Cass. Sez. III n. 41529 del 12 settembre 2017 (Ud. 15 dic 2016)
Presidente: Ramacci Estensore: Gentili Imputato: Angeloni ed altro
Rifiuti.Disciplina emergenziale e reiterazione della condotta
Posto che la disciplina repressiva ordinaria contenuta, appunto, nel codice dell'ambiente, cioè il dlgs n. 152 del 2006, in tema di reati connessi alla gestione dei rifiuti, non prevede alcun limite, in relazione alla integrazione del reato di cui all'art. 256, comma 1, del citato dlgs n. 152, dettato dalla necessaria reiterazione della condotta criminosa, potendo essa essere realizzata anche in occasione di un unico episodio di trasporto e deposito di rifiuti, è palese che un limite di tal genere, ove non si voglia negare radicalmente la finalità maggiormente repressiva della norma eccezionale e temporanea di cui al citato decreto legge n. 172 del 2008, non può riguardare neppure il reato, per molti versi sovrapponibile a quello previsto dalla legislazione comune, di cui alla legge eccezionale
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10 marzo 2015, la Corte di appello di Napoli ha confermato, quanto alla dichiarazione della loro penale responsabilità, la sentenza del Tribunale di Napoli con la quale, il precedente 26 agosto 2009, era stata dichiarata la colpevolezza di Angeloni Rosario e di Scognamiglio Giorgio in relazione al reato di cui all'art. 6, comma 1, lettera d), numeri 1) e 2), del decreto legge n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, con legge n. 210 del 2008, per avere costoro raccolto e trasportato rifiuti pericolosi e non pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione.
La Corte territoriale, mentre ha confermato la sentenza del giudice di primo grado relativamente alla posizione dell'Angeloni anche per ciò che riguarda la entità della pena irrogata, ha, invece, ridotto quella posta a carico dello Scognamiglio, portandola a mesi 6 e giorni 10 di reclusione ed euro 666,66 di multa.
Hanno impugnato la predetta sentenza di fronte a questa Corte ambedue i prevenuti, con distinti ricorsi aventi, tuttavia, identico contenuto, deducendo: a) la erronea qualificazione del fatto stante la mancanza del requisito della ripetitività delle condotte di raccolta e trasporto dei rifiuti; b) la violazione di legge ed in vizio di motivazione quanto alla dimostrazione della sussistenza dell'elemento soggettivo; c) la violazione di legge ed il vizio di motivazione quanto alla esclusione della concedibilità della attenuante di cui all'art. 62, n. 4, cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati ed essi, pertanto, devono essere rigettati.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Diversamente da quanto ritenuto dai ricorrenti, infatti, il reato loro contestato non è certamente un reato abituale o a condotta plurima, potendo esso realizzarsi in anche con riferimento ad un episodio isolato.
Come è infatti stato osservato da questa Corte il delitto previsto dall'art. 6, comma 1, lett. d) del decreto legge n. 172 del 2008, convertito con modificazioni con legge n. 210 del 2008, applicabile per i territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, così come l'omologo reato contravvenzionale previsto dall'art. 256, comma 1, del dlgs n. 152 del 2006 (vigente in tutto il restante territorio nazionale), costituisce reato istantaneo per la cui integrazione è sufficiente anche un unico trasporto abusivo di rifiuti (Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 novembre 2013, n. 45306).
D'altra parte vi è una evidente ragione di carattere sistematico che porta ad escludere la necessità di una pluralità di condotte omogenee ai fini della integrazione del reato contestato ai prevenuti.
Infatti è indubbia la ratio della disposizione eccezionale e temporanea dettata dal citato decreto legge n. 172 del 2008, cioè quella di apprestare una tutela più avanzata rispetto a quella ordinariamente offerta al bene interesse protetto dalla norma generale contenuta nel codice dell'ambiente in materia di gestione dei rifiuti in quelle porzioni del territorio nazionale, non sporadicamente distribuite ma ubicate in una considerevole parte del meridione d'Italia, che, in una certa fase storica, sono state implicate da non trascurabili fenomeni emergenziali, non disgiunti dalla infiltrazione degli interessi della malavita organizzata, in relazione alle problematiche connesse alla gestione dei rifiuti.
E' di tutta evidenza che una tutela più avanzata non può che prevedere misure legislative più incisive e rigorose a protezione del bene in questione.
Ora, posto che la disciplina repressiva ordinaria contenuta, appunto, nel codice dell'ambiente, cioè il dlgs n. 152 del 2006, in tema di reati connessi alla gestione dei rifiuti, non prevede alcun limite, in relazione alla integrazione del reato di cui all'art. 256, comma 1, del citato dlgs n. 152, dettato dalla necessaria reiterazione della condotta criminosa, potendo essa essere realizzata anche in occasione di un unico episodio di trasporto e deposito di rifiuti (Corte di cassazione, Sezione III penale, 2 marzo 2015, n. 8979), è palese che un limite di tal genere, ove non si voglia negare radicalmente la finalità maggiormente repressiva della norma eccezionale e temporanea di cui al citato decreto legge n. 172 del 2008, non può riguardare neppure il reato, per molti versi sovrapponibile a quello previsto dalla legislazione comune, di cui alla legge eccezionale.
Con riferimento al secondo motivo di doglianza formulato dai ricorrenti, avente ad oggetto la pretesa violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla ravvisabilità dell'elemento psicologico del reato in questione in capo ai due prevenuti, osserva il Collegio come anche questa lagnanza sia priva di pregio.
Sebbene il reato cointestato ai due ricorrenti sia, diversamente da quello previsto dal Codice dell'ambiente, un delitto e non una contravvenzione, per cui la rilevanza penale della realizzazione della condotta tipica presuppone la esistenza dell'elemento soggettivo del dolo in capo all'agente - laddove l'ipotesi ordinaria, trattandosi appunto di contravvenzione, potrebbe, invece, giustificare la risposta repressiva statuale anche se realizzata solo colposamente -, rileva il Collegio che ai fini della sussistenza del reato de quo è ampiamente sufficiente il dolo generico in capo al soggetto che realizza l'elemento materiale del reato (nella specie la raccolta ed il trasporto dei rifiuti pericolosi e non pericolosi), consistente dalla consapevolezza da parte di questo del fatto di aver eseguito la predetta raccolta ed il predetto trasporto in assenza della prescritta autorizzazione.
Circostanza questa indubbiamente ricorrente, come evidenziato dalla sentenza impugnata, nel caso in questione.
Quanto, infine, alla estraneità della fattispecie di cui in discorso rispetto al campo di operatività della attenuante ex art. 62, n. 4), cod. pen., come ritenuto in sede di merito, osserva la Corte che il motivo di impugnazione, con il quale è dedotta la violazione di legge o il vizio di motivazione deve essere disatteso.
Invero, sebbene risponda ad un generale orientamento interpretativo di questa Corte il ritenere che la circostanza attenuante del danno economico di speciale tenuità sia applicabile ad ogni tipo di delitto, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, purché il fatto risulti commesso per motivi di lucro, cioè per acquisire attraverso l'illecito un vantaggio patrimoniale, e purché la speciale tenuità riguardi sia il lucro che l'evento dannoso o pericoloso conseguenza della condotta (Corte di cassazione, Sezione V penale, 6 luglio 2016, n. 27874), deve tuttavia rilevarsi che, in relazione a determinate categorie di beni tutelati, l'ordinamento valuta con particolare sfavore la possibilità di considerare di speciale tenuità il danno derivante dal reato.
Così, ad esempio, questa Corte ha ritenuto non applicabile la circostanza attenuante in questione in relazione ai delitti aventi ad oggetto il traffico o la cessione delle sostanze stupefacenti per i quali, sebbene si tratti di delitti certamente determinati da motivi di lucro, il concetto di evento dannoso di speciale tenuità appare assai difficilmente ravvisabile, attesa la rilevanza primaria dei beni tutelati dalla norma precettiva, corrispondendo essi ai valori, costituzionalmente tutelati, della salute pubblica, della sicurezza e della salvaguardia sociale (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 16 giugno 1999, n. 7830).
Discorso decisamente analogo appare legittimamente svolto anche se riferito al delitto di cui si discute, posto che la previsione dello stesso, tanto più se disciplinato in sede di legislazione emergenziale relativamente a quelle porzioni del territorio nazionale implicate dai ricordati fenomeni sia di allarme ambientale sia di infiltrazione degli interessi della malavita organizzata nei citati fenomeni, appare diretta a costituire un presidio a tutela di beni primari, quali la salubrità e la integrità dell'ambiente e la sua conservazione anche quale patrimonio inalienabile da lasciare il più possibile incontaminato alla fruizione delle generazioni future, di tal che non sembra, tranne isolate ipotesi chiaramente recessive rispetto alla ordinaria casistica, che la violazione della precetto in questione possa essere destinata ad incidere in termini di speciale tenuità del danno arrecato al bene tutelato dalla norma violata.
Nel caso in questione la Corte territoriale, rilevata la natura ontologicamente pericolosa dei rifiuti illecitamente raccolti e trasportati dai prevenuti ha, plausibilmente, escluso ex se la possibilità di qualificare nei richiesti termini di speciale tenuità l'entità dell'evento dannoso cagionato da costoro attraverso la realizzazione del delitto loro ascritto, escludendo, pertanto, la fattispecie dal fuoco della attenuante di cui all'art. 62, n. 4), cod. pen.
Al rigetto dei ricorsi fa seguito la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.