Cass. Sez. III Sent. 31134 del 24 luglio 2008 (Ud. 29 mag 2008)
Pres. De Maio Est. Marmo Ric. Marino
Beni Ambientali. Abusiva occupazione di spazio demaniale

In tema di tutela del demanio, deve escludersi l\'elemento psicologico del reato di occupazione abusiva di spazio demaniale quando la condotta dell\'agente non sia conseguenza della ignoranza della legge penale, ma riveli una volontà contraria alla violazione di legge e l\'agente abbia assolto all\'onere della prova di aver fatto tutto il possibile per uniformarvisi. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso che fosse ravvisabile la colpa, intesa quale conoscenza dell\'arbitrarietà dell\'occupazione, nel fatto di essersi il ricorrente difeso contro un\'ordinanza di ingiunzione a demolire le opere abusive, peraltro cautelarmente sospesa dal giudice amministrativo essendo incerta la natura demaniale dell\'area).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 29/05/2008
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. MARMO Margherita - rel. Consigliere - N. 01388
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 003563/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MARINO STEFANO, N. il 09/07/1962;
avverso la SENTENZA del 15/11/07 GIP TRIBUNALE di PAOLA;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARMO MARGHERITA;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. IZZO GIOACCHINO, che ha chiesto l\'annullamento con rinvio;
Udito il difensore avv. CESELLATO Mario che ha chiesto l\'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pronunciata il 15 novembre 2007, all\'esito di rito abbreviato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola dichiarava Stefano Marino responsabile del reato di cui agli artt. 54, 1161 cod. nav., per aver occupato mq 118 circa di suolo demaniale, ricadente nel foglio di mappa n. 11, particella 4 N.C.T. del Comune di Falconara Albanese, senza aver preventivamente chiesto ed ottenuto la prescritta concessione da parte dell\'Autorità amministrativa competente, mediante le seguenti opere: mq 118 circa di area pavimentata, asservita e recintata da muretto in calcestruzzo e sovrastante ringhiera in ferro con cancello d\'ingresso pedonale in ferro, il tutto adibito a giardino privato, (per fatto accertato in Torremezzo di Falconara Albanese il 14 marzo 2003) e, con la concessione delle attenuanti generiche e la diminuente per la scelta del rito, lo condannava alla pena di Euro 300,00, di ammenda, oltre che alle spese di giudizio.
Ha proposto ricorso per cassazione l\'imputato chiedendo l\'annullamento della sentenza impugnata per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente esaminati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L\'imputato premette in fatto che in data 11 giugno 1969 Massimo Marino aveva acquistato dalla società Petramale - Librandi - Catalano - PLC Costruzioni l\'appartamento con giardinetto, non figurante in catasto perché accessorio dell\'appartamento confinante con demanio marittimo.
L\'appartamento ed i relativi accessori erano stati costruiti in forza di regolare concessione edilizia rilasciata dal Comune in data 27 febbraio 1967 e dichiarati abitabili in data 7 maggio 1968. Successivamente, con verbale del 9 luglio 1972, il delegato di spiaggia del Comune di Paola aveva riferito che Massimo Marino aveva occupato una certa quantità di terreno demaniale adibendolo a giardino e recintandolo con muretto. Sulla scorta di tale supposta notizia era emesso decreto penale di condanna e, a seguito di opposizione, il pretore di Paola aveva emesso sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto.
Dopo 18 anni, in data 14 novembre 1991, l\'Ufficio del Registro di Paola aveva notificato a Massimo Marino e ad altri nove proprietari di altrettanti immobili adiacenti intimazione a pagare, ai sensi del combinato disposto dell\'art. 1219 c.c., comma 1 e art. 2943 c.c., u.c., per abusiva occupazione di mq 2153 di suolo demaniale in Falconara Albanese, giusta intendentizia n. 13651/85/3 dell\'11 giugno 1987 e n. 24237/P 4/3/83 del 3 marzo 1984. Il Marino si era opposto a tale richiesta producendo anche la sentenza di assoluzione del 16 novembre 1973.
Nelle more del procedimento di opposizione il Marino, con atto pubblico di donazione del 12 novembre 1992, aveva trasferito l\'immobile ad Antonella Marino.
L\'Ufficio del Registro di Paola, a seguito dell\'esame dell\'opposizione, in data 21 settembre 1993, aveva notificato all\'opponente ed agli altri interessati un provvedimento di revoca dell\'intimazione precedentemente inviata.
In data 28 dicembre 1998, con atto a rogito per notaio LANZILLOTTI Stefania, MARINO Stefano, l\'attuale imputato aveva acquistato l\'immobile con relativi accessori dalla precedente proprietaria. Anche in tale rogito l\'appartamento veniva indicato come confinante con il demanio marittimo.
Nella compravendita si dava atto, tra l\'altro, della esclusiva proprietà del bene da vincoli e dal diritto di terzi.
Successivamente il 27 luglio 2005, con ordinanza n. 131 il responsabile dell\'Ufficio Tecnico del Comune aveva ingiunto a Marino Stefano la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi. A seguito del ricorso presentato da Stefano Marino, il TAR Calabria, in data 1 dicembre 2005, aveva accolto l\'istanza di sospensione del provvedimento amministrativo, ritenendo sussistente il fumus di fondatezza anche in ordine alla prima censura con la quale si evidenziava, tra l\'altro, l\'incertezza esistente in ordine alla natura demaniale dell\'area.
Nonostante tale situazione, in data 11 giugno 2007, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Paola, a seguito della richiesta presentata dal Pubblico Ministero, aveva emesso nei confronti di Stefano Marino decreto penale di condanna al pagamento di un\' ammenda di Euro 200,00, in relazione al reato di cui al capo di imputazione e a seguito di opposizione, il 15 novembre 2007, il Giudice per le Indagini preliminari aveva emesso l\'impugnata sentenza di condanna.
Premette inoltre il ricorrente che non vi era agli atti alcun elemento dal quale risultasse il carattere demaniale dell\'area, che la costruzione era regolarmente assentita da concessione edilizia rilasciata dal Comune di Falconara Albanese il 27 febbraio 1967 e dichiarata abitabile con decorrenza 7 maggio 1968.
Inoltre le autorità competenti non avevano proceduto alla delimitazione del demanio marittimo in contraddittorio con i privati che potevano avervi interesse, come loro imposto dall\'art. 32 cod. nav., e dall\'art. 58 del relativo regolamento e la demanialità dell\'area non appariva neppure ricavabile sulla scorta di caratteristiche naturali specifiche.
Va aggiunto che esso ricorrente non aveva mai posto in essere alcuna occupazione abusiva ma aveva acquistato l\'area nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava.
Dall\'atto di provenienza non risultava infatti in alcun modo la demanialità dell\'area ed egli non aveva posto in essere alcuna variazione o mutamento della stessa.
In proposito non risultava conforme a verità quanto asserito dal giudice di merito, secondo cui egli aveva asservito l\'area a giardino della sua abitazione, in quanto, fin dall\'inizio, l\'area era accessorio dell\'abitazione acquistata. Non vi era quindi alcun miglior godimento o comunque un facere da parte di esso ricorrente che giustificasse l\'imputazione.
In tal senso aveva motivato il pretore di Paola nella sentenza del 16 novembre 1973 e comunque tale assoluzione avrebbe dovuto essere presa in considerazione dal giudice di merito per escludere l\'elemento psicologico del reato.
Inoltre il Tribunale di Paola era stato chiamato a decidere su identica questione, avente soltanto diverso soggetto imputato, a seguito del medesimo sopralluogo, ed aveva ritenuto che il Comune di Falconara era concessionario dell\'area di cui si contestava l\'abusiva occupazione e pagava rituale concessione del suolo. Aveva quindi ritenuto che ogni profilo di illiceità dovesse necessariamente comportare la conoscenza di eventuali patologie del rapporto fra l\'ente concessionario ed il soggetto occupante e che, in assenza di tali elementi, l\'imputato avrebbe dovuto essere assolto con formula ampia.
Inoltre il GIP aveva acquisito agli atti la deliberazione del Consiglio Comunale n. 18 del 2 luglio 2004, avente ad oggetto Concessioni demaniali per uso non turistico ricreativo - Determinazione del Consiglio, dalla quale risultava che il Comune di Falconara Albanese era concessionario dell\'area demaniale marittima di mq 62.874 ricadente a monte del lungomare di Torremezzo, riportata in catasto al foglio 5 particella 1 foglio 11 particelle 4 - 104 (foglio 11 particella 4) e tale area non era stata neppure correttamente identificata nel capo di imputazione. Tanto premesso il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione di cui all\'art. 606 c.p.p., lett. b), (inosservanza o erronea applicazione della legge penale ovvero di altre), con riferimento agli artt. 54 e 1161 cod. nav., e la mancanza contraddittorietà ed illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Deduce il ricorrente che dalla ricostruzione della vicenda doveva del tutto escludersi in radice la possibilità di muovere qualsiasi censura all\'imputato, quanto meno sotto il profilo dell\'elemento soggettivo, con riferimento agli atti che avevano preceduto l\'acquisto del bene.
Diversamente si sarebbe stato in presenza di responsabilità oggettiva, estranea al nostro ordinamento giuridico. In proposito la motivazione in ordine alla circostanza che egli si era difeso in sede amministrativa, sicché era a conoscenza dell\'arbitrarietà dell\'occupazione, da un lato era sconfessata dal provvedimento cautelare del TAR Calabria, che riconosceva la fondatezza delle censure esposte nel ricorso presentato dall\'imputato, dall\'altro giungeva al paradosso che difendersi contro un provvedimento amministrativo illegittimo sia una prova della colpa in capo all\'imputato.
Il motivo è fondato.
La motivazione della sentenza in ordine all\'elemento soggettivo del reato è infatti incongrua, in quanto il GIP deduce che l\'imputato era a conoscenza dell\'arbitrarietà dell\'occupazione, stante l\'ordinanza ingiunzione di demolire le opere abusive emessa nei suoi confronti in data 27 luglio 2005, senza considerare che l\'imputato Marino aveva acquistato l\'immobile da terzi e si era opposto al provvedimento ritenuto illegittimo.
Tale opposizione al provvedimento ritenuto illegittimo non può infatti configurare sussistenza della coscienza e volontà di violare la norma penale.
Inoltre, nella motivazione, il giudice di merito avrebbe dovuto approfondire la questione relativa alla posizione di concessionario dell\'area da parte del Comune e alla situazione giuridica del dante causa dell\'attuale imputato.
L\'elemento soggettivo del reato contravvenzionale viene infatti meno quando il difetto di coscienza dell\'antigiuridicità del fatto non derivi da ignoranza della legge ma sia stato determinato da una situazione non ricollegabile alla volontà del soggetto e questo dimostri di aver fatto tutto il possibile per uniformarsi alla legge. Come ha precisato questa Corte (v. per tutte Cass. Pen. Sez. 3^ sent. 30 giugno 1986, n. 10898) "nei reati contravvenzionali non è ravvisabile la colpa allorquando la condotta dell\'agente riveli una volontà contraria alla violazione di legge, per essersi adeguata a circostanze di apparente legalità che inducano un uomo di comune diligenza a ritenere lecita la propria azione od omissione". L\'accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe il secondo, con il quale il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606 c.p.p., lett. b, in relazione al reato di cui all\'art. 1161 cod. nav., deducendo che era stata posta come pena base pecuniaria una pena superiore al massimo edittale, ed il quarto, con il quale il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606 c.p.p., lett. b), con riferimento all\'art. 162 c.p., e art. 687 c.p.p., ora D.P.R. n. 313 del 2002, art. 5, lett. d) e la mancanza ed illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento. È invece infondato il terzo, con il quale il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606 c.p.p., lett. B), in relazione alla maturazione del termine di prescrizione della fattispecie contravvenzionale contestata, tenuto conto della natura permanente del reato (v. per tutte Cass. Pen. Sent. 6 novembre 2003, n. 47436, P.G. in proc. Armanno).
Va quindi annullata la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Paola per nuovo esame in ordine alla sussistenza dell\'elemento soggettivo del reato alla luce del principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Paola. Così deciso in Roma, il 29 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2008