spaziale e temporale.
L\'orientamento di cui si sta dando conto ha altresi\' affrontato il
tema, pure sollevato dall\'ordinanza di rimessione, della
compatibilita\' della struttura normativa in esame con il principio
della riserva di legge dettato dall\'art. 25 della Costituzione,
ritenendo in proposito che: "il principio della riserva di legge
dettato dall\'art. 25 Cost. e\' stato rispettato perche\' la legge
dello Stato ha indicato con sufficiente chiarezza i presupposti, i
caratteri ed il contenuto del precetto penale, mentre al decreto
ministeriale e\' affidato soltanto il limitato ruolo di specificare
nei dettagli le modalita\' delle suddette annotazioni" (decisione
Porcelli, cit.).
E\' interessante ricordare come la citata giurisprudenza abbia
sottolineato come la dichiarata ratio dei decreti in questione sia
andata modificandosi nel tempo.
In particolare mentre si era partiti dal rilievo che l\'intensa ed
indiscriminata pesca del "dattero di mare" ne aveva posto in
pericolo la sopravvivenza con connessi gravi problemi ambientali,
cosi\' rendendo necessario un intervento temporaneo per esigenze di
sperimentazione e studio del fenomeno, con i successivi interventi
(come nel D.M. del 1996) si prende atto di una grave situazione
ormai stabilizzatasi e, "considerato che gli istituti scientifici
incaricati di effettuare studi in materia hanno evidenziato che
l\'attivita\' di pesca delle suddette specie provoca alterazioni ai
fondali rocciosi con distruzione di biocenosi", il divieto viene
prorogato di altri due anni senza alcun riferimento alla
transitorieta\' della menzionata esigenza (tale caratteristica si
ripresenta poi nel D. M. del 1998 che regola i fatti di cui e\'
causa).
Un divieto di pesca che, introdotto con il primo Decreto del 1988 e\'
perdurato sino ad oggi, e che e\' gia\' previsto dal D.M. 16 ottobre
1998 per ulteriori anni nove, cosi\' che appare difficoltoso
equipararlo alle limitazioni poste alla normale attivita\' di pesca
alle quali si riferisce la lett. a) dell\'art. 15.
DOTTRINA
In dottrina non si rinvengono significativi contributi sulla
specifica questione devoluta all\'esame delle Sezioni Unite,
essendosi la stessa soffermata sulla disciplina generale della pesca
marittima (E. D\'Alessandro, La pesca marittima, in Rivista di
polizia, 1971, 238), e su altri temi suggeriti dalla entrata in
vigore della legge 963, ma puo\' essere sottolineata l\'attenzione
verso il significato che ha assunto sul "regime generale" la entrata
in vigore della legge 17 febbraio 1982 n. 41, avente ad oggetto il
piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima,
che ha introdotto la programmazione settoriale di pesca, sostituendo
al precedente permesso di pesca la licenza. La legge, come osserva
G. Reale, in L\'evoluzione della normativa in materia di pesca: dal
diritto della navigazione al diritto agrario, in Diritto dei
trasporti, 2001, 13 e ss, individua tra gli obiettivi la gestione
razionale delle risorse biologiche, da realizzare attraverso lo
sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica, la conservazione e
lo sfruttamento ottimale delle risorse biologiche, la
regolarizzazione dello sforzo di pesca in funzione delle effettive
capacita\' produttive dell\'ambiente marino; in questo modo,
sottolinea l\'autore, il legislatore nazionale ha dato preminente
rilievo all\'aspetto della conservazione e della gestione razionale
delle risorse biologiche del mare, adeguandosi tra l\'altro agli
indirizzi gia\' manifestatisi in ambito internazionale,
ridimensionando il rapporto tra privato ed attivita\' di pesca, e
conferendo alla pesca un valore non soltanto economico. In questa
logica si pone la istituzione della licenza di pesca che va a
sostituire il precedente sistema basato sul permesso di pesca (ex
art. 4 delle cit. L. n. 41), che veniva conseguito all\'esito di un
procedimento autorizzatorio a carattere ricognitivo e non
discrezionale dei presupposti soggettivi ed oggettivi richiesti
dalla legge e dal regolamento. Diversamente dal 1982 si individuano
poteri discrezionali del Ministro, si prevede la possibilita\' di
stabilire il numero massimo delle licenze di pesca, la loro
eventuale riduzione, ovvero un complesso di elementi che fanno
ragionevolmente osservare come la situazione si cambiata, in uno con
la piu\' precisa individuazione delle ragioni giustificatrici di un
disciplina della pesca. Ulteriore prova di tale cambiamento
concettuale e\' data dalla previsione di un Piano nazionale per la
conservazione e la gestione delle risorse biologiche del mare
redatto ogni tre anni all\'apposito Comitato, che va sostituire la
precedente Commissione consultiva centrale di cui alla legge n. 963.
V. Geri, Della licenza di pesca e della salvaguardia delle risorse
biologiche del mare, in Giur. agraria it., 1989, 337, a proposito
della questione se la pesca sia un diritto fondamentale ed
originario, il cui esercizio viene pero\' sottoposto a limiti e
controlli dalla P.A., oppure sia un interesse od una mera
aspettativa o facolta\' priva di protezione giuridica, osserva come
l\'interesse della collettivita\' e quindi dello Stato a tutela della
fauna minacciata di estinzione sia divenuto cosi\' intenso da
inserirla fra le cose non piu\' di nessuno, ma dello Stato e delle
collettivita\' in genere. Riprova di cio\' si rinviene nell\' art. 29
della legge n. 963 del 1965, che abilita lo Stato a costituirsi
parte civile nei delitti contro la tutela dell\'ittiofauna.
Un piu\' specifico contributo viene fornito da R. Righi, Brevi
considerazioni sulla gerarchia delle fonti nell\'ordinamento delle
pesca marittima, in Il diritto marittimo, 1989, 852, il quale
ritiene che la regolamentazione ministeriale, ovvero il potere di
emanare norme per la disciplina della pesca anche in deroga alle
discipline regolamentari (ex art. 32), costituisce una fonte
secondaria all\'interno di un sottosistema di fonti regolamentari,
posta in modo sostanzialmente pariordinata al regolamento
governativo, in quanto la giurisprudenza del giudice delle leggi in
relazione all\'art. 87 Cost. ha riconosciuto un carattere non
esclusivo al potere regolamentare del Governo.
In particolare l\'Autore afferma come i regolamenti ministeriali, e
nel caso quelli che da fonte legislativa, come dall\'art. 32 della
legge n. 963 del 1965, traggono una efficiacia normativa parificata
a quella del regolamento governativo, risultano prevalenti rispetto
alla fonte governativa di attuazione o esecuzione (la riserva di
regolamento governativo e\' introdotta in materia dall\'art. 14 della
legge n. 963), in virtu\' del principio della posteriorita\' e della
specialita\'; si tratterebbe in pratica di un potere regolamentare
autorizzato a derogare regolamenti governativi di esecuzione o
attuazione (come nel caso in esame).
In questa ottica risulta fondata e giustificata la preclusione ad
una attivita\' di pesca, allorche\' cio\' sia finalizzato alla tutela
del patrimonio ittico e, piu\' in particolare sia indirizzata a
salvaguardare le specie ittiche da fenomeni di estinzione. In tale
ipotesi, attraverso la tutela in questione, si perseguono finalita\'
coincidenti, cosi\' che la tutela dell\'ambiente marino, intesa come
tutela delle risorse marine, si estrinseca attraverso la tutela, e
regolamentazione, dello stesso esercizio della pesca (R. Tranquilli
Leali, L\'esercizio della pesca e la tutela dell\'ambiente marino, in
Diritto dei trasporti, 2000, 415). Un\'attenzione alla evoluzione
della disciplina della gestione delle risorse marine rimarcata anche
in altri scritti ove si analizza la tutela penale delle risorse
biologiche del mare (C. Angelone, Ambiente marino e disciplina delle
risorse, in Riv. giuridica dell\'ambiente, 2000, 1, 159), in adesione
alla impostazione comunitaria estrinsecatasi in piu\' direttive,
anche se non pienamente aderenti al tema che si e\' andato trattando.
Roma, 7 aprile 2004
Redattore: Alfredo Montagna
Il vice direttore
(Giovanni Canzio)
A L L E G A T I
ALLEGATI DI GIURISPRUDENZA
Corte di cassazione
1. Sez. III 21 aprile 1993 n. 5366, P.M. in proc. Porcelli, rv.
194723
2. Sez. II 21 novembre 1997 n. 1213, Rispo, rv. 209384
3. Sez. III 7 novembre 2000, Zampi, rv. 218353;
4. Massime delle sentenze citate
ALLEGATI DI DOTTRINA
1. E. D\'Alessandro, La pesca marittima, in Rivista di polizia, 1971,
238
2. G. Reale, L\'evoluzione della normativa in materia di pesca: dal
diritto della navigazione al diritto agrario, in Diritto dei
trasporti, 2001, 13
3. V. Geri, Della licenza di pesca e della salvaguardia delle
risorse biologiche del mare, in Giur. agraria it., 1989, 337
4. R. Righi, Brevi considerazioni sulla gerarchia delle fonti
nell\'ordinamento delle pesca marittima, in Il diritto marittimo,
1989, 852,
5. R. Tranquilli Leali, L\'esercizio della pesca e la tutela
dell\'ambiente marino, in Diritto dei trasporti, 2000, 415
6. C. Angelone, Ambiente marino e disciplina delle risorse, in Riv.
giuridica dell\'ambiente, 2000, 1, 159
Relazione per le Sezioni Unite penali
(Udienza 28 aprile 2004 )
Rel. n. 11/2004
Ric: Kokoshi Robert Reg. Gen. n.
6762/2003
OGGETTO: 581004 Pesca - Marittima - Pesca dei datteri di mare -
Reato di cui all\'art. 15 lett. c) della legge n. 963 del 1965 -
Configurabilita\' - Potenziale contrasto di giurisprudenza.
Rif. Norm.: Legge 14 luglio 1965 n. 963, artt. 15, 24 e 32
Legge 25 agosto 1988 n. 381, art. 5
D.P.R. 2 ottobre 1968 n. 1639
Legge 17 febbraio 1982 n. 41
Integrazione documentazione normativa
Ad integrazione di quanto gia\' indicato in sede di relazione
illustrativa (in particolare si veda pag. 12) si allegano per
comodita\' di consultazione i testi dei Decreti Ministeriali citati e
del Regolamento (CE) n. 1626/94 del Consiglio della Comunita\'
europea n. 1626 del 27 giugno 1994.
Roma, 26 aprile 2004
Il redattore: Alfredo Montagna
Il vice direttore
(Giovanni Canzio)
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