Presidente: Postiglione A. Estensore: Franco A. Relatore: Franco A. Imputato: Cirillo ed altro. P.M. Salzano F. (Parz. Diff.)
(Dichiara inammissibile, App. Salerno, 23 Gennaio 2004)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Costruzione abusiva - Dichiarazione di estinzione del reato edilizio per prescrizione - Effetti sull'ordine di demolizione precedentemente imposto - Immediata inefficacia - Revoca - Necessità - Esclusione.
In materia edilizia, la dichiarazione di estinzione del reato di costruzione abusiva produce automaticamente l'inefficacia dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva, indipendentemente da una espressa statuizione di revoca, atteso che tale ordine è una sanzione amministrativa di tipo ablatorio che trova la propria giustificazione nella sua accessorietà ad una sentenza di condanna.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo Presidente del 02/02/2006
Dott. MANCINI Franco Consigliere SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo Consigliere N. 209
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria Consigliere REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo est. Consigliere N. 12896/2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Cirillo Giuseppina, nata a San Valentino Torio il 2 agosto 1962, e da
Amatrudo Antonio, nato a San Valentino Torio il 22 novembre 1954;
avverso la sentenza emessa il 23 gennaio 2004 dalla Corte d'Appello di
Salerno;
udita nella Pubblica udienza del 2 febbraio 2006 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d'Appello di Salerno, in riforma
della sentenza emessa il 10 luglio 2002 dal Giudice del Tribunale di
Nocera Inferiore, dichiarò Cirillo Giuseppina e Amatrudo
Antonio colpevoli del reato di violazione dei sigilli e li
condannò alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 200,00
di multa ciascuno, mentre dichiarò non doversi procedere in
ordine ai reati di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett.
b), alla L. 5 novembre 1971, n. 1086, ed alla L. 2 febbraio 1974, n.
64, perché estinti per prescrizione.
Gli imputati propongono ricorso per Cassazione deducendo:
a) che la sentenza è illegittima perché non
prevede la revoca dell'ordine di demolizione nonostante la prescrizione
delle contravvenzioni edilizia;
b) che andava effettuata una distinzione, almeno ai fini della
quantificazione della pena, tra i due imputati, dal momento che solo la
Cirillo era custode del manufatto sequestrato e quindi rispondeva del
reato di cui all'art. 349 cod. pen., comma 2, mentre la posizione
dell'Amatrudo rientrava nella previsione del comma 1;
c) che è erronea la motivazione circa la loro
qualità di committenti delle opere abusive, dal momento che
non è stato dimostrato che i lavori erano stati effettuati
sulla loro proprietà e che essi fossero proprietari della
parte dell'edifico sottostante alla sopraelevazione abusiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è manifestamente infondato perché
l'estinzione per prescrizione del reato di costruzione abusiva previsto
dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, travolge l'ordine di
demolizione - emesso ex art. 7 stessa Legge - quale conseguenza della
pronuncia di estinzione. Tale effetto si produce ex lege,
indipendentemente da una espressa statuizione di revoca, in quanto
trattasi di una sanzione amministrativa, di tipo ablatorio, che trova
la propria giustificazione giuridica nella sua accessività
alla sentenza di condanna (cfr. Sez. 3^, 6 ottobre 2000, Bifulco, m.
217.853). Non vi era quindi alcun bisogno che il Giudice a quo
dichiarasse esplicitamente la revoca dell'ordine di demolizione, che si
era verificata automaticamente ope legis.
Il secondo motivo è manifestamente infondato
perché l'Amatrudo rispondeva di concorso nel reato con la
Cirillo, e quindi rispondeva ed è stato riconosciuto
responsabile anche lui del reato aggravato di cui all'art. 349 cod.
pen., comma 2, sicché giustamente è stata
applicata la medesima pena ad entrambi gli imputati. Il terzo motivo si
risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con
la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze
processuali riservata al Giudice del merito e non consentita in questa
sede di legittimità, ed è comunque manifestamente
infondato perché la Corte d'Appello ha fornito congrua,
specifica ed adeguata motivazione delle ragioni per le quali ha
ritenuto che entrambi gli imputati fossero committenti delle opere
abusive, in considerazione del fatto che i lavori abusivi consistevano
nella sopraelevazione della loro abitazione, che essi erano quindi gli
unici interessati alla esecuzione delle opere, che l'immobile era di
proprietà dell'Amatrudo mentre la moglie Cirillo fu trovata
sul cantiere in sede di sequestro, che quindi vi era un pieno concorso
dei due coniugi nella realizzazione della opera abusiva.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta
infondatezza dei motivi.
In applicazione dell'art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dei
ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di
inammissibilità del ricorso, di ciascuno al pagamento in
favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione
delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si
ritiene congruo fissare in Euro 500,00.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al
pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma
di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così
deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 2
febbraio 2006.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2006