Cass. Sez. III n. 15950 del 27 maggio 2020 (UP 25 feb 2020)
Pres. Sarno Est. Cerroni Ric. Graziano
Ambiente in genere.Opere illecite su area demaniale

Integra la contravvenzione di cui all’art. 1161 cod. nav. la realizzazione di innovazioni non autorizzate, per tali intendendosi tutte quelle opere che, indipendentemente dai materiali utilizzati e dal loro stabile ancoraggio al suolo, sono idonee a modificare i beni del demanio marittimo ovvero ad incidere sul loro uso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27 settembre 2018 il Tribunale di Foggia ha condannato Mirna Giuseppina Graziano, in qualità di legale rappresentante della s.r.l. Vittoria, alla pena di euro cento di ammenda per il reato di cui agli artt. 55 e 1161 cod. nav., stante l’occupazione abusiva di area demaniale consistente nell’ampliamento dell’area oggetto di concessione e nella realizzazione di cucina con lavabo, piastra da cucina, banco frigo e locale wc.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su quattro motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo è stata eccepita violazione di legge in quanto il fatto per il quale la ricorrente era stata condannata era diverso da quello contestato, atteso che era emerso dall’istruttoria che non si trattava di opere ma della realizzazione di attrezzature mobili appoggiate al suolo e destinate ad essere rimosse a fine stagione, mentre in ogni caso l’area di sedime occupata rientrava nell’area demaniale oggetto della concessione di cui la ricorrente era titolare. Tant’è che anche il richiamo normativo di cui all’art. 55 cit. si riferiva alla fattispecie erroneamente contestata.
2.2. Col secondo motivo è stata rilevata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione all’art. 521 cod. proc. pen., per difetto di correlazione tra accusa e sentenza, atteso che è stato posto a base della condanna un fatto diverso rispetto a quello contestato, dal momento che – diversamente da quanto enunciato nell’imputazione – il Giudice aveva posto a base della condanna un fatto diverso, nel momento in cui era emerso che non vi era stata abusiva occupazione ulteriore rispetto a quanto oggetto di concessione.
2.3. Col terzo motivo, quanto al lamentato vizio motivazionale, è stato osservato che per l’installazione delle attrezzature mobili non era richiesto il rilascio di alcuna autorizzazione, trattandosi di strutture precarie all’interno delle aree in concessione, che non costituivano né opere né innovazioni.
2.4. Col quarto motivo infine è stata censurata la mancata applicazione della norma di cui all’art. 131-bis cod. pen., benché ne ricorressero tutti i presupposti.   
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato.
4.1. I primi tre motivi di impugnazione possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro connessione.
4.1.1. La sentenza impugnata ha osservato che, su un’area demaniale marittima oggetto di concessione in favore dell’imputata e nel corso di attività d’istituto, il personale della Capitaneria di Porto aveva riscontrato l’esistenza di ulteriori e nuove opere del tutto sprovviste di titolo abilitativo (cucina costituita da lavabo metri 1,95x0,70x0,85 e da piastre per la cottura metri 1,20x0,65x0,80, nonché da bancone di metri 4,40x0,55x0,80 e da bagno di metri 2,35x1,30x2,50).
In proposito, le opere non erano state oggetto della concessione demaniale marittima, in forza della quale il Comune di Mattinata aveva accordato all’imputata il permesso di occupare l’area demaniale marittima senza alcun riferimento specifico alle opere indicate.
4.1.2. Ciò posto, la stessa difesa dell’odierna ricorrente ha così osservato che le attrezzature mobili in tal modo evidenziate si trovavano all’interno dell’area demaniale marittima oggetto della concessione, e che – attese siffatte emergenze istruttorie – il fatto per il quale l’imputata era stata condannata era diverso da quello contestato, tant’è che era stato formulato capo d’imputazione riferibile all’art. 55 cod. nav., che in sé nulla aveva a che vedere con la fattispecie. Mentre in ogni caso le opere non erano ancorate al suolo, e rappresentavano un angolo ristorazione a ridosso dell’arenile, installate per le necessità della stagione balneare senza alcuna necessità di autorizzazione.
4.1.3. Un tanto premesso in fatto, vero è che la contestazione dell’art. 55 cod. nav., siccome recata nel capo d’imputazione unitamente al richiamo dell’art. 1161 cod. nav., è errata, dal momento che detta norma si riferisce all’esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare.
In ogni caso, peraltro, è nozione comune che, in tema di contestazione dell’accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all’indicazione delle norme di legge violate, per cui, ove il fatto sia descritto in modo puntuale, la mancata o erronea individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell’esercizio del diritto di difesa (Sez. 1, n. 30141 del 05/04/2019, Poltrone, Rv. 276602). Ciò in quanto, ai fini della contestazione dell’accusa, ciò che rileva è la compiuta descrizione del fatto e non anche l’indicazione degli articoli di legge che si assumono violati (Sez. 3, n. 22434 del 19/02/2013, Nappello, Rv. 255772).
4.1.4. In specie, il fatto è stato invero comunque adeguatamente contestato ed esplicitato nell’imputazione, dal momento che all’odierna ricorrente era stato ascritto di avere effettuato “delle innovazioni e degli ampliamenti non autorizzati nella zona del demanio marittimo del Comune di Mattinata, occupando abusivamente un’area demaniale marittima ulteriore mediante innovazioni non autorizzate e consistenti nell’ampliamento dell’area oggetto della concessione e nella realizzazione di una cucina ecc.”. In definitiva, quindi, l’ampiezza della contestazione è tale da consentire una difesa del tutto idonea, in quanto essa si riferisce complessivamente ma anche distintamente tanto ad innovazioni quanto ad ampliamenti non autorizzati, laddove le innovazioni, specificamente indicate, erano in effetti non autorizzate, ed insistenti sull’area già oggetto di concessione demaniale.
Al riguardo, infatti, in tema di tutela del demanio, qualora le innovazioni non autorizzate su area demaniale non determinino una occupazione abusiva dell’area o un ampliamento di quella legalmente autorizzata, si configura il solo reato di realizzazione abusiva di innovazioni nell’area demaniale e non anche quello di arbitraria occupazione (Sez. 3, n. 26249 del 26/04/2018, Fabbri, Rv. 273317; Sez. 3, n. 11541 del 16/02/2006, Giuliano ed altro, Rv. 233676; Sez. 3, n. 10642 del 30/01/2003, Rosetti, Rv. 224356).
D’altronde, l’eloquente documentazione fotografica specificamente richiamata in sentenza è coerente con i rilievi ivi contenuti, quanto alla necessità di specifica autorizzazione. Il materiale già ricordato rappresenta invero un complesso strutturale (oltre naturalmente al locale bagno) completo per la preparazione di cibi, tra l’altro inserito in un pregevole contesto ambientale e con impatto, al riguardo, non proprio secondario.
Infatti è stato già osservato da questa Corte, ed in questa sede ne va ribadito l’insegnamento, che integra la contravvenzione di cui all’art. 1161 cod. nav. la realizzazione di innovazioni non autorizzate, per tali intendendosi tutte quelle opere che, indipendentemente dai materiali utilizzati e dal loro stabile ancoraggio al suolo, sono idonee a modificare i beni del demanio marittimo ovvero ad incidere sul loro uso (Sez. 3, n. 48179 del 15/09/2017, Mantoni e altro, Rv. 271546, allorché era stato ritenuto integrato il suddetto reato nella realizzazione, in un sito affidato in concessione per lo svolgimento di attività di campeggio, di opere consistenti nella pavimentazione di una area di vaste dimensioni, nella posa in opera di un gazebo e nell’installazione di docce, in assenza di preventiva autorizzazione da parte della competente autorità demaniale; v. anche Sez. 3, n. 10184 del 26/06/2014, dep. 2015, Guido, Rv. 263006, già cit., secondo cui il reato doveva ritenersi integrato dalla realizzazione di un gazebo in legno, di un container frigo utilizzato come deposito e di un palco in legno, posti in opera in previsione di serate musicali).
4.1.5. Il provvedimento impugnato ha pertanto correttamente applicato i richiamati principi.
4.2. Parimenti infondato è anche il quarto motivo di ricorso.
Infatti, in tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità (Sez. 3, n. 19207 del 16/03/2017, Celentano, Rv. 269913; cfr. altresì Sez. 2, n. 21465 del 20/03/2019, Semmah, Rv. 275782; Sez. 5, n. 57491 del 23/11/2017, Moio, Rv. 271877).
Nel merito, all’udienza di discussione del 27 settembre 2018 avanti al Tribunale di Foggia è stata invero solamente richiesta una pronuncia di assoluzione per insussistenza del fatto ovvero perché esso non costituiva reato, laddove la norma di cui all’art. 131-bis cod. pen. (non invocata neppure in via subordinata, cfr. Sez. 7, n. 15659 del 08/03/2018, Cavasin, Rv. 272913) è ormai in vigore dal 2 aprile 2015.
5. All’infondatezza dell’impugnazione, complessivamente considerata, consegue il rigetto del ricorso, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), del d.p.c.m. 8 marzo 2020.
Così deciso in Roma il 25/02/2020