Consiglio di Stato, Sez. IV ord. 5117 del 13 settembre 2011
Rifiuti. Termovalorizzatore

Questione di legittimità costituzionale della norma che prevede il trasferimento di proprietà del termovalorizzatore di Acerra (si ringrazia per la segnalazione l'AVV. M. Balletta)

N. 05117/2011REG.PROV.COLL.

N. 01236/2011 REG.RIC

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA

 

sul ricorso in appello n. 1236 del 2011, proposto da FIBE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ennio Magrì e Benedetto Giovanni Carbone, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 288, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;


contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ex art. 1 D.L. 90/2008 convertito in L. 123/2008, in persona del titolare della carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;

nei confronti di

GSE Gestore dei servizi elettrici s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Carlo Malinconico, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, viale Bruno Buozzi n. 109, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
A2A s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gabriele Pafundi, Emanuela Romanelli e Vito Salvadori, ed elettivamente domiciliata presso il primo dei difensori in Roma, viale Giulio Cesare n. 14/a, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
Partenope Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gabriele Pafundi, Emanuela Romanelli e Vito Salvadori, ed elettivamente domiciliata presso il primo dei difensori in Roma, viale Giulio Cesare n. 14/a, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per l’annullamento

della sentenza non definitiva del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, n. 39180 del 30 dicembre 2010;

 


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile, del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ex art. 1 D.L. 90/2008 e di GSE Gestore dei servizi elettrici s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2011 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Carbone Benedetto, Ennio Magrì, Gabrielel Pafundi, Carlo Malinconico e l’avvocato dello Stato Luca Ventrella;

 


1. - Con ricorso iscritto al n. 1236 del 2011, FIBE s.p.a. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, n. 39180 del 30 dicembre 2010 con la quale è stato deciso il ricorso proposto contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile ed il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ex art. 1 D.L. 90/2008 convertito in L. 123/2008.

Dinanzi al giudice di prime cure, la ricorrente Fibe s.p.a. ha esposto che la Fibe S.p.a. e la Fibe Campania S.p.a. (recentemente fusa per incorporazione nella Fibe S.p.a.), all’esito di apposite procedure di gara, erano divenute affidatarie, in via esclusiva, del servizio di smaltimento rifiuti nella Regione Campania, rispettivamente, per la Provincia di Napoli e per le Province di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno.

Ha soggiunto, tra l’altro, che con d.l. 245/2005, convertito in l. 21/2006, è stata disposta la risoluzione ex lege dei contratti di affidamento, con una fase transitoria protratta sino al 18 giugno 2008, e che l’art. 6 bis, co. 4, l. 123/2008 ha previsto il solo obbligo per le ex affidatarie (e nella specie la Fibe S.p.a. quale proprietaria) di completare il termovalorizzatore di Acerra, con la definitiva cessazione di ogni ulteriore attività.

Ha evidenziato ancora che, in data 13 novembre 2008, il Sottosegretario delegato ha affidato alla Società A2A (Società pubblica degli enti locali lombardi e gestore del termovalorizzatore di Brescia) la futura gestione del termovalorizzatore di proprietà Fibe, pervenendo alla sottoscrizione di un contratto in forza del quale detta Società è tenuta a corrispondere al Sottosegretario la metà dei proventi della vendita di energia elettrica trattenendo la restante metà quale corrispettivo d’impresa.

Ha fatto altresì presente che il Commissariato ha stipulato con il Gestore dei Servizi Elettrici Nazionale un contratto per la fornitura dell’elettricità prodotta dal termovalorizzatore di Fibe, per cui, senza nulla riconoscere alla Fibe, sta vendendo l’elettricità prodotta dall’impianto appropriandosi del relativo ricavato.

La ricorrente ha quindi sottolineato che il Governo è intervenuto con un nuovo provvedimento legislativo d’urgenza, decreto legge 30 dicembre 2009, n. 195, per far fronte alla scadenza dell’emergenza fissata al 31 dicembre 2009 e disciplinare il passaggio al regime ordinario della gestione rifiuti in Campania.

Gli artt. 6 e 7 del decreto riguardano la previsione del trasferimento coattivo del termovalorizzatore di Acerra e la Fibe S.p.a., nel rilevare che non è stato individuato né il soggetto destinatario del trasferimento né il termine entro il quale l’operazione deve avere luogo, né soprattutto la quantificazione del corrispettivo di tale cessione, ha proposto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, articolato nei seguenti motivi:

Violazione dell’art. 1 del protocollo 1 alla Convenzione di Roma del 1950 (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo); violazione degli artt. 39, 43 e 56 del Trattato CE; violazione dei principi sanciti dal Trattato CE in materia del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

Per quanto riguarda la tutela del diritto di proprietà, le norme della CEDU dovrebbero essere applicate immediatamente dal giudice interno in ragione della particolare forza precettiva di cui la Convenzione del 1950 è dotata. La giurisprudenza di legittimità avrebbe riconosciuto la natura sovraordinata alle norme della Convenzione sancendo l’obbligo per il giudice di disapplicare la norma interna in contrasto con la norma pattizia dotata di immediata precettività nel caso concreto.

Pertanto, le amministrazioni resistenti non potrebbero legittimamente applicare gli artt. 6 e 7 del decreto legge 195/2009 in quanto contrastanti con norme inderogabili del trattato CE e, in particolare, non potrebbero assumere la disponibilità ed il godimento del termovalorizzatore di Acerra con effetto addirittura retroattivo, incassare i ricavi derivanti dalla vendita di energia prodotta dall’impianto ed assumere la spettanza di quelli futuri, richiedere le garanzie propedeutiche all’affitto ovvero trasmettere lo schema del contratto d’affitto.

Le violazioni dei diritti fondamentali tutelati dal Trattato CE, determinate dagli artt. 6 e 7 del decreto legge, sarebbero molteplici, atteso, soprattutto, che è previsto il trasferimento coattivo del termovalorizzatore, da decretarsi entro il 31 dicembre 2011, senza individuare né il soggetto a cui sarà intestato il trasferimento, né il termine dell’operazione né la quantificazione del corrispettivo della cessione, prevedendo, nelle more del trasferimento, la immediata sottrazione della disponibilità e gestione dell’impianto senza alcuna forma di corrispettivo.

La Corte di Strasburgo avrebbe imposto che, seppure per motivi di pubblica utilità, la privazione autoritativa del diritto di proprietà deve dar seguito necessariamente ad una riparazione integrale del valore del bene che forma oggetto del diritto.

L’esistenza di una norma che priva la Società di un bene senza la determinazione di un corrispettivo e senza riconoscere ristori conformi alle normali regole applicabili in casi simili inciderebbe negativamente sulla valutazione che il mercato effettua del rischio dell’eventuale investimento in tale Società, determinando un’indebita alterazione alla libera circolazione dei capitali.

Nelle previsioni di cui agli artt. 6 e 7 d.l. 195/2009 sarebbero riscontrabili violazioni ai principi sanciti dal Trattato CE di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto.

La Fibe avrebbe anticipato i costi per la realizzazione dell’impianto nella prospettiva della cessione onerosa dello stesso ad un prezzo determinato, mentre il decreto toglierebbe il possesso del bene al legittimo proprietario con un affitto coattivo assimilabile alla requisizione di azienda di militare memoria, prevederebbe il futuro trasferimento del bene senza la determinazione di alcun valore del medesimo e confermerebbe la gestione ad un’impresa terza senza alcun corrispettivo.

La ricorrente ha pertanto chiesto di sottoporre alcune questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia della Comunità Europea e, in ulteriore subordine, di sollevare questione di legittimità costituzionale avendo gli artt. 6 e 7 d.l. 195/2009 natura di legge provvedimento.

La ricorrente ha anche proposto azione di risarcimento del danno.

Il d.l. 195/2009 è stato convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26/2010, sicché, con motivi aggiunti, la ricorrente ha esteso l’impugnazione e le relative questioni pregiudiziali già avanzate nei confronti del decreto legge 195/2009 anche alla sua versione definitiva quale risultante dalla legge di conversione.

Con i motivi aggiunti, la Fibe ha inteso anche censurare i provvedimenti con i quali sarebbe stata recepita, senza il necessario adeguamento, la valutazione dell’ENEA espressamente riferita al 2005-2006, in quanto contrastanti con i principi e le norme costituzionali e comunitarie del Trattato CE a tutela del diritto di proprietà.

Ha sostenuto che le modifiche apportate in sede di conversione aggraverebbero e pregiudicherebbero ulteriormente la posizione del proprietario e costruttore dell’impianto. In particolare, la nuova formulazione dell’art. 6 definirebbe il valore dell’impianto nella misura di € 355 milioni, valore determinato sulla base dei criteri di uno studio ENEA 2007 ed inteso come costo di investimento tipico di un moderno impianto di termovalorizzazione riferito al periodo 2005-2006, laddove il legislatore, nel determinare il valore dell’impianto “alla data di entrata in vigore della legge”, avrebbe dovuto quantomeno adeguare il suddetto valore all’attualità.

Parimenti illegittima sarebbe la previsione secondo cui non è prevista alcuna copertura di spesa per l’acquisto del termovalorizzatore, rimandandosi ad un successivo ed eventuale trasferimento ad un soggetto pubblico, con la precisazione della previa individuazione, con apposito provvedimento normativo, delle risorse finanziarie necessarie.

In sostanza, la Fibe ha evidenziato che, a seguito del decreto legge 195/2009, come modificato dalla legge di conversione 26/2010, viene a trovarsi nella seguente situazione:

- è immediatamente privata della disponibilità del bene e degli incassi derivanti dalla cessione dell’energia elettrica prodotta dall’impianto;

- è solo previsto un futuro acquisto dell’impianto con la determinazione di un valore ancorato dall’ENEA al periodo 2005-2006 e non rivalutato alla data del trasferimento o quantomeno della pubblicazione della legge e senza copertura finanziaria;

- è obbligata ad un affitto dell’impianto per quindici anni senza neanche poter maturare una prospettiva certa ed effettiva del pagamento del canone prefissato dalla legge e dei relativi tempi, essendo l’erogazione subordinata alla costituzione di fideiussioni e garanzie ulteriori che rendono impossibile per il costruttore accedere a tale ipotesi.

Di qui, secondo la prospettazione della ricorrente, la violazione dei diritti inderogabili sanciti dal Trattato CE e dalla CEDU e, quindi, la fondatezza della richiesta di disapplicazione della norma e del riconoscimento del diritto di proprietà sull’impianto, con ogni conseguenza anche in ordine alla spettanza dei ricavi derivanti dalla vendita dell’energia elettrica prodotta dall’impianto stesso.

La ricorrente ha inoltre reiterato la richiesta di sottoporre questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia della Comunità Europea ai sensi dell’art. 234 del Trattato, ovvero, in subordine, di sollevare questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 97 e 113 Cost.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte evidenziando, in particolare, che non sussisterebbe alcuna violazione del diritto di proprietà come stabilito dall’art. 1 del protocollo 1 della CEDU, atteso che la ratio dello spossessamento del bene al privato è individuabile in un interesse superiore della comunità, e che sarebbe stato rispettato il principio di proporzionalità tra l’interesse generale e l’interesse del privato proprietario. Ha posto poi in rilievo che con O.P.C.M. n. 3745/2009 è stato previsto l’utilizzo del termovalorizzatore di Acerra ai fini della produzione di energia elettrica e la spettanza all’amministrazione dei proventi conseguenti alla cessione della stessa, per cui, essendo tale ordinanza divenuta inoppugnabile, le relative censure sarebbero inammissibili.

La G.S.E. Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. ha eccepito l’inammissibilità delle censure mosse avverso il provvedimento di acquisizione dei ricavi derivanti dalla cessione dell’energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore di Acerra corrisposti dal GSE alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in quanto tale attribuzione sarebbe stata disposta con l’O.P.C.M. n. 3745 del 5 marzo 2009, divenuta inoppugnabile; ha inoltre evidenziato che la relativa convenzione di cessione dell’energia elettrica prodotta dall’impianto è stata stipulata in data 3 dicembre 2009, antecedentemente all’entrata in vigore del decreto legge 195/2009, e, in ogni caso, ha sostenuto l’infondatezza delle censure nel merito.

Le Società A2A e Partenope Ambiente (interamente partecipata da A2A per la gestione degli impianti di Acerra e Caivano) sono intervenute in giudizio ad opponendum, evidenziando di essere gli unici reali controinteressati ai quali, peraltro, il ricorso introduttivo del giudizio non è mai stato notificato, sicché hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso; nel merito, hanno comunque concluso per il rigetto del gravame.

All’udienza pubblica del 24 novembre 2010, la causa è stata trattenuta e deciso con la sentenza appellata, resa in forma non definitiva. In essa, il T.A.R., riservata al definitivo ogni ulteriore decisione in rito, ha così provveduto:

“dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui l’impugnativa è estesa all’atto con cui sono state disciplinate ‘le modalità per la presa in carico dell’impianto da parte del soggetto aggiudicatario della procedura di affidamento esperita dalla struttura del Sottosegretario di Stato all’emergenza rifiuti in Campania’;

dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui è contestata la mancata attribuzione alla ricorrente dei ricavi derivanti dalla cessione dell’energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore di Acerra e, per l’effetto, dichiara irrilevante la questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 7, co. 5, d.l. 195/2009, convertito, con modificazioni, dalla l. 26/2010;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 7, co. 4 e 6, d.l. 195/2009, convertito, con modificazioni, dalla l. 26/2010;

dà atto che, con ordinanza di pari data, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con l’art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 1 del primo Protocollo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 7, co. 1, 2 e 3, d.l. 195/2009, convertito, con modificazioni, dalla l. 26/2010 ed ha disposto la sospensione del giudizio ordinando la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale”.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’erroneità della sentenza, sottoponendo a questa Sezione due questioni specifiche, che non hanno visto soddisfazione davanti al T.A.R..

In primo luogo, si sottolinea come il primo giudice abbia omesso di individuare la vera lesione denunciata da FIBE s.p.a. e consistente nel fatto che, a fronte dell’immediata utilizzazione del bene da parte dell’amministrazione, il legislatore avesse previsto l’autorizzazione alla stipula di un contratto di affitto da parte dell’amministrazione stessa, peraltro a condizioni estremamente onerose per l’appellante.

In secondo luogo, ha ritenuto erronea la sentenza nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità della doglianza relativa alla devoluzione dei ricavi (e per l’effetto, l’irrilevanza della relativa questione di legittimità della norma) per mancata impugnazione della precedente OPCM n. 3745 del 2009, che prevedeva la stipula tra il sottosegretario e il GSE di apposita convenzione per regolare la cessione di energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore, con attribuzione delle risorse conseguenti a favore del fondo di protezione civile.

Nel giudizio di appello, si è costituita l’Avvocatura dello Stato per le amministrazioni evocate, GSE Gestore dei servizi elettrici s.p.a., A2A s.p.a. e Partenope Ambiente s.p.a., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 15 marzo 2011, l’esame dell’istanza cautelare veniva rinviato al merito.

Alla pubblica udienza del 14 giugno 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

2. - In via preliminare, la Sezione ritiene necessario delimitare il campo di indagine a cui si riferisce il presente giudizio, che deve essere individuato dal raffronto tra le domande proposte in primo grado dall’attuale appellante ed il contenuto volitivo delle decisioni del giudice di primo grado, date dalla sentenza n. 39180 del 30 dicembre 2010, qui gravata, e dalla contestuale ordinanza n. 1991 della stessa data, con cui è stata sollevata questione di legittimità costituzionale in relazione alle norme di legge invocate, e che nel complesso rappresentano un parziale accoglimento delle doglianze proposte.

Più in dettaglio, l’ambito cognitivo dell’attuale giudizio viene conformato dal contenuto dispositivo della sentenza gravata. La decisione ha, infatti, accolto sostanzialmente la prospettazione del ricorrente, tranne nella parte in cui:

“dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui l’impugnativa è estesa all’atto con cui sono state disciplinate ‘le modalità per la presa in carico dell’impianto da parte del soggetto aggiudicatario della procedura di affidamento esperita dalla struttura del Sottosegretario di Stato all’emergenza rifiuti in Campania’;

dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui è contestata la mancata attribuzione alla ricorrente dei ricavi derivanti dalla cessione dell’energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore di Acerra e, per l’effetto, dichiara irrilevante la questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 7, co. 5, d.l. 195/2009, convertito, con modificazioni, dalla l. 26/2010;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 7, co. 4 e 6, d.l. 195/2009, convertito, con modificazioni, dalla l. 26/20102”.

Pertanto, le questioni su cui la Sezione si dovrà soffermare sono le seguenti:

a) in merito alla lesione lamentata derivante dalla circostanza che, a fronte dell’immediata utilizzazione del bene da parte dell’amministrazione, il legislatore ha previsto l’autorizzazione alla stipula di un contratto di affitto da parte dell’amministrazione stessa, peraltro a condizioni estremamente onerose per l’appellante, va verificata la fondatezza della questione di costituzionalità proposta in relazione all’art. 7, commi 4 e 6, del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 n.195, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n. 26 “Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile”, che il T.A.R. non ha ritenuto di accogliere.

Il comma 4 del citato testo recita:

“A decorrere dal 1° gennaio 2010, nelle more del trasferimento della proprietà, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile mantiene la piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto ed è autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso, per una durata fino a quindici anni. La stipulazione del contratto di affitto è subordinata alla prestazione di espressa fideiussione regolata dagli articoli 1936, e seguenti, del codice civile, da parte della società a capo del gruppo cui appartiene il proprietario del termovalorizzatore con la quale si garantisce, fino al trasferimento della proprietà dell'impianto, il debito che l'affittante ha nei confronti del Dipartimento della protezione civile per le somme erogate allo stesso proprietario di cui al comma 3. La fideiussione deve contenere, espressamente, la rinuncia da parte del fideiussore al beneficio di escussione. In deroga all'articolo 1957 del codice civile non si verifica, in alcun caso, decadenza del diritto del creditore”.

Il successivo comma 6 prevede:

“Il canone di affitto è stabilito in euro 2.500.000 mensili. Il contratto di affitto si risolve automaticamente per effetto del trasferimento della proprietà di cui al comma 1. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, pari a 30 milioni di euro annui per quindici anni a decorrere dall’anno 2010, si fa fronte ai sensi dell'articolo 18”.

Tale coacervo di disposizioni, secondo la prospettazione della difesa appellante, evidenziano una lesione del suo diritto di proprietà, atteso che, di fronte all’immediata apprensione del bene ed in attesa del successivo trasferimento della proprietà dell’impianto stesso, viene prevista la possibilità che l’amministrazione affitti lo stesso impianto, con un canone di locazione pari a 2,3 milioni di euro mensile in favore dell’appellante, subordinando tuttavia tale evenienza al rilascio di una fideiussione dal valore esorbitante.

b) in relazione ai profili riguardanti l’apprensione da parte pubblica dei proventi derivanti dalla cessione di energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore, con attribuzione delle risorse conseguenti a favore del fondo di protezione civile, dovrà essere valutata l’effettiva inammissibilità della doglianza per mancata impugnazione dell’art. 1 comma 6, della precedente Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3745 del 5 marzo 2009 “Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania” e, successivamente considerare la rilevanza della questione costituzionale sottoposta in relazione all’art. 7, comma 5 del già citato decreto legge n. 195 del 2009.

La prima disposizione citata dispone:

“Per le fasi di avviamento e di esercizio provvisorio del termovalorizzatore di Acerra, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di cui all'art. 1 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, ed il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE), sottoscrivono, entro il 30 marzo 2009, apposita convenzione preliminare al fine di regolare la cessione dell'energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore, e prevedente, specificamente, l'attribuzione delle risorse conseguenti alla cessione della quota di energia prodotta a favore della contabilita' speciale n. 5146, intestata al Capo della Missione Amministrativo Finanziaria ex ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3756/2009 per il successivo impiego per le esigenze connesse all'emergenza rifiuti in Campania”. Va peraltro rammentato che tale testo è l’esito della modifica data con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3816 del 10 ottobre 2009, che all’art. 7 comma 1 ha sostituito le parole “a favore del Fondo di protezione civile” con le parole “a favore della contabilita' speciale n. 5146, intestata al Capo della Missione Amministrativo Finanziaria ex ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3756/2009”.

La successiva norma oggetto di censura, ossia l’art. 7, comma 5 del decreto legge n. 195 del 2009, come convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, dispone:

“Al Dipartimento della protezione civile, oltre alla piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto, spettano altresì i ricavi derivanti dalla vendita dell'energia elettrica prodotta dall'impianto, ai fini della successiva destinazione sulle contabilità speciali di cui all’ articolo 2, comma 2. Sono fatti salvi i rapporti negoziali in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile ed il soggetto aggiudicatario delle procedure di affidamento della gestione del termovalorizzatore”.

Anche in questo caso, viene rilevato come il disposto normativo venga, di fatto, a determinare un’espropriazione senza indennizzo dei flussi monetari ricavabili dall’attività di impresa.

2.1. - Inquadrata la fattispecie in scrutinio, può passarsi ad esaminare il merito della prima questione.

In prime cure, il T.A.R. aveva ritenuto la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 7, co. 4 e 6, del decreto legge n. 195 del 2009 “in quanto, da un lato, il mantenimento della piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell’impianto da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della protezione civile è intrinsecamente connessa alla qualificazione del sito come area di interesse strategico nazionale ed è strettamente funzionale alla necessità che l’impianto sia utilizzato per fini di interesse generale, dall’altro, la stipulazione del contratto d’affitto, sia pure subordinata alla prestazione di espressa fideiussione fino al trasferimento di proprietà dell’impianto, prevede un canone mensile di euro 2.500.000, il quale, rapportato al valore dell’impianto come determinato sulla base dello studio ENEA, quand’anche tale studio non fosse attualizzato al 2010, non appare in alcun modo inadeguato”.

Ritiene la Sezione che la questione debba essere diversamente risolta.

Va evidenziato come il disposto normativo preveda l’acquisizione dell’immediata disponibilità dell’impianto alla parte pubblica, e quindi possegga un contenuto di carattere ablatorio attuale, sebbene non esteso fino a comprendere anche la proprietà dell’immobile, stante la clausola di riserva contenuta nel primo periodo del comma 1 del decreto legge n. 195 del 2009. A fronte dell’immediata ablazione (il testo precisa che “la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile mantiene la piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto”), la norma prevede la possibilità della stipula di un contratto di affitto, del valore di €. 2.500.000 mensili, come previsto dal comma 6 dello stesso articolo, all’evidente fine di indennizzare la parte proprietaria per la perdita dei diritti sull’immobile.

Tuttavia, la detta possibilità è costituita giuridicamente mediante un’autorizzazione alla stipula in favore del Dipartimento della protezione civile ed è quindi una mera facoltà. D’altra parte, essa è subordinata alla prestazione di un terzo, ossia la società a capo del gruppo cui appartiene il proprietario del termovalorizzatore, di una garanzia, la cui natura appare del tutto perplessa. Afferma, infatti, la norma che detta fidejussione ha il fine di garantire, “fino al trasferimento della proprietà dell'impianto, il debito che l'affittante ha nei confronti del Dipartimento della protezione civile per le somme erogate allo stesso proprietario di cui al comma 3”, dove tali somme sono quelle riconosciute per il trasferimento della proprietà dell’immobile e quindi non ancora corrisposte.

Emerge dunque l’inesistenza di uno stretto legame, ontologico e cronologico, tra apprensione del bene, o meglio tra espropriazioni delle utilitates legate al detto bene, e corresponsione di un adeguato indennizzo, atteso che il profilo economico della liquidazione del dovuto è affidato ad un meccanismo giuridico solo eventuale, collegato alla prestazione di garanzie ad opere di terzi e non trasparente in relazione alla tutela degli interessi economici in conflitto. La mancanza di un automatismo tra l’immediata acquisizione del bene e l’indeterminatezza, sia nell’effettivo conseguimento che nella sua collocazione temporale, dell’indennizzo dovuto rendono del tutto palese la presenza di una violazione delle disposizioni costituzionali e internazionali in tema di proprietà.

Tale profilo impone di ritenere del tutto rilevante la questione di legittimità costituzionale proposta dall’appellante, in relazione ai commi 4 e 6 del citato art. 7 del decreto legge 195 del 2009, per contrasto con l'art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art. 1 del primo Protocollo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

2.2. - In merito alla seconda questione, il T.A.R. ha ritenuto che la concreta lesione subita dall’appellante dovesse farsi rinvenire nel disposto dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 marzo 2009, n. 3745, dove l’art. 1, comma 6, prevede che, per le fasi di avviamento e di esercizio provvisorio del termovalorizzatore di Acerra, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di cui all’art. 1 d.l. 90/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. 123/2008, ed il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE), sottoscrivono, entro il 30 marzo 2009, apposita convenzione preliminare al fine di regolare la cessione dell’energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore.

Tale norma prevede espressamente l’attribuzione delle risorse conseguenti alla cessione della quota di energia prodotta a favore del Fondo di protezione civile per il successivo impiego per le esigenze connesse all’emergenza rifiuti in Campania, ed è quindi a questa che deve farsi risalire la effettiva lesione subita. Non essendovi stata alcuna impugnativa tempestiva della detta ordinanza “in quanto l’OPCM è stata pubblicata nella G.U. n. 54 del 6 marzo 2009 - data da cui decorre il termine decadenziale di sessanta giorni, all’epoca stabilito dall’art. 21 l. 1034/1971, atteso che l’art. 5, co. 6, l. 225/1992 prevede la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle ordinanze emanate ai sensi dello stesso articolo – mentre il ricorso è stato notificato nel gennaio 2010”, la questione sarebbe inammissibile.

Ritiene la Sezione che tale ricostruzione non sia condivisibile.

Il disposto dell’art. 1 comma 6 della citata ordinanza n. 3745 del 2009 non conteneva una previsione univocamente interpretabile. Facendo riferimento alla “attribuzione delle risorse conseguenti alla cessione della quota di energia prodotta a favore della contabilità speciale n. 5146, intestata al Capo della Missione Amministrativo Finanziaria ex ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3756/2009 per il successivo impiego per le esigenze connesse all'emergenza rifiuti in Campania”, la disposizione ben poteva essere intesa come una mera appostazione contabile e quindi una modalità organizzativa, di carattere preliminare, funzionale ad una futura devoluzione degli incassi, che avrebbe anche potuto, e forse dovuto, considerare la posizione dell’appellante nella sua qualità di soggetto realizzatore del manufatto produttivo.

La concreta lesività della disposizione si attualizzava, quindi, non al momento della sua immissione nell’ordinamento ma in un successivo istante, ossia quando, con l’art. 1 comma 5 del decreto legge 30 dicembre 2009 n. 195, veniva disposta la spettanza al Dipartimento dei ricavi derivanti dalla vendita dell'energia elettrica prodotta dall'impianto. La fattispecie ablatoria risulta così composta da due segmenti normativi, il primo indicante una mera modalità contabile e suscettibile di applicazioni non necessariamente incidenti sui diritti della parte appellante, il secondo applicativo della prima disposizione e univocamente teso ad attribuire alla mano pubblica i proventi della vendita dell’energia elettrica, originariamente destinati a costituire il corrispettivo del contratto di project financing per la realizzazione del termovalorizzatore.

In questi termini, il danno subito dall’appellante deve essere apprezzato in relazione al citato combinato disposto normativo, non potendosi ritenere che FIBE s.p.a. dovesse impugnare immediatamente un provvedimento la cui lesività è stata determinata da interventi normativi successivi inseritisi nel quadro disciplinare determinato dalla norma a monte. E parimenti non appare idoneo ad escludere la detta ricostruzione anche la circostanza dell’intervenuta stipula, in data 3 dicembre 2009, ossia antecedentemente all’entrata in vigore del decreto legge 195 del 2009, della convenzione di cessione dell’energia elettrica prodotta dall’impianto con la G.S.E. Gestore dei Servizi Energetici S.p.a., trattandosi di atto di natura contrattuale, nei cui confronti l’appellante è soggetto terzo.

Ritiene quindi la Sezione che, superata la censura di inammissibilità per tardività, le questioni inerenti all’appropriazione dei proventi della produzione di energia elettrica vadano riguardati come fatto di carattere espropriativo, determinatosi nella sua compiutezza da un precedente provvedimento amministrativo seguito da un atto normativo ad esso accedente e complementare. Sulla scorta della concretizzazione data dal decreto legge n. 195 del 2009 al meccanismo previsto dall’OPCM, non vi è dubbio che il sistema preveda un’appropriazione dei proventi della vendita di energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore, ossia un’ablazione in favore della parte pubblica di una somma di denaro originariamente dedotta in contratto come corrispettivo dovuto alla parte appellante in pagamento dei lavori di realizzazione del manufatto che produce il flusso energetico.

La norma, quindi, come correttamente indicato nell’atto di appello, si pone in contrasto non solo con le disposizioni comunitarie in tema di modalità dell’espropriazione, ma anche in contrasto con le norme costituzionali che prevedono, da un lato, il ricorso al provvedimento legislativo per l’espropriazione e, dall’altro, la necessità di un indennizzo a fronte della detta ablazione.

La disposizione de qua, come congiuntamente composta da un atto amministrativo e da una norma di legge, va quindi scissa nelle sue due componenti, riservando alle stesse un trattamento differenziato e determinato dalla tipologia di rimedi esperibili in concreto. In particolare, la Sezione ritiene di dover annullare il disposto dell’OPCM, trattandosi di atto emesso in violazione e del quale la parte ha rilevato l’illegittimità, rimettendo invece alla Corte costituzionale la questione relativa all’art. 7, comma 5, del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 n.195, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n. 26, anche in questo caso per contrasto con l'art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art. 1 del primo Protocollo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

3. - In merito alla rilevanza della questione di costituzionalità, osserva la Sezione che il ricorso in appello proposto mira a conseguire:

- la declaratoria di illegittimità del comportamento dell’amministrazione per non aver corrisposto alla FIBE s.p.a. il giusto indennizzo dovuto per lo spossessamento e l’utilizzo del termovalorizzatore di proprietà;

- in via gradata, la disapplicazione dell’art. 7, commi 4, 5 e 6, per violazione delle norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà, nella parte in cui sostanzialmente prevede che l’indennizzo per lo spossessamento e l’utilizzo del termovalorizzatore debba avvenire attraverso la stipula di un contratto di locazione;

- in via ulteriormente gradata, la sottoposizione alla Corte di giustizia CE la questione di compatibilità delle norme invocate con il trattato stesso;

- in via di ulteriore subordine, la sottoposizione alla Corte costituzionale della verifica della sussistenza dei presupposti della legge provvedimento ed il relativo contrasto con gli art. 3, 24, 41, 42, 43, 97 e 113 della Costituzione.

Le norme, peraltro, come evidenziato dall'amministrazione nella nota depositata in data 18 marzo 2010 davanti al giudice di prime cure, non hanno avuto concreta attuazione. Pertanto, in carenza di atti amministrativi concretamente lesivi, l’appello concerne direttamente le norme contestate per cui va considerato teso alla richiesta di proposizione della questione pregiudiziale comunitaria o della questione di legittimità costituzionale. Va quindi notato come le norme in oggetto, risolvendo una questione specifica, hanno natura strettamente provvedimentale, il che porta a ritenere che l’impugnativa sia ammissibile. Infatti, la sindacabilità di una previsione legislativa volta a disciplinare una concreta ed individuabile fattispecie e quindi con natura di provvedimento, è sottoposta all'ordinario sindacato giurisdizionale al fine dell'eventuale rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità, e ciò al fine di assicurare la tutela giurisdizionale nei confronti di atti normativi concretamente incidenti su posizioni soggettive individuali e differenziate che altrimenti verrebbe disattesa. Come affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 62/1993), ammessa la categoria delle leggi provvedimento, “il diritto di difesa concesso … non risulterà annullato, ma verrà a connotarsi secondo il regime tipico dell'atto legislativo adottato, trasferendosi dall'ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale”.

La valutazione della compatibilità costituzionale delle norme assume quindi valenza dirimente nella fattispecie in esame, atteso che la principale azione esercitata, di carattere risarcitorio in senso lato, e quindi il conseguimento del bene della vita sperato dall’appellante FIBE s.p.a., è direttamente collegata alla permanenza o alla eventuale eliminazione dal mondo giuridico delle fattispecie normative censurate.

4. - In merito alla non manifesta infondatezza, osserva la Sezione come la fattispecie in esame si ricolleghi direttamente alle norme a tutela del diritto di proprietà previste dalla Costituzione e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

In particolare, l'art. 1 del primo protocollo alla Convenzione, dedicato alla protezione della proprietà, prevede che “ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni” e che “nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale”, mentre parimenti l'art. 42 della Costituzione, affermando che “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”, impone che la stessa “può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale”.

L’elaborazione giurisprudenziale ha oramai individuato come il punto centrale della vicenda espropriativa risieda nel bilanciamento tra valori costituzionali in conflitto, e quindi nell’individuazione di un rapporto di proporzionalità ed adeguatezza tra il fine, costituito dal perseguimento dell'interesse collettivo, ed il mezzo, costituito dalla restrizione della proprietà privata, in modo tale che il sacrificio del privato non risulti eccessivi in rapporto all’obiettivo pubblico. Per tali ragioni, la maggiore attenzione si è soffermata sull’applicazione dei criteri da utilizzare per l’individuazione del calcolo dell’indennizzo, elemento necessario ed ineludibile della fattispecie espropriativa.

Rapportando tale quadro generale con le questioni sottoposte a scrutinio, emerge come il quadro normativo, sul quale si chiede l’intervento del giudice delle leggi, non si presenti in linea con i principi consolidati in tema di bilanciamento degli interessi e di valutazione dell’indennizzo spettante ai privati.

In merito alla questione di legittimità dell’art. 7, comma 5, del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 n.195, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n. 26, la stessa appare non manifestamente infondata in relazione alla circostanza che l’attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile dei proventi derivanti dalla cessione dell’energia elettrica prodotta dall’impianto avviene in assenza di previsione di alcun tipo di corrispettivo, nonostante che il detto flusso produttivo fosse stato considerato come elemento del corrispettivo spettante alla FIBE s.p.a. per la realizzazione dell’opera mediante il sistema del cd. project financing.

Si assiste quindi ad una fattispecie dal carattere espropriativo non controbilanciata da alcuna misura di carattere indennitario.

In merito alla questione di legittimità dell’art. 7, commi 4 e 6, del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 n.195, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n. 26, si deve notare come il disposto normativo disponga l’acquisizione dell’immediata disponibilità dell’impianto alla parte pubblica, con un contenuto di carattere ablatorio attuale della piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto. A fronte di questa ablazione, il corrispettivo indennizzo assume una posizione solo eventuale, atteso che esso è collegato alla mera possibilità della stipula di un contratto di affitto, del valore di €. 2.500.000 mensili, come previsto dal comma 6 dello stesso articolo, peraltro subordinata alla prestazione di un terzo, ossia la società a capo del gruppo cui appartiene il proprietario del termovalorizzatore, di una garanzia, la cui natura appare del tutto perplessa.

In sostanza, qui il legislatore configura una fideiussione anomala, prestata da un soggetto in rapporto di collegamento con l’espropriato, al fine di garantire la restituzione di un valore pari a meno di un terzo del valore del bene ablato, che però contestualmente è già interamente acquisito alla disponibilità della mano pubblica, con la conseguenza che la pretesa garanzia risulta del tutto priva di causa, atteso che l’amministrazione è già ampiamente tutelata dall’apprensione dell’impianto stesso.

Emerge dunque l’inesistenza di uno stretto legame, ontologico e cronologico, tra apprensione del bene, o meglio tra espropriazioni delle utilitates legate al detto bene, e corresponsione di un adeguato indennizzo, atteso che il profilo economico della liquidazione del dovuto è affidato ad un meccanismo giuridico solo eventuale, collegato alla prestazione di garanzie ad opere di terzi e non trasparente in relazione alla tutela degli interessi economici in conflitto. La mancanza di un automatismo tra l’immediata acquisizione del bene e l’indeterminatezza, sia nell’effettivo conseguimento che nella sua collocazione temporale, dell’indennizzo dovuto rendono del tutto palese la presenza di una violazione delle disposizioni costituzionali e internazionali in tema di proprietà (in merito alla rilevanza di fattispecie che prevedano incertezze sull’an o sul tempus dell’indennizzo, ove non rilevante in termini di ragionevolezza, Corte costituzionale, 20 maggio 1999, n. 1794; id., 21 luglio 1995 n. 344).

5. - Da quanto esposto, emerge la rilevanza e la non manifesta infondatezza, per contrasto con l’art. 42 e con l'art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art. 1 del primo Protocollo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, commi 4, 5 e 6, del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 n.195, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n. 26 “Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile”. Per l’effetto, il giudizio deve quindi essere sospeso, rimettendo gli atti alla Corte costituzionale affinché si pronunci sulla questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), pronunciando sul ricorso in epigrafe e visti l’art. 134 della Costituzione, l’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e l’art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, così provvede:

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con l’art. 42 e con l'art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art. 1 del primo Protocollo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, la questione di legittimita' costituzionale del’art. 7, commi 4, 5 e 6, del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 n.195, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n. 26 “Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile”;

Dispone la sospensione del giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

Ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2011, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

 

 

Gaetano Trotta, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere