MERCATO E LIBERTA’ (Le riflessioni di un consumatore)
di Roberto CAMISA
Uno Stato, o meglio, un insieme di Stati – l’Europa - che si delineano solo in funzione delle leggi di mercato dando sempre più maggiore rilevanza alle singole esigenze finanziarie, portano alla distruzione completa sia dello Stato di Diritto così come lo conosciamo, che della possibilità del cittadino di poter far valere i propri diritti od interessi legittimi in qualsiasi sede giudiziaria.
Affermazione, la precedente, sicuramente pesante, ma occorre considerare che in sostanza non è più il potere legislativo e statale ciò che oggi dobbiamo temere, e per questo limitare; nella realtà esso è ben limitato e delimitato, sia in base alle Costituzioni nazionali, che in base alla giurisdizione sovranazionale della Corte Europea sui Diritti dell’ Uomo in virtù dell’applicazione dei Trattati; il pericolo nascente, è oggi lo strapotere economico delle “aziende” nate sotto le logiche del libero mercato comune, al quale, i governi si assoggettano sempre più nel ruolo di vigilantes, emanando norme di esecutivo solo allo scopo di garantire il decantato diritto alla libera concorrenza. 1
Di pari passo le pubbliche amministrazioni tendono a trasformarsi in soggetti che possono entrare a far parte del mercato e della libera contrattazione: di fatto assistiamo ad un totale abbandono delle logiche del perseguimento del pubblico interesse statale, sotto la manifesta idea che questo possa invece essere meglio perseguito attraverso l’accesso al mercato e la sua conseguente autoregolamentazione degli effetti sociali.
Ne è un esempio quanto avvenuto in Italia con il referendum sulla impropriamente detta “privatizzazione” dei servizi idrici. Ciò che in realtà il legislatore aveva proposto attraverso la normativa recentemente abrogata, erano la regole atte a garantire che le Società a capitale misto pubblico-privato fossero costituite conformemente ai principi dettati dalla giurisdizione Europea: la non discriminazione; l’indizione di gare; le procedure concorsuali.
Ciò che invece di fatto è avvenuto è che il consumatore sovrano (questo sconosciuto) ha palesato di fronte alla minaccia – pur forse fasulla – di una privatizzazione, il suo desiderio nel far sì che determinati servizi obbediscano ancora ad una logica di gestione pubblica.
Il problema sta ora nel fatto che la recente vicenda referendaria è in assoluta controtendenza con l’evoluzione globale del mercato, che sotto la spinta delle logiche sovranazionali, di fatto è l’unico motore che oggi si propone quale guida dell’ Europa.
Ma quanto mai potranno essere liberi e sovrani uno o più Stati (e relativi popoli) inclini solo alla quadratura del cerchio economico: le leggi del mercato, quelle sostanziali, non formali, ci dicono che tra due soggetti che sono di per sé aventi potere economico diverso, il soggetto più debole sarà sempre succube delle regole del più forte e, di fatto, la libera contrattazione formale non diventa più, nella pratica, tanto libera: il soggetto debole non potrà che sottostare alle clausole del più forte2.
Non è forse questo lo scopo per cui sono imposte tutta una serie di regole sulla tutela del contraente debole?
Allora forse qualcosa non quadra: da una parte si persegue la tutela del contraente debole, dall’altra lo si espone di fatto al solo mercato ed alle sue spietate leggi trasformando di diritto il soggetto pubblico.
Il diritto comunitario ci introduce la nozione di organismo di diritto pubblico, dicendoci che si tratta di organismi istituiti per soddisfare bisogni di interesse generale con carattere non industriale o commerciale, che è irrilevante il fatto che allo scopo di soddisfare i bisogni generali, l’organismo sia in grado di svolgere altre attività, e che, ai fini dell’esclusione non è inoltre sufficiente l’esistenza di un mercato concorrenziale nel settore in cui opera.3
Le rigide regole, proprie del soggetto pubblico avevano sì tanti svantaggi, ma lo scopo principale era (e lo sarebbe ancora) quello di limitare, nei settori di pubblico interesse, l’interferenza del mercato. Oggi, la svolta del servizio pubblico statale a favore del servizio pubblico di mercato con la sua decantata libertà, porta forse facilitazioni per l’accesso a determinati servizi, forse meno burocrazia, forse più efficienza ed efficacia, [sottolineo forse] ma a quale prezzo?
Quello altissimo, e sicuro, della perdita di soggettività per tutte le fasce di popolazione non in grado di esistere sotto il profilo economico mancando di per sé del così detto “potere contrattuale”. Non parliamo poi dell’aumento del divario economico tra le classi sociali; in sostanza si va delineando a livello Europeo una specie, se vogliamo definirlo così, di bipolarismo sociale con la completa distruzione sotto il profilo pratico e sostanziale – ma non sotto quello formale e teorico - dei diritti delle fasce più deboli e tra cui ahinoi confluisce quel che rimane del ceto medio.
Qualche esempio? La contrattazione del cittadino per ottenere un mutuo in banca: scarse possibilità di negoziazione sono di fatto concesse; oppure nel mercato del lavoro: pochi lavoratori, ed in genere si tratta di eccezioni per l’alto grado di professionalità conseguito, sono in grado di ottenere nei contratti di lavoro facilitazioni o agevolazioni negoziate direttamente con il datore di lavoro aldilà di quanto previsto in sede di contrattazione nazionale, o, nell’ipotesi più probabile delle condizioni imposte dal datore di lavoro.
Eppure teoricamente tutti siamo in grado di poter negoziare anche quando sottoscriviamo un contratto di telefonia, oppure di erogazione di servizi energetici o idrici; viceversa siamo sempre portati ad accettare l’offerta del momento in una sorta di ultimatum “prendere o lasciare”, nella migliore delle ipotesi ci vengono proposte delle fasce di servizio a fronte però di pesanti oneri economici da sostenere qualora avessimo malauguratamente sottostimato le nostre esigenze.
Questo è oggi il mercato della libera contrattazione e concorrenza.
Formalmente tutti siamo in grado di stabilire e concordare le reciproche prestazioni con la controparte, teoricamente potremmo scegliere, ma di fatto, laddove la controparte abbia un potere economico maggiore del nostro, detta le regole a suo piacimento4 con la garanzia di imperturbabilità da parte del potere legislativo che sotto il piano meramente formale tutela i nostri diritti!
La legge, è vero, è uguale per tutti, ed anche l’amministrazione della giustizia dovrebbe esserlo, ma non c’è giustizia a cui il cittadino possa accedere laddove egli, per vivere, abbia sacrificato il suo diritto formale alla negoziazione alle logiche del bisogno; è invero assai più probabile che nei confronti del cittadino (suo malgrado inadempiente) agisca, per ottenere “giustizia”, la Banca o l’Ente di Riscossione o l’azienda del gas, del telefono etc. etc.
Credo, personalmente, che un passo indietro sia forse necessario per tornare ad avere uno Stato di Diritto che si possa definire tale, viceversa, o ci abituiamo singolarmente ed amaramente a sottostare al soggetto economico più forte, oppure vinciamo le oramai anacronistiche idiosincrasie ideologiche, che non hanno più senso dato che l’unico partito esistente di fatto si chiama mercato, e ci uniamo noi stessi in “consorzi di cittadini consapevoli” per poter costituire, nell’insieme, un soggetto economico di peso tale da equiparare il potere contrattuale delle aziende che erogano servizi.
Roberto Camisa
Bibliografia
E. Santoro, Diritto e diritti: lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione. Studi genealogici su Albert Venn
Dicey e il rule of law, Giappichelli, Torino 2007
E. Casetta Compendio di diritto amministrativo Giuffrè Milano 2010
1 Riprendo in parte questa tesi da E. Santoro, Diritto e diritti: lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione. Studi genealogici su Albert Venn Dicey e il rule of law, Giappichelli, Torino 2007 pp. 72-78
2 M. Weber, (Witschaft und Gesellscahft) teorie citate in E. Santoro, Diritto e diritti: lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione. Studi genealogici su Albert Venn Dicey e il rule of law, Giappichelli, Torino 2007 pp. 76-78
3 E. Casetta, Compendio di diritto amministrativo ,Giuffrè, Milano 2010
4 “...la crescente importanza della libertà contrattuale e specialmente dei principi di autorizzazione per le quali tutto è rimesso alla libera stipulazione comporta certamente una riduzione della sfera della coercizione...Ma questa diminuzione formale della coercizione giova evidentemente solo a coloro i quali economicamente sono in grado di fa uso di quelle autorizzazione...” M. Weber, (Witschaft und Gesellscahft) cit. in E. Santoro, Diritto e diritti: lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione. Studi genealogici su Albert Venn Dicey e il rule of law, Giappichelli, Torino 2007 p. 78