Consiglio di Stato Sez. VI n. 5591 del 5 luglio 2022
Elettrosmog.Installazione impianti e poteri degli enti locali
La legge quadro n. 36 del 2001 detta una disciplina volta a realizzare un equilibrio tra esigenze plurime, attinenti alla protezione ambientale, alla tutela della salute, al governo del territorio e alla diffusione sull’intero territorio nazionale della rete per le telecomunicazioni, in ragione del nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione. Il legislatore statale ha circoscritto la potestà pianificatoria dei Comuni, imponendo loro di dovere dettare (in positivo) ‘criteri’ di localizzazione e non (in negativo) mere ‘limitazioni’ ostative. Lo stesso legislatore non ha inteso di certo conculcare l’autonoma capacità delle Regioni e degli enti locali di regolare l’uso del proprio territorio, tenendo conto della loro specifica morfologia e degli altri interessi indifferenziati ivi insistenti, sempreché tale potere regolamentare venga esercitato in modo da non frapporre ostacoli all’obiettivo della copertura dei servizi di comunicazione sul territorio e senza violare il principio della neutralità tecnologica.
Pubblicato il 05/07/2022
N. 05591/2022REG.PROV.COLL.
N. 06436/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6436 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
FINMEDIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giulia Milo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Giovannipoli, n. 148;
contro
COMUNE DI MUGGIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Reggio D’Aci, Walter Coren, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Reggio D’Aci in Roma, via degli Scipioni 268/A;
REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. 130 del 2021;
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Muggia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 maggio 2022 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Milo Giulia e Reggio D’Aci Andrea;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.‒ Il giudizio in esame è stato preceduto da alcune cause connesse, già definite dal Consiglio di Stato, di cui è opportuno premettere una rapida ricognizione:
- la Finmedia s.r.l. ‒ proprietaria di un traliccio con ripetitore di radiodiffusione, sito in località Chiampore, nel Comune di Muggia, in provincia di Trieste ‒ chiedeva, con istanza del 12 febbraio 2010, al Comune di Muggia l’autorizzazione a modificare l’impianto di sua proprietà, sostituendo i due preesistenti tralicci con un unico traliccio più alto (mt 30 da terra), su cui fissare le antenne utilizzate da sei emittenti per la radiodiffusione sonora;
- su tale istanza si formava il silenzio-assenso, come accertato con la sentenza del T.a.r. per il Friuli Venezia Giulia n. 379 del 10 luglio 2013, passata in giudicato;
- successivamente, con provvedimento 29 dicembre 2014, il Comune di Muggia dichiarava la decadenza della predetta autorizzazione, rilevando che le opere progettate non erano state ultimate nel termine di mesi 12 dal perfezionato silenzio assenso;
- il provvedimento di decadenza veniva annullato dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (sul rilievo che il termine per la conclusione dei lavori doveva considerarsi di 4 anni), con sentenza n. 387 del 2015, la quale veniva tuttavia riformata dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 2978 del 2017, che ne sanciva quindi la legittimità consolidandone gli effetti;
- il Comune di Muggia adottava quindi l’ordinanza n. 11 del 20 novembre 2017, recante l’ingiunzione a rimuovere le opere realizzate dopo la decadenza del titolo;
- l’impugnazione proposta da Finmedia avverso il citato ordine di demolizione ed il provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria (nel frattempo presentata dalla stessa Società relativamente al medesimo impianto), veniva dichiarata infondata dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, con sentenza n. 409 del 2019, confermata dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 995 del 2021;
- nel frattempo la Elemedia s.p.a. ‒ titolare di concessione ministeriale per l’esercizio dell’attività di radiodiffusione sonora comprendente, tra gli altri, tre impianti attivi sulla porzione del traliccio di Finmedia s.r.l. (di cui è affittuaria), oggetto dell’ordine di demolizione del Comune di Muggia di cui si è appena detto ‒ impugnava l’atto prot. 32185 del 25 novembre 2019 (inviato a Finmedia s.r.l. quale proprietaria del traliccio e «per opportuna conoscenza» anche all’appellante quale affittuaria), con il quale il Comune di Muggia, in relazione alla propria ordinanza n. 11 del 20 novembre 2017: i) aveva ordinato a Finmedia di riportare «il traliccio alla situazione esistente al momento della decadenza dell’autorizzazione unica»; ii) aveva avvisato che, in caso di persistente inottemperanza, avrebbe proceduto all’esecuzione coattiva fissata per il giorno 16 marzo 2020; iii) aveva osservato che lo spostamento degli impianti delle emittenti ospitate sulla parte di traliccio da rimuovere «potrà avvenire soltanto nei tre siti alternativi individuati dal PRG Comunale vigente»;
- con lo stesso ricorso, Elemedia chiedeva l’annullamento dell’art. 18, paragrafi 4, 5, 6 e 6-bis, delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore vigente, nella parte in cui consente l’installazione di impianti di radiodiffusione solo nei tre siti di delocalizzazione di Castellier, Fortezze e Bosco della Luna;
- Elemedia precisava che il ricorso non era inteso a sindacare l’ordine di demolizione impartito dal Comune a Finmedia, bensì l’attività amministrativa legata alla delocalizzazione dei segnali di Elemedia, sia perché la tempistica fissata per la migrazione (16 marzo 2020) sarebbe stata impossibile da rispettare, sia perché le tre postazioni di trasferimento, indicate dal Comune nel PRG e nelle comunicazioni successive, sarebbero tutte inesistenti; lamentava altresì l’illegittimità, per violazione del principio di neutralità tecnologica, delle previsioni di piano che consentono solo agli impianti televisivi e non anche a quelli radiofonici di migrare presso postazioni già esistenti, oltre alle tre sopra individuate;
- con un secondo ricorso, la stessa Elemedia impugnava il provvedimento del 10 marzo 2020, con il quale il Comune di Muggia aveva nel frattempo rigettato la domanda presentata dalla stessa società (in data 16 dicembre 2019), volta al rilascio dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 87, del d.lgs. n. 259 del 2003, vigente ratione temporis, e della legge regionale n. 3 del 2011 per il completamento del traliccio di Finmedia s.r.l. (in particolare: «per il rilascio dell’autorizzazione ad innalzare fino a quota 30 metri il troncone autorizzato del traliccio di Finmedia s.r.l., installandovi le antenne necessarie per garantire continuità alla propria attività, così come descritto in dettaglio nell’allegata documentazione tecnica»);
- il diniego comunale era motivato adducendo che: il progetto presentato si configurerebbe in realtà come una «sanatoria di una situazione illegittima concretamente in essere»; in ogni caso, l’istanza proposta riguarda la costruzione di parte di un traliccio e la collocazione di sistemi radianti i quali potrebbero essere realizzati soltanto nei siti di delocalizzazione individuati dal piano regolatore;
- a fondamento della domanda di annullamento del predetto diniego, Elemedia lamentava che: i siti di radiocomunicazione individuati in località di Fortezze, Nuovo Castellier e Bosco della Luna, costituirebbero siti privi di ogni urbanizzazione e di postazioni di radiocomunicazione (costituite da traliccio e locale tecnico) che possano consentire agli operatori radiofonici (come Elemedia) di agganciarvi antenne di trasmissione; in ogni caso, i principi e le regole in materia di installazione di impianti vietano di sottrarre all’iniziativa dell’operatore l’intero territorio comunale con l’eccezione di siti puntiformi privi di ogni infrastruttura, implicanti investimenti esorbitanti propri delle c.d. “tower companies” e non degli operatori radiofonici (che si limitano a installare antenne sui tralicci); l’art. 18 delle norme di attuazione del piano regolatore del Comune di Murgia, consentendo solamente agli operatori televisivi di trasferirsi presso ogni sito esistente (ivi compreso quello autorizzato dal Comune posto accanto al traliccio di Finmedia in località Chiampore), violerebbe il principio di neutralità tecnologica;
- i due ricorsi proposti da Elemedia venivano respinti dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, rispettivamente con sentenze n. 47 del 2020 e n. 394 del 2020, entrambe confermate dal Consiglio di Stato con sentenza n. 3450 del 2021.
2.‒ Veniamo ora all’oggetto del presente giudizio di appello.
2.1.– Con il ricorso di primo grado, Finmedia s.r.l. (di seguito: la ‘Società’) ha impugnato la deliberazione del consiglio comunale del Comune di Muggia 7 agosto 2019, n. 57, avente ad oggetto l’«Approvazione della variante di livello comunale n. 38 al PRGC del Comune di Muggia di adeguamento al piano comunale di settore per la delocalizzazione degli impianti radio televisivi».
Avverso la predetta variante sono stati formulati i seguenti motivi:
i) le disposizioni del Piano regolatore che limitano ad alcune aree puntuali la realizzazione di infrastrutture per la telecomunicazione sarebbero radicalmente nulle per carenza di potere; l’art. 8 comma 6 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, non sarebbe applicabile nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in quanto la legge regionale 18 marzo 2011, n. 3, espressamente sottrarrebbe tale competenza ai Comuni;
ii) l’art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, dovrebbe essere coordinata con la disciplina statale che, in recepimento di direttive europee, avrebbe riconosciuto l’essenzialità delle infrastrutture in commento al fine di garantire i servizi di telecomunicazione ai cittadini; l’interesse pubblico, connesso alla realizzazione di una capillare rete di trasmissione, limiterebbe la potestà amministrativa di governo del territorio; il Comune di Muggia avrebbe agito in senso contrario a quanto indicato dalla normativa statale, vietando la realizzazione di impianti su tutto il territorio, salvo due aree che non sarebbero neanche le più idonee dal punto di vista tecnico;
iii) se è vero che nel 2009 il sito soffriva di sovraffollamento di tralicci e vi era stato un superamento delle soglie previste dalla legge di inquinamento elettromagnetico, oggi l’inquinamento sarebbe rientrato nei limiti di legge e i tralicci non autorizzati sarebbero stati demoliti; l’area di Chiampore sarebbe tecnicamente la più adatta ad ospitare emittenti, in quanto non oggetto di alcun vincolo né paesaggistico, né idrogeologico, né storico culturale e non soffrirebbe di un eccessivo inquinamento elettromagnetico;
iv) dall’art. 18, punto 6-bis delle NTA, si ricaverebbe che, solo per quanto concerne gli impianti di trasmissione del segnale televisivo questi potrebbero essere allocati su tralicci già autorizzati, mentre invece gli impianti di radiodiffusione non potrebbero essere allocati su tralicci che si trovano a Chiampore, in palese violazione del principio di neutralità tecnologica;
v) l’amministrazione non avrebbe effettuato un’indagine tecnica su quali possano essere i migliori siti per la localizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione; da una indagine affidata da Finmedia ad un ingegnere elettronico specializzato in telecomunicazioni, emergerebbe che gli studi effettuati dall’Università di Udine (che hanno riconosciuto l’idoneità dei due siti di Monte Castellier e Fortezza) non avrebbero tenuto conto delle numerosissime interferenze provocate dai segnali provenienti da Trieste e dalla Slovenia, con la conseguenza che non sarebbero considerabili come siti alternativi tutti quelli sotto la quota di 150 metri sopra il livello del mare; il miglior sito sarebbe quello di Chiampore per quanto concerne la possibilità di irradiare al meglio e senza interferenze il segnale.
2.2.– Con successivi motivi aggiunti, la Società ha impugnato anche il provvedimento del 10 marzo 2020, con cui il Comune di Muggia ha respinto il rilascio di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 8 della legge regionale n. 3 del 2011 per il completamento del traliccio per telecomunicazioni Finmedia in località Darsella di Chiampore, motivando che si tratterebbe della reiterazione di un’istanza di sanatoria già presentata e che l’opera in questione sarebbe in contrasto con la disciplina urbanistica vigente, recante delocalizzazione dell’impianto.
Secondo la Società, il diniego di autorizzazione sarebbe illegittimo in quanto:
vi) con il procedimento oggetto del presente giudizio, la ricorrente avrebbe chiesto una nuova autorizzazione, per realizzare ex novo determinate opere che solo in parte coincidono con quelle oggetto della precedente istanza di sanatoria, in quanto si tratta anche di realizzare la demolizione dei vecchi tralicci e del vecchio manufatto di custodia apparati, il riassetto del terreno e l’interramento di piante a mascheratura parziale dell’opera;
vii) le censure sollevate avverso il PRG, oltre a portare all’annullamento del Piano regolatore, atto presupposto, inciderebbero in via derivata sulla legittimità del diniego; inoltre, si tratta di opere di urbanizzazione primaria e come tali compatibili con qualunque destinazione urbanistica
viii) in ben sei occasioni, il Comune avrebbe derogato a quanto previsto dal Piano regolatore e consentito la realizzazione di attività destinate alla telecomunicazione nell’area contigua a quella occupata da Finmedia che avrebbe identica destinazione urbanistica;
ix) ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, il Comune avrebbe dovuto convocare una conferenza di servizi per valutare contestualmente gli interessi coinvolti.
3.– Il Tribunale Amministrativo Regionale, con sentenza n. 130 del 2021, ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo e rigettato i motivi aggiunti.
In sintesi, secondo il giudice di primo grado: l’impugnazione della variante al piano regolatore è inammissibile per carenza di interesse all’impugnazione; l’istanza in sanatoria costituisce un ‘escamotage’ per ottenere, di fatto, la sanatoria della porzione abusiva del traliccio; la censura di disparità di trattamento è infondata perché le situazioni non sono identiche; la conferenza di servizi non andava convocata, trattandosi di progetto palesemente in contrasto con il piano regolatore.
4.– Avverso la sentenza ha proposto quindi appello la Società, riproponendo sostanzialmente i motivi proposti in primo grado, sia pure adattati all’impianto motivazionale della sentenza appellata.
In particolare, secondo l’appellante:
a) l’affermazione relativa all’inammissibilità dell’impugnazione della variante al piano regolatore sarebbe erronea in quanto la decisione di delocalizzare gli impianti dalla località di Chiampore sarebbe stata integralmente rinnovata con gli atti successivi impugnati nel presente giudizio;
b) la natura dell’opera (equiparata dalla legge statale all’urbanizzazione primaria) renderebbe l’intervento compatibile con qualunque destinazione urbanistica; anche l’art. 8, comma 2, della legge regionale n. 3 del 2011, precisa che l’autorizzazione per tali impianti «è rilasciata anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici comunali vigenti»; quindi, anche a non voler annullare il piano regolatore, sarebbe stato necessario verificare la derogabilità dello stesso;
c) laddove afferma il carattere di sanatoria al progetto presentato dalla ricorrente, la sentenza sarebbe erronea in quanto l’oggetto del presente giudizio sarebbe una nuova richiesta autorizzazione da valutarsi alla luce degli interessi tutelati dalla disciplina relativa alle telecomunicazioni;
d) la sentenza sarebbe erronea anche laddove afferma essere insussistente la disparità di trattamento rispetto agli altri casi indicati: le situazioni sarebbero infatti identiche, tenuto conto che, nei casi richiamati, sarebbero state rilasciate nuove autorizzazioni uniche in deroga al piano regolatore come si auspica nella presente fattispecie;
e) trattandosi di un’opera indispensabile per erogare un servizio pubblico, i diversi interessi in gioco avrebbero dovuto essere verificati in sede di Conferenza di Servizi.
Su queste basi, l’appellante riproduce i motivi di ricorso formulati avverso la variante n. 38, rispetto ai quali il T.a.r. non si sarebbe pronunciato, relativi alla inidoneità tecnica dei siti alternativi (Monte Castelier e Fortezza).
Qualora poi si dovesse ritenere che l’art. 8 comma 6 della legge n. 36 del 2001 consente ad un Comune di individuare in modo puntiforme le aree comunali ove collocare le infrastrutture di telecomunicazione senza considerare gli enormi aggravi di costi per la realizzazione delle opere nei luoghi indicati rispetto ad altre assolutamente migliori dal punto di vista tecnico e già urbanizzate, la Società chiede che si rinvii la questione alla Corte di Giustizia affinché quest’ultima valuti la compatibilità di tale potere con i principi derivanti dalla normativa europea e precisamente quelli alla libertà d’impresa, al diritto di procedure certe imparziali e proporzionate per ottenere le autorizzazioni necessarie a realizzare infrastrutture di comunicazione elettronica, al principio di neutralità tecnologica.
4.1.‒ Con un primo atto di motivi aggiunti in appello, la Società afferma che, soltanto in data 21 giugno 2021, avrebbe avuto copia completa dello studio effettuato dall’Università di Udine nel 2012. La lettura integrale del predetto studio confermerebbe i motivi di ricorso sollevati relativamente alla inidoneità tecnica dei luoghi prescelti alla carenza di istruttoria alla contraddittorietà ed illogicità della decisione presa. Il Comune, nell’indicare in modo puntiforme i siti ove collocare i tralicci, avrebbe reso di fatto reso impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni.
4.2.‒ Con ulteriori motivi aggiunti in appello, la Società afferma che, dalla visione della documentazione sopravvenuta ‒ segnatamente: l’atto del 31 agosto 2021, con cui il Comune ha, nel frattempo, autorizzato la società RTL 102.5 Hit Radio s.r.l. alla migrazione dell’omonima emittente dalla base d’impianto sul traliccio “DCP” sito in Darsella di Chiampore ‒ emergerebbero i seguenti ulteriori motivi di illegittimità rispetto agli atti già impugnati:
i) in primo luogo, andrebbero rimarcati i seguenti presupposti di fatto: - l’emittente appena autorizzata si troverebbe attualmente sul traliccio di Finmedia e sarebbe stata autorizzata a spostarsi di pochi metri sul traliccio contiguo di DCP; - il Piano regolatore vigente vieterebbe nel modo più assoluto tale possibilità consentendo ciò solo alle emittenti televisive; - tale trasferimento comporterebbe un possibile aumento dell’inquinamento elettromagnetico rispetto alla situazione attuale;
ii) il Comune, riservandosi in modo del tutto arbitrario di applicare o disapplicare il divieto imposto dal Piano regolatore di installare nuove emittenti sui tralicci esistenti in zona Chiampore, avrebbe concesso una sorta di «monopolio di fatto in favore di DCP» titolare del traliccio contiguo a Finmedia, sostanzialmente impedendo a quest’ultima di esercitare la propria attività destinata ad assicurare un servizio di pubblica utilità e a garantire il pluralismo;
iii) l’autorizzazione da ultimo intervenuta evidenzierebbe ancora una volta la volontà discriminatoria e punitiva del Comune di Muggia nei confronti di Finmedia, quale reale motivazione posta alla base del diniego impugnato.
5.– Si è costituito in giudizio il Comune di Muggia, insistendo per il rigetto del gravame e dei motivi aggiunti.
6.– All’odierna udienza del 19 maggio 2022, la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.
7.– Le censure sollevate avverso le prescrizioni di piano non possono essere accolte.
7.1‒ Il Codice delle comunicazioni elettroniche (di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259), con riferimento alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici (tra cui «l’installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti»), prevede la confluenza in un solo procedimento di tutte le tematiche rilevanti, con il finale rilascio (in forma espressa o tacita) di un titolo abilitativo, qualificato come ‘autorizzazione’.
La fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica è considerata dal legislatore di preminente interesse generale, oltre che libera (art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 259 del 2003).
L’art. 86, al comma 3, del Codice recita che: «Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia».
L’art. 90 dello stesso Codice aggiunge che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità hanno «carattere di pubblica utilità», con possibilità, quindi, di essere ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola).
7.2.‒ Nonostante il riconoscimento del carattere di opere di pubblica utilità e malgrado l’assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, le predette infrastrutture non possono essere evidentemente localizzate indiscriminatamente in ogni sito del territorio comunale, perché, al cospetto di rilevanti interessi di natura pubblica l’esigenza della realizzazione dell’opera di pubblica utilità può risultare cedevole.
Il Codice delle comunicazioni elettroniche fa infatti espressamente «salve le limitazioni derivanti da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica e della tutela dell’ambiente e della riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione» (art. 3 comma 3).
A questi fini, l’installazione di infrastrutture «viene autorizzata dagli enti locali, previo accertamento, […] della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della legge 22 febbraio 2001, n. 36 e relativi provvedimenti di attuazione» (art. 87, comma 1, del d.lgs. n. 259 del 2003).
L’art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36 stabilisce che «i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico», con il solo limite della impossibilità «di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato» (così la formulazione della disposizione dopo la modifica introdotta dall’articolo 38, comma 6, del decreto legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020).
La norma recepisce l’indirizzo della giurisprudenza costituzionale secondo cui, nell’esercizio dei suoi poteri, il Comune non può rendere di fatto impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformando i criteri di individuazione, che pure il comune può fissare, in limitazioni alla localizzazione con prescrizioni aventi natura diversa da quella consentita dalla legge quadro n. 36 del 2001 (sentenze n. 307 e n. 331 del 2003).
In definitiva, alle Regioni ed ai Comuni è consentito, nell’ambito delle rispettive competenze, individuare «criteri» per la localizzazione degli impianti di comunicazione ‒ individuando cioè le aree del territorio dove meglio è possibile contemperare gli interessi di ‘salute, paesaggio, ambiente e diritti di comunicazione’ ‒ mentre non è consentito prescrivere esclusivamente «limitazioni» alla localizzazione degli impianti (soprattutto se consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei) che rendano di fatto impossibile una copertura soddisfacente dei servizi di comunicazioni.
Nel rispetto dei limiti anzidetti, la scelta urbanistica di localizzazione degli impianti costituisce espressione di ampia discrezionalità, sindacabile in caso di irragionevolezza e insostenibilità tecnica ed economica.
7.3.‒ Su queste basi ‒ come già osservato dal Consiglio di Stato nella sopra citata sentenza n. 3450 del 2021 ‒ il Comune di Muggia si è avvalso del potere di adottare un regolamento per l’insediamento urbanistico delle infrastrutture di comunicazione elettronica, con misure che appaiono rispettose delle predette indicazioni normative.
Il Piano comunale di delocalizzazione delle antenne è stato approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 50 del 2013, recepito (a seguito dell’apposita variante approvata con deliberazione del Consiglio comunale n. 53 del 2015) nell’art. 18 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore.
Le finalità perseguite ‒ come si legge nella citata delibera consiliare ‒ consistono nella riduzione del numero dei tralicci presenti nell’area abitata di Chiampore e nella riduzione dell’inquinamento da emissioni radioelettriche, nell’ambito di un territorio caratterizzato dalla più alta densità di insediamento di tralicci per telecomunicazioni a livello regionale.
7.4.‒ Ciò posto, il giudice di primo grado ha correttamente rilevato l’inammissibilità per carenza di interesse dell’impugnazione della variante n. 38 al PRG, approvata dal Comune con la delibera n. 57 del 7 agosto 2019 (in conseguenza dell’aggiornamento al piano di delocalizzazione assunto con la delibera del consiglio comunale n. 63 del 5 novembre 2018).
L’interesse finale azionato dalla Società è quello all’annullamento della decisione comunale di delocalizzare gli impianti di trasmissione che affollano la località abitata di Chiampore.
Sennonché, tale scelta urbanistica ‒ contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, secondo cui la impugnata delibera del 2019 costituirebbe un «provvedimento di conferma propria, con notevoli modifiche, di una precedente decisione» ‒ risale all’approvazione della precedente variante n. 31 al PRGC di cui alla deliberazione del Consiglio comunale n. 53 del 2015.
La variante n. 38 ‒ oggetto del presente giudizio ‒ non ha infatti in alcun modo modificato la decisione del 2015 di delocalizzare gli impianti presenti a Chiampore su siti alternativi (di cui anzi costituisce presupposto pacifico richiamato nelle premesse della deliberazione), avendo soltanto rettificato i confini esatti di uno dei tre siti preferenziali individuati dall’Amministrazione (quelli cioè di ‘Monte Castellier’).
Rispetto poi alla variante n. 31 del 2015, ogni contestazione è invece tardiva: come già ritenuto dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 995 del 2021 (che ha respinto l’appello di Finmedia, confermando l’abusività e la non compatibilità urbanistica del traliccio contestato), «già l’ordine di demolizione (così come il diniego di sanatoria) richiamava espressamente l’incompatibilità del manufatto con l’art. 18 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore del Comune di Muggia (il quale, con la variante n. 31 di cui alla delibera comunale n. 53 del 2015, ha recepito le disposizioni del Piano di delocalizzazione degli impianti radio-televisivi redatto dal Dipartimento di Ingegneria Elettronica, Gestionale e Meccanica dell’Università degli studi di Udine, contenente l’individuazione dei siti alternativi)».
7.5.‒ La pretesa nullità del piano per carenza di potere (sostenuta dall’appellante sul presupposto che, nel Friuli Venezia Giulia, il potere comunale sarebbe limitato alla regolamentazione dei soli impianti di telefonia mobile) è del tutto destituita di fondamento.
La legge della Regione Friuli Venezia Giulia n. 3 del 2011 non esclude affatto il potere comunale di localizzare le aree ritenute tecnicamente idonee ad ospitare impianti tecnologici implicanti campi elettromagnetici: l’art. 1 di tale legge precisa, infatti, che la sua disciplina viene dettata «in armonia con i principi di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36» (che l’individuazione di siti volti ad ospitare impianti tecnologici rientri nel potere di governo del territorio attribuito ai Comuni, risulta anche dsll’art. 63-bis, comma 3, della legge Regione Friuli Venezia Giulia n. 5 del 2007).
Va poi aggiunto che, in ogni caso, la domanda di accertamento della nullità, sarebbe comunque incappata anch’essa nel termine di decadenza di 180 giorni previsto dall’art. 31, comma 4, del c.p.a (in tal senso, anche la citata sentenza del Consiglio di Stato n. 995 del 2021).
7.6.‒ Al di là degli assorbenti profili di inammissibilità e tardività delle censure aventi ad oggetto la scelta urbanistica di delocalizzazione, va pure precisato che, con la sentenza n. 3450 del 2021 (sul ricorso della società Elemedia, relativa al medesimo traliccio in discussione nel presente giudizio), il Consiglio di Stato ha ritenuto infondata la censura secondo cui le previsioni comunali in commento avrebbero introdotto un divieto generalizzato di installazione degli impianti presso tutto il territorio. Le scelte introdotte dal Comune di Muggia, rispetto ad un territorio caratterizzato da limitata estensione e densamente abitato, si sostanziano in criteri localizzativi che non impediscono né ostacolano ingiustificatamente l’insediamento degli impianti.
Dalla documentazione in atti, risulta che i siti preferenziali individuati dall’Amministrazione comunale ‒ le aree di “Fortezza” e di “Monte Castellier” ‒ costituiscono l’unica parte del territorio amministrato (escluso l’abitato di Chiampore) posta ad un’adeguata altezza sopra il livello del mare e da cui è possibile l’adeguata irradiazione del segnale. A queste due aree si è poi aggiunto il sito del “Bosco della Luna”, come individuato nel piano regionale per la radiodiffusione televisiva.
La scelta di delocalizzare i sistemi tecnologici radianti al di fuori del centro abitato di Chiampore, concentrandoli sui predetti tre siti, appare correttamente ispirata al principio di precauzione e contempera in modo ragionevole le esigenze di adeguata diffusione del segnale con quelle di ordinata collocazione sul territorio.
L’opzione pianificatoria è stata istruita mediante l’acquisizione di uno studio affidato al Dipartimento di Ingegneria Elettronica, Gestionale e Meccanica dell’Università di Udine (il quale ha effettuato apposite simulazioni di propagazione del segnale radioelettrico e verifiche di potenziale copertura delle trasmissioni dai diversi siti contemplati), e di una relazione tecnica elaborata da una società specializzata (Tecnomedia).
Le esigenze localizzative per gli impianti di radiodiffusione per cui è causa hanno tenuto conto della loro maggiore potenza, la quale consente l’irradiazione delle trasmissioni a servizio di un ambito territoriale vasto mediante posizionamento degli impianti su un’unica torre tralicciata, anche in zone lontane dai centri abitati (a differenza degli impianti di telefonia mobile i quali, in ragione della minore intensità del segnale irradiato, devono essere posizionati anche in vicinanza dei centri abitati al fine di garantire l’adeguata copertura di rete).
Rispetto allo studio dell’Università di Udine non sono emersi (anche nel corso del presente giudizio) errori di rilevazione.
Le esigenze urbanistiche e di minimizzazione dell’impatto elettromagnetico risultano quindi adeguatamente armonizzate con l’esigenza di garantire l’adeguata irradiazione del segnale, in quanto viene garantita agli operatori interessati una localizzazione alternativa degli impianti, senza determinare ingiustificate limitazioni alla copertura di rete.
7.7.‒ Il precedente del Consiglio di Stato ha pure escluso che la scelta di delocalizzare sia insostenibile sul piano tecnico e economico.
In primo luogo, è dirimente osservare che rientra nella responsabilità dei Comuni dettare le scelte di pianificazione del territorio. La realizzazione delle infrastrutture elettroniche (nella specie, l’installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica) è invece rimessa all’iniziativa economica privata (l’art. 3 del Codice garantisce infatti «il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche»). Un intervento pubblico volto alla messa a disposizione dei tralicci (sui quali istallare le antenne) si giustificherebbe soltanto in caso di comprovato fallimento del mercato. Del resto, l’appellante non ha in alcun modo esposto quali sarebbero le ragioni ostative di fattibilità tecnica ed economica.
Quanto poi alla disponibilità delle aree contemplate nel piano di delocalizzazione delle antenne, l’Amministrazione resistente ha replicato che: il sito del Bosco della luna è un’area di proprietà comunale ed è quindi immediatamente disponibile per le società interessate; i proprietari delle aree private corrispondenti al sito di Fortezza hanno a suo tempo formalizzato la disponibilità di acconsentire la realizzazione degli impianti per telecomunicazioni, trattandosi di fondi incolti e non utilizzati (in ogni caso, ai sensi dell’art. 8, comma 8, della legge regionale n. 3 del 2011, l’autorizzazione unica costituisce dichiarazione di pubblica utilità); le aree corrispondenti ai siti di delocalizzazione sono inoltre agevolmente accessibili tramite le strade pubbliche o le strade vicinali ad uso pubblico ivi esistenti, nonché poste nelle vicinanze delle condutture elettriche; nel sito alternativo di “Monte Castellier” è stata realizzata un’importante infrastruttura per comunicazioni radiofoniche, sulla quale è stato a suo tempo installato anche un impianto dell’odierna appellante.
L’idoneità tecnica delle localizzazioni alternative previste nel 2015 è avvalorata dalle perizie depositate dall’Amministrazione avanti al giudice di primo grado (doc. 18 e 19 del fascicolo di primo grado), redatte nel corso del 2020 dalla predetta società Tecnomedia. Peraltro, come messo in luce dalla difesa comunale, lo stesso tecnico delegato da Finmedia nella sua nota del 24 giugno 21 ha precisato che «le conclusioni del mio studio furono che tutti i siti individuati mostravano sostanzialmente la medesima capacità di copertura per il servizio radio FM, mentre si evidenziavano alcune differenze, talvolta notevoli, per quanto concerneva la copertura del servizio digitale terrestre».
In ordine alle altezze dei tralicci, il Comune ha evidenziato che, nell’ambito della disciplina dei siti radio-televisivi (art. 18 del piano urbanistico), non sono previste limitazioni in altezza per la realizzazione dei tralicci nei siti alternativi di Fortezza e di Monte Castellier. Mentre, all’art. 19 del piano urbanistico, è stata recepita, già dal 2001, la disciplina del piano regionale per la diffusione televisiva, con individuazione dell’area di localizzazione del Bosco della Luna, laddove è prevista un’altezza massima dei tralicci di 30 metri.
Quanto all’ipotizzato inquinamento nell’area di Monte Castellier, l’Amministrazione ha documentato che si tratta di sito posto ad una adeguata distanza dai centri abitati e la cui ubicazione è senz’altro idonea a poter ospitare anche più impianti di telecomunicazione.
7.8.‒ Tutti gli argomenti sopra svolti (per respingere le censure relative all’asserita inidoneità tecnica dei luoghi prescelti dall’Amministrazione) comportano anche il rigetto dei primi motivi aggiunti (proposti dalla Società asserendo che, soltanto a seguito della avvenuta acquisizione della perizia di parte del 24 giugno 2021, avrebbe avuto conoscenza dello studio prodotto dall’Università degli studi di Udine all’Amministrazione Comunale nel 2012), con assorbimento di tutte le questioni sollevate dall’Amministrazione in ordine alla loro ammissibilità.
8.‒ La Società contesta poi l’illegittimità delle norme di piano sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto agli impianti televisivi. Secondo l’appellante la scelta di privilegiare le TV rispetto alle radio si porrebbe in contrasto con le norme del Codice delle telecomunicazioni che impongono la neutralità tecnologica.
Anche questo motivo di appello non può essere accolto, alla luce delle statuizioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 3450 del 2021 (al punto 6).
8.1.‒ Ai sensi dell’art. 4, comma 3, lettera h), del Codice delle comunicazioni elettroniche, la disciplina delle reti e servizi di comunicazione elettronica è volta altresì a: «garantire il rispetto del principio di neutralità tecnologica, inteso come non discriminazione tra particolari tecnologie, non imposizione dell’uso di una particolare tecnologia rispetto alle altre e possibilità di adottare provvedimenti ragionevoli al fine di promuovere taluni servizi indipendentemente dalla tecnologia utilizzata».
Il principio in esame poggia sulla valutazione politica che non sia consigliabile investire su una sola tecnologia e che sia invece preferibile mantenere un approccio aperto e pluralistico alle diverse tecnologie, garantendo la libertà di scelta, sia di coloro che sviluppano tecnologie, sia dei fruitori delle stesse.
Ma ciò non significa che i pubblici poteri ‒ salvaguardati i diritti di libertà e garantito l’accesso al mercato dei servizi di comunicazione elettronica ‒ non possano tenere conto, in sede di pianificazione territoriale, delle specifiche caratteristiche tecnologiche dei diversi tipi di impianti, secondo criteri di obiettività e proporzionalità.
8.2.‒ A mente del comma 6-bis all’art. 18 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del Comune di Muggia, «per i soli impianti di trasmissione del segnale televisivo è consentita la loro installazione su tutti i tralicci regolarmente autorizzati fatte salve le verifiche sul rispetto dei parametri relativi all'inquinamento elettromagnetico».
Le ragioni a sostengo di tale prescrizione risultano dai documenti allegati alla deliberazione del Consiglio comunale n. 57 del 2019, corrispondenti in particolare al “Fascicolo delle controdeduzioni” ed alla “Relazione illustrativa” della variante n. 38 al piano regolatore.
In particolare, la disciplina differenziata tra impianti radio e tv viene giustificata da dettagliate considerazioni concernenti la ricezione dei segnali. Il segnale di una radio FM ‒ si apprende ‒ è meno ricco d’informazione rispetto a quello di una televisione digitale terrestre dal momento che contiene solo contenuti audio. La pianificazione della copertura è quindi più stringente per il servizio di televisione digitale rispetto al servizio di radio FM, richiedendosi per la corretta decodifica dell’immagine un segnale più intenso. Da qui, l’appropriatezza di diverse prescrizioni localizzative.
L’appellante non ha offerto al Collegio elementi idonei ad inficiare la citata spiegazione tecnica.
9.‒ Le censure sollevate avverso il diniego di autorizzazione vanno anch’esse respinte.
Si tratta peraltro dei medesi profili già ritenuti infondati dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 995 del 2021, con argomenti che ‒ in disparte l’eccezione di ne bis in idem ‒ il Collegio ritiene di dovere confermare.
9.1.‒ Al di là della dibattuta qualificabilità dell’istanza di autorizzazione in termini di surrettizia richiesta di ‘sanatoria’ ‒ riguardando tale istanza lo stesso traliccio realizzato nel 2014, oggetto dell’ordinanza di demolizione divenuta inoppugnabile dopo il giudicato amministrativo (di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2978 del 2017) che ne ha sancito l’abusività ‒ e accondiscendendo alla prospettazione della Società (secondo cui essa vanterebbe, non già un interesse oppositivo, rispetto alla demolizione del traliccio abusivo, bensì un interesse pretensivo ad ottenere una nuova valutazione), è dirimente, ai fini del rigetto, la seguente considerazione: all’accoglimento dell’autorizzazione osta inesorabilmente il contrasto con il piano di delocalizzazione delle antenne vieta infatti la realizzazione di «nuove» antenne nel sito di Chiampore.
9.2.‒ Anche l’ultimo motivo incentrato sulla disparità di trattamento rispetto alle autorizzazioni rilasciate dall’Amministrazione comunale ad altri operatori (già dedotto da Finmedia, a mezzo di motivi aggiunti, nel giudizio definito dal Consiglio di Stato con sentenza n. 995 del 2021) è destituito di fondamento, stante la sostanziale eterogeneità delle situazioni poste a confronto.
I casi citati da Finmedia riguardano infatti: lavori accessori; un intervento conforme al pianto, trattandosi di antenna televisiva; autorizzazioni intervenute prima dell’entrata in vigore della variante n. 31 del 2015. Senza contare che quelli invocati a confronti erano tutti progetti per opere da autorizzare, e non consumati abusi edilizi.
Stessa conclusione di infondatezza (e tralasciando anche in questo le eccezioni di inammissibilità) vale anche per i secondi motivi aggiunti, che prendono le mosse dall’autorizzazione rilasciata in favore della emittente “RTL 102.5” per la migrazione del suo segnale trasmissivo dal traliccio (abusivo) di Finmedia al traliccio dell’operatore DCP, ubicato nella località di Chiampore.
L’art. 18 delle norme tecniche di attuazione, come si è più volte detto, vieta «la localizzazione di nuovi impianti» nel sito di Chiampore.
RTL è stata autorizzata esclusivamente alla migrazione del suo segnale radiofonico (dal traliccio abusivo) su di un sistema radiante già esistente e autorizzato nella medesima area. La RTL non ha chiesto di realizzare una nuova antenna o una nuova parabola sul traliccio di DCP né di spostarvi quella esistente. Come rimarcato dalla difesa comunale, la migrazione del segnale non prevede l’esecuzione di alcun tipo di opera edilizia, né la collocazione di antenne o parabole, ma consiste semplicemente nell’attivazione, tramite allocazione di una schedina all’interno del sistema radiante già esistente sul traliccio della DCP, del canale delle trasmissioni radiofoniche.
Finmedia in data 11 dicembre 2019 ha invece richiesto l’autorizzazione per la costruzione di un nuovo traliccio alto oltre 30 metri sulla particella 2722/12 (di cui Finmedia è affittuaria) da adibirsi a ripetitore di radio commerciali, incappando così nel divieto di realizzazione di nuove antenne nel sito di Chiampore.
10.‒ La censura relativa alla mancata indizione di una conferenza di servizi per l’esame del progetto proposto da Finmedia è destituita di fondamento.
10.1.‒ Ai sensi dell’art. 87 del Codice delle comunicazioni, vigente ratione temporis, «l’installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica, di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS, per reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre» viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell’Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36».
Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 87, «[n]el caso una Amministrazione interessata abbia espresso motivato dissenso, il responsabile del procedimento convoca, entro trenta giorni dalla data di ricezione della domanda, una conferenza di servizi, alla quale prendono parte i rappresentanti delle Amministrazioni degli Enti locali interessati, nonché dei soggetti preposti ai controlli di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, ed un rappresentante dell’Amministrazione dissenziente».
Le disposizioni appena citate, con tutta evidenza, non escludono affatto che l’Amministrazione procedente non dia seguito alcuno all’istanza di autorizzazione in presenza di un elemento ostativo, immediatamente verificabile, rappresentato dal contrasto con la disciplina urbanistica vigente. Depone in tal senso anche il principio generale di economicità dell’azione amministrativa e di non aggravamento del procedimento.
11.‒ Da ultimo, Finmedia adombra l’incompatibilità del diritto nazionale con il diritto europeo, citando l’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato n. 5515 del 2021 (che richiama a sua volta l’analoga ordinanza n. 2033 del 2019) che ha sollevato il seguente quesito: «se il diritto dell’unione europea osti a una normativa nazionale (come quella di cui all’articolo 8 comma 6 della legge 22 febbraio 2001, n. 36) intesa ed applicata nel senso di consentire alle singole amministrazioni locali criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile, anche espressi sotto forma di divieto, quali il divieto di collocare antenne in determinate aree ovvero ad una determinata distanza da edifici appartenenti ad una data tipologia».
In primo luogo, osserva il Collegio che, in data 16 gennaio 2020, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha adottato l’ordinanza sulla causa C-368/19 con cui ha dichiarato la predetta domanda di pronuncia giudiziale manifestamente irricevibile ai sensi dell’art. 94, lettera c), del regolamento di procedura non essendo applicabile la direttiva “servizio universale” ai servizi di telefonia mobile.
Per quanto la questione sia relativi ai servizi di telefonia mobile, dall’ordinanza della Corte europea si ricavano elementi di valutazione che portano a ritenere, anche ai fini della presente decisione, che le disposizioni europee relative all’adozione di procedure semplici, efficaci, trasparenti e non discriminatorie e quelle relative all’utilizzo neutrale ed efficiente delle frequenze non siano in quanto tali in contrasto con una normativa nazionale che preveda la potestà regolamentare dei comuni in materia di insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici (cfr. la sentenza del Consiglio di Stato, 374 del 2021).
In ogni caso, nei punti precedenti della presente motivazione si è messo in luce che la legge quadro n. 36 del 2001 detta una disciplina volta a realizzare un equilibrio tra esigenze plurime, attinenti alla protezione ambientale, alla tutela della salute, al governo del territorio e alla diffusione sull’intero territorio nazionale della rete per le telecomunicazioni, in ragione del nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione.
Il legislatore statale ha circoscritto la potestà pianificatoria dei Comuni, imponendo loro di dovere dettare (in positivo) ‘criteri’ di localizzazione e non (in negativo) mere ‘limitazioni’ ostative. Lo stesso legislatore non ha inteso di certo conculcare l’autonoma capacità delle Regioni e degli enti locali di regolare l’uso del proprio territorio, tenendo conto della loro specifica morfologia e degli altri interessi indifferenziati ivi insistenti, sempreché tale potere regolamentare venga esercitato in modo da non frapporre ostacoli all’obiettivo della copertura dei servizi di comunicazione sul territorio e senza violare il principio della neutralità tecnologica.
La richiesta di rinvio pregiudiziale prende dunque le mosse da un erroneo presupposto interpretativo del diritto nazionale.
12.– Per le ragioni che precedono, l’appello (integrato da motivi aggiunti) è infondato e va respinto.
12.1.– La liquidazione delle spese di lite del secondo grado di giudizio segue la soccombenza, secondo la regola generale.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 6436 del 2021, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la società appellante a rifondere le spese del secondo grado di lite nei confronti del Comune appellato, che si liquidano in € 5.000,00, oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Dario Simeoli, Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti, Consigliere
Francesco De Luca, Consigliere
Marco Poppi, Consigliere