Cass. Sez. III n. 44927 del 25 ottobre 2016 (Cc 14 giu 2016)
Presidente: Rosi Estensore: Aceto Imputato: Balicco
Alimenti.Provvedimento di distruzione di alimenti sottoposti a sequestro probatorio
Ai fini dell'adozione del provvedimento di distruzione di alimenti sottoposti a sequestro probatorio ai sensi dell'art. 260, comma 3-bis, cod. proc. pen., non è necessario che il cattivo stato di conservazione si riferisca alle caratteristiche intrinseche delle merci, ma è sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, o a regole di comune esperienza. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto corretta la decisione di rigetto del ricorso avverso l'ordinanza con cui era stata disposta la distruzione di alcune forme di formaggio custodite in locali dove erano presenti sostanze pericolose per natura come topicidi e disinfestanti).
RITENUTO IN FATTO
1. Il sig. B.G., nei cui confronti si procede per i reati di cui agli artt. 444 e 515 c.p. per aver detenuto in luoghi non autorizzati dal punto di vista sanitario forme di formaggio prodotte in modo non conforme ai regolamenti CEE che disciplinano la produzione di "Fontina DOP" e in locali dove erano presenti sostanze pericolose per la salute quali topicidi e disinfestanti, ricorre per l'annullamento dell'ordinanza del 21/12/2015 del G.i.p. del Tribunale di Aosta che, all'esito di udienza camerale, ha parzialmente accolto l'opposizione proposta avverso il Decreto del 27/11/2015 del Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale che aveva autorizzato la distruzione di 499 forme di formaggio sequestrate a fini probatori e custodite parte (251) in località (OMISSIS), parte (248) in località (OMISSIS). In particolare, il G.i.p. ha accolto l'opposizione relativamente alle 248 forme di formaggio detenute in (OMISSIS), respingendola per le altre.
1.1. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b), la violazione e l'erronea applicazione dell'art. 260 c.p.p..
Lamenta, in particolare, che la decisione di procedere alla distruzione delle forme è stata adottata sulla base di accertamenti condotti dalla polizia giudiziaria senza alcun contraddittorio con la difesa, senza alcun accertamento tecnico irripetibile, senza alcuna campionatura o comunque un'analisi.
1.2. Con il secondo motivo eccepisce, sotto altro profilo, vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), avendo il Giudice adottato la propria decisione - afferma - senza una approfondita disamina logica e giuridica dei fatti e con motivazione "apparente", non idonea a far comprendere i passaggi motivazionali della decisione impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è infondato.
3. L'alienazione o la distruzione di beni sottoposti a sequestro probatorio penale costituisce forma anticipata di ablazione dei beni stessi adottata in assenza di un accertamento di responsabilità del loro titolare. Sicchè, quando sorga controversia sui presupposti applicativi della norma essi devono essere valutati in maniera rigorosa, senza sconfinare in anticipazioni sul giudizio di responsabilità ma salvaguardando il più possibile il diritto dell'indagato/imputato alla conservazione del bene e dunque il suo diritto di proprietà.
3.1. Non a caso l'art. 260 c.p.p., comma 3-bis, limita la possibilità di procedere alla distruzione delle merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione alle seguenti ipotesi ben delimitate e alternative tra loro: a) la custodia difficile o particolarmente onerosa; b) la custodia pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica; c) l'evidente violazione dei divieti di fabbricazione, possesso, detenzione e commercializzazione.
3.2. Nel caso in esame, il G.i.p., richiamando la relazione del Dipartimento di Prevenzione della locale ASL, ha autorizzato la distruzione delle forme di formaggio detenute presso il magazzino di (OMISSIS) sul rilievo che nei relativi locali "erano presenti notevoli quantitativi di topicida e insetticida in prossimità dei formaggi, veleni impiegati direttamente nell'ambiente di stagionatura, costituenti un grave pericolo per la salute del consumatore (v. relazione citata). L'esposizione diretta a contaminazione di veleni è circostanza che rende assoluti il divieto di consumo alimentare e, a fortiori, anche a prescindere dall'esistenza della preventiva autorizzazione sanitaria".
3.3. Il Giudice ha dunque ritenuto la violazione evidente dei divieti di possesso, detenzione e commercializzazione degli alimenti che giustifica da sola la possibilità di distruggerli.
3.4. Non è inopportuno al riguardo sottolineare che secondo l'autorevole insegnamento di questa Corte, ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dalla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. b, che vieta l'impiego nella produzione di alimenti, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è necessario che quest'ultimo si riferisca alle caratteristiche intrinseche di dette sostanze, ma è sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza (Sez. U, n. 443 del 19/12/2001, dep. il 09/01/2002, Butti, Rv. 220716). In questo senso anche la custodia in locali sporchi e quindi igienicamente inidonei alla conservazione determina la violazione del divieto di commercializzazione del prodotto (Sez. 3, n. 9477 del 21/01/2005, Ciccariello).
3.5. Non era dunque necessario alcun accertamento sulle caratteristiche intrinseche degli alimenti, essendo sufficiente l'esame visivo dei luoghi in cui essi erano conservati, la cui descrizione non è oggetto di critica puntuale da parte del ricorrente che, senza eccepire il travisamento della relazione della ASL (documento pubblico di cui non eccepisce nemmeno la falsità), si limita a contestare in modo del tutto generico e fattuale la ritenuta contaminazione delle forme di formaggio con il veleno e ad escludere che, in ogni caso, essa riguardi indiscriminatamente tutte le forme.
3.6. Questi, inoltre, si lamenta che l'accertamento non è stato compiuto in contraddittorio ma è agevole osservare che l'art. 260 c.p.p., comma 3-bis, prevede tale modalità solo come eventuale.
3.7. E' quindi infondata, alla luce delle considerazioni che precedono, anche l'eccezione relativa alla mancata motivazione avendo il Giudice indicato in modo più che adeguato i fatti che legittimano la immediata distruzione degli alimenti.
3.8. Ne consegue che il ricorso deve essere respinto con condanna del ricorrente alle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2016.