Consiglio di Stato Sez. IV n. 825 del 8 febbraio 2018
Urbanistica.Piano attuativo
Pure in presenza di una zona (in tesi) già urbanizzata, la necessità dello strumento attuativo è esclusa solo nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche nell'ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona
Pubblicato il 08/02/2018
N. 00825/2018REG.PROV.COLL.
N. 05801/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5801 del 2010, proposto dal Comune di Monza, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Ripetta, 142;
contro
Societa' Cooperativa Edificatrice Sempione s.c.r.l. e Societa' Fiori s.r.l., ciascuna in persona del legale rappresentante p.t., rappresentate e difese dagli avvocati Claudio Colombo e Francesco Basile, con domicilio eletto presso lo studio Nicoletta Mercati in Roma, via Alfredo Casella ,43;
per la riforma
della sentenza definitiva del T.a.r. per la Lombardia – Milano - Sezione II, n. 5269 del 2 dicembre 2009, resa tra le parti, concernente ordine di non effetturare lavori oggetto di d.i.a. - risarcimento danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle societa' Cooperativa Edificatrice Sempione s.c.r.l. e Fiori s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati Ferrari e Basile;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso dinanzi al T.A.R. Lombardia la Cooperativa Edificatrice Sempione s.c.r.l. impugnava il provvedimento del Dirigente del Settore Edilizia del Comune di Monza del 17.05.2004, recante ordine di non effettuare i lavori di cui alla d.i.a. del 19.04.2004, aventi ad oggetto la realizzazione di un edificio residenziale (palazzina residenziale di 6.208 mc.) in quanto contrastanti con le prescrizioni del PRG allora vigenti, nonché parere della commissione edilizia del 14.5.2004, chiedendo contestualmente il risarcimento dei danni subiti per il ritardo nella edificazione.
1.1. Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente, unitamente alla Fiori s.r.l. (acquirente dell'immobile), presentava domanda risarcitoria alla luce delle modifiche alla destinazione urbanistica dell'area introdotte per effetto dell'entrata in vigore del piano di governo del territorio del Comune di Monza, adottato con deliberazione n. 18 del 9.3.2007 ed approvato con deliberazione del C.C. n. 71 del 29 novembre 2007.
Impugnavano altresì questi ultimi provvedimenti e l'atto con cui la Provincia di Milano ha espresso il parere di sua competenza.
2. Con sentenza non definitiva n. 5482 del 21 novembre 2008 (rimasta inoppugnata, come meglio si dirà in prosieguo), il T.a.r. per la Lombardia, Sezione Seconda:
a) ha accolto il ricorso principale e, per l'effetto, ha annullato l'atto inibitorio del 17.5.2004, ritenendolo viziato per difetto di motivazione e travisamento dei fatti circa la sussistenza delle condizioni per derogare, nel caso di specie, all’obbligo della preventiva approvazione di un piano attuativo rispetto al rilascio di un titolo edilizio; in particolare, dopo aver ritenuto astrattamente integrabile nel caso di specie il disposto di cui all’art. 5 delle N.T.A. del P.R.G. che prevede, a determinati presupposti, l’edificabilità dell’area a concessione semplice, senza necessità di piano attuativo, ha censurato l’atto inibitorio, annullandolo, perché lo stesso “ha trascurato del tutto la verifica analitica dello stato di urbanizzazione della zona (che postula il raffronto tra area di riferimento e dotazioni necessarie, esistenti e mancanti), omettendo l’indicazione specifica delle opere da realizzare o potenziare ai fini del corretto inserimento urbanistico dell’insediamento in progetto. In particolare il medesimo atto si è richiamato in via generica a non meglio specificate previsioni contenute nel PRG di cui poi non è stata data precisazione nemmeno in sede di giudizio”;
b) ha disposto istruttoria necessaria ai fini della decisione del ricorso per motivi aggiunti;
c) si è riservato ogni statuizione in ordine alla domanda risarcitoria, ritenendola condizionata dall'esito della decisione del ricorso per motivi aggiunti.
3. Dopo aver acquisito gli esiti della disposta verificazione, il T.a.r. per la Lombardia, con sentenza definitiva n. 5269 del 2 dicembre 2009, respingeva i motivi aggiunti relativamente al Piano di Governo del Territorio e, viceversa, li accoglieva per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno. Disattendeva, tuttavia, i criteri di quantificazione del danno proposti dalle ricorrenti (imperniati sul mancato guadagno dell'operazione immobiliare), determinando il danno, ai sensi dell'art. 35 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, in misura corrispondente alla riduzione di valore del fondo tra il momento del provvedimento inibitorio (17 gennaio 2004) e quello di approvazione del piano di governo del territorio (che ha impresso al terreno destinazione a standards).
4. Con ricorso in appello il Comune di Monza ha impugnato la sentenza n. 5269 del 2009 chiedendone l’annullamento, sulla base di un unico complesso mezzo di gravame (sviluppato da pagina 11 a pagina 28).
5. La Cooperativa Edificatrice Sempione s.c.r.l, unitamente alla Fiori s.r.l. (poi divenuta COGE s.r.l.), si sono costituite nel presente giudizio presentando controricorso con appello incidentale.
In particolare le società:
a) hanno eccepito in via preliminare l’irricevibilità e/o inammissibilità parziale dell’appello per omessa formulazione della riserva di appello ex art. 340 c.p.c. e art. 129 disp. att. c.p.c. nei confronti della sentenza parziale n. 5482 del 21 novembre 2008, quindi per tardività dello stesso;
b) nel merito hanno chiesto il rigetto dell’appello principale stante la sua infondatezza;
c) in via incidentale hanno impugnato la sentenza sia nella parte in cui ha respinto i motivi aggiunti proposti volti ad ottenere l’annullamento del nuovo piano di governo del territorio del Comune di Monza del 2007, sia nella parte in cui ha quantificato il risarcimento del danno.
6. Con successiva memoria l’appellante principale ha eccepito l’intervenuta cessazione della materia del contendere, giusta l’approvazione, da parte del Comune di Monza, con deliberazione di Consiglio comunale n. 8 del 6.2.2017, della Variante del P.G.T. del 2007 (entrata in vigore il 3.5.2017 in seguito della pubblicazione dell'avviso sul BURL).
7. Con ulteriore memoria le appellate (appellanti in via incidentale) si sono opposte a quanto ex adverso dedotto ed eccepito.
8. All’udienza del 25 gennaio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
9. Le società appellate hanno eccepito in via preliminare l’irricevibilità e/o inammissibilità parziale dell’appello per omessa formulazione della riserva di appello ex art. 340 c.p.c. e art. 129 disp. att. c.p.c. nei confronti della sentenza parziale n. 5482 del 21 novembre 2008, quindi per tardività dello stesso.
9.1. Al riguardo, il Comune esclude che le decisioni prese dal T.a.r. per la Lombardia di Milano nella sentenza n. 5482/2008 siano oggetto del ricorso in appello, ammette di non aver formulato riserva in appello e riconosce di aver menzionato nelle conclusioni del ricorso, per mero lapsus calami, la sentenza n. 5482 del 2008.
9.2. Questo Collegio ritiene non fondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale, rilevando che:
a) il Comune di Monza non ha mai impugnato la più volte menzionata sentenza n. 5482 del 2008;
b) coerentemente non ha mai formulato riserva in appello in relazione alla medesima e, nel ricorso oggetto di decisione, non ne censura espressamente le argomentazioni e conclusioni;
c) seppur citandola nell’atto di appello (invero, per lo più in maniera indiretta e per mero errore materiale nelle conclusioni), non l’ha resa, nella sostanza, oggetto della impugnativa in trattazione.
10. In via preliminare occorre ulteriormente esaminare l’eccezione di intervenuta cessazione della materia del contendere, in ragione dell’approvazione da parte del Comune di Monza, con deliberazione di Consiglio comunale n. 8 del 6.2.2017, della Variante del P.G.T. del 2007, entrata in vigore il 3.5.2017 in seguito della pubblicazione dell'avviso sul BURL.
10.1. Secondo la prospettazione del Comune, invero, in forza della detta variante, le aree di proprietà della società convenuta sarebbero ora quasi interamente comprese nell'ambito di trasformazione AT 40. Tale ambito di trasformazione prevede una destinazione d'uso delle aree in esso ricomprese in prevalenza residenziale (90%) e, in via residuale, terziario-commerciale o produttiva (10%).
Ne conseguirebbe, secondo l’appellante, l’improcedibilità sia dell'appello incidentale che del ricorso di primo grado, in quanto, in seguito all'approvazione della Variante generale, le aree di proprietà della società appellata avrebbero assunto una destinazione d'uso principalmente residenziale. Ciò tenendo in considerazione che il T.A.R., nell'appellata sentenza, aveva chiaramente statuito che l'unico presupposto per l'accoglimento dell'istanza risarcitoria per equivalente era l'impossibilità di ottenere il risarcimento in forma specifica, risarcimento che invece ora è stato ottenuto.
A questo si aggiunga che l'odierna appellata ha prestato integrale acquiescenza alla sopravvenuta variante, omettendo qualsiasi impugnazione della nuova disciplina urbanistica.
10.2. In senso contrario l’appellata eccepisce che l’inserimento dell’area nell’ambito di trasformazione AT40 via della Guerrina, finalizzato al recupero del Nucleo cascinale esistente su aree di proprietà diversa, comporta l’obbligo – ulteriore rispetto al reperimento delle aree a standards – di acquisire da un soggetto terzo aree agricole esterne al comparto comprese tra la cascina e gli impianti sportivi esistenti. Quindi l’area non solo è stata inserita in un comparto soggetto a preventiva pianificazione attuativa con la finalità di recuperare una cascina esistente (di proprietà di terzi) ma risulta anche soggetta al regime degli AFT (Ambiti funzionali alle trasformazioni) i quali, ai sensi dell’art. 10 delle NTA del documento di piano, rappresentano un secondo livello di pianificazione attuativa che incide gravosamente sulle trasformazioni urbanistico edilizie.
Inoltre, l’appellata fa rilevare che il danno lamentato concerne le conseguenze derivanti dalla illegittima interdizione rispetto all’attività edificatoria in procinto di essere avviata con DIA, quindi l’attuale modifica, anche in considerazione del rilevante lasso di tempo trascorso (13 anni), non può ritenersi satisfattorio, né qualificabile come risarcimento in forma specifica.
10.3. Il Collegio al riguardo ritiene di dover distinguere nettamente tra le due domande avanzate con appello incidentale.
10.3.1. In primo luogo, con riferimento alla domanda di risarcimento del danno (ed alla presupposta domanda di accertamento della responsabilità amministrativa), occorre ravvisare che il riconoscimento della destinazione residenziale all’area, avvenuto in ragione all'approvazione della Variante generale, non comporta un’immediata soddisfazione della società, perché tale strumento subordina l’attività edificatoria ad alcuni adempimenti ed alla pianificazione attuativa.
Peraltro, considerato, come visto, l’intervento del giudicato sulla pronuncia di annullamento del provvedimento inibitorio impugnato in primo grado, il vantato diritto al risarcimento del danno, a ben vedere, fondandosi sull’illegittimità dell’inibitoria del 2004, resta fondamentalmente impregiudicato dalla sopravvenuta affermazione, nel 2017, della edificabilità dell’area.
Conclusivamente sul punto, il Collegio ritiene, quindi, di non dover accogliere l’eccezione di intervenuta cessazione della materia del contendere con riferimento alla domanda di risarcimento del danno.
10.3.2. Con appello incidentale le società appellate, altresì, avanzano nuovamente domanda di annullamento del piano di governo del territorio adottato con deliberazioni C.C. n. 18 del 9.3.2007 e n. 71 del 29.11.2007, che includeva l’area in esame nell’ambito strategico 71/b – Parco dello Sport.
Le appellanti in via incidentale insistono, infatti, sulla censura avanzata con i motivi aggiunti in primo grado, con i quali si era contestata l'illegittimità dello strumento urbanistico laddove includeva l'area in questione in "ambito di trasformazione", regolato dal documento di piano che, ai sensi dell'art. 8 della L.R. Lombardia 11 marzo 2005 n. 12, non produce efficacia diretta sul regime giuridico dei suoli.
Tale previsione veniva contestata perché il tipo di infrastrutture ammesse è costituito unicamente da servizi pubblici di interesse generale, i quali dovrebbero essere disciplinati dal piano dei servizi, con previsioni conformative del regime dei suoli (art. 9 della L.R. 12/2005).
10.3.3. Al riguardo, il Collegio rileva la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione della domanda di annullamento dello strumento urbanistico del 2007 e dunque la improcedibilità dei motivi aggiunti di primo grado e del successivo ricorso in appello che la ripropone.
Tale domanda è da ritenersi superata in virtù dell’intervenuta approvazione, da parte del Comune di Monza, con deliberazione di Consiglio comunale n. 8 del 6.2.2017, della Variante del P.G.T. del 2007, entrata in vigore il 3.5.2017 in seguito della pubblicazione dell'avviso sul BURL.
Invero, l’interesse delle società all’annullamento della – asseritamente - illegittima destinazione dell’area in questione a “parco dello sport” e non a residenza, come previsto dagli all. 13 e 17 del PGT, viene meno nel momento in cui, con l’approvazione della citata Variante, la destinazione d'uso delle aree è divenuta in prevalenza residenziale (90%).
Sul punto il Collegio, (uniformemente alla consolidata giurisprudenza, cfr. ex plurimis e da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 5365 del 2017; n. 487 del 2017; sez. IV, 12.6.2007, n. 3087 cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d), c.p.a.), rileva che il difetto di interesse in questione discende in via diretta dal fatto che l’eventuale annullamento degli atti impugnati non potrebbe recare alcuna utilità, neanche di carattere morale, all’originaria ricorrente a fronte del rinnovato esercizio del potere pianificatorio generale da parte del Comune; né è stato chiesto, dalle società, l’accertamento della illegittimità del nuovo piano di governo del territorio del 2007 ai fini di cui all’art. 34, co. 3, c.p.a.
11. Passando al merito della controversia, si rileva che con il primo complesso motivo il Comune appellante censura la sentenza impugnata laddove accerta la responsabilità della PA, e conseguentemente condanna la stessa al risarcimento del danno, seppur in assenza dei prescritti presupposti oggettivi e soggettivi, non essendovi stata dimostrazione della colpa in cui sarebbe incorsa la PA; nonché in assenza della dimostrazione della spettanza del bene della vita e del nesso causale tra il danno asserito ed i provvedimenti assunti dalla P.A.
11.1. Al riguardo, il Collegio, ribadendo quanto già anticipato, premette che la pronuncia n. 5482/2008 non impinge nella valutazione della responsabilità dell’Amministrazione e nell’accertamento del conseguente diritto al risarcimento del danno, che restano pertanto impregiudicate, stante la natura prettamente formale dei vizi rilevati dal Giudice di primo grado in quella sede e che hanno portato all’annullamento del provvedimento inibitorio.
11.2. Passando pertanto all’accertamento della responsabilità dell’Amministrazione comunale derivante dalla condotta inibitoria dell’attività di edificazione sorretta dalla d.i.a. del 19.04.2004, il Collegio condivide il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la responsabilità civile della Pubblica Amministrazione derivante da un provvedimento illegittimo è di natura extra contrattuale e, nel caso di un provvedimento adottato in sede di autotutela o di inibitoria, la collegata posizione giuridica del privato è di interesse legittimo (Cons. Stato, sez. IV, 18 luglio 2017, n. 3520).
11.2.1. Al riguardo il Collegio ritiene che, per accedere alla tutela risarcitoria, sia indispensabile, ancorché non sufficiente, che il provvedimento (o il comportamento) illegittimo dell’amministrazione reso nell’esplicazione (o nell’inerzia) di una funzione pubblica incida sul bene della vita finale. Ciò funge da sostrato materiale dell’interesse legittimo e non consente di configurare la tutela degli interessi c.d. procedimentali puri, delle mere aspettative o dei ritardi procedimentali (Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675 secondo cui “il giudicato di annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi formali (quali il difetto di istruttoria o di motivazione), in quanto pacificamente non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato, non consente di fondare la pretesa al risarcimento del danno”)
Coerentemente, in materia di risarcimento del danno da mancata edificazione da provvedimento illegittimo, si è dato corso alla tutela risarcitoria solo in presenza della prova seria della spettanza in concreto del diritto di edificare e delle conseguenze dannose (cfr. da ultimo sez. IV, n. 1835 del 2017; sez. IV, n. 5363 del 2016; sez. IV, n. 1436 del 2016).
Del resto, nel senso della necessità di accertare la spettanza del bene del vita (sotteso sia al diritto soggettivo che all’interesse legittimo) si è orientata anche la Adunanza plenaria di questo Consiglio (cfr. sentenza n. 2 del 2017).
11.2.2. Nel caso di specie la sentenza del T.A.R. n. 5482/2008, che ha annullato il provvedimento in autotutela, non ha dichiarato con certezza il diritto ad edificare in assenza di permesso, lasciando così salvi gli ulteriori provvedimenti del Comune, ma è intervenuta rilevando un vizio formale insito nel difetto di istruttoria e motivazione.
A tale situazione non si può ovviare attraverso l’espletamento di una verificazione le cui valutazioni non possono sostituire quelle rimesse dalla legge all’Autorità preposta alla cura dell’interesse pubblico.
11.3. Come dianzi accennato risulta carente anche il requisito soggettivo della colpa.
11.3.1. La illegittimità del provvedimento non fonda una forma di responsabilità oggettiva che prescinda dall'accertamento della colpevolezza che peraltro risulta necessario anche se si potesse configurare un diritto soggettivo. In presenza di atti illegittimi la colpa in astratto si può ritenere provata, integrando l'accertamento dell'illegittimità, ai sensi degli artt. 2727 e 2729, comma 1, c.c., una forma di presunzione semplice in ordine alla sua sussistenza in capo all'Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4439), tuttavia anch'essa superabile da prova contraria (cfr. Ad. plen. n. 2 del 2017 cit.).
11.3.2. Occorre pertanto delineare il contesto dei principi e delle norme all’interno del quale il comune si è trovato ad operare.
Costituisce ius receptum (cfr., ex plurimis e da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 4 luglio 2017, n. 3256; sez. IV, 17 luglio 2013, n. 3880; sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4200; sez. V, 29 febbraio 2012, n. 1177) che:
a) in linea di principio, sono eccezionali e di stretta interpretazione i casi in cui il P.R.G. (o lo strumento urbanistico equivalente) consenta il rilascio del permesso di costruire diretto, senza previa approvazione dello strumento attuativo;
b) pure in presenza di una zona (in tesi) già urbanizzata, la necessità dello strumento attuativo è esclusa solo nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche nell'ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l'urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all'edificazione);
c) l'esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata.
1.3.3. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie, il Collegio osserva che il comune ha interpretato restrittivamente la clausola contenuta nell’art. 5 delle n.t.a. del p.r.g. all’epoca vigente (che consentiva l’edificazione diretta ma previa verifica di una serie di condizioni e requisiti) in coerenza con la consolidata giurisprudenza; di tal chè, l’intervenuta declaratoria di illegittimità del provvedimento inibitorio, da parte della sentenza del 2008, non consente di ritenere provata, ex se, la colpa dell’Amministrazione che non può mai coincidere con la colpa di apparato; deve pertanto ritenersi scusabile l’errore addebitabile all’amministrazione che ha agito a tutela dell’ordinato sviluppo del proprio territorio.
12. Da tutto quanto sopra illustrato risulta sia la impossibilità di configurare la colpa a carico del Comune sia la insussistenza del bene della vita finale (il diritto alla edificazione) che il giudicato del 2008 non ha riconosciuto.
13. A tanto consegue l’accoglimento dell’appello principale.
14. Relativamente all’appello incidentale proposto dalle società appellate, nella parte in cui contesta la quantificazione della liquidazione effettuata dal T.a.r., il Collegio rileva che l’accertamento dell’inconfigurabilità della responsabilità dell’Amministrazione comunale ne preclude l’esame.
15. In considerazione della reciproca soccombenza (anche avuto riguardo alla originaria domanda di annullamento) appare equo compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso (n.r.g. 5801/2010), come in epigrafe proposto, accoglie l’appello principale, dichiara improcedibile l’appello incidentale e, in riforma della impugnata sentenza, dichiara improcedibili i motivi aggiunti al ricorso di primo grado (r.g. 3522/2004) e respinge la domanda di risarcimento del danno.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore
Nicola D'Angelo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alessandro Verrico Vito Poli