TAR Lombardia (MI), Sez. IV, n. 940, del 15 aprile 2015
Ambiente in genere. La Provincia ha l’obbligo di attivarsi in sede istruttoria per ricercare e individuare il responsabile dell’inquinamento.
La Provincia ha rifiutato l’attivazione del procedimento d’individuazione dei responsabili dell’inquinamento di un’area, respingendo la domanda avanzata dalla società ora proprietaria. La giurisprudenza comunitaria si è orientata nei termini, ritenendo, anche se per una fattispecie diversa, che l’addebito dei costi dello smaltimento dei rifiuti a soggetti che non li hanno prodotti sarebbe incompatibile con il principio “chi inquina paga”. Parimenti, la giurisprudenza nazionale, nell’individuare il soggetto sul quale grava l’obbligo della bonifica, ha chiarito che in base, sia al d. l.vo 18 aprile 2011, n. 2376, sia al d. l.vo n. 152 del 2006, l’obbligo della bonifica è posto in capo al “responsabile” dell’inquinamento, precisando “che le autorità amministrative hanno l'obbligo di ricercare e individuare” tale soggetto, mentre il “proprietario non responsabile” dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera facoltà di effettuare interventi di bonifica. Resta fermo, poi, che l’accertamento, da parte della Provincia, della responsabilità dell’inquinamento presuppone un’istruttoria completa ed un’esauriente motivazione, anche se fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime di esperienza, dell’imputabilità soggettiva della condotta. In definitiva, il quadro normativo interno e comunitario, nonché l’interpretazione datane dalla giurisprudenza dominante evidenziano come l’art. 244 del d.l.vo 2006 n. 152 ponga a carico della Provincia l’obbligo di attivarsi in sede istruttoria per ricercare ed individuare, attraverso l’apertura di uno specifico procedimento, il responsabile dell’inquinamento. La spontanea attivazione del proprietario, anche ai sensi dell’art. 245 del d.l.vo 2006 n. 152, non incide sull’obbligo dell’amministrazione di procedere alle attività necessarie all’individuazione del responsabile dell’inquinamento, trattandosi di una specifica e doverosa attività che l’ordinamento impone all’amministrazione, sia a garanzia degli interessi pubblici sottesi al principio “chi inquina paga”, sia a tutela dell’integrità patrimoniale del proprietario incolpevole, che abbia sostenuto, direttamente o indirettamente, l’onere economico del ripristino. (Segnalazioni Avv. L. Prati e F. Albanese. Massima a cura di F. Albanese)
N. 00940/2015 REG.PROV.COLL.
N. 02299/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2299 del 2013, proposto da:
Bioverde s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luca Prati ed Elisabetta Scotti, presso lo studio dei quali ha eletto domicilio in Milano, piazza Bertarelli n. 1;
contro
Provincia di Lecco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Franco Ferrari, presso lo studio del quale ha eletto domicilio in Milano, via Larga n. 23;
nei confronti di
Pirelli & C. s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Stefano Soncini, presso lo studio del quale ha eletto domicilio in Milano, viale Elvezia n. 12;
Edison s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Invernizzi, presso lo studio del quale ha eletto domicilio in Milano, via Vincenzo Monti n. 41;
Safilo s.r.l.,
Santa Sofia s.r.l.;
Elva s.r.l.;
Regione Lombardia;
Comune di Vercurago;
ARPA di Lecco;
ASL di Lecco;
per l'annullamento
della determinazione della Provincia di Lecco, notificata il 20 giugno 2013, prot. n. 29963 - 9.11/2010/46;
di ogni atto connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Lecco e di Pirelli e C. S.p.A. e di Edison S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2015 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società Bioverde s.r.l. ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, chiedendone l’annullamento.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Lecco, eccependo l’infondatezza del ricorso avversario, di cui ha chiesto il rigetto.
Si sono costituite in giudizio le società Pirelli e C. s.p.a. ed Edison s.p.a., formulando eccezioni di rito e di merito.
Le parti hanno prodotto memorie e documenti.
All’udienza del 22 gennaio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) Dalle deduzioni formulate dalle parti e dalla documentazione prodotta emerge che: 1) la società Bioverde s.r.l. è proprietaria di una porzione di un’area di vaste dimensioni, parti a circa 64.500 mq, sita nel Comune di Vercurago, sulla quale insistono fabbricati a vocazione produttiva; b) la restante parte dell’area appartiene alla società Elva srl; c) l’area in questione è appartenuta, nel corso di circa settant’anni a diversi soggetti (Pirelli & C. s.p.a., P.I.C. s.p.a., A.C.N.A. spa – ora Edison s.p.a. – Safilo s.r.l.) ed è stata utilizzata per lo svolgimento di diverse attività industriali, comprese attività chimiche; d) nel 2005, le società Safilo s.r.l., Safilo s.a.s., Bioverde s.r.l., e Santa Sofia s.r.l. hanno proposto al Comune di Vercurago un piano integrato di intervento diretto alla riconversione dell’intera area, conosciuta come “ex Safilo”, attraverso la realizzazione di edifici a destinazione commerciale, residenziale e alberghiera, nonché l’edificazione di residenze per anziani e di edifici a destinazione turistico residenziale; e) il piano è stato approvato dall’amministrazione, che, in vista della sua attuazione, ha stipulato con le società proponenti una convenzione urbanistica in data 12 aprile 2007; f) l’art. 16 della convenzione individua un’area compresa nel perimetro del PPI soggetta a bonifica, in base al piano di caratterizzazione approvato in data 26.10.2005, con la precisazione che l’esecuzione di ogni intervento sull’area in questione è subordinata alla bonifica dell’area stessa, per la cui effettuazione le società interessate hanno rilasciato apposita garanzia fideiussoria; g) nel corso della seconda fase della caratterizzazione, eseguita nel mese di luglio 2006, Arpa Lombardia riscontrava presso l’area ex Safilo la presenza di “rilevanti quantità di fusti metallici contenenti sostanze speciose…la presenza di uno spezzone di condotto metallico…la presenza di macerie edili”, sicché veniva eseguita la messa in sicurezza di emergenza, attraverso la rimozione dei rifiuti e il loro collocamento in condizioni di sicurezza, in attesa del successivo smaltimento (cfr. relazioni Arpa del 25 luglio 2006, presenti in atti); h) in data 6 agosto 2009, la società Bioverde srl presentava l’analisi di rischio specifica per l’area “Safilo”, dalla quale emergeva la presenza di sostanze inquinanti di vario tipo; i) all’esito della conferenza di servizi del 21.04.2010, l’analisi di rischio specifica veniva approvata con osservazioni, evidenziando la necessità di tenere conto, nella successiva elaborazione del piano di bonifica, della presenza di amianto, nonché di precisare le modalità sia di smaltimento o riutilizzo dei terreni di scavo, sia di realizzazione del “capping” in particolare nelle zone verdi; l) nel corso del 2012 Bioverde presentava il progetto operativo di bonifica e messa in sicurezza permanente dell’area ex Safilo, predisposto da NCE Ingegnerie Ambientali del Sottosuolo, rispetto al quale la Provincia di Lecco manifestava condivisione a condizione di considerare tale documento come un atto di indirizzo all’intervento complessivo di bonifica e messa in sicurezza del sito, ma ritenendo di “non poter esprimere parere alla sua approvazione come progetto operativo e definitivo di bonifica/messa in sicurezza permanente, in quanto prematura rispetto allo stato attuale del procedimento…” (cfr. relazioni della Provincia di Lecco e dell’Arpa Lombardia del 3 luglio 2012); rispetto a tali documenti la società NCE presentava osservazioni; m) in data 27 maggio 2013, il Comune di Vercurago chiedeva alla provincia di Lecco dei chiarimenti in ordine sia all’inquadramento giuridico dei materiali da riporto e sulla loro riconducibilità alla nozione di “matrice ambientale autonoma analogamente al suolo e al sottosuolo”, sia alle osservazioni presentate da NCE; n) con istanza trasmessa in data 27 maggio 2013, Bioverde s.r.l. chiedeva alla Provincia di Lecco di avviare senza ritardo il procedimento previsto dall’art. 244 del d.l.vo 2006 n. 152 diretto ad identificare i soggetti responsabili dell’inquinamento dell’area oggetto del progetto operativo di bonifica già presentato nel 2012, precisando che, nonostante la presentazione volontaria del piano operativo di bonifica, non ancora approvato, permaneva la necessità di avviare il procedimento di identificazione dei soggetti responsabili dell’inquinamento; sul punto l’istanza evidenziava che l’interesse all’accertamento dei responsabili emergeva in considerazione sia della necessità di consentire al proprietario attuale di esperire l’azione di rivalsa ex art. 253 del d.l.vo 2006 n. 152, sia per garantire gli interventi ambientali e gli eventuali risarcimenti per danno ambientale configurabili “a prescindere dall’iniziativa di Bioverde srl”; o) con istanza presentata sempre in data 27 maggio 2013, la società Bioverde srl lamentava la mancata approvazione del piano di bonifica, nonostante il decorso dei relativi termini e sollecitava la Provincia di Lecco alla convocazione di un’apposita conferenza di servizi per l’approvazione del piano medesimo; p) con determinazione del 20 giugno 2013 prot. n. 29963 - 9.11/2010/46, la Provincia di Lecco respingeva l’istanza sulla base delle seguenti argomentazioni: 1) la disciplina posta dall’art. 244 del d.l.vo 2006 n. 152 viene ritenuta estranea alla fattispecie concreta in quanto il procedimento relativo all’area ex Safilo era iniziato prima dell’entrata in vigore della norma, ossia durante la vigenza del DM n. 471/99; 2) Bioverde srl, “facendosi parte diligente ha prodotto diversi documenti tecnici” tra i quali il piano di investigazione, l’analisi di rischio specifica, l’indagine integrativa sulle matrici acque sotterranee e gas interstiziali, il progetto operativo di bonifica e di messa in sicurezza permanente; 3) a seguito dell’entrata in vigore del d.l.vo n. 152/2006, “il procedimento è migrato nell’ambito del nuovo riferimento normativo e l’iter procedurale è proseguito senza che vi fosse la necessità di emanare ordinanze ai sensi dell’art. 244…”; 4) l’art. 244 “non ha tra gli obiettivi quello di dirimere eventuali controversie legali tra soggetti coinvolti in compravendite di siti soggetti a procedure di bonifica, ma è volto al perseguimento della tutela ambientale e dei cittadini”.
Avverso il provvedimento da ultimo richiamato la società ha proposto l’impugnazione in esame.
2) Preliminarmente, deve essere verificata la legittimazione processuale passiva di Pirelli & C. s.p.a. e di Edison s.p.a., con la precisazione che la prima ha sollevato una specifica eccezione sul punto, chiedendo di essere estromessa dal giudizio.
Le società suindicate sono prive di legittimazione passiva.
Il presente giudizio ha ad oggetto il provvedimento con il quale la Provincia di Lecco ha rifiutato l’attivazione del procedimento di individuazione dei responsabili dell’inquinamento dell’area ex “Safilo”, respingendo la specifica domanda avanzata da Bioverde s.r.l..
L'art. 27 c.p.a. stabilisce che, perché il contraddittorio possa considerarsi integro, il ricorso deve essere notificato sia all’Amministrazione resistente, sia ai controinteressati, ove esistenti.
Nel processo amministrativo la qualità di controinteressato è strettamente connessa ai vantaggi e ai benefici, giuridicamente rilevanti, che un determinato soggetto può trarre dal provvedimento amministrativo oggetto di impugnazione, tali da fondare la sussistenza di un interesse legittimo omologo e speculare rispetto a quello del ricorrente, che, invece, se ne assume leso; oltre a questa connotazione sostanziale, occorre che i controinteressati siano identificati o quanto meno possano esserlo, sulla base del provvedimento impugnato.
La nozione di controinteressato in senso tecnico postula, dunque, il concorso di due elementi essenziali, di tipo formale e sostanziale: il primo da ricercare nell’espressa menzione nel provvedimento impugnato del soggetto in questione o, comunque, nella sua immediata individuabilità; il secondo consistente nel riconoscimento, in capo al suddetto soggetto, di un interesse giuridico qualificato al mantenimento degli effetti dell’atto gravato (si tratta di principi consolidati, sui quali si considerino, ad esempio, Consiglio di Stato, sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 360, Consiglio di Stato, sez. V, 19 dicembre 2012, n. 6554; Consiglio di Stato, sez. VI, 19 gennaio 2010, n. 162).
Nessuno dei due requisiti sussiste rispetto alle società convenute in giudizio.
In particolare, sul piano formale l’atto gravato si limita a respingere l’istanza di attivazione del procedimento diretto all’individuazione dei responsabili dell’inquinamento ex art. 244 del d.l.vo 2006 n. 152, senza individuare soggetti direttamente o indirettamente avvantaggiati dal rifiuto dell’amministrazione.
Sul piano sostanziale l’atto esclude ogni doverosa iniziativa della Provincia diretta ad individuare gli autori dell’inquinamento, senza attribuire a determinati soggetti un vantaggio giuridicamente rilevante e meritevole di tutela.
Né l’interesse deriva dalla pendenza in appello di un giudizio civile, che vede contrapposti gli interessi sia della ricorrente, sia delle altre società che hanno sottoscritto la convenzione urbanistica del 12 aprile 2007, a quelli di Pirelli & C. s.p.a. ed Edison s.p.a., in punto di rivalsa delle prime nei confronti delle seconde.
La pretesa vantata in sede civile da Bioverde s.r.l. non muta la posizione di Pirelli & C. s.p.a. e di Edison s.p.a rispetto al provvedimento impugnato, giacché non si tratta, in questa sede, di stabilire la legittimità di atti che abbiano individuato uno o più soggetti come inquinatori, ma solo di verificare la legittimità del rifiuto espresso dall’amministrazione rispetto all’apertura del procedimento previsto dall’art. 244 del codice dell’ambiente.
Va, pertanto, ribadito che tanto Pirelli & C. s.p.a., quanto Edison s.p.a., non sono portatrici di un interesse giuridico qualificato al mantenimento del provvedimento impugnato, né traggono da esso un vantaggio meritevole di tutela, sicché devono essere estromesse dal giudizio.
3) Sempre in via preliminare deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità, per carenza di interesse, sollevata dall’amministrazione resistente.
La Provincia di Lecco sostiene che Bioverde srl è priva dell’interesse e della legittimazione ad agire, perché il provvedimento impugnato non incide su posizioni soggettive ad essa riferibili.
L’eccezione è infondata.
La Provincia di Lecco non contesta che la ricorrente sia titolare del diritto di proprietà dell’area cui si riferisce la vicenda in esame.
L’art. 253 del d.l.vo 2006, n. 152, prevede che il proprietario di un sito inquinato, ma non responsabile dell'inquinamento, possa essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato, le spese degli interventi adottati dall’autorità competente per il ripristino dell’area, seppure nei limiti del valore di mercato del sito.
Del resto, gli interventi di ripristino eseguiti d’ufficio dall’amministrazione determinano l’insorgere sul sito di un onere reale iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e da indicare nel certificato di destinazione urbanistica.
In ogni caso, il proprietario non responsabile dell’inquinamento, che abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.
Proprio la norma appena richiamata differenzia e qualifica la posizione del proprietario dell’area inquinata a fronte del diniego di attivazione del procedimento di accertamento dell’autore dell’inquinamento.
Invero, la decisione negativa dell’amministrazione espone il proprietario al pericolo, concreto ed attuale, di sopportare le spese di ripristino e l’imposizione di un onere reale senza potere contare sull’individuazione da parte dell’amministrazione medesima del responsabile contro il quale rivalersi.
Resta fermo che la sussistenza delle condizioni dell’azione, compreso l’interesse e la legittimazione ad agire, deve essere verificata in astratto, ossia indipendentemente dalla fondatezza della domanda, sicché ai fini della valutazione dell’eccezione resta irrilevante la circostanza che l’amministrazione sia o meno obbligata a compiere tale accertamento, atteso che tale questione attiene al merito dell’impugnazione.
Insomma, la società ricorrente, in quanto proprietaria dell’area inquinata è titolare dell’interesse e della legittimazione ad agire, poiché le norme di riferimento la rendono portatrice, per lo meno in astratto, di una pretesa differenziata e qualificata all’accertamento da parte dell’amministrazione competente dell’autore dell’inquinamento.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza dell’eccezione in esame.
4) La ricorrente articola più censure, che possono essere trattate congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, con le quali lamenta, in termini di violazione di legge ed eccesso di potere, l’inosservanza da parte della Provincia di Lecco dell’obbligo di procedere all’individuazione del responsabile dell’inquinamento, ai sensi dell’art. 244 del d.l.vo 2006, n. 152.
L’amministrazione resistente contesta le censure formulate, eccependo, da un lato, che la norma ora citata non pone alcun obbligo di attivazione del procedimento diretto all’individuazione del responsabile, dall’altro, che ogni intervento è comunque subordinato alla segnalazione dello stato di inquinamento da parte di altre amministrazioni, infine, che tale obbligo non è comunque configurabile in concreto, in quanto Bioverde srl era già obbligata a realizzare la bonifica per effetto della convenzione urbanistica del 12 aprile 2007.
Le censure formulate dalla ricorrente sono fondate, mentre le eccezioni sollevate dalla parte resistente non possono essere condivise.
4.1) Il quadro normativo rilevante emerge dal d.l.vo 2006 n. 152.
Va sin d’ora precisato che tale disciplina è sicuramente applicabile alla fattispecie, anche se la sussistenza dell’inquinamento era già nota al tempo della entrata in vigore del d.l.vo e se talune attività amministrative relative all’area ex “Safilo” erano già state poste in essere secondo la disciplina del previgente D.M. n. 471/99.
Sul punto è sufficiente osservare che le procedure previste e, più in generale, la disciplina posta dal d.l.vo 2006 n. 152 si estende a tutte le situazioni di inquinamento esistenti al tempo della sua entrata in vigore.
Nel caso di specie, a tale data la situazione di inquinamento permaneva, la bonifica non era stata eseguita, né era stato approvato il relativo piano formulato dalla ricorrente, né, infine, risultavano individuati i responsabili dell’inquinamento, sicché non era ancora risolta la condizione di pregiudizio ambientale cui si riferisce la disciplina introdotta dal decreto citato.
Rispetto alla bonifica dei siti inquinati, l’art. 242 del d.l.vo n. 152/2006 dispone, ai primi tre commi, che: “1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione. 2. Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l'inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo. 3. Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all'Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. L'autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione”.
Il successivo art. 244, rubricato “Ordinanze”, impone alle pubbliche amministrazioni, che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, di darne comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti. Quindi la provincia, ricevuta la comunicazione ora indicata e “dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere” al ripristino dell’area. La norma aggiunge, al quarto comma, che “se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall’articolo 250”.
La facoltà del proprietario dell’area inquinata di procedere di sua iniziativa alla bonifica emerge, invece, dall’art. 245 del d.l.vo n. 152/2006, ove si prevede che “le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili. … Il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità”.
Il successivo art. 250 precisa, inoltre, che "qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissato dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio”.
La distribuzione dei costi economici delle operazioni di bonifica, tra i vari soggetti coinvolti, risulta dall’art. 253, rubricato “Oneri reali e privilegi speciali”.
La norma prevede che “1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 250. L'onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica. 2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.
In correlazione con il diritto del proprietario di rivalersi sul responsabile dell’inquinamento, per le spese e l’eventuale ulteriore danno, il già citato art. 244 prevede, al comma 3, che l’ordinanza con la quale la Provincia, dopo avere individuato il responsabile dell’inquinamento lo diffida a provvedere al ripristino ambientale deve essere “comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253”.
L’interpretazione coordinata delle norme citate consente di evidenziare, in coerenza con la giurisprudenza dominante, che l’obbligo di adottare le misure, tanto urgenti, quanto definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento incombe solo sul soggetto responsabile dell’inquinamento medesimo, che sia individuato come tale per avervi dato causa (di recente cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 09 gennaio 2015 n. 24 e T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 8 luglio 2014, n. 1768 che richiamano un orientamento consolidato).
La fonte dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica del sito inquinato va ritrovata nella responsabilità dell'autore dell'inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, sicché l’obbligo di bonificare o di mettere in sicurezza un sito non grava sul proprietario incolpevole, che però può intraprendere spontaneamente le operazioni di ripristino, secondo il richiamato meccanismo dell’art. 245 del d.l.vo 2006 n. 152 (cfr., oltre alla giurisprudenza già richiamata, anche T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 30 maggio 2014, n. 1373; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 13 gennaio 2014, n. 108; TAR Lombardia, sez. IV, 31 gennaio 2012, n. 332; T.A.R Toscana, sez. II, 6 maggio 2009, n. 762).
Ne consegue che l'amministrazione non può imporre lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento ai privati che non hanno responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato e che vengono individuati solo in quanto proprietari del bene.
Si tratta di affermazioni coerenti con il principio “chi inquina paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (art. 174, ex art. 130/R, Trattato CE), che impone a chi provoca un rischio di inquinamento o a chi causa un inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.
A carico del proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione non grava alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli, al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale per le spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale, assistite da privilegio speciale immobiliare ex art. 253 del d.l.vo n. 152/2006.
La normativa citata prevede, infatti, che, in caso di mancata esecuzione degli interventi in argomento da parte del responsabile dell'inquinamento, ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'amministrazione competente, la quale potrà rivalersi, nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi.
Insomma, l’amministrazione non può imporre al proprietario di un'area inquinata, che non sia anche l'autore dell'inquinamento, l'obbligo di porre in essere le misure di messa in sicurezza di emergenza e bonifica, di cui al d.l.vo n. 152/2006, in quanto gli effetti a carico del proprietario incolpevole restano limitati a quanto espressamente previsto dal successivo art. 253 in tema di oneri reali e privilegio speciale immobiliare.
Ne consegue che le disposizioni contenute nel Titolo V della Parte IV, del d.lgs. n. 152/2006 (artt. da 239 a 253) operano una chiara e netta distinzione tra la figura del responsabile dell’inquinamento e quella del proprietario del sito, che non abbia causato o concorso a causare la contaminazione (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 13 novembre 2013, n. 25 e Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 25 settembre 2013, n. 21).
Del resto, gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242 del d.l.vo n. 152 restano fermi anche se il proprietario decide di attivarsi spontaneamente per la bonifica del sito, ai sensi dell’art. 245 del d.l.vo 2006, n. 152.
Difatti, quest’ultima procedura indicata è fondata sulla volontaria iniziativa del proprietario dell’area inquinata e prosegue solo fino a quando permanga l’adesione dell’interessato, sicché, qualora sopravvenga l’indisponibilità del proprietario, la procedura si arresta e l’amministrazione non dispone di poteri autoritativi diretti ad imporre misure correlate all’attuazione di interventi programmati ai sensi dell’art. 245 del d.l.vo 2006, n. 152 (cfr. cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 8 luglio 2014, n. 1768).
In tale contesto va affrontato il problema della doverosità o meno per l’amministrazione provinciale di attivare il procedimento diretto all’accertamento dei responsabili dell’inquinamento, ex art. 244 del d.l.vo 2006, n. 152.
Proprio il coordinamento tra le norme citate conduce a ritenere che la Provincia sia obbligata a svolgere le attività istruttorie dirette ad accertare i responsabili dell’inquinamento, attività che si concludono con un provvedimento espresso, che può contenere la motivata individuazione dei responsabili, ovvero l’indicazione delle ragioni per le quali non sia possibile individuarli.
Difatti, l’art. 244 impone espressamente all’amministrazione di diffidare il responsabile dell’inquinamento a provvedere al ripristino dell’area, sul presupposto della sua preventiva individuazione, attraverso il compimento di indagini, tanto che il dovere dell’amministrazione di attivarsi direttamente per superare lo stato di pregiudizio ambientale scatta solo qualora il responsabile non sia individuabile o non provveda e sempre che non provveda il proprietario del sito, né un altro soggetto interessato.
Ecco, allora, che l’amministrazione deve intervenire direttamente solo se non sia stata in grado di accertare il responsabile dell’inquinamento, ovvero se costui ometta di porre in essere le necessarie attività.
In senso contrario, non rileva il riferimento alla possibilità che il proprietario o altri interessati provvedano al ripristino, in quanto, come già evidenziato, l’intervento di terzi non responsabili avviene sempre su base volontaria e può essere interrotto, senza alcun potere coercitivo da parte dell’amministrazione provinciale, sicché non esclude l’obbligo della Provincia di compiere le attività necessarie all’individuazione dell’inquinatore.
Anzi, proprio l’art. 245, che prevede la facoltà del proprietario dell’area inquinata di procedere di sua iniziativa alla bonifica, precisa che quest’ultimo o, comunque, il gestore dell'area, qualora rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti, attuando direttamente solo le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242, precisando poi che proprio “la provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l’identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica”.
Risulta così confermato che la facoltà di intervento spontaneo da parte del proprietario non elide il dovere della Provincia di attivarsi per l’individuazione dell’autore dell’inquinamento, attraverso l’apertura del procedimento previsto dall’art. 244 del d.l.vo 2006, n. 152.
Tale assetto è confermato dall’art. 253 del d.l.vo 2006, n. 152, che, nel prevedere, a tutela delle finanze dell’ente locale, che, qualora le spese di ripristino siano sostenute dall’amministrazione, si costituisce un onere reale sul sito precisa che tanto il privilegio, quanto la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell’autorità competente che giustifichi, tra l’altro, l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.
Ne deriva che il compimento da parte dell’amministrazione dell’attività diretta ad accertare il responsabile non è solo obbligatoria, a tutela della posizione del proprietario incolpevole, ma è condizione per l’attivazione del privilegio speciale e per la ripetizione delle spese nei confronti del proprietario medesimo.
Del resto, proprio l’art. 253 ribadisce che il proprietario non responsabile dell’inquinamento, che abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito e il dovere dell’amministrazione di accertare l’identità del responsabile è diretto anche a salvaguardare l’effettivo esercizio del diritto di rivalsa.
Più in generale, l’obbligo per l’amministrazione di procedere alla ricerca e all’individuazione del responsabile dell’inquinamento è aderente al principio “chi inquina paga”, sotteso alla disciplina sinora esaminata e direttamente emergente dalla citata normativa comunitaria di riferimento.
Il principio in questione non si risolve in una pura formula, ma esprime l’esigenza concreta che le attività e i costi del ripristino ambientale gravino sul responsabile dell’inquinamento.
La necessità di assicurare effettiva operatività a detto principio rende del tutto ragionevole la previsione normativa dell’obbligo dell’amministrazione provinciale di accertare il responsabile dell’inquinamento, così da garantire che i costi del ripristino gravino effettivamente sull’autore dell’inquinamento.
In assenza di tale obbligo si determinerebbe una situazione, da un lato, del tutto sbilanciata a danno del proprietario incolpevole, dall’altro, non coerente con l’attuazione del principio “chi inquina paga”.
Difatti, la previsione dell’onere reale sul fondo inquinato varrebbe, comunque, a salvaguardare la posizione dell’ente locale, mentre la tutela della situazione soggettiva del proprietario incolpevole sarebbe rimessa alla sua autonoma iniziativa processuale, attraverso l’esperimento dell’azione di rivalsa, nei confronti di un soggetto di cui lo stesso proprietario dovrebbe dimostrare, in sede processuale civile, la responsabilità ai fini dell’inquinamento.
In tal modo, anche la salvaguardia dell’interesse, di chiara matrice pubblicistica, sotteso al principio “chi inquina paga” risulterebbe subordinata alla spontanea attivazione del proprietario incolpevole e all’effettiva possibilità da parte di costui di individuare il responsabile dell’inquinamento in vista dell’esercizio dell’azione di rivalsa.
Ecco, allora, che solo la previsione dell’obbligo dell’amministrazione provinciale di attivarsi, compiendo le indagini necessarie per la ricerca e l’individuazione del responsabile dell’inquinamento, costituisce una tutela adeguata dell’interesse espresso attraverso il principio giuridico in esame e coerente con la natura pubblicistica dell’interesse medesimo, che viene affidato alle cure dell’amministrazione provinciale, la quale è tenuta a ricercare e individuare il responsabile dell’inquinamento.
Si tratta di considerazioni aderenti all’indirizzo giurisprudenziale dominante.
La giurisprudenza comunitaria si è orientata nei termini che precedono, ritenendo, anche se per una fattispecie diversa, che l’addebito dei costi dello smaltimento dei rifiuti a soggetti che non li hanno prodotti sarebbe incompatibile con il principio “chi inquina paga” (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 24 giugno 2008, n. 188).
Parimenti, la giurisprudenza nazionale, nell’individuare il soggetto sul quale grava l’obbligo della bonifica, ha chiarito che in base, sia al d. l.vo 18 aprile 2011, n. 2376, sia al d. l.vo n. 152 del 2006, l’obbligo della bonifica è posto in capo al “responsabile” dell’inquinamento, precisando “che le autorità amministrative hanno l'obbligo di ricercare e individuare” tale soggetto, mentre il “proprietario non responsabile” dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera facoltà di effettuare interventi di bonifica (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 23 febbraio 2015, n. 881; Consiglio di Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4791; Consiglio di Stato sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2376).
Resta fermo, poi, che l’accertamento, da parte della Provincia, della responsabilità dell’inquinamento presuppone un’istruttoria completa ed un’esauriente motivazione, anche se fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime di esperienza, dell’imputabilità soggettiva della condotta (sull’ argomento, Consiglio di Stato, sez. V, 26 gennaio 2012, n. 333).
In definitiva, il quadro normativo interno e comunitario, nonché l’interpretazione datane dalla giurisprudenza dominante evidenziano come l’art. 244 del d.l.vo 2006 n. 152 ponga a carico della Provincia l’obbligo di attivarsi in sede istruttoria per ricercare ed individuare, attraverso l’apertura di uno specifico procedimento, il responsabile dell’inquinamento.
3.2) L’obbligo di cui si tratta è configurabile anche nel caso in esame e tale considerazione non è superata dalle argomentazioni espresse nel provvedimento impugnato, né dalle difese formulate in sede processuale dalla Provincia di Lecco.
In primo luogo, è del tutto irrilevante che l’area ex Safilo sia stata interessata da attività amministrativa, finalizzata ad accertarne i livelli di inquinamento e a determinare le attività di ripristino ambientale, durante la vigenza del DM 471/99, giacché la disciplina posta dall’art. 244 del d.l.vo 2006 n. 152 trova applicazione a tutte le situazioni di inquinamento ambientale esistenti al tempo di entrata in vigore del codice dell’ambiente.
Nessuna disposizione esclude l’applicabilità della nuova disciplina alle situazioni di inquinamento preesistenti, né, del resto, ciò si risolve nell’applicazione retroattiva della norma, atteso che le disposizioni in esame sono dirette a risolvere situazioni esistenti di inquinamento ambientale, a prescindere dalla data della loro insorgenza, individuando i parametri di distribuzione dei costi e dei rischi tra amministrazioni interessate, soggetti inquinatori e proprietari incolpevoli.
Del resto, non è in contestazione il fatto che il sito appartenente alla ricorrente sia ancora inquinato, che nessuna attività di bonifica sia stata eseguita e che il piano di bonifica non sia stato ancora approvato, sicché la fattispecie concreta esprime proprio i presupposti di fatto necessari per l’applicazione del d.l.vo 2006 n. 152.
Sotto altro profilo, va osservato che l’applicazione del principio tempus regit actum evidenzia come il diniego impugnato sia stato adottato proprio durante la vigenza del d.l.vo 2006, n. 152, che, pertanto, integra il paradigma normativo cui riferirsi per accertare la legittimità del diniego medesimo.
Neppure merita condivisione la tesi secondo la quale, siccome Bioverde srl “facendosi parte diligente ha prodotto diversi documenti tecnici”, tra i quali il piano di investigazione, l’analisi di rischio specifica, l’indagine integrativa sulle matrici acque sotterranee e gas interstiziali, il progetto operativo di bonifica e di messa in sicurezza permanente, allora sarebbe superata la necessità di individuare il responsabile dell’inquinamento.
Bioverde srl ha predisposto gli atti indicati in quanto proprietaria dell’area e non in veste di soggetto inquinatore, atteso che pacificamente nessuna determinazione amministrativa le ha addebitato la responsabilità dell’inquinamento.
Come già evidenziato, la spontanea attivazione del proprietario, anche ai sensi dell’art. 245 del d.l.vo 2006 n. 152, non incide sull’obbligo dell’amministrazione di procedere alle attività necessarie all’individuazione del responsabile dell’inquinamento, trattandosi di una specifica e doverosa attività che l’ordinamento impone all’amministrazione, sia a garanzia degli interessi pubblici sottesi al principio “chi inquina paga”, sia a tutela dell’integrità patrimoniale del proprietario incolpevole, che abbia sostenuto, direttamente o indirettamente, l’onere economico del ripristino.
La questione non muta se si considerano i contenuti della convenzione urbanistica stipulata tra il Comune di Vercurago e le società Safilo s.r.l., Safilo s.a.s., Bioverde s.r.l., e Santa Sofia s.r.l in data 12 aprile 2007; convenzione che obbliga le società suindicate, compresa Bioverde srl, a bonificare l’area ex Safilo in vista della riconversione urbanistica ed edilizia dell’intera area, in vista della realizzazione di edifici a destinazione commerciale, residenziale e alberghiera.
Sul punto va evidenziato, in primo luogo, che la convenzione coinvolge, per la parte pubblica, solo il Comune di Vercurago e non la Provincia di Lecco, la quale, pertanto, non è legittimata ad invocare tale convenzione per sottrarsi al dovere, normativamente imposto, di accertare il responsabile dell’inquinamento.
Inoltre, la convenzione si situa nel quadro di un piano di riconversione urbanistica dell’area, finalizzato al mutamento della destinazione dell’area da industriale a residenziale e alberghiera.
L’attuazione di questo progetto non incide sulle misure di tutela ambientale, di carattere emergenziale e definitivo, da adottare per fronteggiare la condizione di inquinamento dell’area, né modifica i compiti e le funzioni che l’ordinamento assegna alla Provincia in tali circostanze.
Certo, è evidente che, qualora le società sottoscrittrici della convenzione non adempiano agli obblighi assunti, l’amministrazione interessata potrà utilizzare gli strumenti di tutela predisposti dall’ordinamento, laddove ve ne siano i presupposti, ma ciò non incide sulle attività che doverosamente la Provincia deve svolgere in presenza di una situazione di inquinamento.
Si tratta di fattispecie diverse: da un lato, la riconversione urbanistica ed edilizia dell’area, che ne presuppone la bonifica, dall’altro, la necessità di dare corso alle misure che la legge impone all’amministrazione provinciale in presenza di una situazione di inquinamento ambientale.
Operativamente le due situazioni presentano aspetti di sovrapposizione, in quanto è evidente che una volta bonificata l’area la condizione di inquinamento risulta superata tanto ai fini della realizzazione del piano urbanistico, quanto ai fini ambientali. Nondimeno tale sovrapposizione materiale non incide sulla distribuzione degli obblighi che la legge pone in capo all’amministrazione, al proprietario e al soggetto inquinatore in presenza di una compromissione dell’ambiente.
Del resto, non è ipotizzabile che l’effettuazione della bonifica ad opera del proprietario, obbligato convenzionalmente, gli precluda la possibilità di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento, atteso che quest’ultimo non è parte della convenzione e, quindi, non può vantare alcuna pretesa in base ad essa; da ciò discende l’evidente permanenza dell’utilità dell’azione amministrativa provinciale tesa ad individuare il responsabile e il permanente interesse del proprietario incolpevole a tale accertamento.
Né la circostanza che Bioverde srl abbia, per un certo tempo, predisposto gli atti necessari per la bonifica e, successivamente, richiesto l’attivazione del procedimento ex art. 244 del d.l.vo 2006 n. 152, integra una condotta contraria a buona fede, suscettibile di essere paralizzata dalla “exceptio doli generalis”.
Nel caso concreto, il comportamento di Bioverde srl non integra “venire contra factum proprium” ed, in particolare, la pretesa vantata verso la Provincia di Lecco non è in contraddizione con l’attività già svolta dalla società, poiché, come più volte evidenziato, la volontaria attivazione del proprietario ai fini della bonifica non elimina la necessità di individuare il responsabile, né tale dovere è aggirabile valorizzando l’obbligo assunto da Bioverde srl con una convenzione cui sono estranei sia la Provincia, sia il responsabile – non noto – dell’inquinamento.
Neppure convince l’argomentazione che esclude l’obbligo di attivare il procedimento ex art. 244 del d.l.vo 2006 n. 152 in quanto ogni intervento sarebbe comunque subordinato alla segnalazione dello stato di inquinamento da parte di altre amministrazioni.
Si tratta di un argomento formalistico e privo di pregio.
In ogni caso dalla documentazione prodotta risulta che l’ARPA competente ha più volte messo in luce, anche nei rapporti con la Provincia, la situazione di inquinamento esistente, sicché tale stato era incontestatamente noto all’amministrazione provinciale e non solo per effetto della documentazione prodotta da Bioverde s.r.l..
In ogni caso, è del tutto irragionevole ipotizzare che solo la comunicazione in certe forme della situazione di inquinamento possa radicare l’obbligo di accertarne il responsabile, atteso che l’attuazione concreta ed effettiva del principio “chi inquina paga” impone di dare rilevanza all’effettiva esistenza dello stato di inquinamento e alla sua conoscenza da parte dell’amministrazione competente, a prescindere da formalistiche comunicazioni ad opera di altri Enti.
In definitiva, il diniego opposto dall’amministrazione provinciale poggia su argomentazioni del tutto inidonee ad escludere l’obbligo di procedere all’attività di indagine e di accertamento per l’individuazione del responsabile dell’inquinamento dell’area ex Safilo, con conseguente fondatezza delle censure esaminate.
Parimenti è fondata la censura diretta a contestare la violazione delle garanzie partecipative, per omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.
Invero, nel caso di specie l’esercizio del potere di accertamento del responsabile dell’inquinamento è doveroso nell’an, mentre in relazione alle sue modalità di estrinsecazione presenta profili di discrezionalità, sicché non è coerente l’invocata applicazione dell’art. 21 octies della legge 1990 n. 241, specie considerando che l’amministrazione non ha in alcun modo dimostrato che il contenuto dispositivo dell’atto non poteva essere diverso.
4) Deve essere respinta la domanda di condanna al risarcimento del danno formulata da Bioverde srl, in quanto carente della dimostrazione degli elementi costitutivi della responsabilità risarcitoria, anche in relazione alla effettiva consistenza dei danni correlati al diniego.
In ogni caso va precisato che l’effetto conformativo derivante dalla presente decisione di annullamento dell’atto impugnato impone all’amministrazione di attivare il procedimento di accertamento ed individuazione del responsabile dell’inquinamento e di concluderlo con un provvedimento espresso e motivato entro i termini di legge.
Ne consegue che l’effetto conformativo della decisione vale a ripristinare lo status quo, ricollocando la ricorrente nella pienezza delle prerogative che le spettano in base al codice dell’ambiente, in quanto proprietaria dell’area.
Deve essere respinta anche la domanda diretta ad ottenere la condanna dell’amministrazione ad un facere provvedimentale, sia perché proposta con atto non notificato alle controparti e, pertanto, inidoneo ad ampliare la materia del contendere, sia perché relativa ad un potere vincolato nell’an ma non nel contenuto e nelle sue concrete modalità di esercizio, sicché non sussistono i presupposti individuati dall’art. 34, comma 1 lett. c), c.p.a..
5) In definitiva, il ricorso è fondato nella parte relativa alla domanda di annullamento, mentre deve essere respinto nel resto.
Le spese seguono la soccombenza nei rapporti tra la ricorrente e la Provincia di Lecco che ha dato causa al contenzioso, sicché vengono poste a carico di quest’ultima, secondo i valori indicati in dispositivo, mentre se ne dispone la compensazione nei rapporti tra le altre parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando:
1) Estromette dal giudizio le società Pirelli & C. s.p.a. ed Edison s.p.a.;
2) Accoglie in parte il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato indicato in epigrafe;
3) Respinge la domanda di condanna al risarcimento del danno e la domanda di condanna ad un facere provvedimentale;
4) Condanna la Provincia di Lecco al pagamento delle spese della lite in favore della società Bioverde srl, liquidandole in Euro 4.000,00 (quattromila), oltre alla restituzione del contributo unificato e accessori di legge; compensa le spese nei rapporti tra le altre parti processuali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Concetta Plantamura, Primo Referendario
Fabrizio Fornataro, Primo Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)