TAR Toscana Sez. I n. 342 del 19 marzo 2020
Ambiente in genere.Scelte pianificatorie da sottoporre a VAS e conseguenze per il territorio

La V.A.S., come anche la V.I.A., comportano scelte largamente discrezionali, nelle quali l’opportunità di un dato intervento viene posta a raffronto con i problemi che da esso derivano. E’ inevitabile che le scelte pianificatorie da sottoporre a V.A.S. comportino sacrifici per il territorio; peraltro il sacrificio in questione deve essere proporzionato e giustificato dall’impatto positivo dell’intervento.

Pubblicato il 19/03/2020

N. 00342/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01973/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1973 del 2015, proposto da
Mountain Wilderness Italia Onlus, Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea, Amici della Terra Italia Onlus, Verdi Ambiente e Società - V.A.S. Onlus, Onlus Lipu - Lega Italiana Protezione Uccelli, Centro Guido Cervati, Centro Culturale La Pietra Vivente, Club Alpino Italiano - Regione Toscana, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall'avvocato Daniele Granara, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli n. 40;

contro

Regione Toscana, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Lucia Bora e Barbara Mancino, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Regione Toscana in Firenze, piazza dell'Unità Italiana n. 1;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri n. 4;

nei confronti

Società Henraux s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Cristiana Carcelli e Natale Giallongo, con domicilio eletto presso lo studio Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri n. 19;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Club Alpino Italiano - C.A.I., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Lucia Germana Foppoli, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli n. 40;
Associazione Ecologista Gruppo d'Intervento Giuridico, Onlus, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Rosalia Pacifico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio Regionale della Toscana, n. 37 del 27.03.2015, pubblicata sul B.U.R.T. n. 28 del 20.05.2015, avene ad oggetto "Atto di integrazione del piano di indirizzo territoriale (PIT) con valenza di piano paesaggistico. Approvazione ai sensi dell'art. 19 della L.R. 10.11.2014, n. 65 (Norme per il governo del territorio)", nella parte in cui consente l'apertura di nuove attività estrattive, la riattivazione di cave dismesse e gli ampliamenti di attività estrattive esistenti nonché varianti a carattere sostanziale di attività esistenti nei bacini estrattivi siti all'interno del Parco naturale delle Alpi Apuane, in particolare nelle cosiddette "Aree Contigue di Cava", come individuati dall'allegato 5 - Schede bacini estrattivi delle Alpi Apuane del PIT con valenza di piano paesaggistico;

di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non, nessuno escluso, in particolare:

- dichiarazione di sintesi ai fini della V.A.S. della Direzione Generale Governo del Territorio della Regione Toscana;

- determinazione n. 8/AC/2014 assunta nella seduta n. 153 del 30.10.2014 dal NURV (Nucleo unificato regionale di valutazione e verifica degli investimenti pubblici) recante parere motivato all'esito dello svolgimento della V.A.S.;

- parere Tecnico del NURV in data 25.07.2011 relativo alla procedura di V.A.S. - Fase preliminare del piano;

- deliberazione della Giunta Regionale della Toscana n. 671 del 1.08.2011;

- sconosciuti e non meglio specificati "ulteriori approfondimenti intercorsi con MIBACT".


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Toscana e di Ministero per i Beni e Le Attività Culturali e del Turismo e di Società Henraux s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2020 il presidente Manfredo Atzeni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso straordinario al capo dello Stato Mountain Wilderness Italia Onlus, Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea, Amici della Terra Italia Onlus, Verdi Ambiente e Società - V.A.S. Onlus, Onlus Lipu - Lega Italiana Protezione Uccelli, Centro Guido Cervati, Centro Culturale La Pietra Vivente e Club Alpino Italiano - Regione Toscana impugnavano la delibera del Consiglio Regionale della Toscana, meglio specificata in epigrafe, recante l’atto di integrazione al piano di indirizzo territoriale (PIT) con valenza di piano paesaggistico nonché gli altri provvedimenti specificati in epigrafe nella parte in cui consentirebbero l'apertura di nuove attività estrattive, la riattivazione di cave dismesse e gli ampliamenti di attività estrattive esistenti nonché varianti a carattere sostanziale di attività esistenti nei bacini estrattivi siti nella zona del Parco Naturale delle Alpi Apuane, in particolare nelle cosiddette "Aree Contigue di Cava", come individuati dall'allegato 5 del Piano.

A seguito di opposizione il giudizio è stato trasposto presso questo Tribunale Amministrativo con atto qui depositato il giorno 11 dicembre 2015 e rubricato al n. 1973/2015.

Le ricorrenti deducono cinque motivi di ricorso chiedendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati; in subordine, deducono:

a) illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma primo, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e dell’art. 21 della legge regionale della Toscana 11 agosto 1997, n. 65 per violazione degli artt. 9, 32 e 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, violazione dei principi fondamentali in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio e violazione del diritto alla salute;

b) questione pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, con riferimento alla direttiva 92/43/CEE, cosiddetta “habitat”, e alla direttiva 20097147/CE, cosiddetta “Uccelli”, recepite dallo Stato Italiano con i regolamenti di cui al DM ambiente 17 ottobre 2007 e d.P.R. 8 settembre 1997 n. 357.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dei Beni e le Attività Culturali e del Turismo, la Regione Toscana e la Società Hernaux s.p.a. chiedendo la declaratoria dell’inammissibilità ovvero il rigetto del ricorso.

Sono intervenuti “ad adiuvandum” il Club Alpino Italiano (CAI) e l’Associazione Ecologista “Gruppo di Intervento Giuridico ONLUS” chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Le parti hanno scambiato memorie e repliche.

La causa è stata spedita a sentenza, previa discussione, alla pubblica udienza del 12 febbraio 2020.

2. Le parti resistenti sostengono l’inammissibilità del ricorso in quanto il suo accoglimento comporterebbe l’annullamento delle misure di tutela contenute nel piano impugnato, provocando quindi un effetto lesivo dell’interesse tutelato dai ricorrenti.

La questione non può essere condivisa in quanto oggetto dell’impugnazione sono alcune norme del piano, che autorizzano lo svolgimento di attività di cava.

Di conseguenza, l’accoglimento dell’impugnazione comporterebbe l’annullamento di disposizioni che le ricorrenti ritengono lesive degli interessi da loro tutelati e il conseguente blocco dell’attività nelle cave in questione.

Viene poi sostenuto che il piano non consente direttamente alcun intervento di escavazione in quanto ogni intervento dovrà essere assoggettato al relativo procedimento di autorizzazione, ma nemmeno questa osservazione può portare alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso atteso che le parti ricorrenti mirano a ottenere una disciplina di piano che escluda in radice l’attività di cava nelle aree di cui si tratta.

Il ricorso deve quindi essere ammesso in rito.

3. Lo stesso è peraltro infondato.

3.a. I ricorrenti sostengono che il piano impugnato ha illegittimamente esteso la possibilità di sfruttamento delle cave di marmo presenti sulle Alpi Apuane, territorio tradizionalmente interessato da tale attività.

Ad avviso dei ricorrenti il piano in contrasto con la normativa richiamata in narrativa e illogicamente avrebbe consentito lo sfruttamento di cave preesistenti e addirittura in taluni casi l’apertura di nuove in zona protetta.

La questione necessita di un chiarimento in fatto.

Le cave di cui si discute non sono collocate all’interno del Parco Nazionale delle Alpi Apuane ma ai suoi confini.

Il territorio del Parco non è circondato da una fascia di salvaguardia; la suddetta fascia è invece ricompresa all’interno del territorio del Parco.

E’ vero, quindi, che le cave di cui si tratta sono confinanti con il Parco, ma non con il “cuore” del Parco; confinano, invece, con la fascia di rispetto.

I ricorrenti in realtà non affermano che le cave in questione sono collocate in zona tutelata (salvo quanto si dirà in prosieguo).

I ricorrenti affermano invece che l’inclusione all’interno del territorio del Parco della fascia di rispetto incide negativamente sulla tutela del suo pregio naturale e paesistico e rende illegittima la collocazione di cave al suo confine.

Il punto sostanziale è quindi costituito dal fatto che le cave sono state collocate ai confini della fascia di rispetto.

I ricorrenti non sostengono che la vicinanza fra cave e fascia di rispetto è impropria ma che tale impostazione è inficiata dal fatto che la suddetta fascia è interna al territorio del Parco.

I ricorrenti peraltro non spiegano su quale aspetto sostanziale, di difesa del territorio, tale scelta incida negativamente.

In altri termini, la doglianza poteva essere condivisa qualora le parti ricorrenti avessero dimostrato che l’impostazione seguita dalla Regione diminuisce in concreto la tutela del territorio.

Tale dimostrazione è invece mancata e la tesi dei ricorrenti è in realtà basata su una affermazione non condivisibile: la collocazione delle aree di cava ai confini della fascia di rispetto è illegittima perché la suddetta area è interna al Parco, mentre doveva essere esterna al suo territorio.

Deve inoltre essere rilevato come i ricorrenti nemmeno affermino che la scelta di ricomprendere la fascia di rispetto all’interno del territorio del Parco diminuisca la tutela complessiva del suo territorio.

In conclusione quindi:

a) il Piano disciplina l’attività di escavazione in una zona esterna al Parco;

b) la zona interessata da tale attività confina con la fascia di salvaguardia del territorio;

c) la nuova disciplina dell’attività di cava non interessa il territorio del Parco.

I ricorrenti – deve essere ribadito - non dimostrano affatto che la collocazione delle aree di cava ai confini dell’area di salvaguardia del Parco pregiudichi l’integrità del suo territorio, e ancora meno dimostrano perché la tutela sarebbe maggiore escludendo la fascia di rispetto dal territorio del Parco.

La doglianza deve quindi essere respinta.

3.b. I ricorrenti sostengono che il piano impugnato prevede, all’art. 17, l’apertura di nuove attività estrattive nonché la riattivazione e l’ampliamento di cave ricadenti in area Z.P.S. (zone protezione speciale) e siti di importanza comunitaria (S.I.C.) in mancanza della necessaria valutazione d’incidenza.

Neanche questa argomentazione può essere condivisa.

Al riguardo, deve essere condivisa l’impostazione enunciata al paragrafo 3.6 del rapporto ambientale sul PIT, laddove specifica che si è ritenuto di poter prescindere dalla valutazione di incidenza di cui all’art. 5, terzo comma, del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, in quanto il piano paesistico, per la sua natura e finalità, necessariamente non prevede azioni incidenti negativamente sugli habitat naturali.

Infatti, la norma richiamata così dispone: “I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell'allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi.”

Deve quindi essere osservato che il Piano per la prima volta regolamenta attività in precedenza sostanzialmente libere, introducendo quindi forme di tutela prima assenti.

Inoltre, l’art. 17, comma dodicesimo, della disciplina di piano espressamente dispone che le nuove attività estrattive, la riattivazione delle cave dismesse, gli ampliamenti di attività estrattive esistenti e le variazioni di carattere sostanziale di attività esistenti non devono interferire con SIC, SIR e ZPS, in tal modo rispondendo alle preoccupazioni manifestate dai ricorrenti.

La censura deve quindi essere respinta.

3,c, I ricorrenti sostengono che il piano non avrebbe considerato i beni assoggettati a vincolo paesistico generico ai sensi dell’art. 143 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

La doglianza deve essere respinta in quanto i beni in questione, come dimostrato dalle Amministrazioni resistenti, sono oggetto di specifica disciplina di tutela e lo stesso piano è stato oggetto di copianificazione con il Ministero per la parte che li riguarda.

3.d. I ricorrenti sostengono che il piano nell’accorpare i procedimenti di valutazione di compatibilità paesistica con quelli di VIA e di autorizzazione paesaggistica, prevista dallo stesso PIT, avrebbero provocato un’indebita commistione di procedimenti destinati a rimanere autonomi, provocando un’insufficiente istruttoria rispetto a tutti gli aspetti da esaminare.

La doglianza non può essere condivisa.

Invero, non si comprende perché l’impostazione seguita dalla Regione, palesemente preordinata alla semplificazione dei procedimenti, comporterebbe una minore attenzione nello svolgimento di ognuno.

Il coordinamento delle procedure costituisce invece, all’evidenza, uno strumento di migliore coordinamento e maggiore approfondimento, atteso che quanto acquisito in ciascuna fase procedimentale contribuisce al maggior all’approfondimento delle altre tematiche.

3.e. Con il quinto motivo i ricorrenti contestano i risultati della V.A.S., la quale non avrebbe considerato le ricadute dell’attività di cava sull’ambiente e l’inquinamento provocato dal deposito di marmettola, prodotta dall’attività estrattiva sui torrenti della zona.

Neanche questa censura può essere condivisa.

Deve essere rilevato come la V.A.S., come anche la V.I.A., comportino scelte largamente discrezionali, nelle quali l’opportunità di un dato intervento viene posta a raffronto con i problemi che da esso derivano.

E’ inevitabile che le scelte pianificatorie da sottoporre a V.A.S. comportino sacrifici per il territorio; peraltro il sacrificio in questione deve essere proporzionato e giustificato dall’impatto positivo dell’intervento.

La censura dei ricorrenti si appunta su alcuni aspetti ritenuti problematici ma non contesta l’impianto complessivo della V.A.S.

Invero, la problematica sottesa all’intervento amministrativo oggetto del presente giudizio è caratterizzata dal fatto che l’attività estrattiva del marmo, sicuramente incidente sul territorio e sul paesaggio, nel caso concreto non ha solo una fondamentale importanza per le popolazioni ivi insediate.

La stessa è tradizionale della zona, ed ha una valenza culturale che certamente non può essere trascurata.

Gli elementi da tenere presente sono quindi diversi, e più complessi di quanto normalmente accada quando si procede alla elaborazione di piani territoriali.

Occorre poi sottolineare come il problema della marmettola, evidenziato dai ricorrenti, potrà essere affrontato in sede di esame di ogni specifica richiesta di autorizzazione, come sottolineato dalle resistenti.

In quella sede, infatti, potrà essere valutata la specifica incidenza del problema in relazione a ciascuna ipotesi di intervento, valutazione che ben difficilmente può essere svolta nell’ambito di un piano a contenuto generale.

La censura deve, in conclusione, essere respinta.

3.f. I ricorrenti propongono questione di costituzionalità ovvero di compatibilità comunitaria della normativa applicata dalle Amministrazioni che hanno proceduto, e principalmente, come ovvio, dalla Regione Toscana.

I ricorrenti sostengono che la normativa in questione è contraria ai principi della Costituzione e della normativa comunitaria in quanto la sua attuazione ha portato a scelta gravemente dannose per l’ambiente.

Peraltro, in base alla discussione svolta nei precedenti punti, deve essere rilevato come i ricorrenti non abbiano dimostrato che questo si avvenuto.

Le questioni proposte devono pertanto essere disattese.

4. Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto.

In considerazione della complessità delle questioni trattate le spese devono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente spese e onorari del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Manfredo Atzeni, Presidente, Estensore

Luigi Viola, Consigliere

Giovanni Ricchiuto, Consigliere