Il delitto di impedimento del controllo (art. 452-septies c.p.). La tutela di funzioni ambientali assurge a bene giuridico esplicito
di Carlo RUGA RIVA
Sommario: 1. L’incriminazione della offesa alle funzioni di controllo della p.a. – 2. I requisiti di fattispecie. 2.1. Soggetto attivo. – 2.2. Soggetto passivo e funzioni tutelate: cosa si intende per “attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro” e chi riveste tali funzioni? – 2.3. “Salvo che il fatto costituisca più grave reato”. – 2.4. Condotta ed evento. – 2.5. Delitto di evento. – 2.6. Rapporto con altre fattispecie. – 2.7 Dolo.
1. L’incriminazione della offesa alle funzioni di controllo della p.a.
La legge n. 68/2015, si dice, ha sottoposto direttamente a tutela l’ambiente (le sue varie matrici, l’equilibrio degli ecosistemi ecc.), abbandonando la prospettiva antropocentrica.
Ciò è in larga parte vero, ma non vale per il delitto di impedimento del controllo.
L’art. 452-septies c.p., infatti, costituisce un esempio paradigmatico e appariscente di tutela penale delle funzioni di controllo: un bene strumentale, intermedio.
Ovviamente le funzioni di controllo mirano a loro volta alla salvaguardia dell’ambiente, bene finale, e dunque indirettamente lo tutelano.
Ma il bene giuridico oggetto di tutela diretta è rappresentato dalle funzioni che gli anglofoni chiamano di command and control (pianificazione e controllo), o meglio solo di control, ambientale e di sicurezza sul lavoro.
Da questo punto di vista si tratta di un reato di danno (delle funzioni, impedite o compromesse nei risultati), mentre è di pericolo indiretto rispetto al bene-ambiente, bene finale.
Esistono delitti di sospetto e delitti-ostacolo 1: i primi incriminano fatti che lasciano sospettare l’avvenuta commissione o lasciano presagire la futura commissione di reati; i secondi incriminano in via anticipata condotte destinate a svilupparsi e concretizzarsi in futuri reati.
Nel nostro caso l’art. 452-septies c.p. incrimina fatti sintomatici di un reato già commesso o in permanenza, che si vuole celare, e, simmetricamente ai delitti-ostacolo, fatti di intralcio al controllo espletato dalle autorità di vigilanza.
2. I requisiti di fattispecie
2.1. Soggetto attivo
Si tratta di reato formalmente comune, commissibile da chiunque.
Sul piano criminologico, il reato verrà commesso, di regola, dall’imprenditore, posto che molti reati ambientali e in tema di sicurezza del lavoro sono ritagliati su tale figura: così il titolare di scarichi di acque reflue industriali sarà imprenditore, così come colui che abbandona rifiuti, essendo gli scarichi domestici e gli abbandoni commessi da privati notoriamente sanzionati in via amministrativa; o, per altro verso, si pensi al datore di lavoro che impedisca o tardi l’ingresso sul cantiere degli ispettori Spresal, onde celare la presenza di lavoratori non regolarmente assunti.
Tuttavia, vi sono reati lato sensu ambientali che possono effettivamente essere realizzati da chiunque: si pensi all’incendio boschivo o all’avvelenamento delle acque.
2.2. Soggetto passivo e funzioni tutelate: cosa di intende per “attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro” e chi riveste tali funzioni?
Per “attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro” sono da intendersi non tanto e non solo, mi pare, attività soggettivamente realizzate da soggetti investiti istituzionalmente di competenze ambientali (Arpa, Carabinieri Forestali ecc.), quanto attività oggettivamente finalizzate all’applicazione di discipline ambientali, penali e non, ai sensi degli artt. 13 della l. 689/1981 e degli artt. 55 e 354 c.p.p. 2
Da questo punto di vista vi rientrano anche le attività di polizia giudiziaria da chiunque condotte, purché concernenti potenziali illeciti ambientali (controlli eseguiti dalla polizia provinciale, dalla Guardia di Finanza in ambito di rifiuti, dalla polizia giudiziaria da chiunque composta, ecc.).
Non solo, come ovvio, rispetto all’applicazione del d.lgs. n. 152/2006 e del d.lgs. 81/2008, ma anche di normative esterne (OGM, industrie pericolose, discariche ecc.) 3.
Mi pare controversa la riconducibilità dellaattività urbanistica e paesaggistica alla fattispecie in esame: quid iuris in caso di impedimento all’accesso frapposto ai vigili urbani in funzione di vigilanza antiabusivismo edilizio, o al Soprindente tenuto ad esprimere un parere paesaggistico?
Da un lato si tratta di materie distinte dall’ambiente, anche dal punto di vista costituzionale (si veda l’art. 117 Cost., che distingue l’ambiente dal governo del territorio).
Dall’altro si tratta di materie connesse rispetto all’ambiente; tanto che, in vari delitti ambientali, la violazione dei vincoli costituisce aggravante (es. art. 452-bis, co. 2 c.p.; art. 452- quater, n. 3 c.p., ultimo periodo), e che la disciplina dell’estinzione delle contravvenzioni ambientali menziona insieme risorse ambientali, urbanistiche e paesaggistiche, pur distinguendole (art. 318- bis d.lgs. n. 152/2006).
Per quanto concerne delitti contro l’incolumità o salute pubblica (ad es. disastro innominato e avvelenamento delle acque) si tratta di delitti che “passano” per un evento intermedio di danno all’ambiente: qui mi pare che la formula “controlli ambientali” possa abbracciare senza problemi condotte di impedimento/intralcio/elusione dei controlli.
Infine, va sottolineato che la tradizione vaghezza del bene-ambiente 4 (il quale può intendersi in accezione materiale o immateriale), unita alla non facile individuazione del bene giuridico rispetto a taluni reati (si pensi all’ incendio boschivo: delitto contro l’ambiente o l’incolumità pubblica?5) renderanno problematica la riconduzione dei relativi controlli a quelli ambientali o meno.
A me pare che, più in generale, i controlli potranno dirsi ambientali ogni qual volta ricadano sull’ambiente (o suoi aspetti: singole matrici, flora, fauna, compreso dunque l’ambito venatorio) come oggetto materiale o come bene giuridico, anche non esclusivo.
Concludo sul punto con un esempio tratto da un caso accaduto in passato, che aveva originato un procedimento penale ex art. 337 c.p.: un gestore di una cava, sospettato di avere coltivato materiale lapideo fuori del perimetro autorizzato, in zona vincolata paesaggisticamente, subisce un sopralluogo, previa comunicazione dell’Ufficio Tecnico e del vigile del Comune, sopralluogo più volte rinviato per indisponibilità del gestore. Il contesto era quello di un contenzioso civilistico (l’area di cava era di proprietà comunale) con potenziali risvolti amministrativi e penali, poi effettivamente portati all’attenzione dell’autorità giudiziaria.
Nella data dell’annunciato sopralluogo il cancello della cava è chiuso, e sulla pista di accesso al sito vi sono massi che ostruiscono la strada, e in ogni caso è in corso attività di “sparo”. Il vigile e il responsabile dell’ufficio tecnico non poterono entrare.
Oggi in una vicenda analoga sarebbe applicabile l’art. 452-septies c.p.?
Come visto sopra la risposta al quesito dipende essenzialemente dall’interpretazione della formula “controlli ambientali”, che (per quanto) estensivamente possono ritenersi abbracciare anche i controlli urbanistici e legati alle opere edilizie in zone sottoposte a vincoli detti, appunto, “paesaggistico ambientali”.
2.3.“Salvo che il fatto costituisca più grave reato”
Si tratta di una clausola di riserva a vantaggio di reati puniti più severamente, come le lesioni al pubblico ufficiale o la resistenza a pubblico ufficiale; è da vedersi se la diversità dei beni giuridici non spingerà, in giurisprudenza verso un concorso di reati, fondato sulla (discutibile e praeter legem) teoria della diversità dei beni giuridici protetti.
2.4. Condotta ed evento
L’art. 452-septies incrimina chiunque, “Negando l’accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientali, ovvero ne compromette gli esiti”.
La condotta tipica si articola in tre possibili modalità, alternative tra loro:
“Negando l’accesso”: formula che allude secondo taluni ad una fattispecie puramente dichiarativa 6, o secondo altri ad una procurata impossibilità materiale, fisica, anche attraverso condotte omissive 7 (ad es. la chiusura di un cancello d’accesso, o la sua mancata apertura); ove valesse solo il diniego verbale le altre condotte menzionate ricadrebbero comunque nella successiva modalità di predisposizione di ostacoli.
“Predisponendo ostacoli”: realizzazione di opere o tenuta di condotte che rendano disagevole il controllo: si pensi a strutture poste a nascondimento di condutture abusive, di pozzetti di prelievo o di camini di emissione non autorizzati, oppure alla predisposizione di by pass degli scarichi 8.
“Mutando artificiosamente lo stato dei luoghi”: alterazione “maliziosa” dei luoghi interessati dal controllo: ad es. seppellimento di cumuli di rifiuti.
Le tre condotte tipiche mal si attagliano, sul piano letterale, ad abbracciare talune condotte pur sicuramente idonee a frustrare le funzioni di controllo: si pensi allo smontaggio e alla rimozione temporanei di condutture abusive o di camini non autorizzati.
In tali casi vi è sì una mutazione artificiosa, che però, a rigore, non riguarda il locus, ma l’opus, non il luogo ma l’opificio, lo stabilimento e le sue articolazioni produttive, salvo, con intepretazione in (forte) odore di analogia in malam partem, ritenere che il luogo ricomprenda anche le opere che vi insistono.
Probabilmente nei casi citati è possibile ricondurre le opere di smontaggio/rimozione al concetto di predisposizione di ostacoli: non già in senso fisico, ma in senso cognitivo, nel senso che si tratta di condotte che frappongono alle autorità di controllo un ostacolo nella ricostruzione della realtà, impedendo loro di comprendere (o di comprendere tempestivamente) la configurazione dell’impianto e/o il suo reale impatto ambientale.
Un’interpretazione certo estensiva, ma, mi sembra, compatibile con il tenore letterale della norma, e dunque non analogica.
Analoghe considerazioni valgono per la distruzione di dati di automonitoraggio, o per la diluizione di acque di scarico.
Così, la diluizione certo non rientra nella negazione dell’accesso, né nella modifica dei luoghi 9, mentre potrebbe considerarsi un ostacolo “cognitivo”, nel senso che la individuazione della concentrazione di determinate sostanze nelle acque è ostacolata dall’aggiunta di acque prelevate a tale scopo, o di raffreddamento e lavaggio non necessarie alla produzione.
2.5. Delitto di evento
La disposizione in commento incrimina chiunque, attraverso una delle tre condotte menzionate, “impedisce, intralcia o elude, ovvero compromette gli esiti del controllo”.
Si tratta di eventi delle condotte di ostacolo, non di modalità autonome: in sostanza occorre che le tre modalità tipiche della condotta producano uno dei quattro risultati di compromissione più o meno intensa degli scopi di vigilanza e controllo: impedimento, intralcio, elusione o compromissione degli esiti del controllo.
Sul punto, diversamente da quanto avevo sostenuto a prima lettura 10 prendendo le mosse dalla disgiuntiva “ovvero”, e pur in presenza di una formula letterale ambigua, concordo con chi ritiene che la compromissione non rappresenti un’autonoma modalità di offesa alle funzioni di controllo: l’uso dei tre gerundi e poi dell’indicativo impone (o suggerisce) di collegare le tre modalità tipiche, alternative tra loro, ai quattro risultati; tesi che, inoltre, garantisce un più elevato grado di precisione alla fattispecie 11.
Si tratta di un delitto di evento: non basta la condotta di ostacolo, ma occorre anche il risultato dell’impedimento, intralcio o elusione, o, in assenza di questi, della compromissione degli esiti, ovvero un risultato meno radicale ma comunque funzionale allo scopo di frustrare l’attività di controllo
2.6. Rapporto con altre fattispecie
Si pone in primo luogo il tema del rapporto con lart. 137, co. 8 TUA: “Il titolare di uno scarico che non consente l’accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del conntrollo ai fini di cui all’articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell’arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di intervento dei soggetti incaricati anche ai sensi dell’articolo 13 l. 689/1981 e degli artt. 55 e 354 c.p.p.”
In caso di sovrapposizione tra le due fattispecie prevale il più delitto di impedimento del controllo, punito più severamente; residua (molto) teorico spazio di applicazione della contravvenzione solo per improbabili impedimenti all’accesso di natura colposa: il titolare che dimentichi la data del sopralluogo concordato, o che perda le chiavi del cancello.
Qualche elemento di interferenza si pone anche con la frode processuale (art. 374 c.p. alterazione dei luoghi, pena da uno a cinque anni di reclusione) e con il favoreggiamento (da elusione delle investigazioni, reclusione da quindici giorni a quattro anni di reclusione).
Ove si verifichi una sovrapposizione si applica il reato punito più severamente in base alla clausola di riserva ex 452-septies, cioè sicuramente, se del caso, la frode processuale.
Più complesso è il rapporto con il favoreggiamento personale (art. 378 c.p.), dato che quest’ultimo è punito di meno nel minimo, ma di più nel massimo rispetto al delitto di impedimento.
In ogni caso gli spazi di intereferenza sono esigui, dato che il soggetto attivo del favoreggiamento non può essere per definizione l’autore o il concorrente nel reato presupposto, mentre nel nostro caso, di regola, saranno proprio quei soggetti (imprenditore, direttore di stabilimento, preposto…) ad ostacolare le attività di controllo.
Va anche valutato se le attività di controllo siano assimilabili o meno alle attività di investigazione; certo è che le prime ben possono tramutarsi immediatamente nelle seconde, attraverso sequestri, assunzioni di informazioni urgenti ecc.
2.7. Dolo
Trattandosi di delitto, il criterio di imputazione soggettiva è il dolo: coscienza e volontà del fatto, ovvero di impedire l’accesso, modificare artificiosamente lo stato dei luoghi, predisporre ostacoli, in modo da frustrare l’attività di controllo di soggetti dotati di determinati poteri in campo ambientale o di sicurezza sul lavoro.
In linea teorica può porsi un problema di errore sulla legge amministrativa, rilevante nei limiti dell’art. 47, co. 3 c.p., in casi nei quali si versi in errore sul contenuto di norme attributive o meno di poteri di controllo in capo a certe autorità o a certi soggetti.
1 * Si tratta della relazione, riveduta e corredata di note, presentata all’incontro tenutosi presso la Suprema Corte di Cassazione il 19 ottobre 2017, organizzato dall’Ufficio per la formazione decentrata della Corte di Cassazione, in collaborazione con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Milano-Bicocca.
F. Mantovani, Diritto penale, X ed., Milanofiori Assago, 2017, 215 s.
2 In questo senso L. Ramacci, Diritto penale dell’ambiente, Piacenza, 2015, 392.
3 Nello stesso senso, per una interpretazione lata, comprensiva di attività di vigilanza e controllo collegate agli artt. 674 c.p. e 437 c.p., G. Amendola, Il nuovo delitto di impedimento del controllo. Primi appunti, in www.lexambiente.it
4 Sia consentito rinviare a C. Ruga Riva, Diritto penale dell’ambiente, III ed., Torino, 2016, 6 ss.
5 Per la tesi che individua il bene giuridico tutelato dall’incendio boschivo nel patrimonio boschivo, e non nella incolumità pubblica, nonostante la rubrica del titolo, C. Ruga Riva, Diritto penale dell’ambiente, cit., 289 ss.
6 In questo senso C. Parodi-M. Gebbia-M. Bortolotto-V. Corino, I nuovi delitti ambientali (l. 22 maggio 2015, n. 68), Milano, 2015, 45.
7 C. Ruga Riva, I nuovi ecoreati. Commento alla legge 22 maggio 2015, n. 68, Torino, 2015,43.
8 Per questo ultimo esempio L. Ramacci, Diritto penale dell’ambiente, cit., 392.
9 Esclude che la diluizione possa ricondursi al delitto in esame P. Fimiani, La tutela penale, cit., 114; favorevole invece L. Ramacci, Diritto penale dell’ambiente, cit.,392.
10 C. Ruga Riva, I nuovi ecoreati, cit.,43; G. Amendola, Il nuovo delitto di impedimento del controllo, cit.; Nello stesso senso S. Di Pinto,Il delitti di impedimento del controllo ambientale, in Rivista di polizia, 2015, fasc. X, 880; P. Di Fresco, in A.Cadoppi-S.Canestrari-A.Manna-M.Papa, (diretto da),Trattato di diritto penale, Parte generale e speciale. Riforme 200-2015, Utet, 2015, 1055.
11 P. Fimiani, La tutela penale dell’ambiente, Milano, 2015, 113. Sostiene trattarsi di reato a forma vincolata, P. Molino, Novità legislative: Legge n. 68 del 22 maggio 2015, recante “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente ”, Rel. n. III/04/2015 (Relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione), in www.cortedicassazione.it.