Consiglio di Stato Sez, VI sent. 4192 del 21 luglio 2003
Autorizzazione paesaggistica. Annullamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4217 del 1998, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
contro
i signori Olindo Martucci e Antonia Parpan, rappresentati e difesi dagli avvocati Piergiorgio Alberti e Claudio Pesce ed elettivamente domiciliati in Roma, al Lungotevere Michelangelo n. 9, presso lo studio di Gian Marco Grez;
e nei confronti
della Regione Liguria, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, non costituitosi in giudizio;
per la riforma
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, Sez. I, 30
ottobre 1997, n. 370, e per la reiezione del ricorso di primo grado n. 1569 del
1993;
Visto
il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto
l’atto di costituzione in giudizio dei signori Martucci e Parpan, depositato
in data 23 luglio 1998 e integrato con note d’udienza, depositate in data 27
maggio 2003;
Visti
gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti
all’udienza del 27 maggio 2003;
Uditi l’avvocato dello Stato Cesaroni per il Ministero appellante e
l’avvocato Stancanelli per gli appellati, su delega dell’avvocato
Piergiorgio Alberti;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. I signori Olindo Martucci e Antonia Parpan hanno chiesto alla Regione
Liguria il rilascio di una autorizzazione paesaggistica in sanatoria, in
relazione ad alcuni lavori di ristrutturazione e di ampliamento di un fabbricato
rurale, sito in località Scravè del Comune di Imperia.
Col provvedimento n. 10 del 25 gennaio 1993, l’assessore
all’urbanistica della Regione Liguria ha accolto la domanda ed ha rilasciato
l’autorizzazione in sanatoria.
Il Ministero per i beni culturali ed ambientali, con decreto di data 27
aprile 1993, ha annullato l’autorizzazione in sanatoria.
2. Col ricorso n. 1569 del 1993, proposto al TAR per la Liguria, i
signori Martucci e Parpan hanno impugnato il decreto ministeriale e ne hanno
chiesto l’annullamento.
Il TAR, con la sentenza n. 370 del 1997, ha accolto il ricorso ed ha
annullato il decreto ministeriale.
3. Col gravame in esame, il Ministero per i beni culturali ed ambientali
ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado
sia respinto.
Gli appellati si sono costituiti in giudizio ed hanno chiesto che
l’appello sia respinto.
Con le note di udienza depositate in data 27 maggio 2003, gli appellati
hanno illustrato le questioni controverse ed hanno insistito nelle già
formulate conclusioni.
4. Alla udienza del 27 maggio 2003 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità del decreto di
data 27 aprile 1993, con cui il Ministero per i beni culturali ed ambientali ha
annullato l’autorizzazione paesaggistica n. 10 del 25 gennaio 1993, rilasciata
dall’assessore all’urbanistica della Regione Liguria in favore degli odierni
appellati, in relazione ad alcuni lavori di ristrutturazione e di ampliamento di
un fabbricato rurale, sito in località Scravè del Comune di Imperia.
Con la sentenza impugnata, il TAR per la Liguria ha accolto il ricorso
degli interessati ed ha annullato il decreto ministeriale.
Il particolare, il TAR ha rilevato che:
- vi sarebbe stata la violazione dell’art. 82 del decreto legislativo
24 luglio 1977, n. 16 (come integrato dalla legge 8 agosto 1985, n. 431), poiché
il decreto, anche se emanato entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento
dell’autorizzazione in sanatoria, è stato notificato dopo la sua scadenza;
- il Ministero, in assenza di una adeguata istruttoria e di una
valutazione degli interessi coinvolti, non avrebbe potuto negare la sussistenza
del potere di autorizzare in sanatoria le opere realizzate in violazione del
vincolo paesaggistico.
2. Col primo motivo del gravame, il Ministero per i beni culturali ed
ambientali ha dedotto che le vicende che riguardano la notifica del
provvedimento di annullamento non rilevano per verificare il rispetto del
termine sancito dall’art. 82, nono comma, del decreto legislativo n. 616 del
1977.
Tali censure sono fondate e vanno accolte.
Per
la costante giurisprudenza di questo Consiglio, che il collegio condivide e fa
propria, il termine perentorio di sessanta giorni riguarda l’esercizio del
potere di annullamento e non anche la successiva fase della comunicazione o
della notificazione (Ad. Plen., 22 luglio 1999, n. 20; Sez. VI, 6 luglio 2000,
n. 3793; Sez. VI, 24 maggio 2000, n. 3010; Sez. VI, 28 gennaio 2000, n. 403;
Sez. VI, 15 dicembre 1999, n. 2073; Sez. VI, 1° dicembre 1999, n. 2069; Se. VI,
3 novembre 1999, n. 1693; Sez. IV,
4 dicembre 1998, n. 1734; Sez. VI,
17 giugno 1998, n. 967; Sez. VI, 9 aprile 1998, n. 460; Sez. VI, 19 luglio 1996,
n. 968; Sez. VI, 22 febbraio 1995, n. 207).
Infatti, l’art. 82, nono comma, del decreto legislativo n. 616 del 1977 ha disciplinato un provvedimento che, secondo i principi generali, è immediatamente efficace e non ha natura recettizia: l’espressione «può annullare in ogni caso» va intesa nel senso che il termine di sessanta giorni si riferisce alla emanazione dell’atto di annullamento, in quanto esso produce immediatamente i suoi effetti.
3. Col secondo motivo, il Ministero ha dedotto che il decreto del 27
aprile 1993 ha legittimamente annullato l’autorizzazione in sanatoria di data
25 gennaio 1993, poiché questa è stata rilasciata in mera applicazione
dell’art. 7, senza tenere conto della normativa riguardante la riduzione in
pristino o l’applicazione della sanzione amministrativa.
Ritiene la Sezione che anche tale censura sia fondata e vada accolta.
3.1. Va premesso che, in assenza di una normativa espressa in materia, la
più recente giurisprudenza (cfr. Ad. Gen., 11 aprile 2002, n. 4; Sez. VI, 19
giugno 2001, n. 3242; Sez. VI, 9 ottobre 2000, n. 5373) ha precisato che il
potere di autorizzazione in sanatoria (per gli abusi commessi su aree sottoposte
al vincolo paesistico) va esercitato tenendo conto dei seguenti principi:
- l’Amministrazione delegata (o subdelegata) deve verificare la mancata
produzione di effetti pregiudizievoli in relazione allo stato dei luoghi
antecedente all’edificazione;
- costituisce onere dell’interessato la dimostrazione dell’assenza
dell’impatto negativo, con la produzione della documentazione relativa alla
situazione precedente dei luoghi, per consentire la comparazione con la
situazione venutasi a verificare a seguito dell’abuso;
- poiché l’autorizzazione in sanatoria non costituisce un
“equipollente perfetto” dell’autorizzazione preventiva (poiché è stato
commesso un fatto illecito, punito con la sanzione prevista dall’art. 15 della
legge n. 1497 del 1939), l’Amministrazione deve valutare la consistenza del
pregiudizio ambientale e valutare se sia il caso di disporre la demolizione
dell’opera abusiva, ovvero di disporre la sanzione equivalente alla maggiore
somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la commessa
trasgressione.
Sulla base di tale giurisprudenza (che la Sezione condivide e fa
propria), si deve ritenere che in base al diritto vivente il rilascio della
autorizzazione paesaggistica in sanatoria si caratterizza per le seguenti
peculiarità procedimentali:
- l’interessato ha l’onere di produrre tutta la documentazione volta
a comparare l’attuale stato dei luoghi con quello originario, prima che
l’abuso avesse luogo;
- l’Amministrazione, nel valutare motivatamente l’istanza e la
documentazione prodotta, o ritiene che il pregiudizio cagionato non possa
condurre all’accoglimento della domanda di sanatoria (e allora deve disporre
la reintegrazione dello stato dei luoghi) oppure, previa istruttoria sul danno
arrecato e sul profitto conseguito mediante la commessa trasgressione, può
rilevare la compatibilità paesistica di quanto realizzato, contestualmente
irrogando la prescritta sanzione.
3.2. Ciò posto, la Sezione rileva che, nel caso di specie,
l’autorizzazione rilasciata in sanatoria in data 25 gennaio 1993 non ha
comparato, rispetto alla situazione antecedente all’abuso, quella venutasi a
verificare, né ha rilevato la consistenza del pregiudizio arrecato ai valori
paesistici e ambientali (non essendo sufficiente la mera prescrizione di alcune
misure volte a razionalizzare la struttura dell’edificio).
Essa non ha neppure rilevato se in sede amministrativa sia stata esibita
la documentazione necessaria per effettuare tale comparazione.
Inoltre, il medesimo provvedimento si è limitato a disporre la sanatoria
sotto il profilo paesaggistico, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 1497 del
1939, senza contestualmente disporre la prescritta sanzione, rispetto alla quale
è anche mancata l’istruttoria.
Ciò comporta che, come ha legittimamente evidenziato il decreto
ministeriale del 27 aprile 1993, l’autorizzazione rilasciata in sanatoria in
data 25 gennaio 1993 risulta viziata da violazione di legge ed eccesso di
potere: essa non ha valutato i fatti complessivamente accaduti e si è
illegittimamente limitata a rilasciare, ora per allora, una autorizzazione in
sanatoria ex art. 7, senza esercitare il potere in sanatoria che, nell’attuale
sistema, postula specifiche e coessenziali attività istruttorie, valutative e
sanzionatorie.
4. Per le ragioni che precedono, in accoglimento dell’appello e in
riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado,
restando salvo il potere della Regione di riesaminare l’istanza degli
interessati, nel rispetto dei principi concernenti la sanatoria degli abusi
commessi su aree sottoposte a vincolo paesistico.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli
onorari dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello
n. 4217 del 1998 e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di
primo grado n. 1569 del 1993.
Compensa
tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 27 maggio 2003, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Luigi MARUOTTI Consigliere Est.
Carmine VOLPE Consigliere
Giuseppe MINICONE Consigliere
Guido SALEMI
Consigliere