Cass. Sez. III n. 22758 del 15 giugno 2010 (Ud.29 apr. 2010)
Pres. Onorato Est. Teresi Ric. Borgese
Acque. Scarico di reflui non trattati

Nel caso in cui la condotta contestata consista nell’avere l’imputato, quale titolare di un frantoio oleario, effettuato in un fiume scarichi di acque reflue industriali non autorizzati, sono palesemente infondate le sollevate eccezioni in tema di prelievo di campioni e di esecuzione delle relative analisi [effettuati nel rispetto delle norme procedimentali di riferimento] qualora sia stato accertato, con motivazione incensurabile, che le acque di lavorazione delle olive venivano immesse, senza trattamento depurativo, attraverso un tubo, direttamente in corso d'acqua superficiale.

 

UDIENZA del 29.04.2010

SENTENZA N. 855

REG. GENERALE N. 44394/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli ill.mi Signori:


dott. Pierluigi Onorato                                 Presidente
1. dott. Alfredo Teresi                                 Consigliere rel.
2. dott. Alfredo Maria Lombardi                    Consigliere
3. dott. Luigi Marini                                     Consigliere
4. dott. Santi Gazzara.                                Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da Borgese Giuseppe, nato a Palmi il 00.00.0000, avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Palmi in data 29.11.2006 con cui è stato condannato alla pena di €.2.000 d'ammenda per il reato di cui all'art. 59, comma 1, d. lgs. n. 152/1999;
- Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
- Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere doff. Alfredo Teresi;
- Sentito il PM nella persona del PG, dott. Giuseppe Volpe, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;


osserva


Con sentenza in data 29.11.2006 il Tribunale di Palmi condannava Borgese Giuseppe alla pena di €. 2.000 d'ammenda per il reato di cui all'art. 59, comma 1, d. lgs. n. 152/1999 [per avere, quale titolare di un frantoio oleario, effettuato senza autorizzazione scarichi di acque reflue industriali in un affluente del fiume Petrace. In Palmi il 12.12.2002] .


Proponeva appello l'imputato eccependo la nullità del prelevamento dei campioni perché, pur essendo emersi indizi di reato a suo carico, gli operanti non l'avevano avvisato della facoltà di nominare un difensore, nonché la nullità delle analisi (irripetibili) dei campioni deperibili perché eseguite dopo otto giorni dal prelievo, sicché era concreto il pericolo di alterazione.

Deduceva, poi, che la responsabilità doveva essere esclusa per l'omesso accertamento del possesso dell'autorizzazione allo scarico; per la destinazione dei reflui come ammendanti agricoli; per l'occasionalità dello scarico.


Chiedeva dichiararsi la nullità della sentenza e, in subordine, di essere assolto.


Con sentenza 18.06.2009 la Corte d'appello di Reggio Calabria trasmetteva gli atti a questa Corte ai sensi dell'art. 568 n. 5 c.p.p.


Il ricorso è manifestamente infondato perché articola generiche e incongrue censure che distorcono la sostanza del provvedimento impugnato che, invece, possiede un valido apparato argomentativo del tutto rispondente alle utilizzate acquisizioni processuali.


Premesso che la condotta contestata consiste nell'avere l'imputato, quale titolare di un frantoio oleario, effettuato in un fiume scarichi di acque reflue industriali non autorizzati, sono palesemente infondate le sollevate eccezioni in tema di prelievo di campioni e di esecuzione delle relative analisi [effettuati nel rispetto delle norme procedimentali di riferimento] stante che è stato accertato, con motivazione incensurabile, che le acque di lavorazione delle olive venivano immesse, senza trattamento depurativo, attraverso un tubo, direttamente in un affluente del fiume Petrace, il ché esclude la tesi alternativa dell'utilizzazione agronomica delle suddette acque.


Anche le altre censure sono infondate essendo stato correttamente ritenuto che grava sul titolare dell'insediamento produttivo l'onere di dimostrare l'avvenuto conseguimento dell'autorizzazione allo scarico e che l'imputato ha deliberatamente convogliato le acque di lavorazione in un pozzetto attraverso il quale s'immettevano in un affluente del fiume Petrace.


Pertanto, correttamente è stato ritenuto che tali decisivi elementi, minimizzati nei motivi di ricorso, depongono inequivocabilmente in senso sfavorevole all'imputato.


La manifesta infondatezza del ricorso preclude l'applicazione di eventuali sopravvenute cause di estinzione del reato [Cassazione SU n. 32/2000, De Luca], sicché grava sul ricorrente l'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in €. 1.000.


PQM


La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di €. 1.000 in favore della cassa delle ammende.


Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 29.04.2010.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  15 Giu. 2010