TAR Puglia (LE) Sez. I n. 2616 del 4 novembre 2010
Acque. Acque pubbliche giurisdizione
La giurisdizione speciale in materia di acque pubbliche riguarda gli atti che, anche se emanati da autorità non specificatamente preposte alla tutela delle acque pubbliche, abbiano sul regime di queste ultime un’incidenza immediata e diretta, con esclusione dunque degli atti che non abbiano tale incidenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02616/2010 REG.SEN.
N. 00259/2010 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 259 del 2010, proposto da:
Associazione Italia Nostra Onlus, Associazione Cittadinanza Attiva - Tribunale Per i Diritti del Malato, Federconsumatori, Associazione "Sud", Comune di Melpignano, Comune di Soleto, Comune di Zollino, Comune di Castrignano de' Greci, rappresentati e difesi dall'avv. Nicola Flascassovitti, con domicilio eletto presso Nicola Flascassovitti in Lecce, via 95 Rgt.Fanteria 1;
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. Pierluigi Balducci, con domicilio eletto presso Federico Massa in Lecce, via Zanardelli, 60;
nei confronti di
Cogeam, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Quinto, Pietro Quinto, con domicilio eletto presso Pietro Quinto in Lecce, via Garibaldi 43;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Comune di Corigliano D'Otranto, rappresentato e difeso dall'avv. Leonardo Maiorano, con domicilio eletto presso Salvatore Spano in Lecce, via Oberdan, 11; Associazione Cittadinanzattiva Puglia, rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Flascassovitti, con domicilio eletto presso Nicola Flascassovitti in Lecce, via 95 Rgt.Fanteria 1;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio della Regione Puglia n. 230 del 20 ottobre 2009, con la quale è stato approvato il Piano di Tutela delle Acque ai sensi dell'art. 121 del D.Lgs. n. 152/2006 nella parte in cui ha previsto, con riferimento alla falda acquifera del Salento ed in particolare all'area circostante i pozzi di emungimento AQP presenti nel Comune di Corigliano d'Otranto, una perimetrazione delle aree di salvaguardia delle acque sotterranee destinate al consumo umano in violazione dei principi generali contenuti nel T.U. in materia ambientale (D.Lgs. n. 152/06) e nella parte in cui con le "Linee guida", da utilizzare nella redazione di successivi e separati regolamenti di attuazione, approvate unitamente al predetto Piano, sono stati recepiti i "Divieti generali", relativi alle attività umane che non possono essere insediate nelle aree di salvaguardia, in violazione del T.U. in materia ambientale; nonché della deliberazione di G.R. n. 883 del 19 giugno 2007 con la quale è stato adottato il "Progetto di piano di tutela delle acque"; della Relazione Generale della Sogesid spa redatta nel giugno 2009 ed inviata al Commissario delegato con nota prot. 02866 del 13 luglio 2009 e dei relativi allegati; della deliberazione di Giunta Regionale n. 1441 del 4 agosto 2009, con la quale sono state approvate le integrazioni e le modificazioni al "Piano di tutela delle acque" della Regione Puglia.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Puglia e di Cogeam;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2010 il dott. Claudia Lattanzi e udito l’avv. Flascassovitti, l’avv. Citarella in sostituzione dell’avv. Balducci, l’avv. Vantaggiato in sostituzione dell’avv. Maiorano e l’avv. Antonio Quinto.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Regione Puglia, con deliberazione n. 833 del 19 giugno 2007, ha adottato il Progetto di piano di tutela della acque e, con deliberazione n. 1441 del 4 agosto 2009, ha apportato modifiche e integrazioni.
Con delibera n. 230 del 20 ottobre 2009 il Consiglio regionale ha poi approvato definitivamente il Piano di Tutela delle acque e le “Linee guida” da utilizzare nella redazione di successivi e separati regolamenti di attuazione del Piano.
Avverso i suddetti provvedimenti è stato proposto il presente ricorso, chiedendone l’annullamento nella parte in cui “e nei limiti dell’interesse fatto valere, ha previsto, con riferimento alla falda acquifera del Salento ed in particolare nell’area circostante i pozzi di emungimento AQP presenti nel Comune di Corigliano di Otranto, una perimetrazione delle aree di salvaguardia delle acque sotterranee destinate al consumo umano in violazione dei principi generali contenuti nel T.U. in materia ambientale (D.lgs. n. 152/06) e nella parte in cui con le Linee guida, da utilizzare nella redazione di successivi e separati regolamenti di attuazione, approvate unitamente al predetto Piano, sono stati recepiti i Divieti generali, relativi alle attività umane che non possono essere insediate nelle aree di salvaguardia, in violazione del T.U. in materia ambientale”.
I ricorrenti hanno proposto i seguenti motivi: 1. Violazione, falsa ed errata applicazione e interpretazione dell’art. 94 del d.lgs. 152/2006. Eccesso di potere per errore nei presupposti di diritto, illogicità e irrazionalità manifesta. Difetto assoluto di motivazione. Perplessità dell’azione amministrativa. Sviamento. 2. Eccesso di potere per istruttoria carente e contraddittoria. Difetto di motivazione. Perplessità dell’azione amministrativa. Irrazionalità e illogicità. Sviamento sotto altri profili. 3. Violazione, falsa ed errata applicazione e interpretazione degli artt. 2 e 53 del d.lgs. 152/2006. Violazione dei principi comunitari vigenti in subiecta materia e in particolare degli artt. 1 e 17 della direttiva 2000/60/CE “Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque”. Violazione dei principi di prevenzione e precauzione di cui all’art. 174 del Trattato CEE.
Deducono i ricorrenti: che il Piano e le Linee guida prevedono una zonizzazione non in linea con la normativa nazionale, consentendo l’esercizio e l’insediamento di attività pericolose all’interno delle zone di protezione speciale idrogeologica, e l’apertura e l’esercizio di una discarica nella zona B; che l’azione amministrativa è contraddittoria e irrazionale perché, pur prevedendo nelle premesse delle Linee guida il fattore rischio dello smaltimento dei rifiuti, consente la permanenza e l’insediamento degli impianti di smaltimento; che l’istruttoria è carente perché si sarebbe dovuta verificare la permeabilità della roccia sovrastante le aree di captazione della falda; che l’intero territorio di Corigliano d’Otranto doveva essere inserito nella zona di rispetto di cui all’art. 94 d.lgs 152/06; che sono stati violati i principi comunitari di precauzione e dell’azione preventiva della politica in materia ambientale.
Il comune di Corigliano d’Otranto si è costituito con atto di intervento ad adiuvandum del 9 marzo 2009, ribadendo le deduzioni svolte dai ricorrenti.
Con controricorso del 9 marzo 2010 la Co.ge.am – mandataria dell’ATI aggiudicataria del pubblico incanto per l’affidamento del servizio di gestione del sistema impiantistico complesso per rifiuti urbani a servizio del bacino LE2 operante nel comune di Corigliano d’Otranto – ha anzitutto contestato la legittimazione ad agire dell’Associazione Cittadinanza Attiva – Tribunale per i diritti del malato, Federconsumatori e Associazione Sud. La Co.ge.am ha poi eccepito: l’inammissibilità dell’atto di intervento del comune di Corigliano d’Otranto, perché ha partecipato alla conferenza di servizi, esprimendo parere favorevole all’approvazione definitiva del progetto di discarica; l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione dei provvedimenti amministrativi con i quali è stata localizzata la discarica di Corigliano d’Otranto; inammissibilità del ricorso per omessa notifica alla Progetto Ambiente Bacino Lecce Due s.r.l., società consortile costituita per la realizzazione e gestione dell’impianto di Corigliano. Nel merito è stato rilevato: che il Piano rispetta i parametri del d.lgs. 152/2006 perché la discarica è localizzata a distanza di circa 1 km dal pozzo più vicino, che il sito della discarica è posto a valle dei pozzi di prelievo dell’Acquedotto Pugliese e il sistema di impermeabilizzazione della discarica offre un elevato livello di protezione dell’acquifero; che la censura di carenza di istruttoria è inammissibile perché rivolta nei confronti dell’atto di localizzazione della discarica, mai impugnato; che il progetto di localizzazione è stato preceduto da uno studio idrogeologico che ha escluso l’esistenza di qualsiasi potenziale rischio per la falda.
La Regione, con memoria del 13 aprile 2010, ha eccepito il difetto di giurisdizione di questo Tribunale in favore del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche. Nel merito ha rilevato: che le prescrizioni della Regione non individuano le aree di salvaguardia proprie dell’art. 94 d.lgs. 152/06, le quali saranno individuate successivamente mediante apposito atto regolamentare, ma costituiscono delle misure di salvaguardia.
Con memoria difensiva dell’11 giugno 2010 la Regione ha inoltre eccepito la tardività del ricorso e il difetto di legittimazione attiva di tutte le ricorrenti fatta esclusione per Italia Nostra.
Le ricorrenti, con memoria del 12 giugno 2010, hanno controdedotto sull’eccepito difetto di giurisdizione, sull’eccepita carenza di legittimazione attiva, sull’omessa notifica alla Progetto Ambiente Bacino Lecce Due e sull’omessa impugnazione degli atti che hanno autorizzato la localizzazione, realizzazione ed esercizio della discarica. Nel merito hanno controdedotto in ordine alle argomentazioni svolte dalla Regione Puglia, rilevando come la relazione generale della Sogesid ha sempre fatto riferimento alle aree di salvaguardia.
DIRITTO
1. Ha carattere pregiudiziale l’eccepito difetto di giurisdizione di questo giudice a favore della giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.
L’eccezione è infondata.
La giurisprudenza ha chiarito che la giurisdizione speciale in materia di acque pubbliche riguarda gli atti che, anche se emanati da autorità non specificatamente preposte alla tutela delle acque pubbliche, abbiano sul regime di queste ultime un’incidenza immediata e diretta, con esclusione dunque degli atti che non abbiano tale incidenza (Cons. St., sez. IV, 6 luglio 2009, n. 4306; Cass., sez. un., 17 aprile 2009, n. 9149).
Nel caso in esame, il provvedimento impugnato non ha un’incidenza diretta e immediata sul regime delle acque, ma solo indiretta ed eventuale e quindi sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.
2. Il Collegio ritiene, poi, di poter prescindere dall’esame delle eccezioni stante l’infondatezza nel merito del ricorso.
La normativa nazionale (art. 94 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), nel dettare le prescrizioni alle quali si devono attenere le Regioni nella redazione del Piano Tutela Acque (PTA), ha previsto le zone di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto. Le prime, che sono costituite dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni, devono avere un estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione. Per la zona di rispetto, distinta in ristretta e allargata, il comma 6 dell’articolo in esame ha previsto che “In assenza dell’individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione”.
Il PTA, adottato dalla Regione, ha previsto delle zone di protezione speciale, denominate “zona A” “zone B1 e B2” e “Zone C e D”, stabilendo che nella zona A sono vietate le nuove aperture di discariche di rifiuti ma è ammesso l’esercizio di discariche di rifiuti già esistenti; mentre nella zona B2 è vietato “l’apertura e l’esercizio di nuove discariche per rifiuti solidi urbani non inserite nel Piano regionale dei rifiuti”.
Le parti ricorrenti sostengono che queste previsioni sono in violazione di quanto stabilito dalla normativa nazionale, perché ammettono l’esercizio e l’insediamento di attività pericolose all’interno delle zone di protezione speciale idrogeologica, consentendo l’apertura e l’esercizio di una discarica nella zona B. In particolare, sostengono che in questo modo “verrà consentito l’apertura e l’esercizio proprio della discarica di Corigliano, ricadente in zona B2”.
Nel caso in esame, è incontroverso in giudizio che l’unica discarica esistente, quella di Corigliano, è situata a distanza di circa 1 km dal pozzo più vicino, e quindi non incide sulla zona di tutela assoluta e, neppure, sulla zona di rispetto.
In altri termini, la Regione, nello stabilire che nella zona A vige il divieto di aprire nuove discariche, ammettendo solo l’esercizio di quelle già esistenti, ha rispettato quanto stabilito dalla normativa nazionale, proprio perché non è presente,sia nel raggio di dieci metri dal punto di captazione sia nel raggio di duecento metri, alcuna discarica (in verità i ricorrenti non deducono l’esistenza di alcuna discarica nella zona in questione).
Analogo discorso vale per quanto riguarda le zone di rispetto. Infatti, la normativa nazionale stabilisce che queste zone devono avere un’estensione di 200 metri dal raggio di captazione o di derivazione, e, nel caso in esame, l’unica discarica inserita nel Piano regionale dei rifiuti, quella di Corigliano, è comunque distante 1 km circa dal pozzo più vicino.
Quindi, la Regione, nel disciplinare le zone di protezione speciale, ha rispettato quanto sancito dalla legge nazionale, non prevedendo alcuna discarica nel raggio di dieci metri dal punto di captazione (zona di tutela assoluta), e neppure in quello di 200 metri rispetto al punto di captazione o di derivazione (zone di rispetto). Infatti, l’unica discarica esistente, e quindi ammessa, è quella di Corigliano che dista dal punto di captazione circa 1 km.
Le ulteriori censure,attinenti all’assenza di una adeguata istruttoria, sono inammissibili perché investono il merito dell’azione amministrativa senza il supporto di uno specifico studio che dimostri la illogicità o la palese erroneità delle scelte adottate..
In particolare, il Piano in questione è stato approvato solo dopo: che il Settore regionale Tutela delle acque ha effettuato la verifica tecnica dei recapiti delle acque reflue depurate a servizio degli abitati la cui individuazione non era stata condivisa dalle amministrazioni comunali interessate; che è stata garantita la partecipazione pubblica all’elaborazione della proposta definitiva del piano; che è stato sottoposto alla giunta regionale il PTA, integrato a seguito delle valutazioni rivenienti dalle risultanze dei dati di monitoraggio dei corpi idrici e dalle consultazioni.
Inoltre, con riguardo alla discarica di Corigliano, il progetto è stato preceduto dalla predisposizione di uno studio idrogeologico che ha escluso l’esistenza di potenziali pericoli per la falda, ed è stato prescritto il monitoraggio continuo del sottosuolo, con trasmissione dei risultati all’AQP e all’ARPA.
In conclusione il ricorso deve essere respinto, con compensazione delle spese del giudizio sussistendone giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia – Lecce, Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Carlo Dibello, Primo Referendario
Claudia Lattanzi, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/11/2010