Il piano d’azione della UE per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente

di Gianfranco AMENDOLA

pubblicato su osservatorioagromafie.it. Si ringraziano Autore ed Editore

Nell’ambito delle azioni comunitarie per combattere il cambiamento climatico non poteva mancare una specifica iniziativa relativa alla protezione dell’ambiente marino. Infatti, oltre il 65 per cento del territorio dell’UE è coperto dai mari che svolgono un ruolo di primaria importanza per il benessere del pianeta: sono una delle principali fonti di biodiversità e cibo, regolano il clima e costituiscono un importante pozzo di assorbimento del carbonio. In questo quadro, di particolare importanza appare il ruolo della pesca che costituisce per la UE una delle principali fonti di sostentamento alimentare, per cui garantire una pesca e una gestione sostenibili degli stock ittici è fondamentale per proteggere la biodiversità oceanica e combattere i cambiamenti climatici. Infatti, gli ecosistemi marini sono sempre più minacciati dai cambiamenti climatici e da una pesca non sostenibile o illegale, non dichiarata e non regolamentata. Altre pressioni sono legate alle attività umane, come il trasporto marittimo, la produzione di energia, il turismo, l’agricoltura e l’industria con pesanti ricadute sulla sostenibilità degli ecosistemi marini e degli stock ittici, comprese varie forme di inquinamento causate, ad esempio, dai contaminanti, dalle pratiche agricole, dalla plastica o dal rumore.

Va, quindi, segnalata una recente comunicazione della Commissione europea [Bruxelles, 21 febbraio 2023 COM(2023) 102 final] 1 che delinea un «piano d’azione per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente», incentrato sui tre pilastri di sostenibilità ambientale, economica e sociale in linea con la strategia sulla biodiversità, con la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici e con la strategia «Dal produttore al consumatore». Sulla base dell’impegno assunto nella strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 a proteggere giuridicamente il 30 per cento dei nostri mari, un terzo dei quali in maniera rigorosa, il piano intende concentrarsi in particolare sulle aree marine protette e sui modi in cui la gestione della pesca può contribuire a proteggere e ripristinarne più efficacemente la biodiversità marina e, di conseguenza, a raggiungere gli obiettivi della proposta di legge sul ripristino della natura. Garantire buone condizioni degli habitat dei fondali marini è un requisito fondamentale per la salute degli ecosistemi marini. Grazie alla loro ricca biodiversità i fondali sono zone di riproduzione e di crescita per il novellame di molte specie e contribuiscono a mantenere la struttura e il buon funzionamento della rete trofica marina e a regolare il clima.

Rinviando alla lettura integrale del documento, sembra sufficiente, in questa sede, sottolineare che uno dei primi obiettivi concreti della strategia comunitaria è come «rendere le attività di pesca più sostenibili», partendo dalla premessa che «decidere quando, dove e come pescare ha un impatto non solo sulle specie bersaglio, ma anche sui quantitativi e sulla taglia dei pesci e delle catture accessorie e, di conseguenza, sulla sostenibilità delle operazioni di pesca». E pertanto occorre limitare le catture e garantire che le attività di pesca siano altamente selettive, in modo che i pescatori catturino soltanto le specie bersaglio e solo limitatamente a determinati quantitativi e a determinate età e taglie2. In primo luogo, con riferimento alla pesca di fondo con attrezzi attivi (e cioè con attrezzi che vengono trainati da imbarcazioni o persone e quindi catturano attivamente la preda) che è molto diffusa nelle acque della UE («ad esempio, nell’Atlantico nord-orientale è praticata nell’80-90% delle zone in cui è possibile pescare, ma anche in molti siti Natura 2000 e altre aree marine protette»), anche se costituisce uno dei metodi di pesca meno selettivi e produce ingenti quantità di catture indesiderate e rigetti. In particolare ci si riferisce alla pesca con reti a strascico, che è una delle attività più diffuse e dannose per i fondali marini e i relativi habitat. Attualmente il 79 per cento dei fondali costieri sono considerati fisicamente alterati, principalmente a causa della pesca a strascico, ed è probabile che un quarto della zona costiera dell’UE abbia perso i suoi habitat di fondale. Nelle zone in cui le attività di pesca sono più intense le reti a strascico sono utilizzate più di dieci volte l’anno.

Proprio per questo, la Commissione da un lato rinvia al regolamento n. 2019/1241 relativo alla «conservazione delle risorse della pesca e alla protezione degli ecosistemi marini attraverso misure tecniche», e dall’altro chiede agli Stati membri di «portare a termine, entro il primo semestre del 2023, l’adozione dei valori soglia che stabiliscono l’estensione massima ammissibile dei fondali marini che può andar persa o subire gli effetti negativi delle pressioni umane, nell’ambito della strategia di attuazione comune della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino», eliminando totalmente questa pesca di fondo nelle aree protette entro il 2030. E contestualmente invita gli Stati membri a incoraggiare e sostenere le comunità di pescatori nella transizione, suggerendo di utilizzare meglio gli aiuti disponibili attraverso gli strumenti di finanziamento dell’UE, in particolare il sostegno all’innovazione e alla diversificazione delle attività economiche, il sostegno alla transizione energetica e l’aumento della selettività degli attrezzi da pesca3. A tal fine, la Commissione si propone di facilitare l’accesso alle possibilità di finanziamento organizzando un apposito seminario e di erogare, entro la fine del 2023, sovvenzioni per un valore di oltre 7 milioni di euro a sostegno di progetti che contribuiscano allo sviluppo di competenze di nuova generazione per l’economia blu e offrano opportunità occupazionali allettanti e sostenibili nel settore marittimo.

Contestualmente, la Commissione invita ad incrementare l’attività di ricerca scientifica che costituisce, ovviamente, il presupposto per le azioni da attuare ma, soprattutto, ricorda opportunamente che «la normativa dell’UE in materia di pesca e ambiente è efficace solo se attuata efficacemente. Gli Stati membri devono intervenire per attuare, monitorare e far rispettare le norme e la Commissione, da parte sua, deve controllare che gli Stati membri le rispettino», ricordando, in particolare, il regolamento sul controllo della pesca che deve essere aggiornato e avallato da un sistema di monitoraggio più moderno ed efficace per sostenere la transizione verso una pesca più sostenibile, ad esempio utilizzando strumenti innovativi come il monitoraggio elettronico a distanza e migliorando la registrazione e la comunicazione delle catture di specie sensibili e la distribuzione dello sforzo di pesca. E dal canto suo evidenzia che intensificherà l’esecuzione nell’ambito della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, che finora si è concentrata solo sugli obblighi di comunicazione, e perseguirà casi più sostanziali di attuazione non corretta della direttiva.

Infine, la Commissione invita con forza gli Stati membri ad agire più celermente e adottare un approccio regionale più ambizioso nell’ambito di un processo trasparente che coinvolga tutti i portatori di interessi e le autorità. Se, infatti, è vero che, ai sensi dei Trattati dell’UE, la conservazione delle risorse biologiche marine è di competenza esclusiva dell’UE, è anche vero che la politica ambientale è una competenza concorrente con gli Stati membri. «Di conseguenza, si sono sviluppati processi decisionali distinti e non coordinati a tutti i livelli, impedendo l’adozione e l’attuazione di misure di gestione coerenti. È fondamentale migliorare i legami tra i due settori d’intervento e rafforzare in modo significativo la trasparenza e il coordinamento tra le molteplici autorità coinvolte e i portatori di interessi. Ciò consentirebbe all’UE di progettare e sviluppare soluzioni vantaggiose per tutti, di cui beneficerebbero sia i pescatori che l’ambiente. Per rispecchiare l’impegno ad accelerare l’azione e a migliorare la trasparenza, gli Stati membri dovrebbero elaborare e pubblicare tabelle di marcia, con un preciso calendario, in cui siano delineate le misure nazionali e le altre misure che intendono presentare mediante raccomandazioni comuni, necessarie per conseguire gli obiettivi del presente piano d’azione (...)». Proprio per questo, la Commissione creerà un nuovo gruppo speciale congiunto per gli Stati membri, con i portatori di interessi in qualità di osservatori. L’obiettivo sarà facilitare la condivisione delle conoscenze e il dialogo tra le comunità operanti nei settori della pesca e dell’ambiente, nonché offrire agli Stati membri una piattaforma di trasparenza e dialogo sull’attuazione delle rispettive tabelle di marcia.

In questo quadro, anche i consumatori e i mercati devono assumere un ruolo attivo nel ridurre l’impatto della pesca sull’ambiente marino. Tale ruolo è fondamentale per stimolare la domanda di pesce catturato con un impatto ambientale e climatico minimo. E, a tal proposito, la Commissione ricorda che «le iniziative del settore privato per un marchio di qualità ecologica hanno una forte presa sui cittadini, a riprova del fatto che i consumatori sono desiderosi di acquistare prodotti che adottano un approccio più sostenibile alla gestione degli stock ittici. È importante che tali iniziative siano metodologicamente ineccepibili per evitare di indurre in errore i consumatori. Questo aspetto sarà garantito ulteriormente dalla proposta adottata sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde e dall’imminente proposta volta a contrastare le false dichiarazioni di ecocompatibilità».

In conclusione:

« La Commissione invita gli Stati membri a:

- preparare e pubblicare, entro la fine di marzo 2024, tabelle di marcia che delineino tutte le misure necessarie per attuare il presente piano d’azione, compresi i calendari per la loro adozione/presentazione, e tutte le proposte volte a migliorare il coordinamento tra le autorità nazionali e i portatori di interessi.

La Commissione intende:

- istituire, nel 2023, un gruppo speciale congiunto per gli Stati membri, con i portatori di interessi in qualità di osservatori, che avrà il compito specifico di sostenerla nell’attuazione del piano d’azione e di monitorare i progressi compiuti;

- adottare, entro la fine del 2024, un documento di orientamento su Natura 2000 e pesca;

- riferire regolarmente al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni in merito all’attuazione del presente piano d’azione ».

1 In www.osservatorioagromafie.it.

2 «Oggi, tuttavia, è possibile evitare le catture accidentali in molti modi, già previsti dalla normativa dell’UE in materia di ambiente e dalle norme della politica comune della pesca (PCP), tra cui l’introduzione di modifiche tecniche agli attrezzi da pesca o la limitazione della pesca nei periodi e nelle zone in cui la presenza di una specie sensibile è particolarmente elevata. (...) La Commissione esorta gli Stati membri a essere più ambiziosi e a sfruttare appieno gli strumenti della PCP per attuare con urgenza le misure già disponibili e scientificamente convalidate. Tra queste figurano una chiusura di breve durata di determinate zone di pesca o l’installazione di dissuasori acustici che, secondo i pareri scientifici, contribuirebbero alla ricostituzione della focena del Baltico centrale o del delfino comune nel Golfo di Biscaglia. Agendo rapidamente si contribuirà a ridurre le catture accidentali di uccelli marini negli attrezzi da pesca e a proteggere gli squali. Gli Stati membri dovrebbero inoltre migliorare i sistemi di monitoraggio necessari per individuare la portata e la distribuzione delle catture accidentali».

3 «È ampiamente dimostrato che l’uso efficace dei fondi dell’UE può fare la differenza; eppure, in passato, la quota dei finanziamenti dell’UE utilizzata per sostenere la conservazione dell’ambiente marino è stata veramente modesta».