Cass.Sez. III n. 10575 del 7 marzo 2013 (CC 15 gen 2013)
Pres.Squassoni Est.Graziosi Ric.P.M. in proc. De Nigris.
Alimenti.Semilavorato per condimento a base di aceto di vino
Non integra il reato previsto dall'art. 5 della legge 30 aprile 1962, n. 283 la preparazione di semilavorato per condimento a base di aceto di vino ottenuto con annacquamento superiore ai limiti normativi, in quanto i trattamenti stabiliti dall'art. 22 della legge 20 febbraio 2006, n. 82 sono riferiti solo all'aceto e non a sostanze alimentari diverse (nella specie, prodotto derivante dalla acetificazione di uve passite o mosto concentrato).
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente - del 15/01/2013
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - N. 51
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRAZIOSI Chiara - rel. Consigliere - N. 20827/2012
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI;
nei confronti di:
DE NIGRIS RAFFAELE N. IL 06/06/1966;
avverso l'ordinanza n. 741/2012 TRIB. LIBERTÀ di NAPOLI, del 23/04/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Policastro Aldo, rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. De Martino Valerio di Napoli, avv. Damiani Francesco di Ravenna.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 23 aprile 2012 il Tribunale di Napoli, decidendo su istanza di riesame di decreto di sequestro preventivo emesso dal gip dello stesso Tribunale in data 6 aprile 2012 avente ad oggetto hl 696,36 di prodotto denominato "semilavorato per condimento a base di aceto di vino" - istanza presentata da De Nigris Raffaele, indagato nel relativo procedimento per i reati di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. a) e artt. 56, 515 e 516 c.p. -, annullava il suddetto sequestro.
Essendo stato il sequestro disposto perché il prodotto sarebbe stato ottenuto con un annacquamento superiore ai limiti tecnologici, il Tribunale rilevava che il prodotto non era aceto, bensì contenente aceto. Richiamava della L. n. 82 del 2006, art. 16, che definisce l'aceto, e l'art. 22, che stabilisce che nella preparazione dell'aceto può aggiungersi acqua, purché ciò avvenga negli acetifici, concludendo per l'inesistenza nella normativa di limiti all'annacquamento.
2. Contro l'ordinanza ha presentato ricorso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, sulla base di un unico motivo di violazione di legge. Afferma il ricorrente che il Tribunale "ha omesso di leggere la L. 20 febbraio 2006, n. 82, art. 17, che disciplina la produzione dell'aceto. Tale articolo definisce l'aceto di vino, mentre l'articolo 16, invocato dal giudice, fa riferimento ad una diversa tipologia di aceto, come pure l'art. 22. Dal rapporto di prova effettuato dal laboratorio dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige emerge che i valori sono "annacquati" perché il prodotto proviene dall'acetificazione non del vino, bensì di altre sostanze alimentari (uve passite o mosto concentrato): il valore dell'acqua pertanto è superiore a quello che si sarebbe rinvenuto nel prodotto se questo fosse stato effettivamente un semilavorato a base di aceto di vino. In data 14 dicembre 2012 ha depositato memoria De Nigris Raffaele, contrastando le argomentazioni del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
Come si evince dalla esposizione appena svolta del motivo, questo si fonda su una differenziazione tra l'aceto di vino e l'aceto ricavato da diverse sostanze alimentari, per dedurne un superamento dei limiti di annacquamento, così identificando il fumus commissi delicti. In realtà, il Tribunale non ha pretermesso l'art. 17, come nel ricorso si sostiene, ma anzi ne ha richiamato puntualmente il comma 2, che prevede negli acetifici e nei depositi di aceto la possibilità di detenzione, produzione e imbottigliamento, tra gli altri, di prodotti alimentari idonei al consumo umano diretto nei quali l'aceto è presente come ingrediente, già da questo deducendo l'assenza del fumus, "atteso che la P.G. ha rinvenuto presso lo stabilimento del ricorrente un prodotto contenente aceto e non denominato aceto". In effetti, il ricorso presentato dalla Procura si fonda sulla definizione dell'aceto di vino, rispetto alla quale, a suo dire, vi sarebbe una violazione dei valori di annacquamento: anche qualora si potesse prescindere dalla non identificazione da parte del ricorrente della normativa che disporrebbe tali limiti - che infatti allo stato non sussiste, come già evidenziava l'ordinanza impugnata interpretando l'art. 22 L. n. 82 del 2006, il fatto che si tratti di semilavorato e non di aceto è sufficiente per escludere la violazione di legge prospettata nel ricorso, eventuali limiti potendosi configurare per l'aceto in sè, ma non un semilavorato che, pur essendo a base di aceto, non è definibile tale, e pertanto è logicamente consentito ad esso un contenuto diverso rispetto a quello dell'aceto. Quanto poi alla pretesa incompatibilità, secondo le analisi dell'istituto di San Michele all'Adige, dei valori del semilavorato con l'essere stato davvero prodotto a base di aceto di vino, a tacer d'altro si tratta evidentemente di una questione di fatto, non considerabile in questa sede e comunque non pertinente a un motivo di violazione di legge.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2013