TAR Puglia (BA) Sez. II n.835 del 17 giugno 2019
Acque.Competenza amministrativa sulla manutenzione e pulizia dei canali di bonifica
Le attività di bonifica rientrano nella materia “agricoltura e foreste” di competenza regionale (art. 66, d.P.R n. 616 del 1977), per cui i consorzi di bonifica devono essere inquadrati nella categoria degli “altri enti locali”, più specificatamente, come “enti amministrativi dipendenti dalla regione” (art. 117 della Costituzione e art. 13 del d.P.R. n. 616 del 1977). In assenza, quindi, di una norma espressa che ricomprenda anche i canali di bonifica (opere artificiali) nelle attività di cui deve farsi carico il comune, perlomeno limitatamente a talune attività di manutenzione o di pulizia minori, strettamente collegate all’abitato cittadino, qualsivoglia intervento di manutenzione e di pulizia di siffatte opere dell’uomo rientra nella competenza dei consorzi di bonifica.
Pubblicato il 17/06/2019
N. 00835/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00954/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 954 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto dal Consorzio per la bonifica della Capitanata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Nicola Libero Zingrillo, con studio in Foggia alla via Dante Alighieri n. 28 e domicilio digitale all’indirizzo P.E.C.: zingrillo.nicolalibero@
contro
Comune di Apricena, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Pasquale Masucci, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Vittorio Triggiani in Bari alla piazza Garibaldi e domicilio digitale all’indirizzo P.E.C.:
per l’annullamento
- dell’ordinanza n. 64 del Sindaco di Apricena, notificata il 6 giugno 2018;
- di ogni altro atto presupposto o consequenziale;
sui motivi aggiunti presentati il 5 ottobre 2018
per l’annullamento
- dell’ordinanza n. 64 del Sindaco di Apricena, notificata il 6 giugno 2018;
- dell’atto di cottimo-perizia lavori, di cui al verbale del 22 giugno 2018, depositato in seguito alla costituzione del Comune di Apricena in data I agosto 2018;
- della deliberazione della Giunta comunale di Apricena n. 183 del 28 giugno 2018, pubblicata sul sito istituzionale 2 luglio 2018;
- di ogni altro atto presupposto o consequenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Apricena;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2019 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori avv. Felice Eugenio Lorusso, su delega dell’avv. Nicola Zingrillo, e avv. Domenico Antonucci, su delega dell’avv. Angelo Pasquale Masucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso depositato in data 27.7.2018, il Consorzio per la bonifica della Capitanata impugnava l’ordinanza contingibile e urgente emanata dal Sindaco del Comune di Apricena (FG), concernente la necessità di procedere con urgenza a lavori di manutenzione e pulizia del “Canale Vallone”, opera idraulica di bonifica, che circonda quasi interamente l’abitato cittadino.
Segnatamente, l’evidente trascuratezza nell’effettuazione da lungo tempo di qualsivoglia attività di manutenzione e di pulizia avevano portato detto canale di convogliamento delle acque in una condizione di degrado ambientale, con ristagno di acqua putrida, carcasse di animali, abbandono di rifiuti, tal da ingenerare pericolo per la pubblica igiene e sanità.
Resisteva il Consorzio di bonifica intimato, eccependo vizi formali e sostanziali circa l’esercizio del potere extra ordinem nella fattispecie concreta e deducendo nel merito di non aver alcuna competenza amministrativa.
Nelle more, l’ordinanza veniva comunque eseguita in danno dal Comune, stante l’inezia serbata dal Consorzio; indi, venivano adottati gli atti conseguenti dell’affidamento dei lavori urgenti, con perizia di stima degli stessi.
Avverso tali ultimi atti, il Consorzio della Capitanata proponeva motivi aggiunti.
All’udienza in camera di consiglio, l’istanza di concessione di misure cautelari veniva rinunciata dal Consorzio.
Pendendo il ricorso, le parti depositavano memorie, documenti e repliche.
All’esito della discussione all’udienza pubblica del 14 maggio 2019, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.- In via pregiudiziale, va affrontata l’eccezione di difetto di giurisdizione opposta dal Comune di Apricena. Invero, in base alla recente pronuncia della Cassazione, sez. un. civ., 25 settembre 2018 n. 22756, qualora si controverta in materia di c.d. ingiunzione fiscale per rivalsa riguardante il quantum delle somme richieste per le esecuzioni in danno, la giurisdizione è attribuita al giudice ordinario.
Nel caso di specie, però, il ricorso è stato proposto contro l’ordinanza contingibile e urgente emanata dal Sindaco, rispetto alla quale il Consorzio ha manifestato interesse alla decisione e, soprattutto, non concerne l’impugnazione del provvedimento emesso, ai sensi dell’art. 2 del regio decreto 14 aprile 1910 n. 639, bensì alcuni atti a questo propedeutici, peraltro neanche notificati, impugnati in via sostanzialmente tuzioristica con motivi aggiunti per ritenuta connessione.
Pertanto, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.
2.- Nel merito il ricorso va respinto, in quanto i motivi d’illegittimità a sostegno dell’impugnazione proposta non sussistono.
Per invero, in materia si è già espresso il T.A.R. Puglia, sez. I, 10 luglio 2018 n. 1066, con un’altra pronuncia resa su un caso analogo, riguardante sempre il Consorzio di bonifica per la Capitanata, le cui conclusioni e motivazioni, questo Collegio ritiene di condividere.
Tanto premesso, è possibile passare ad esaminare i vizi d’illegittimità sollevati avverso i provvedimenti in epigrafe gravati.
2.1.- Con un primo ordine di motivi, il Consorzio ha censurato, sotto il profilo formale, l’ordinanza sindacale per mancata indicazione dell’autorità e dei termini di impugnazione, nonché per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e carenza di partecipazione procedimentale.
Al contrario, va rilevato come già da tempo la giurisprudenza abbia chiarito che l’omessa indicazione in calce dell’atto delle modalità di impugnazione non costituisca causa di illegittimità dell’atto, ma mera irregolarità, che semmai pone una questione di rimessione in termini, qualora sussistano tutti i presupposti (Cons. St., sez. VI, 31 marzo 2011 n. 1983; sez. IV, 19 luglio 2004 n. 5182; sez. IV, 26 luglio 2004 n. 5316).
Pertanto, detto rilievo del ricorrente non ha pregio.
I dedotti vizi inerenti agli omessi preavviso di rigetto e avviso di avvio del procedimento pure non si rinvengono, in quanto trattasi di comunicazioni, delle quali è onerata l’amministrazione, laddove le istanze partecipative del destinatario possano contribuire in concreto alla migliore “costruzione” del provvedimento anelato od opposto (Cons. St., sez. III, 16 gennaio 2012 n. 148).
Costituisce jus receptum che detti avvisi, così intesi in senso funzionale, non siano obbligatori per gli atti vincolati (Cons. St., sez. V, 24 gennaio 2013 n. 463; Cons. St., sez. IV, 22 agosto 2018 n. 5008), né per gli atti per i quali sussista l’urgenza di provvedere (Con. St., sez. IV, 4 maggio 2012 n. 2577), né per tutti gli atti in ordine ai quali non sussistano profili di discrezionalità influenzabili dalla fattiva partecipazione del destinatario, anche al fine di evitare l’inutile aggravio del procedimento (ex multis: Cons. St., sez. IV, 7 luglio 2014 n. 3414; Cons. St., sez. III, 21 marzo 2013 n. 1630).
Va poi aggiunto che, nel caso di specie, i provvedimenti impugnati, con ricorso principale e poi con motivi aggiunti, sono atti, per intrinseca natura giuridica, necessitati, contingibili e urgenti, per i quali, una volta riscontrati i presupposti, l’amministrazione conserva ampia potestà di modulare la propria azione in modo discrezionale. Pertanto, inconferente è qualsivoglia censura mossa in ordine alla mancata o carente partecipazione procedimentale, in quanto in sé insussistente, rispetto a tali tipologie di atti urgenti (Cons. St., sez. V, 27 ottobre 2014 n. 5308; T.A.R. Puglia, sez. I, 1° agosto 2013 n. 1217; Cons. St., sez. V, 19 settembre 2012 n. 4968).
Dunque, i motivi inerenti ai vizi di forma addotti sono in toto infondati.
2.2.- Con un secondo ordine di motivi, il Consorzio ha lamentato, questa volta sotto il profilo sostanziale, la carenza di motivazione e dei presupposti dell’adottata ordinanza contingibile e urgente, ai sensi dell’art. 50, comma 5, e dell’art. 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267.
Anche dette doglianze sono infondate, poiché il Comune di Apricena ha inteso intervenire su una situazione di degrado prolungatasi negli anni e divenuta non ulteriormente tollerabile, anche in ragione della peculiarità del “Canale Vallone”, che circonda l’intero abitato cittadino e che quindi non può rimanere incustodito e privo di opere di manutenzione e pulizia.
Ergo, è stato necessario intervenire d’urgenza. Segnatamente, i pubblici ufficiali della Polizia locale, nel verbale di ispezione datato 5 giugno 2018, documentavano come l’intero tratto del “Canale Vallone” fosse ricolmo di erbacce, arbusti, immondizia di vario genere, con ristagno di acqua putrida emanante cattivo odore, con presenza di carcasse di animali e constatazione della recinzione, in molti punti, rotta o divelta.
Inoltre, i militari dei Carabinieri della locale stazione, con la relazione di servizio datata 19 giugno 2018, accertavano nel “Canale Vallone” l’abbandono di numerosi rifiuti, riscontrando la presenza di erbacce, di acqua stagnante e maleodorante, presentandosi il sito in una condizione di grave degrado ambientale, con pregiudizio alla salute pubblica. Peraltro, la presenza di materiale estraneo all’alveo di detto canale artificiale finanche ostruiva il regolare flusso delle acque.
Le foto del Canale in questione, riportate in atti, evidenziano un generale stato di abbandono. Inoltre, la naturale crescita di erbacce, addebitabile ad incuria, in parte si era tramutata addirittura in arbusto selvatico di vario genere, per la lunga trascuratezza. Una siffatta situazione, unitamente alla presenza di vari corpi estranei alla costruzione del canale, impediva la regolare funzionalità dell’opera idraulica, come per invero pure attestato dai Carabinieri intervenuti.
Pertanto, il Sindaco del Comune di Apricena, quale massimo rappresentante della comunità locale, è intervenuto, nell’esercizio dei propri poteri previsti dall’art. 50, comma 5, decreto legislativo n. 267 citato, a porre termine alla situazione di grave incuria e di degrado del territorio e dell’ambiente, che recava peraltro pregiudizio al decoro urbano e alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, con rischi per la salute pubblica.
I motivi di ricorso come sopra riassunti vanno dunque rigettati.
2.3.- Con un ultimo motivo, sempre inerente al profilo sostanziale della vicenda, il Consorzio ha contestato, più specificamente, la propria incompetenza a effettuare le manutenzioni e la pulizia del canale, perché non rientranti nel novero delle attività affidate dalle disposizioni normative vigenti e applicabili alla propria competenza amministrativa.
Ha dedotto in particolare il Consorzio di non aver alcun titolo di proprietà, possesso o custodia del “Canale Vallone”, che artatamente definisce essere un torrente. L’assunto è però infondato.
Va chiarito, infatti, come il “Canale Vallone”, nel tratto che attraversa il Comune di Apricena, non sia affatto un torrente naturale, bensì è un’opera idraulica di bonifica, che circonda quasi interamente detto comune e che è destinato al convogliamento delle acque a fini irrigui, come peraltro emerge dal materiale probatorio introdotto in causa, compreso quello fotografico, che mostra, all’evidenza, un canale formato da un alveo artificiale, la cui corretta manutenzione è indi necessaria, al fine di consentire il libero fluire delle acque ivi convogliate.
In materia, al fine di individuare la competenza amministrativa sulla manutenzione e sulla pulizia delle opere idrauliche, va meglio precisata la portata precettiva delle disposizioni normative vigenti, non perfettamente coordinate.
Va ricordato che l’art. 26 della legge regionale 30 novembre 2000 n. 17, contenente la disciplina generale in materia di “Conferimento di funzioni e compiti in materia di tutela ambientale”, ha attribuito, in generale, ai comuni a) l’adozione dei provvedimenti di polizia idraulica; b) l’esecuzione delle piccole manutenzioni nel settore della difesa del suolo e la pulizia dei tratti degli alvei dei fiumi, dei torrenti e dei corsi d’acqua; c) l’adozione dei provvedimenti relativi agli abitati da consolidare, ivi compresa l’approvazione dei progetti generali di consolidamento.
Il decreto del Presidente della Giunta regionale del 23 febbraio 2010 n. 178, all’art. 3, ha precisato che, tra i compiti del comune, è compresa l’adozione dei provvedimenti di polizia idraulica e l’esecuzione delle piccole manutenzioni nel settore della difesa del suolo e della pulitura dei tratti degli alvei dei fiumi, dei torrenti e dei corsi d’acqua (acque pubbliche).
Tuttavia, va rammentato che l’art 54 del r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, recante “Nuove norme per la bonifica integrale”, tra le funzioni dei consorzi, annovera la manutenzione e l’esercizio delle opere di bonifica (ed eventualmente la loro costruzione). L’art. 27 della legge 7 gennaio 1994 n. 36 (c.d. legge Galli) ha poi riconfermato la competenza dei consorzi di bonifica e di irrigazione per la realizzazione e la gestione delle relative reti idriche.
A livello regionale, l’art. 4, comma 1, lett. m) e n), della legge regionale 13 marzo 2012 n. 4 “Nuove norme in materia di bonifica integrale e di riordino dei consorzi di bonifica” indica espressamente, tra i compiti dei consorzi, gli interventi di manutenzione straordinaria di tutte le opere e gli interventi di manutenzione idraulica e idraulico-forestale destinati a prevenire e a mitigare il degrado territoriale.
L’art. 2 dello Statuto del Consorzio della Capitanata, approvato con deliberazione del 17 dicembre 2015 n. 48, prevede che il Consorzio svolga attività di rilevanza pubblica finalizzata a garantire la sicurezza idraulica, la manutenzione del territorio, la provvista, la razionale utilizzazione e la tutela delle risorse idriche a prevalente uso irriguo, il deflusso idraulico, la conservazione e difesa del suolo, la salvaguardia e la valorizzazione dello spazio rurale e dell’ambiente.
Pertanto, deve ritenersi, dall’interpretazione sistematica delle sopracitate disposizioni, che, in virtù di norme generali, le attività di polizia idraulica e di pulizia dei fiumi, dei torrenti e dei corsi d’acqua (alvei naturali) competa ai comuni; mentre, in base a norme speciali, la pulizia e la manutenzione dei canali e delle opere idrauliche di bonifica (alvei artificiali) spetti ai consorzi, quali specifici enti pubblici all’uopo preposti (art. 862 c.c. e art. 59 del r.d. n. 215 del 1933; legge regionale 13 marzo 2012 n. 4).
Peraltro, la Corte costituzionale, già con la nota sentenza del 14 luglio 1998 n. 326, ha affermato che le attività di bonifica rientrano nella materia “agricoltura e foreste” di competenza regionale (art. 66, d.P.R n. 616 del 1977), per cui i consorzi di bonifica devono essere inquadrati nella categoria degli “altri enti locali”, più specificatamente, come “enti amministrativi dipendenti dalla regione” (art. 117 della Costituzione e art. 13 del d.P.R. n. 616 del 1977).
In assenza, quindi, di una norma espressa che ricomprenda anche i canali di bonifica (opere artificiali) nelle attività di cui deve farsi carico il comune, perlomeno limitatamente a talune attività di manutenzione o di pulizia minori, strettamente collegate all’abitato cittadino, qualsivoglia intervento di manutenzione e di pulizia di siffatte opere dell’uomo rientra nella competenza dei consorzi di bonifica.
Ergo, anche questo motivo di ricorso è infondato.
3.- Con successivo ricorso per motivi aggiunti, il Consorzio ha impugnato gli atti conseguenziali e connessi riguardanti l’affidamento dei lavori di pulizia e manutenzione da parte del Comune ad una impresa scelta con procedura d’urgenza.
In particolare, il Consorzio ha contestato l’imputazione a proprio carico effettuata dal Comune in ordine all’esecuzione in danno e, per tale motivo, ha impugnato l’atto di cottimo-perizia lavori del 22 giugno 2018 e la deliberazione della Giunta comunale di Apricena n. 183 del 28 giugno 2018, con la quale, constatata l’inottemperanza del ricorrente, sono stati approvati i lavori urgenti.
Sui predetti atti vengono rinnovate le censure già mosse con il ricorso principale avverso l’ordinanza contingibile e urgente e, inoltre, viene evidenziato che la modestia dell’importo, pari ad € 15.000,00, oltre I.V.A., suffraghi la considerazione che, nel caso di specie, sia stato necessario effettuare solo opere di pulizia, più che di manutenzione, che, secondo la ripetuta prospettazione del Consorzio, sono di competenza del Comune.
Per le stesse considerazioni già svolte in ordine al ricorso principale, le censure mosse nel ricorso per motivi aggiunti vanno respinte, apparendo comunque immuni da vizi formali o sostanziali gli atti impugnati, che peraltro sono conseguenziali (e interni tantoché non sono stati notificati al ricorrente) all’omessa ottemperanza dell’ordinanza contingibile e urgente, da ritenersi legittima.
Ogni ulteriore questione andrà posta al giudice ordinario, cui spetta in tal caso la giurisdizione, se e quando il Comune riterrà, a fronte della mancata refusione previa richiesta di dette spese, di attivare il procedimento di recupero coattivo (Cass., sez. un. civ., 25 settembre 2018 n. 22756).
Ergo, il ricorso per motivi aggiunti è pure infondato, limitatamente ai profili quivi contestati.
4.- In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti, siccome infondati, vanno respinti. Considerata la peculiarità e novità delle questioni poste e la scarsa chiarezza della normativa in materia, le spese vanno compensate. Il contributo unificato rimane a carico del Consorzio soccombente, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppina Adamo, Presidente
Donatella Testini, Primo Referendario
Lorenzo Ieva, Referendario, Estensore