Consiglio di Stato Sez. V n. 3773 del 5 maggio 2025
Ambiente in genere.Obblighi manutentivi delle aree esterne al confine stradale

Le disposizioni di cui agli artt. 30 e 31 Cod. strada delineano un quadro stabile dei rapporti tra proprietari dei fondi finitimi ed enti proprietari delle strade, addossando ai primi gli oneri della manutenzione delle ripe dei fondi laterali ovvero la realizzazione delle relative opere di mantenimento, così da impedire e prevenire situazioni di pericolo connesse a franamenti o scoscendimenti del terreno ovvero alla caduta di massi o altro materiale sulla strada. In tale prospettiva, l’art. 14 del codice della strada assegna all’ente comunale il compito di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia della sede stradale [cfr., in particolare, l’art. 14, comma 1, lett. a)], ma tale obbligo non si estende alle aree estranee circostanti, in particolare alle ripe site nei fondi laterali alle strade. Le ripe, ai sensi dell’art. 31 del Codice della Strada, devono essere mantenute dai proprietari delle medesime in modo da impedire e prevenire situazioni di pericolo connesse a franamenti e cedimenti del corpo stradale o delle opere di sostegno, l’ingombro delle pertinenze e della sede stradale, nonché la caduta di massi o altro materiale, qualora siano immediatamente sovrastanti o sottostanti, in taglio o in riporto nel terreno preesistente alla strada, la scarpata del corpo stradale. Alla luce di ciò, incombono dunque sui proprietari gli obblighi manutentivi relativamente alle aree esterne al confine stradale e, in particolare, riguardo alle ripe situate nei fondi laterali alle strade, ai sensi dell’art. 31 cit., in modo da impedire e prevenire situazioni di pericolo connesse a franamenti o scoscendimenti del terreno, nei sensi sopra evidenziati.

Pubblicato il 05/05/2025

N. 03773/2025REG.PROV.COLL.

N. 01757/2024 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 1757 del 2024, proposto da
Strata Callisto, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Masetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via XXV Aprile, 11a/3;

contro

Comune di Casella, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Matteo Repetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ufficio Territoriale del Governo di Genova, Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Sindaco del Comune di Casella, in qualità di Ufficiale del Governo, Sindaco del Comune di Casella, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Mereta Matteo, Mereta Francesca, Società Boggeri s.p.a., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo Regionale per la Liguria n. 00760/2023, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Casella, nonché dell’Ufficio Territoriale del Governo di Genova e del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2025 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Masetti e Bernardini in delega di Repetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Strata Callisto è proprietario di terreno collinare boscato sito nel territorio del Comune di Casella (GE) identificato al N.C.T. al F. 1, mapp. 36.

In data 8 gennaio 2021, nel suddetto terreno si verificava una frana, con smottamento a valle di terra e massi verso la strada comunale di Pratopriore, conseguentemente chiusa al traffico.

Con ordinanza contingibile e urgente n. 8 del 3 febbraio 2021, successiva a diffida del 12 gennaio 2021, il Sindaco di Casella ingiungeva allo Strata di eseguire nel termine di 30 giorni tutte le opere necessarie alla messa in sicurezza del fronte franoso incombente sulla strada comunale individuate da professionista di fiducia dello stesso interessato.

L’ordinanza veniva impugnata in primo grado dallo Strata, il quale deduceva, in sintesi: illegittimità della detta ordinanza in quanto prescriveva l’esecuzione dei lavori al solo Strata e non anche ai proprietari del terreno limitrofo, confinante con quello dello Strata; il provvedimento non si limitava a prescrivere l’esecuzione di misure provvisorie, bensì imponeva la realizzazione di opere definitive, per le quali l’amministrazione avrebbe dovuto agire mediante moduli provvedimentali ordinari; difetto dei presupposti, considerato che era indimostrata l’affermata omessa manutenzione del fondo da parte dello Strata e le ripe oggetto degli obblighi manutentivi sono solo quelle poste in prossimità della strada; difetto d’istruttoria in relazione alle cause che hanno determinato la frana, ricollegabili invero all’instabilità del versante; perplessità dell’ordinanza, che non individuava gli interventi idonei alla messa in sicurezza del terreno.

Stante l’inerzia del ricorrente, il Comune provvedeva frattanto all’esecuzione in danno dell’ordinanza facendo eseguire i lavori di ripristino e messa in sicurezza, di cui approva la contabilità per l’importo complessivo di € 35.567,27 e ne ingiungeva il pagamento allo Strata ai sensi dell’art. 2 r.d. n. 639 del 1910.

Detta ingiunzione veniva impugnata dal ricorrente con motivi aggiunti, in una agli atti relativi all’esecuzione dei lavori in danno.

2. Il Tribunale amministrativo adito, nella resistenza del Comune di Casella, previa verificazione in ordine all’oggetto dei lavori “in danno” fatti eseguire dal Comune, respingeva il ricorso e parte dei motivi aggiunti, dichiarandone il proprio difetto di giurisdizione sulla restante parte.

A fronte delle doglianze sollevate dal ricorrente riteneva il Tar, per quanto di rilievo: che il fronte della frana aveva riguardato il solo mappale di proprietà dello Strata, per cui correttamente l’ordinanza aveva limitato a tale proprietà l’onere degli interventi; sia in fase di ordinanza contingibile e urgente quale misura indifferibile, anche a fronte della chiusura della strada, sia successivamente, quando ha agito in via sostitutiva del ricorrente, il Comune ha fatto riferimento unicamente a lavori indispensabili per la messa in sicurezza del fronte della frana, senza alcun intervento definitivo, che avrebbe richiesto misure ben più consistenti; che la natura plurimotivata del provvedimento (fondato anche sulle condizioni di elevato rischio per il crollo dei blocchi) rendeva inammissibili le altre (parziali) censure di merito sollevate dal ricorrente; che, in ogni caso, il terreno dello Strata ben coincideva con la ripa superiore al ciglio della scarpata, rientrando negli obblighi manutentivi di cui all’art. 31, comma 1, Cod. strada; che parimenti inammissibile era il motivo incentrato sul difetto d’istruttoria sulle ragioni della frana, fermo restando che il ricorrente non aveva dimostrato l’instabilità del versante; che gli interventi prescritti, indicati in termini di “messa in sicurezza del fronte della frana”, erano ben coerenti con la situazione di estrema urgenza per far fronte al pericolo e correttamente completati dai correlati adempimenti amministrativi previsti.

Quanto ai motivi aggiunti, il Tar dichiarava inammissibile per difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario l’impugnativa dell’ingiunzione di pagamento ex art. 2 r.d. n. 639 del 1910 e censura dei correlati importi, mentre respingeva per il resto le doglianze, ritenendo, in sintesi, che: l’omesso avviso di avvio procedimentale era giustificato dall’urgenza nel provvedere; non rilevava l’omessa accettazione da parte dello Strata dei lavori e relativi importi, in ciò consistendo il proprium dell’esecuzione in danno, non subordinata d’altra parte neppure ad autorizzazione giudiziaria; gli interventi in via contingibile e urgente operano in un quadro derogatorio rispetto a quello di progettazione e abilitativo ordinario, in un contesto comunque caratterizzato nella specie da importi degli interventi inferiori a € 40.000,00; che il collaudo eseguito poteva ritenersi effettivo e adeguato, al di là della vigilanza prevista a carico del Comune; che generiche erano le censure sollevate in ordine alle modalità realizzative degli interventi.

3. Avverso la sentenza ha proposto appello lo Strata deducendo:

I) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;

II) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000; violazione e/o falsa applicazione art. 97 Cost.;

III) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000; violazione e/o falsa applicazione artt. 3, 30 e 31 d.lgs. n. 285 del 1992; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241 del 1990; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 73, comma 3, Cod. proc. amm.;

IV) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000; violazione e/o falsa applicazione artt. 3, 30 e 31 d.lgs. n. 285 del 1992; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241 del 1990 sotto altro profilo;

V) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000; violazione e/o falsa applicazione artt. 3, 30 e 31 d.lgs. n. 285 del 1992; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241 del 1990 sotto ulteriore profilo;

VI) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; sussistenza della giurisdizione in capo al giudice amministrativo a pronunciarsi in merito all’illegittimità degli atti impugnati; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 133 Cod. proc. amm.;

VII) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; illegittimità degli impugnati provvedimenti per invalidità derivata;

VIII) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; violazione e/o falsa applicazione artt. 7 e 8 l. n. 241 del 1990;

IX) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 20, 52 e 64 d.P.R. n. 380 del 2001; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 d.P.R. n. 207 del 2010; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000;

X) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54 d.lgs. n. 26 del 2000;

XI) nullità e, comunque, erroneità e/o ingiustizia dell’impugnata decisione.

4. Resiste al gravame il Comune di Casella, chiedendone la reiezione; si sono altresì costituiti in resistenza l’Ufficio Territoriale del Governo di Genova e il Ministero dell’Interno.

5. All’udienza pubblica del 3 aprile 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dall’amministrazione - salvo quanto di seguito esposto in relazione ai singoli motivi di gravame - stante il rigetto nel merito dell’appello.

2. Col primo motivo di gravame, l’appellante si duole dell’errore che il giudice di primo grado avrebbe commesso nel respingere le censure con cui lo Strata aveva dedotto in primo grado l’illegittimità dell’ordinanza sindacale in quanto trascurava che l’evento franoso posto a fondamento della stessa interessava anche il mappale n. 40, di altro proprietario, come risulterebbe da documentazione peritale, nonché confermato dal perimetro dell’originaria diffida relativa anche a tale porzione di terreno.

Anche la relazione di verificazione avrebbe confermato, al riguardo, che i lavori di ripristino posti in essere avevano interessato anche il mappale n. 40, come era necessario per la completa messa in sicurezza del fronte franoso.

2.1. Il motivo non è suscettibile di favorevole considerazione.

2.1.1. A ben vedere, la doglianza si risolve non già nel contestare un nesso causale diretto tra le condizioni del terreno dello Strata e gli eventi franosi occorsi, o comunque le condizioni di pericolo a detto terreno ascrivibili, bensì nel coinvolgere nella relativa responsabilità anche il terreno confinante, di altra proprietà.

Il che non assume rilievo ai fini che qui interessano.

Va osservato infatti, sotto un primo profilo, che l’ordinanza contingibile e urgente impugnata richiede di “esegu[ire] le necessarie opere di messa in sicurezza del fronte entro trenta 30 giorni dalla notifica”, e tale ordine - che, quanto allo Strata, non può che riguardare il terreno di proprietà dello stesso, e cioè il “fronte” (o, eventualmente, la porzione di questo) ricadente nella sua proprietà, come emerge del resto chiaramente dal fatto che lo stesso Strata è stato coinvolto “nella sua qualità di proprietario del fronte soggetto a frana e caduta massi, quale terreno catastalmente identificato al NCT al Fg. 1 mapp. 36” - non è inciso di suo dal fatto che l’area interessata fosse eventualmente più vasta.

In tale prospettiva, la pretesa che vi fosse un più ampio “fronte della frana”, tale da coinvolgere anche una proprietà limitrofa, non vale a inficiare di suo gli obblighi posti con l’ordinanza nei termini suindicati; per questo il profilo di censura non è suscettibile di favorevole apprezzamento, né per quanto osservato rilevano le richieste istruttorie di accertamento tecnico invocate al riguardo dall’appellante.

Sotto altro profilo, considerato che gli ordini posti con il provvedimento sono ormai rifluiti nell’esecuzione “in danno” disposta dal Comune, correttamente il giudice di primo grado ha disposto una verificazione per accertare su quali particelle i detti interventi (il cui costo è stato infine posto a carico dello Strata) siano stati eseguiti.

Va osservato, al riguardo, come la pertinente determinazione comunale del 20 settembre 2021 avesse disposto espressamente di affidare “il primo intervento di messa in sicurezza per poter riaprire al transito pedonale e veicolare Via Pratopriore” facendo espresso riferimento all’area “di proprietà del Sig. Strata Callisto, a seguito dell’evento franoso occorso in data 08.01.2021 […] per un importo [di] complessivi Euro 35.746,00”.

Il fatto, poi, che, come accertato dal verificatore, in fase esecutiva la posa dei “gabbioni” installati abbia interessato, per una parte assai limitata (pari al 3,13% circa lato valle, e al 3,65% circa lato monte) anche il terreno limitrofo, di altra proprietà, non inficia di suo né il contenuto degli ordini di cui all’ordinanza contingibile e urgente (giacché la circostanza non vale a dimostrare che l’origine della frana e la necessaria rimessione in sicurezza non riguardassero appunto il terreno dello Strata), né la conseguente prevista “esecuzione in danno”, legittimamente disposta sul terreno dello stesso Strata, e peraltro ivi sostanzialmente avvenuta, se non per una limitata e pressoché trascurabile quota sconfinata nel terreno adiacente.

3. Col secondo motivo di gravame, l’appellante si duole del rigetto della censura con cui aveva dedotto in primo grado l’assenza dei presupposti propri dell’ordinanza contingibile e urgente, e in specie della provvisorietà e temporaneità degli effetti provvedimentali.

Nel caso di specie, da un lato la situazione di pericolo era stata già risolta dall’amministrazione mediante inibizione del traffico pedonale e veicolare, dall’altro la stessa amministrazione ha aggiudicato i lavori alla ditta incaricata ben sette mesi dopo l’ordinanza, e ha previsto la realizzazione di ingentissime opere prive di carattere provvisorio e interinale, trattandosi piuttosto di opere definitive, a fronte della realizzazione della strada senza la necessaria esecuzione di idonee opere di regimazione delle acque.

3.1. Il motivo non è condivisibile.

3.1.1. Sotto un primo profilo, l’interruzione del traffico veicolare e pedonale, disposta dall’amministrazione, certamente non vale a escludere - semmai a confermare e aggravare - l’urgenza del provvedere, al fine di consentire la riapertura in sicurezza dello stesso traffico.

Quanto al contenuto degli interventi, l’ordinanza richiedeva le opere “necessarie alla messa in sicurezza del fronte della frana incombente sulla strada comunale Via Pratopriore”: si tratta chiaramente di interventi volti a porre in sicurezza, nell’immediato, la situazione in essere (in termini, cioè, di “messa in sicurezza del fronte della frana incombente sulla strada”, appunto) ben coerenti con la natura dello strumento provvedimentale utilizzato; tanto più che l’individuazione degli interventi era rimessa allo stesso proprietario tramite “le indicazioni di un libero Professionista [dal medesimo proprietario] incaricato”.

Né rileva a tal fine il richiamo ai difetti realizzativi della strada (peraltro, meramente enunciati e non dimostrati dall’appellante) se solo si considera che alcuna opera di “regimazione delle acque” il Comune ha richiesto allo Strata, bensì semplicemente gli interventi sufficienti a rimuovere la situazione di pericolo in essere sul terreno di sua proprietà.

4. Col terzo motivo di gravame, l’appellante si duole dell’errore in cui il Tar sarebbe incorso nel ritenere inammissibile - in ragione della ritenuta sussistenza di autonome ragioni motivazionali del plurimotivato provvedimento non censurate dal ricorrente - la doglianza con cui aveva contestato in primo grado che l’evento franoso verificatosi fosse addebitabile alla scarsa manutenzione del terreno sovrastante la strada e che, nella specie, assumesse rilievo la previsione dell’art. 31, comma 1, Cod. strada per porre a carico del proprietario un obbligo di manutenzione.

Al riguardo, il passo dell’ordinanza sindacale valorizzato dal Tar, con cui l’amministrazione dava conto dell’esistenza di condizioni di rischio per il crollo di blocchi, non poteva considerarsi di suo un autonomo presupposto motivazionale dell’ordinanza stessa; né il giudice di primo grado avrebbe sollevato correttamente la relativa questione, rilevata d’ufficio, consentendovi il contraddittorio a norma dell’art. 73, comma 3, Cod. proc. amm.

Nel merito, d’altra parte, l’ordinanza sarebbe viziata per carenza istruttoria e motivazionale, mancando una qualsivoglia verifica tecnica che abbia accertato le cause determinative dell’evento franoso o fornito prova che detto evento è dipeso da una scarsa manutenzione del terreno di proprietà dell’appellante, soprastante la strada; al contrario, con tutta probabilità l’evento sarebbe da ricondurre a fenomeni del tutto eccezionali, quali le intense piogge occorse in loco.

La realizzazione delle opere richieste sarebbe d’altra parte di esclusiva competenza dell’amministrazione, la quale ha realizzato la strada tagliando in senso orizzontale il versante, senza eseguire alcuna opera di raccolta e regimazione delle acque piovane provenienti da monte.

In tale prospettiva, il giudice di primo grado avrebbe dovuto svolgere adeguati accertamenti in ordine alle cause dell’evento franoso.

Né avrebbe rilievo al riguardo il richiamo all’art. 31 Cod. strada, considerato che le “ripe” coincidono con le sole zone di terreno immediatamente soprastanti il corpo stradale e non anche con l’intero versante o addirittura la strada limitrofa allo stesso.

4.1. Il motivo non è condivisibile.

4.1.1. Al di là dei dedotti profili di ammissibilità, la doglianza può essere respinta nel merito.

Non è contestato, al riguardo, che in occasione dell’evento franoso vi sia stata una caduta di materiale roccioso proveniente dal terreno di proprietà dello Strata; allo stesso modo, è pacifico come gli interventi di messa in sicurezza richiesti nell’ordinanza contingibile impugnata ricadano nella specie sul “fronte soggetto a frana e caduta massi”, in relazione proprio al terreno “catastalmente identificato al NCT al Fg. 1 mapp. 36” di proprietà dello stesso Strata.

Di qui la corretta riconducibilità della fattispecie nell’ambito disciplinato dall’art. 31, comma 1, Cod. strada che obbliga i proprietari delle ripe a provvedere alla manutenzione delle medesime (analogamente, cfr. Cons. Stato, V, 28 maggio 2024, n. 4774; 2 ottobre 2024, n. 7919).

La disposizione prevede al riguardo che «I proprietari devono mantenere le ripe dei fondi laterali alle strade, sia a valle che a monte delle medesime, in stato tale da impedire franamenti o cedimenti del corpo stradale, ivi comprese le opere di sostegno di cui all’art. 30, lo scoscendimento del terreno, l’ingombro delle pertinenze e della sede stradale in modo da prevenire la caduta di massi o di altro materiale sulla strada. Devono altresì realizzare, ove occorrono, le necessarie opere di mantenimento ed evitare di eseguire interventi che possono causare i predetti eventi»: nel caso di specie è stato ordinato all’appellante proprio di provvedere a interventi di messa in sicurezza del “fronte della frana” (nell’ambito del terreno di proprietà dello Strata, appunto) sovrastante la strada interessata, senza che del resto l’appellante deduca specificamente e dimostri altre qualificazioni o destinazioni del suddetto terreno.

Il che coincide con un’attività di manutenzione dell’area di proprietà dello stesso appellante, che il legislatore chiaramente pone a carico del proprietario, ai sensi dell’art. 31 Cod. strada (e già, in generale, dell’art. 2051 Cod. civ.), al fine di prevenire franamenti e cedimenti del terreno in grado di interessare la sede stradale, determinando una situazione di pericolo per la pubblica incolumità e la sicurezza della circolazione stradale (cfr. ancora Cons. Stato, n. 4774 del 2024, cit.; Id., n. 7919 del 2024, cit.).

La giurisprudenza ha del resto ben chiarito, al riguardo, come le disposizioni di cui agli artt. 30 e 31 Cod. strada delineino un quadro stabile dei rapporti tra proprietari dei fondi finitimi ed enti proprietari delle strade, addossando ai primi gli oneri della manutenzione delle ripe dei fondi laterali ovvero la realizzazione delle relative opere di mantenimento, così da impedire e prevenire situazioni di pericolo connesse a franamenti o scoscendimenti del terreno ovvero alla caduta di massi o altro materiale sulla strada (cfr. in tal senso Cons. Stato, V, 31 maggio 2021, n. 4184).

In tale prospettiva, “l’art. 14 del codice della strada assegna all’ente comunale il compito di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia della sede stradale [cfr., in particolare, l’art. 14, comma 1, lett. a)], ma tale obbligo non si estende alle aree estranee circostanti, in particolare alle ripe site nei fondi laterali alle strade. Le ripe, ai sensi dell’art. 31 del Codice della Strada, devono essere mantenute dai proprietari delle medesime in modo da impedire e prevenire situazioni di pericolo connesse a franamenti e cedimenti del corpo stradale o delle opere di sostegno, l’ingombro delle pertinenze e della sede stradale, nonché la caduta di massi o altro materiale, qualora siano immediatamente sovrastanti o sottostanti, in taglio o in riporto nel terreno preesistente alla strada, la scarpata del corpo stradale” (Cons. Stato, I, 9 maggio 2012, parere n. 2158).

Alla luce di ciò, incombono dunque sui proprietari gli obblighi manutentivi relativamente alle aree esterne al confine stradale e, in particolare, riguardo alle ripe situate nei fondi laterali alle strade, ai sensi dell’art. 31 cit., in modo da impedire e prevenire situazioni di pericolo connesse a franamenti o scoscendimenti del terreno, nei sensi sopra evidenziati (Cons. Stato, n. 4774 del 2024, cit., e richiami ivi).

Di tali principi ha fatto corretta applicazione il giudice di primo grado, venendo in rilievo nella specie interventi manutentivi da eseguire nel fondo di proprietà privata, nei termini sopra chiariti, di pertinenza pertanto dello stesso proprietario, a fronte della condizione rilevata dall’amministrazione di “elevato rischio per il crollo di blocchi […] che aumenterà considerevolmente con future precipitazioni”, senza che “si possa ulteriormente procrastinare la realizzazione delle opere di messa in sicurezza necessarie per garantire la pubblica e privata incolumità […]” (cfr. l’ordinanza impugnata).

Né assumono rilievo, in senso contrario, le deduzioni inerenti alla eccezionalità dell’evento verificatosi o alla (presunta) assenza di carenze manutentive del terreno: una volta registrate infatti situazioni di (non contestata) pericolosità di questo, incombe sul relativo proprietario apprestare le misure manutentive volte a evitare cedimenti o cadute di materiali.

Allo stesso modo, si ribadisce, l’appellante non fornisce elementi evidenziali in ordine ad asseriti difetti realizzativi della strada, segnatamente rispetto ai richiamati profili inerenti alle protezioni ed opere di raccolta e regimazione delle acque piovane provenienti da monte e alla eventuale incidenza di dette opere sull’evento e la situazione in essere; ciò fermi restando peraltro gli obblighi di manutenzione che spettano comunque al proprietario del fondo per evitare situazioni di pericolo sulla strada sottostante.

Allo stesso modo, non è conducente quanto dedotto dall’appellante in ordine all’applicabilità del regime di cui al suddetto art. 31, comma 1, Cod. strada ai soli terreni “immediatamente soprastanti” il corpo stradale: da un lato, infatti, non v’è dubbio che il terreno di proprietà dello Strata sia soprastante la strada interessata e idoneo, con la caduta dei suoi materiali, a interessarla direttamente (cfr. l’art. 31, comma 1, cit., che riguarda appunto «le ripe dei fondi laterali alle strade, sia a valle che a monte delle medesime», nonché in ogni caso gli obblighi generali ex art. 2051 Cod. civ.); dall’altro, come già osservato, l’appellante non deduce o dimostra specificamente altre qualificazioni o destinazioni del proprio terreno (soprastante, come pacifico, il corpo stradale) anche a mente della definizione di cui all’art. 3, comma 1, n. 44, Cod. strada.

5. Col quarto motivo, l’appellante si duole della dichiarata inammissibilità (per le medesime ragioni indicate nel terzo motivo di gravame) e comunque del rigetto della doglianza relativa alla natura degli interventi ingiunti allo Strata, da non ritenersi temporanei o provvisori, bensì definitivi e risolutivi.

Allo stesso modo, il giudice avrebbe trascurato il fatto che l’ordinanza imponeva l’esecuzione di tutte le opere necessarie alla messa in sicurezza del fronte della frana, con coinvolgimento dunque anche di terreni non di proprietà dell’appellante.

In giudizio era peraltro ben presente la prova dell’instabilità geologica dei terreni limitrofi alla strada, quale causa degli eventi franosi occorsi, come risultante dalla relazione tecnica dell’ing. Barosso, prodotta dal Comune.

5.1. Il motivo non è condivisibile.

5.1.1. Quanto alla natura degli interventi, s’è già posto in risalto in relazione al secondo motivo (alla cui trattazione si rimanda, retro, sub § 3 ss.) come gli stessi ben vadano considerati nella specie provvisori e contingenti, quali semplici misure (peraltro rimesse a determinazione dello stesso proprietario, assistito da tecnico abilitato) “necessarie alla messa in sicurezza del fronte della frana incombente sulla strada comunale Via Pratopriore”.

Allo stesso modo, è pacifico come l’ordinanza imponga allo Strata i soli interventi sul proprio terreno, ritenendo quest’ultimo coincidere con il fronte della frana (cfr. il provvedimento impugnato, ove si impartiscono gli ordini all’appellante “nella sua qualità di proprietario del fronte soggetto a frana e caduta massi […]”).

Per questo, alcuna ulteriore misura era richiesta allo Strata, diversa da interventi da porre in essere sul proprio terreno. Né rileva, in diverso senso, il fatto che i gabbioni oggetto dell’esecuzione in danno siano stati nella specie collocati in (minima) parte nel terreno confinante, ciò attenendo appunto alla dimensione (meramente) esecutiva, a fronte di un provvedimento che anche a fini di esecuzione in danno richiedeva interventi sul solo terreno dello Strata (cfr. retro, sub § 2 ss.).

Ancora, in relazione ai profili di dedotta dimostrazione dell’instabilità geologica dei terreni, gli stessi a ben vedere non rilevano ai fini qui coinvolti, atteso che gli obblighi di manutenzione in capo al proprietario, ai sensi dell’art. 31, comma 1, Cod. strada, assumono rilevanza in sé, a prescindere dalle cause che rendono tale manutenzione necessaria, in un contesto in cui del resto - si ripete - l’appellante non ha offerto evidenze concrete di una specifica responsabilità dell’amministrazione al riguardo.

Di qui il rigetto della censura, oltreché delle richieste istruttorie di accertamento tecnico avanzate su quanto sopra dall’appellante.

6. Col quinto motivo, l’appellante si duole dell’errore che il giudice di primo grado avrebbe commesso nel respingere il corrispondente motivo di ricorso, con cui lo Strata aveva dedotto l’illegittimità dell’ordinanza, la quale non individuava con precisione le opere da realizzare, limitandosi a rinviare a quelle “ritenute più idonee da parte di un professionista incaricato”.

D’altra parte, gli interventi richiesti erano tutt’altro che provvisori (tanto da richiedere la presentazione di pratica edilizia) e competevano all’amministrazione comunale, in quanto finalizzati a tutelare la sicurezza della strada comunale; inoltre gli stessi interessavano anche altro mappale, di proprietà dei confinanti.

6.1. Il motivo non è condivisibile.

6.1.1. S’è già posta in risalto l’infondatezza della doglianza che adduce la natura definitiva e risolutiva degli interventi prescritti (retro, sub § 3 ss. e 5 ss.), né rileva in diverso senso il solo fatto che l’ordinanza richiedesse per la realizzazione degli interventi la presentazione “di adeguata pratica edilizia”; il che parimenti vale per la dedotta imputabilità dei relativi obblighi in capo all’amministrazione, essendosi già posti in risalto gli obblighi gravanti sul proprietario a norma di lege (retro, sub § 4 ss.).

Del pari non condivisibile è il profilo di censura che deduce la genericità degli interventi richiesti, atteso che può ritenersi ben sufficiente, al riguardo, la loro indicazione nei sensi suesposti (quali “opere necessarie alla messa in sicurezza del fronte della frana incombente sulla strada comunale”, peraltro “seguendo le indicazioni di un libero Professionista”, incaricato dallo stesso intimato, che “prescriv[esse] le opere necessarie alle messa in sicurezza del tratto di strada interessato”), né da ciò peraltro l’appellante subiva alcuna specifica ragione di pregiudizio.

Parimenti si è già ritenuta non condivisibile la doglianza che assume l’estensione degli interventi anche al di fuori della proprietà dello Strata, essendo nella specie errato proprio l’assunto da cui la stessa muove, e cioè la messa a carico dell’appellante di opere al di fuori del proprio terreno (retro, sub § 2 ss. e 5 ss.).

7. Col sesto motivo, l’appellante si duole della declinatoria di giurisdizione in ordine alle censure proposte con motivi aggiunti, in quanto rivolte non tanto all’ingiunzione ai sensi del r.d. n. 639 del 1910 adottata dal Comune, quanto agli atti presupposti, relativi al progetto e all’affidamento a terzi dei lavori.

7.1. Il motivo non è suscettibile di favorevole considerazione, atteso che la declinatoria di giurisdizione da parte del Tar ha riguardato la sola ingiunzione di pagamento di cui al r.d. n. 639 del 1910, anche in relazione al pagamento dell’Iva.

Per il resto, il giudice di primo grado ha esaminato (e respinto) nel merito le censure promosse dal ricorrente avverso i restanti atti, e cioè proprio “gli atti di approvazione del progetto e di affidamento dei lavori eseguiti ‘in danno’” (cfr. sentenza, par. 25, cui segue l’esame dei singoli motivi di doglianza).

Per questo, dal momento che la censura si appunta qui sulla declinatoria di giurisdizione rispetto ai motivi aggiunti con cui si contestava “non tanto l’ordinanza fiscale emessa dall’Amministrazione Comunale per il recupero delle somme di che trattasi (oggetto di impugnazione dinnanzi al Tribunale Civile di Genova con il ricorso rubricato al RGR 8311/2022 […]), quanto, piuttosto, la legittimità di tutti gli atti presupposti e/o connessi a tale ingiunzione, quali la redazione del progetto […] nonché l’affidamento dei lavori eseguiti in danno dell’esponente” (cfr. appello, pag. 29), va da sé che in difetto di una suddetta declinatoria, il motivo non è favorevolmente apprezzabile.

Ciò in un contesto in cui, peraltro, è da ritenere di suo corretta la statuizione sulla carenza di giurisdizione in ordine ad ingiunzione fiscale ex art. 2 r.d. n. 639 del 1910 per cd. “esecuzione in danno” di lavori, in linea con la condivisibile giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., SS.UU., 25 settembre 2018, n. 22756; già Id., SS.UU., ord. 10 luglio 2006, n. 15611).

8. Col settimo motivo, l’appellante si duole del rigetto della censura con cui aveva dedotto in primo grado l’illegittimità derivata dei provvedimenti inerenti alla esecuzione “in danno”.

8.1. Il motivo va respinto, in conseguenza del rigetto delle precedenti doglianze, atteso il vizio di illegittimità (meramente) derivata qui fatto valere dall’appellante, con censura che viene dunque di per sé travolta una volta respinte quelle avverso l’ordinanza sindacale.

9. Con l’ottavo motivo di gravame l’appellante si duole del rigetto della censura con cui aveva dedotto in primo grado l’illegittima omissione della comunicazione di avvio del procedimento in proprio favore.

Non v’era, al riguardo, alcuna ragione d’urgenza in grado di giustificare l’omissione di tale comunicazione, considerato che la situazione di pericolo per la pubblica incolumità era già venuta meno a fronte della disposta chiusura del traffico.

D’altra parte, l’assenza di urgenza in relazione agli eventi occorsi sarebbe testimoniata dal fatto che l’esecuzione in danno dello Strata avveniva solo una volta trascorsi ben sette mesi dall’ordinanza.

Di qui l’assenza di ragioni d’urgenza impeditive della partecipazione procedimentale dell’interessato.

9.1. Il motivo non è fondato.

A tal fine è sufficiente osservare, quanto all’ordinanza, che la stessa sottendeva senz’altro un’urgenza nel provvedere - quale, appunto, ordinanza contingibile e urgente, a fronte dei pericoli per la pubblica incolumità e circolazione stradale correlati alla situazione in essere - incompatibile di per sé con una comunicazione di avvio del procedimento; né, come già posto in evidenza, il solo fatto che fosse stata frattanto disposta l’interruzione del traffico faceva venir meno le ragioni dell’urgenza.

Quanto invece agli atti relativi all’esecuzione “in danno”, si tratta a ben vedere di atti meramente consequenziali, e che l’amministrazione aveva già preannunciato, dando conto allo Strata che “in caso di inottemperanza […] il Comune provvederà [avrebbe provveduto] d’ufficio all’esecuzione delle necessarie opere di messa in sicurezza dell’area e le relative spese saranno [sarebbero state] poste a carico della parte privata proprietaria del fondo soggetto a frana e caduta massi”.

A ciò si aggiunga, peraltro, che l’appellante non adduce al riguardo gli specifici elementi conoscitivi che avrebbe offerto laddove coinvolto in sede procedimentale, considerato d’altra parte che non sono fondate le doglianze qui proposte (cfr. al riguardo, in generale, Cons. Stato, V, 12 giugno 2024, n. 5265, e richiami ivi; 18 dicembre 2023, n. 10887 e richiami ivi).

10. Col nono motivo di gravame, l’appellante si duole dell’errore che il Tar avrebbe commesso nel respingere le censure con cui aveva dedotto in primo grado di non aver mai accettato la tipologia e i costi degli interventi realizzati, di non aver concordato alcuna attività progettuale, che i lavori si erano svolti senza alcun atto che legittimasse il Comune ad intervenire sul terreno dell’appellante, stante appunto la mancata attivazione di qualsivoglia procedura giudiziale, d’esproprio o d’occupazione, e che gli stessi avevano a oggetto anche interventi su proprietà di terzi.

Ancora, i lavori erano intervenuti in assenza di preventiva adozione di progetto definitivo od esecutivo, nonché di relazioni ed indagini tecniche, come invece richiesto allo Strata.

Né ricorrevano nella specie ragioni d’urgenza tali da giustificare una deroga al regime ordinario, considerato peraltro che i lavori sono stati eseguiti una volta trascorsi più di sette mesi dall’ordinanza che ne aveva ingiunto la realizzazione; in ogni caso non era giustificata, neppure dall’importo dei lavori inferiore a € 40.000,00, la mancanza di un progetto e dei titoli edilizi e paesaggistici, inclusa l’autorizzazione paesaggistica e il nulla osta idrogeologico.

Anche il certificato di collaudo, che richiede al Comune una vigilanza sui luoghi, confermerebbe l’inadeguatezza dell’attività eseguita.

10.1. Il motivo non è condivisibile.

10.1.1. Quanto alla determinazione unilaterale dei lavori, senza una loro condivisione con l’appellante, e alla loro approvazione in termini di svolgimento presso la proprietà dello Strata senza la partecipazione o il consenso dello stesso, ciò - al di là dei profili ed eventuali difetti propriamente esecutivi, che non appartengono al presente giudizio - costituisce a ben vedere caratteristica propria della esecuzione “in danno”, e cioè del fatto che i lavori siano stati disposti d’ufficio in conseguenza dell’inerzia dell’appellante a seguito dell’ordinanza sindacale, a norma dell’art. 54, comma 7, d.lgs. n. 267 del 2000.

D’altra parte, tale circostanza era stata preannunciata all’interessato con la suddetta ordinanza, la quale avvertiva espressamente “che in caso di inottemperanza” si sarebbe provveduto “d’ufficio all’esecuzione delle necessarie opere di messa in sicurezza dell’area”, con “spese […] poste a carico della parte privata proprietaria del fondo soggetto a frana e caduta massi”.

L’intervento in danno è stato nella specie espressamente disposto giusta D.G.C. del 25 agosto 2021, con successiva determina di affidamento del 20 settembre 2021, né lo stesso prevedeva (o richiedeva) di suo il coinvolgimento di altre proprietà, venendo disposto appunto in relazione alla “proprietà del Sig. Strata Callisto”, salvo quanto poi avvenuto (con sconfinamento in minima percentuale nel fondo confinante) in fase esecutiva, aspetto di suo non rilevante ai fini che qui occupano.

Per questo, agli stretti fini che qui rilevano - circa il vaglio, cioè, della legittimità dei provvedimenti amministrativi gravati - le doglianze non sono suscettibili di favorevole apprezzamento.

Quanto ai residui profili, si ribadisce l’infondatezza dell’assunto per cui difettavano nella specie ragioni d’urgenza nell’intervenire: il fatto che, infatti, il traffico veicolare e pedonale era interrotto non faceva in alcun modo venir meno (semmai confermava) le ragioni dell’urgenza, né la circostanza che fossero trascorsi sette mesi dall’ordinanza incideva di suo su tale profilo.

In tale quadro, parimenti inconferenti sono i rilievi sull’assenza di documenti progettuali in rapporto alla disciplina in materia di affidamenti pubblici, trattandosi nella specie di un affidamento diretto d’importo inferiore a € 40.000,00 ex art. 36, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016, peraltro relativo alla mera “messa in sicurezza” d’urgenza dei luoghi (quale “pulizia e […] sistemazione del dissesto […]”, come indicato nella descrizione dei lavori), in un contesto in cui comunque l’impresa incaricata nella specie presentava (e l’amministrazione approvava) la “descrizione dei lavori” previsti, né peraltro l’appellante dettaglia o declina adeguatamente altrimenti la censura in concreto rispetto alla fattispecie, anche in funzione degli specifici interventi eseguiti.

Allo stesso modo, non conducente è il riferimento ai titoli edilizi e paesaggistici per gli interventi, che da un lato è genericamente formulato dall’appellante, senza dettagli sul relativo fondamento e contenuti in funzione della (specifica) tipologia di interventi, dall’altro, in ogni caso, non tiene conto del (non censurato) disposto di cui all’art. 29, comma 3, del Regolamento edilizio comunale richiamato dal Comune, che esenta da titoli abilitativi edilizi “le opere da realizzare in esecuzione di ordinanze contingibili e urgenti, limitatamente alle opere atte ad eliminare il pericolo”; né rileva di suo, in diverso senso, il solo fatto che l’ordinanza sindacale facesse riferimento alla presentazione di adeguata pratica edilizia dei lavori.

Parimenti, non possono assumere rilievo ai fini che qui interessano, inerenti alla legittimità dei provvedimenti nel quadro dell’azione proposta dallo Strata per il loro annullamento, i rilievi sull’attività esecutiva in sé e relativo collaudo, di suo non incidente sulla valutazione di legittimità dei (precedenti) provvedimenti impugnati (in un contesto in cui peraltro, si ribadisce, esorbita dalla giurisdizione di questo giudice la cognizione dell’ingiunzione fiscale in sé adottata dal Comune).

Ciò in un quadro in cui comunque, d’altra parte, il certificato di collaudo assevera espressamente che “i lavori di messa in sicurezza […] risultano essere regolarmente realizzati […] in conformità al progetto presentato” e “Certifica La messa in sicurezza del versante e la possibilità della riapertura provvisionale della strada”, semplicemente dando conto, in termini generali, che detta riapertura è “condizionata alle condizioni meteo nivio-pluviometriche sulla base dei bollettini emessi dalla Regione Liguria […] per cui in caso di Allerta Meteo l’ente Comunale mantiene l’autorità di interrompere il servizio e la chiusura del transito sulla strada comunale”.

11. Col decimo motivo, l’appellante si duole del rigetto della censura con cui aveva dedotto in primo grado i vizi e le irregolarità esecutive.

Deduce lo Strata, al riguardo, che non sarebbe stata nella specie realizzata alcuna fondazione a getto in calcestruzzo, né vi sarebbe stato alcun taglio della vegetazione; che l’impresa non avrebbe fornito prova del regolare trasporto in discarica dei materiali di risulta.

L’onere della prova circa la corretta esecuzione dei lavori ingiunti non può spettare del resto che alla ditta esecutrice.

11.1. Il motivo non è suscettibile di favorevole considerazione, limitandosi a muovere contestazioni all’attività esecutiva materialmente compiuta dall’impresa, senza alcun nesso con il vaglio di legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati, oggetto di questo giudizio, considerato del resto - per quanto già osservato - che esorbita dalla giurisdizione di questo giudice amministrativo la controversia in ordine all’ingiunzione di pagamento in sé nei confronti dell’appellante; mentre lo Strata non muove censure o contestazioni sul contenuto in sé degli interventi affidati, rimesso peraltro a valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione (cfr. Cons. Stato, V, 8 gennaio 2025, n. 125 del 2025).

12. Con l’undicesimo motivo l’appellante si duole della pronunciata carenza di giurisdizione in ordine alla censura sulla non debenza dell’Iva che l’amministrazione pretenderebbe di recuperare dallo Strata.

Ciò tanto più in un contesto in cui il Comune aveva richiesto alla Regione Liguria un fondo perduto per la messa in sicurezza del versante interessato.

Il che renderebbe illegittimo il recupero di qualsivoglia spesa a carico dello Strata.

12.1. Il motivo non è condivisibile, atteso che la censura attiene al debito pecuniario in sé dello Strata verso l’amministrazione, nel quadro del rapporto obbligatorio correlato all’ingiunzione fiscale su cui sussiste la giurisdizione ordinaria.

Né d’altra parte, in relazione agli altri provvedimenti, assume di suo rilievo, nei rapporti con lo Strata, il solo fatto che l’amministrazione avesse richiesto contributi regionali per la messa in sicurezza dei luoghi.

13. In conclusione, per le suesposte ragioni, l’appello va respinto.

13.1. La peculiarità della fattispecie e la complessità di alcune delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge;

Compensa integralmente le spese del presente grado di giudizio fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2025 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente

Stefano Fantini, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere, Estensore

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere