Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2109, del 16 aprile 2013
Ambiente in genere.Approvazione nuovo piano cave

La predisposizione e l’approvazione del piano cave costituiscono evidente espressione di potestà pianificatoria destinata ad approdare in un atto di natura generale a fronte del quale il privato non può avere alcuna pretesa giuridicamente tutelata circa l’inserimento di aree di proprio interesse negli ambiti estrattivi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02109/2013REG.PROV.COLL.

N. 03179/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3179 del 2012, proposto da: 
N.C.T. S.p.A. con Unico Socio, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi, Aldo Coppetti e Alberto Nevola, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Viviana Fidani, con domicilio eletto presso l’avv. Emanuela Quici in Roma, via Nicolò Porpora, 16; Provincia di Bergamo;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZIONE STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE II n. 1448/2011, resa tra le parti, concernente approvazione nuovo piano cave.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2012 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti gli avvocati Luigi Manzi e Piera Pujatti, su delega dell'avv. Viviana Fidani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1.- Il TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, seconda sezione, con sentenza n. 1448 del 21 ottobre 2011, respingeva il ricorso proposto da N.C.T. S.p.A. con Unico Socio (d’ora innanzi solamente NCT) per l’annullamento in parte qua (e con riguardo all’ATE g8) della deliberazione del consiglio regionale della Lombardia n. VIII/0619 del 14 maggio 2008, di approvazione del Nuovo Piano Cave della Provincia di Bergamo, nonché di ogni altro atto o provvedimento preparatorio, pregresso o comunque connesso.

Il TAR, dopo aver dato atto della permanenza dell’interesse alla decisione del ricorso, malgrado la “caducazione dell’intero Piano cave della Provincia di Bergamo” derivante dalla sentenza n. 1067 del 22 aprile 2010, in ragione della futura riedizione della potestà pianificatoria, rigettava le censure dedotte dalla ricorrente NCT, assumendo che la predisposizione e l’approvazione del piano cave costituiscono “evidente espressione di potestà pianificatoria” destinata ad approdare in un atto di natura generale a fronte del quale il privato non può avere alcuna pretesa giuridicamente tutelata circa l’inserimento di aree di proprio interesse negli ambiti estrattivi; che la sfera di discrezionalità riservata all’autorità pubblica non sarebbe stata esercitata nella fattispecie in modo incongruo, non trasparendo dubbi di contraddittorietà o inattendibilità; che non sussisterebbe “un’aspettativa giuridicamente tutelata alla previsione di quantitativi massimi, anche nell’ottica di uno sfruttamento del territorio equilibrato e sostenibile”; che, pur non potendosi disconoscere il valore del principio secondo cui “l’ampliamento (e l’accorpamento) delle aree già coltivate è prioritario rispetto all’apertura di altri siti”, tuttavia la Regione conserverebbe il potere di valutare gli interessi in conflitto e tener conto delle esigenze di ordine naturalistico e ambientale, precludendo l’ulteriore modifica dello stato dei luoghi (primo ordine di censure); che la ricorrente non avrebbe comprovato con il “necessario supporto documentale” l’erronea determinazione dei fabbisogni complessivi del piano, il che renderebbe impossibile qualsiasi verifica sull’inattendibilità dei dati quantitativi espressi in sede di approvazione definitiva (secondo motivo); che non emergerebbero, nei passaggi tra i diversi enti ed organi coinvolti, stravolgimenti o mutamenti sensibili ed immotivati capaci di insinuare dubbi sulla correttezza e logicità delle scelte pianificatorie.

2.- NCT ha proposto appello avverso la suddetta sentenza, di cui chiede l’integrale riforma perché erronea alla stregua dei seguenti motivi:

1) contraddittorietà e perplessità della motivazione del decisum; violazione dell’art. 112 c.p.c.; dell’art. 2909 e dell’art. 34 c.p.a. anche in relazione all’art. 100 c.p.c.; erroneità dei presupposti di fatto e diritto;

2) erroneità dei presupposti in fatto e diritto; erroneità ed insufficienza della motivazione; violazione dell’art. 5, della l. regionale n. 14 del 1998 e dei criteri per la redazione dei piani cave indicati nella delibera di giunta regionale n. 417714 del 26 febbraio 1999 e n. 49320 del 31 marzo 2000; contraddittorietà e perplessità della motivazione;

3) erroneità dei presupposti di fatto e diritto; erroneità ed insufficienza della motivazione; violazione dell’art. 5, della legge regionale n. 14 del 1998 e dei criteri per la redazione dei piani cave indicati nella delibera di giunta regionale n. 417714 del 26 febbraio 1999 e n. 49320 del 31 marzo 2000; contraddittorietà e perplessità della motivazione, sotto ulteriore profilo;

4) erroneità dei presupposti di fatto e diritto; erroneità ed insufficienza della motivazione; contraddittorietà e perplessità della motivazione.

Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia che ha chiesto il rigetto dell’appello.

Le parti hanno depositato memorie difensive e, alla pubblica udienza del 14 dicembre 2012, il giudizio è stato assunto in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e va respinto.

1.- NCT, storico operatore attivo nel settore dell’attività estrattiva di sabbia e ghiaia e della commercializzazione del materiale inerte estratto, in particolare mediante lo sfruttamento dell’ambito territoriale estrattivo denominato ATE g8 nel Comune di Treviglio (precedentemente classificato come Polo estrattivo AC4g), assume l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza del TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 1448 del 2011, con la quale è stato respinto il ricorso da essa proposto per l’annullamento in parte qua del nuovo Piano Cave della Provincia di Bergamo approvato con delibera del Consiglio Regionale n. VIII/0619 del 14 maggio 2008.

Secondo la società ricorrente il nuovo piano cave sarebbe affetto da un’erronea sottostima della potenzialità estrattiva suscettibile di impedire la prosecuzione dell’attività estrattiva all’interno del comparto ed il TAR erroneamente non avrebbe apprezzato le censure da essa dedotte, così pervenendo ad una decisione errata ed ingiusta, che viene confutata con quattro motivi di appello.

2.- Con il primo motivo la sentenza del TAR è censurata nella parte in cui ha dato atto della permanenza dell’interesse alla decisione del ricorso, malgrado la caducazione dell’intero Piano Cave della Provincia di Bergamo per effetto della sentenza n. 1607 del 2010, in ragione della futura riedizione della potestà pianificatoria.

La statuizione, invero, ha perso ogni carattere lesivo per la ricorrente, atteso che entrambe le parti (appellante e difesa regionale) concordano sulla perdurante esistenza dello strumento di programmazione, essendo stato acclarato da successive pronunce che la caducazione del piano cave della Provincia di Bergamo per effetto della sentenza n. 1607 del 22 aprile 2010 del TAR Brescia è limitata alla sola parte afferente il polo estrattivo ATE g37, oggetto di quel giudizio.

Infatti, la qualificazione del piano come “atto generale ad efficacia inscindibile e riferito ad una pluralità di soggetti”, posta a base della decisione TAR Brescia n. 1607 del 2010, è stata oggetto di rivisitazione da parte della giurisprudenza che ha definito il piano cave provinciale come atto amministrativo a contenuto plurimo, scindibile in tanti atti quanti sono gli ambiti territoriali (ATE) considerati, per ciascuno dei quali detta una specifica disciplina resa palese dalla rappresentazione in distinte schede, recanti previsioni di piano e prescrizioni diverse le une dalle altre (cfr., Cons. Stato, V, n. 3345 del 2012, con la quale si è statuito che la sentenza n. 1607 del 2010 del TAR Brescia ha ad oggetto la delibera regionale di approvazione del piano cave “sulla base di un interesse orientato principalmente alla dichiarazione dell’illegittimità dello stralcio dell’ATE g37 operato dal Consiglio regionale”).

In conclusione, essendo il piano cave, atto plurimo, che si rivolge ad una pluralità di destinatari, è scindibile in tanti provvedimenti, salvo ovviamente ove non si discuta dell’impostazione generale del piano o di vizi che riguardino il momento genetico che, ove fondati, travolgono l’intero piano.

Ne consegue che ciascun provvedimento conserva autonoma esistenza ed il giudicato in relazione ad uno dei provvedimenti che compongono l’atto plurimo, da un lato non estende la sua efficacia ad altri atti che compongono il provvedimento plurimo, dall’altro non preclude l’instaurazione di un giudizio del tutto autonomo, avente ad oggetto uno o più di siffatti atti (Cons. Stato, sezione IV, 12 maggio 2006, n. 2674; 12 giugno 2009, n. 3694).

Sulla base di tali criteri ermeneutici, l’interesse alla decisione da parte dell’appellante sussiste in ragione dell’interesse da essa fatto valere, essendo irrilevante il diverso intento, dichiarato in sentenza, di dare all’amministrazione un parametro in vista della riedizione del potere pianificatorio.

3.- Con le censure articolate con il secondo e terzo motivo di appello, che possono essere esaminate congiuntamente, si asserisce dall’appellante l’illegittimità del piano perché affetto da un’erronea sottostima della potenzialità dell’ATE g8 che si sarebbe tradotta in un azzeramento delle riserve riconosciute all’ambito estrattivo, suscettibile di impedire la prosecuzione dell’attività estrattiva all’interno del comparto.

3.1- Secondo l’appellante, una volta accertata l’esistenza di riserve disponibili nel giacimento sussisterebbe l’obbligo di sfruttamento, cui gli enti non potrebbero sfuggire.

La prospettazione della società appellante non può essere condivisa.

Come ha rilevato il giudice di primo grado, la predisposizione e l’approvazione del piano cave costituiscono “evidente espressione di potestà pianificatoria” destinata ad approdare in un “atto di natura generale a fronte del quale il privato non può avere alcuna pretesa giuridicamente tutelata circa l’inserimento di aree di proprio interesse negli ambiti estrattivi”.

Ferma la correttezza del percorso motivazionale del TAR, va considerato che, diversamente da quanto assume l’appellante, la sfera di discrezionalità dell’autorità pubblica non risulta esercitata in modo incongruo o contraddittorio, in disparte l’impossibilità di valutare in concreto la censura non essendo suffragata dal necessario supporto documentale a sostegno dell’asserita erronea determinazione dei fabbisogni complessivi di piano; circostanza che, come rilevato dal TAR, rende “impossibile qualsiasi verifica sull’inattendibilità dei dati quantitativi espressi in sede di approvazione definitiva”

3.2- Quanto alla circostanza asserita dalla società appellante che nei passaggi tra i diversi enti ed organi coinvolti si sarebbero verificati stravolgimenti, dall’esame degli atti, invero, non è dato apprezzare la censura, non risultando mutamenti sensibili e immotivati capaci di insinuare dubbi sulla correttezza e logicità delle scelte pianificatorie.

3.3- Assume, altresì, la società appellante che il TAR non avrebbe affrontato in modo corretto ed esauriente la questione principale che era stata sollevata in ricorso, cioè il fatto che all’ATE g8 in cui operano NCT e Holcim Aggregati Calcestruzzi s.r.l. è stata assegnata una potenzialità nel decennio di previsione del Piano di soli 2.400.000 metri cubi, a fronte di una potenzialità effettiva, documentata e mai contestata, di 6.000.000 metri cubi.

La doglianza non può essere condivisa.

Il percorso motivazionale del TAR appare corretto, atteso che nella scelta dei volumi di escavazione da assegnare non vi è un’aspettativa giuridicamente tutelata alla previsione dei quantitativi massimi, dovendo l’amministrazione contemperare tutti gli interessi coinvolti ed in particolare l’esigenza di tutela e riqualificazione ambientale.

3.4- Quanto alla previsione di cui all’art. 6, comma 1, lett. e), della l. reg. n. 14 del 1998, in base alla quale, nella formazione del piano cave, le Province “devono preliminarmente tener conto …delle situazioni di attività già esistenti” e di quella di cui al successivo comma 2, lett. a), secondo cui, gli ambiti territoriali estrattivi “devono accorpare aree contigue a quelle già oggetto di attività con priorità rispetto all’apertura di altre aree”, non risulta che dette previsioni siano state disattese dall’amministrazione in sede di redazione del piano o dal TAR con la sentenza appellata.

Anzi di tali criteri ha fatto applicazione la Provincia di Bergamo, avendo tenuto conto delle attività estrattive esistenti, comprese quelle della società appellante, e avendo consentito, conformemente ai criteri contenuti nella Relazione tecnica che costituisce parte integrante della D.C.P. n. 16 del 16 marzo 2004, alla società di continuare ad operare anche quantitativamente a regimi almeno confrontabili con quelli attuali.

Peraltro, come detto sopra, non esiste un’aspettativa giuridicamente tutelata ad ottenere il riconoscimento di quantitativi nella misura voluta dal proponente e men che meno di quantitativi tali da esaurire l’ambito estrattivo anche perché i materiali inerti (sabbia e ghiaia) sono risorse finite e non certo inesauribili, mentre gli operatori interessati sono molti.

In sede di programmazione, l’amministrazione, deve tenere presenti molteplici aspetti: quelli che interessano i privati (maggiore estrazione possibile nel minor tempo possibile) e quelli generali (tutela dell’ambiente, del paesaggio; necessità di graduazione nel tempo dei prelievi; distribuzione delle volumetrie da scavare in ossequio ai principi e alle direttive e non certo sulla base delle semplici richieste o delle riserve esistenti, ecc.), sicché inevitabilmente gli interessi dei privati potranno non essere pienamente soddisfatti.

3.5- Quanto ai criteri contenuti nella l. regionale n. 14 del 1998, essi sono meramente indicativi e tendenziali, sicché possono ben essere condizionati da contrapposti interessi di carattere generale e per ciò stesso prevalenti.

Nel coacervo degli interessi contrapposti, l’esercizio corretto della discrezionalità nel bilanciare (o tentare di bilanciare) gli interessi tra loro contrapposti, richiede valutazioni globali che non possono essere piegate a richieste di singoli operatori.

Peraltro, il contenimento delle possibilità estrattive, non esaurendo le risorse giacenti, consente implicitamente lo sfruttamento nei futuri piani.

N’è v’é motivo di concentrare ed esaurire nel piano attualmente vigente lo sfruttamento integrale delle risorse disponibili.

In conclusione, deve ritenersi che la modesta riduzione della volumetria autorizzata per la cava in questione - da 250.000 metri cubi l’anno a 240.000 metri cubi - per il decennio di durata del piano non viola i criteri di cui alla legge regionale n. 14 del 1998.

Quanto alla motivazione delle scelte pianificatorie essa, contenuta nella relazione di accompagnamento, riguarda l’intero piano e non già ogni singola previsione.

3.6- Non risulta fondata nemmeno la doglianza secondo la quale la mancata assegnazione di ulteriori volumetrie sarebbe imputabile ad un mero errore di calcolo, atteso che tale errore, non dimostrato, ove sussistente avrebbe potuto trovare soluzione in sede di contraddittorio con l’amministrazione, mentre non può trovare risposte in sede giurisdizionale, non essendo deducibile in maniera rigorosa da presupposti normativi, essendo espressione di scelte meramente discrezionali dell’amministrazione, delle quali non risulta dimostrata l’illogicità o l’irragionevolezza.

D’altra parte, non v’è motivo per ritenere, contrariamente a quanto disposto dal piano cave, che alla società appellante dovessero essere assegnate senza riserve le volumetrie presenti in loco e proporzionate alle esigenze degli operatori, fermo restando che possono pur sempre essere apportate modifiche al piano cave, su puntuale e precisa richiesta delle parti interessate, ove, come gli stessi asseriscono, le volumetrie assegnate non consentano la prosecuzione dell’attività estrattiva e ciò non sia in contrasto con gli altri interessi coinvolti nella formazione del piano cave.

3.7- Quanto alla circostanza che la capacità estrattiva consentita dal piano cave alla società appellante si sarebbe esaurita nelle more tra l’adozione e l’approvazione del piano, è situazione di fatto, sopravvenuta, come tale estranea ai criteri sottesi alla redazione del piano, che vengono cristallizzati ad una certa data.

Indubbiamente, trattasi di circostanza che potrà essere valutata dall’amministrazione che, qualora ne ravvisi la fondatezza, potrà adottare una variante al piano che consenta all’appellante di continuare ad esercitare la sua attività.

4.- Con riguardo alla doglianza con cui NCT lamenta che il consiglio regionale avrebbe disatteso la lunga istruttoria compiuta dalla VI Commissione consiliare senza assolvere l’onere di puntualmente motivare le proprie scelte, va ribadito che, in materia di atti di pianificazione, la motivazione svolge un ruolo diverso da quello che svolge in via generale; sicché essa va ravvisata nella complessa attività istruttoria preordinata alla adozione e approvazione degli atti pianificatori, e non rileva, invece, la mancanza di puntuale motivazione per ogni singola scelta pianificatoria.

La programmazione si prefigge, invero, l’ordinato sfruttamento e non l’immediato esaurimento delle risorse, nel rispetto di plurime esigenze (territoriali, ambientali, paesistiche, economiche, ecc.), che non può essere stravolto dall’operatore per soddisfare la pretesa all’escavazione nella misura che gli consenta il massimo profitto.

In tale contesto è evidente l’infondatezza della pretesa della società ricorrente che chiede il raddoppio della produzione, solo perché ci sarebbero risorse estraibili.

Per le ragioni esposte l’appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere, Estensore

Antonio Bianchi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)