TAR Veneto Sez. III sent. 2624 del 20 ottobre 2009
Acque. Divieto di diluizione

La disciplina in materia di tutela delle acque dall’inquinamento annovera, tra i criteri generali della disciplina degli scarichi, il principio che prevede che il rispetto dei limiti tabellari di scarico non deve essere conseguito mediante la semplice diluizione.Tale divieto di diluizione viene recepito anche nella disciplina relativa agli scarichi pericolosi prevista nel successivo art. 108, comma 5
N. 02624/2009 REG.SEN.
N. 00708/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 708 del 2009, proposto da Anodall S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Casali e Dora Venturi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Venezia, San Marco, 941;


contro


Provincia di Verona, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fausto Scappini e Antonio Sartori, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33;

per l\'annullamento

della determinazione del Dirigente del Settore ambiente – Servizio difesa del suolo n. 7751 del 22.12.2008 con la quale la Provincia di Verona ha autorizzato la Anodall s.p.a. in via temporanea, e comunque non oltre il 30.9.2009, all’esercizio dell’impianto di depurazione sito in Comune di Trevenzuolo, nonché lo scarico in corso d’acqua superficiale, nella parte in cui prescrive che “non è consentito di diluire gli scarichi parziali contenenti sostanze pericolose con le acque tecnologiche e di riscaldamento, pertanto il rispetto dei limiti va verificato distintamente prima del loro congiungimento” e che “la ditta Anodall s.p.a. è tenuta a: a. rispettare, per lo scarico dei reflui industriali, i limiti di accettabilità della tab. 3 dell’allegato 5, alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e successive modifiche”, nonché di ogni altro atto presupposto e conseguente, anche se non conosciuto.


Visto il ricorso, notificato il 19.2.2009 e depositato presso la Segreteria il 16.3.2009, con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione dell’Amministrazione resistente;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti di causa;

Uditi nella pubblica udienza del 18.6.2009 - relatore il Referendario Marina Perrelli - i procuratori delle parti, presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


La società ricorrente svolge un’attività di ossidazione e verniciatura di profili in alluminio.

L’insediamento produttivo gestito dalla Anodall s.p.a. è dotato di un articolato impianto di linee di raccolta delle acque produttive e di processo, comprensivo di un impianto di depurazione chimico – fisico delle acque di lavorazione e di una linea generale di scarico nel fosso Gambisa.

In particolare le acque produttive si distinguono in acque di lavorazione che sono i reflui provenienti da ogni fase intermedia di lavorazione dell’alluminio, in acque tecnologiche che caratterizzano il processo di ossidazione anodica dell’alluminio e in acque di raffreddamento che raffreddano le morsettiere nelle quali passa la corrente ad alto voltaggio.

L’impianto di raccolta delle acque produttive si articola in due linee : la linea 1 in cui confluiscono le acque reflue di lavorazione che porta al c.d. decantatore ovest e la linea 2 in cui confluiscono le acque tecniche di lavorazione e di raffreddamento che porta al c.d. decantatore est.

Entrambe le predette linee poi si ricongiungono in un unico ulteriore decantatore per essere poi immesse nel fosso Gambisa, previo passaggio delle acque provenienti dalla linea 1 attraverso l’impianto di depurazione chimico – fisico, ubicato a monte del decantatore ovest, per ottenere concentrazioni di nichel, cromo esavalente e cromo totale entro i limiti previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. n. 152/2006.

L’autorizzazione della Provincia di Verona n. 403 del 3.7.2000 prevedeva che lo scarico avrebbe dovuto adeguarsi ai limiti della tabella 3 (scarico in acque superficiali) dell’allegato 5 del D.lgs. n. 152/1999. Successivamente con la determina n. 5492 del 20.9.2004 la Provincia, dato atto che “allo scarico sono presenti sostanze pericolose”, prescriveva che “non è consentito diluire gli scarichi parziali contenenti dette sostanze con le acque di raffreddamento e meteoriche: il rispetto dei limiti va verificato distintamente prima del loro congiungimento”.

In particolare la Provincia di Verona statuiva che “la ditta Anodall dovrà rispettare, per ogni tipologia di scarico, i limiti di accettabilità della tabella 3 dell’allegato 5, di cui al decreto legislativo 11.5.1999 n. 152 e successive modifiche ed integrazioni”.

Quindi con la determinazione n. 5674 del 22.9.2008, poi sostituita dalla determinazione n. 7751 del 28.12.2008, oggetto di impugnazione, la Provincia di Verona autorizzava la società Anodall “1. a proseguire nell’esercizio di depurazione chimico fisico; 2. allo scarico, nella fossa Gambisa, delle acque reflue industriali depurate e di quelle tecnologiche e di raffreddamento “, prescrivendo che “non è consentito diluire gli scarichi parziali contenenti sostanze pericolose, con le acque tecnologiche e di raffreddamento” con verifica del rispetto dei limiti prima del loro congiungimento e il rispetto, per lo scarico dei reflui industriali, dei limiti di accettabilità della tabella 3 dell’allegato 5, alla parte terza del decreto legislativo 3.4.2006 n. 152 e successive modifiche”.

Secondo la prospettazione della società ricorrente il fatto che nella parte deliberativa della determina la Provincia abbia distinto le acque reflue industriali depurate e le acque tecnologiche e di raffreddamento potrebbe indurre a ritenere che l’Amministrazione resistente abbia inteso individuare lo scarico dei reflui industriali nello scarico parziale del processo relativo alla linea 1.

La determinazione impugnata sembrerebbe, dunque, prescrivere il rispetto dei limiti della tabella 3 dell’allegato 5 anche per le sostanze non pericolose – quali il BOD e i solfati - non comprese nella tabella 5 dell’allegato 5 all’uscita dei reflui industriali dell’impianto di depurazione chimico – fisico della linea 1 e non allo scarico generale nella fossa Gambisa.

Tale interpretazione risulta avvalorata anche dall’ordinanza n. 558 del 24.12.2008 con la quale la Provincia di Verona, sulla scorta del verbale dell’A.R.P.A.V. dell’11.7.2007, irrogava alla Anodall s.p.a. una sanzione ai sensi dell’art. 133, comma 1, del D.lgs. n. 152/2006 per avere riscontrato il superamento dei limiti della tabella 3 dell’allegato 5 al D.lgs. n. 152/1999 per i valori BOD e solfati.

Con un unico articolato motivo la Anodall s.p.a. deduce l’illegittimità in parte qua della determinazione impugnata per violazione degli artt. 74, comma 1, 101, 105 e 108 e dell’Allegato 5 alla Parte terza del D.lgs. 3.4.2006 n. 152, nonché dell’art. 3 della legge n. 241/1990 per carenza di motivazione, per eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per insufficienza e perplessità della motivazione giacché la determinazione impugnata prescrive per i reflui produttivi in uscita dal decantatore ovest il rispetto dei limiti previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5 della parte terza del d.lgs. n. 152/2006 per tutte le 50 sostanze ivi indicate e non solo per le 18 sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell’allegato medesimo, senza che una simile imposizione trovi riscontri nella normativa vigente.

Secondo la tesi della società ricorrente, infatti, dal combinato disposto dei richiamati artt. 101, 105 e 108 emerge che non è consentito per le sostanze non pericolose – cioè non incluse nella tabella 5 dell’allegato 5 – di anticipare il campionamento dei reflui ad un punto che non sia quello “immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali delle acque superficiali…” con conseguente impossibilità di imporre l’obbligo di rispettare i limiti previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5. Al contrario l’amministrazione provinciale può solo richiedere che, ai sensi dell’art. 101 citato, gli scarichi parziali contenenti alcune sostanze pericolose subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale, accorgimento del resto già adottato dalla Anodall s.p.a. che ha dotato l’impianto della linea 1 all’uscita del decantatore ovest di un impianto di depurazione chimico – fisico per ricondurre le acque reflue di lavorazione ai valori limite di cui alla tabella 3 dell’allegato 5.

La Provincia di Verona, ritualmente costituitasi in giudizio, ha concluso per la reiezione del ricorso evidenziando che il divieto di diluizione sancito dall’art. 101, comma 5, del D.lgs. n. 152/2006 riguarda anche le acque di raffreddamento e le acque di lavaggio per cui non è comunque consentito conseguire i valori limite con una simile modalità a prescindere dal fatto che le acque siano esclusivamente prelevate per questo scopo. L’amministrazione resistente ha, inoltre, ribadito la legittimità dell’individuazione del punto di misurazione dello scarico prima che il refluo subisca la diluizione con altre acque tanto più che le acque reflue che derivano dalla linea 1 contengono anche le sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell’allegato 5 alla parte terza del citato decreto.

Alla pubblica udienza del 18.6.2009 il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.


DIRITTO


La Anodall s.p.a. impugna la determinazione del Settore Ambiente della Provincia di Verona n. 7751 del 22.12.2008 nella parte in cui prescrive che “non è consentito diluire gli scarichi parziali contenenti sostanze pericolose con le acque tecnologiche e di riscaldamento, pertanto il rispetto dei limiti va verificato distintamente prima del loro congiungimento” e che la società ricorrente “ è tenuta a rispettare per lo scarico dei reflui industriali, i limiti di accettabilità della tabella 3 dell’allegato 5, alla parte terza del decreto legislativo 3.4.2006 n. 152 e successive modifiche”.

Il ricorso non è fondato e va respinto per le seguenti ragioni.

Il Collegio ritiene opportuno ai fini della decisione riassumere le disposizioni che disciplinano la materia degli scarichi dei reflui industriali.

L’art. 101 del D.Lgs. n. 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni al comma 1 stabilisce che “Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell\'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto” e al comma 3 prescrive che “Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell\'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall\'art. 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo”.

Il successivo comma 4 del citato art. 101 statuisce che “L\'autorità competente per il controllo (…) può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell\'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale”, mentre il comma 5 prescrive che “ I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non e\' comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L\'autorità competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4”.

L’art. 108, comma 5, stabilisce poi che “Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell\'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico e\' fissato secondo quanto previsto dall\'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l\'uscita dallo stabilimento o dall\'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L\'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell\'art. 124, comma 2, secondo periodo, l\'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l\'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.”.

Orbene dalla lettura in combinato disposto delle richiamate disposizioni di legge si evince che la disciplina in materia di tutela delle acque dall’inquinamento annovera, tra i criteri generali della disciplina degli scarichi, il principio che prevede che il rispetto dei limiti tabellari di scarico non deve essere conseguito mediante la semplice diluizione.

Tale principio viene espresso quale divieto nell’art. 101, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006 (analogamente a quanto già disponeva lo stesso comma 5 dell’art. 28 del d.lgs. n. 152/1999) che prevede anche che l\'autorità competente, in sede di autorizzazione, possa prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, debba essere separato dallo scarico terminale di ciascuno stabilimento.

Le modifiche apportate all’art. 101, comma 5, dal d.lgs. n. 4/2008 (art. 2, comma 8) hanno, inoltre, disposto: a) l’obbligo, piuttosto che la mera facoltà, da parte dell’autorità competente di prescrivere la separazione degli scarichi parziali contenenti sostanze pericolose da quelli delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia;

b) la specificazione che tale obbligo riguarda, per l’appunto, gli scarichi parziali contenenti sostanze pericolose e non solo lo scarico terminale di ciascun stabilimento.

Tale divieto di diluizione viene recepito anche nella disciplina relativa agli scarichi pericolosi prevista nel successivo art. 108, comma 5, anch’esso modificato dal d.lgs. n. 4/2008 (art. 2, comma 5), già sopra rammentato.

Alla luce dei richiamati principi stabiliti dal d.lgs. n. 152/2006 non appare dunque condivisibile la prospettazione della società ricorrente secondo la quale la Provincia avrebbe erroneamente individuato per tutte le sostanze della tabella 3 il punto di misurazione dei limiti allo scarico parziale della linea 1, nonché avrebbe imposto per lo scarico dei reflui industriali i limiti di accettabilità della tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006, senza estenderlo anche alle acque tecnologiche e di raffreddamento.

E’, infatti, evidente sulla base dei criteri di interpretazione letterale e sistematico la volontà del legislatore di ricomprendere , tra i criteri generali della disciplina degli scarichi, il principio che prevede che il rispetto dei limiti tabellari di scarico non deve essere conseguito mediante la diluizione sia che essa avvenga con acque prelevate esclusivamente per questo scopo, sia che avvenga con acque di raffreddamento e di lavaggio.

Infine non appare neanche condivisibile l’interpretazione fornita dalla società ricorrente per sostenere l’illegittimità della prescrizione relativa al rispetto dei limiti di accettabilità della tabella 3 dell’allegato 5 per lo scarico dei reflui industriali atteso che il citato art. 101 espressamente prevede sia il divieto di diluizione dei reflui industriali sia addirittura la separazione dello scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, dagli scarichi terminali contenenti le sostanze pericolose di cui alla richiamata tabella.

Sulla scorta delle predette argomentazioni il ricorso proposto deve, quindi, essere respinto.

Appaiono nondimeno sussistere giustificati motivi, in considerazione della peculiarità della fattispecie sottoposta all’esame del Collegio e della complessità della normativa di settore, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo respinge.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2009 con l\'intervento dei Magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente
Stefano Mielli, Primo Referendario
Marina Perrelli, Referendario, Estensore

L\'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/10/2009