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Sez. 3, Sentenzan. 35803 del 02/09/2004 (Ud. 22/06/2004 n.01379 ) Rv. 229133
Presidente: Papadia U. Estensore: Grillo C. Imputato: Tringali. P.M. D'Angelo G. (Diff.)
(Rigetta, Trib. Barcellona, 3 febbraio 2003).
ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Scarico diretto nelle acque marine - Autorizzazione tacita - Possibilità - Esclusione - Fondamento.
CON MOTIVAZIONE



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Massima (Fonte CED Cassazione)
In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, allo scarico diretto nelle acque del mare non è applicabile la disciplina sulla autorizzazione provvisoria tacita di cui all'art. 15 della legge 10 maggio 1976 n. 319, stante la previsione di una disciplina autorizzatoria autonoma per gli scarichi in mare contenuta nell'art. 11 della stessa legge n. 319 e l'assenza del mare tra i corpi recettori individuati dal citato articolo 15. (In applicazione di tale princpio la Corte ha ritenuto integrato il reato di cui all'art. 59 del D. Lgs. 11 maggio 1999 n. 152 nei confronti del legale rappresentante di un centrale termoelettrica per gli scarichi delle acque reflue effettuati, successivamente all'entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 152, in difetto di autorizzazione espressa)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 22/06/2004
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere - N. 1379
Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 29709/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TRINGALI RICCARDO, nato a Giarre il 12/12/1947;
avverso la sentenza n. 66/03 del 3/2-14/3/2003, pronunciata dal Tribunale di Barcellona P.G. - Sezione distaccata di Milazzo. - Letti gli atti, la sentenza denunciata ed il ricorso;
- udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
- udite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. D'ANGELO G., con cui chiede l'annullamento senza rinvio della gravata sentenza;
- udito il difensore, avv. A. La Malfa, che insiste sulle proposte doglianze;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Barcellona P.G. - Sezione distaccata di Milazzo, in composizione monocratica, condannava Tringali Riccardo, quale responsabile della centrale termoelettrica Eurogen, opponente a decreto penale, alla pena di euro 5.000,00 di ammenda in ordine alla contravvenzione di cui all'art. 59, comma 1, D.L.vo n. 152/1999, accertata il 19/6/2000, per aver effettuato, senza autorizzazione, nuovi scarichi (in mare) di acque reflue industriali.
Avverso detta sentenza ricorre l'imputato, deducendo, con una prima doglianza, inosservanza o erronea applicazione degli artt. 15, comma 10, L. n. 319/1976, 7 L. n. 172/1995 e 59, comma 1, D.L.vo n. 152/1999, nonché motivazione inesistente o carente sul punto. Invero, a suo avviso, il giudice non avrebbe considerato che l'autorizzazione "espressa" rilasciata dal Comune di S. Filippo del Mela con atto 26/7/2001 riguarda gli stessi scarichi provvisoriamente autorizzati in forma "tacita", ex art. 15 L. n. 319/1976, e che dal '95 al 26/7/2001 il detto Comune "ha condotto una lunga istruttoria finalizzata al riesame della precedente autorizzazione provvisoria rilasciata con il silenzio-assenso"; inoltre l'art. 7 L. n. 175/1995 - che stabilisce l'obbligo dei Comuni di provvedere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, al riesame delle autorizzazioni allo scarico, con priorità per quelle provvisorie rilasciate in forma tacita ex art. 15 L. n. 319/1976 - non annullava o privava di efficacia le dette "autorizzazioni tacite" in atto, ma si limitava a porre un termine di natura "sollecitatoria o meramente ordinatoria" all'autorità amministrativa, dalla cui inosservanza non poteva certo discendere un effetto pregiudizievole per il titolare dello scarico. Secondo il ricorrente, poi, il termine di validità (quadriennale) delle autorizzazioni si riferiva esclusivamente a quelle "nuove", rilasciate in forma espressa, per cui, dal 17/5/95 (data di entrata in vigore della legge 172/1995) al 26/7/2001 (data di rilascio dell'autorizzazione espressa), gli scarichi della centrale de qua erano regolarmente autorizzati in forma tacita, "perdurando il 'riesame' da parte del Comune e non essendovi alcun provvedimento di revoca e/o interdizione degli stessi". Nè può ritenersi, come si legge in sentenza, che l'entrata in vigore del D.L.vo 152/1999, abbia fatto venir meno automaticamente l'autorizzazione tacita in atto, giacché, ai sensi dell'art. 62 di detto decreto, i titolari degli scarichi esistenti ed autorizzati, come quello in questione, avevano quattro anni di tempo, e cioè fino al 2003, per richiedere l'autorizzazione ai sensi della nuova normativa, e detta autorizzazione espressa, concessa nel 2001 deve ritenersi valida fino al 2005. Pertanto lo scarico in questione non può ritenersi "nuovo" ne' in senso materiale, ne' in senso giuridico, donde l'insussistenza del reato. Con una seconda doglianza il ricorrente deduce l'inesistenza o carenza della motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato, non ravvisabile nel caso di specie per evidente errore sul fatto, avendo egli agito in virtù di un'autorizzazione tacita ritenuta del tutto valida. All'odierna udienza il P.M. e la difesa concludono come riportato in epigrafe. Il ricorso è infondato.
Tutta la costruzione difensiva poggia sulla considerazione che, al momento del fatto (19/6/2000), la centrale termoelettrica in questione doveva ritenersi munita di autorizzazione provvisoria "tacita", ex art. 15, comma 10, L. n. 319/1976, ancora in corso di validità perché l'art. 7 L. n. 172/1995 - secondo cui i Comuni dovevano esaminare questo tipo di autorizzazione entro sei mesi dal 17/5/95, data di entrata in vigore di tale legge - non l'aveva fatta venire meno, ponendo solo un termine "ordinatorio", peraltro rivolto ai Comuni, e nella fattispecie in esame il Comune interessato aveva effettivamente in corso la relativa pratica; pertanto, quando è entrato in vigore il D.L.vo 152/1999, lo scarico de quo doveva considerarsi "esistente e autorizzato" e quindi il titolare - ex art. 12, comma 11 - era ancora nei termini (quattro anni dalla vigenza del decreto) per chiedere l'autorizzazione ai sensi dello stesso, donde l'insussistenza del reato.
Ritiene, però il Collegio che proprio la base della tesi defensionale sia tutt'altro che solida.
Invero, nel caso in esame, trattandosi pacificamente di "scarico diretto" nelle acque del mare, non trova applicazione l'art. 15 L. n. 319/19/6, bensì lo specifico art. 11, che prevede una disciplina affatto autonoma, come si evince anche dal comma 5 dello stesso, che rinvia all'art. 15 solo per quel che concerne le spese di istruttoria per le autorizzazioni, rilasciate dall'"autorità marittima competente per territorio".
Si ritiene, dunque, che per lo scarico diretto in mare non fosse applicabile la disciplina dell'art. 15, che prevedeva - tra l'altro - la possibilità dell'"autorizzazione provvisoria tacita", come è confermato, se ve ne fosse bisogno, dal comma 9 dell'art. 15 che, tra i vari corpi recettori indicati sub 1), 2) e 3), non comprende il mare. Pertanto, al momento del fatto, gli scarichi della centrale termoelettrica in questione non potevano ritenersi autorizzati, neppure provvisoriamente, giaccnè l'unica valida autorizzazione per essi avrebbe potuto essere quella rilasciata ex art. 11, che nella specie mancava. Altre pronunzie di questa Sezione (10 maggio 1996, n. 6243, Cartelli; 23 febbraio 1994, n. 6758, Panetta) hanno evidenziato, anche se in ipotesi fattualmente differenti, che gli scarichi che recapitano direttamente in mare sono soggetti all'autorizzazione ex art. 11 L. n. 319/1976, del tutto diversa rispetto a quella riferita ad altri corpi recettori. Per quanto concerne la seconda doglianza, relativa all'elemento intenzionale del reato, osserva il Collegio che anche l'indagine sulla sussistenza di esso deve considerarsi "in fatto", quindi riservata al giudice del merito, che, nel caso di specie, sebbene sinteticamente, ha correttamente motivato sul punto, donde l'inammissibilità della censura.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2004.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2004